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Autore: _BlueLady_    15/12/2016    1 recensioni
[ Dal Prologo]
Tutti lo chiamavano Eclipse, perché proprio come un’eclissi era in grado di nascondersi alla luce del sole, per poi fare la sua ricomparsa di notte, nelle vie buie delle città più conosciute, alla ricerca di non si sa quali preziosi tesori.
Le prime pagine dei giornali erano piene delle sue immagini, i gendarmi di ogni città gli davano la caccia, nella speranza di catturarlo e finalmente infliggergli la punizione che meritava per tutti i furti commessi in passato.
Non c’era traccia di scovarlo, tuttavia.
Così come appariva, altrettanto misteriosamente scompariva, lasciando dietro di sé solo un cumulo di mormorii perplessi ed impauriti.
Attenzione: leggermente OOC, la lettura potrebbe risultare un pò pesante.
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rein, Shade, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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~ CAPITOLO 27 ~
 
Dicembre 1839, Londra, quindici anni prima.
Faceva particolarmente freddo quell’inverno: la neve aveva cominciato a ricoprire con il suo candido manto la città già dalla prima metà di novembre, e non accennava a volersi fermare fino a quando la primavera non avrebbe bussato definitivamente alle porte.
Nonostante il gelo invogliasse a non uscire e restarsene avvolti dal tepore delle mura domestiche e dal fuoco del camino, c’era chi, per affari e doveri che implicavano la necessità di portare a casa un tozzo di pane, era costretto a fronteggiare a volto scoperto il pungente freddo invernale.
Così era costretto a fare anche William Windsworth, marchese prestigioso e rispettato da tutti, in procinto di concludere il suo giro d’affari per poter tornare finalmente a casa, quella sera, tra le braccia della moglie Maria, incinta e ansiosa del suo ritorno, e del figlio Shade, di soli otto anni, ma dotato di un’arguzia notevole per la sua tenera età.
Se ne stava comodamente seduto sul retro del cocchio, in attesa di giungere finalmente a destinazione, osservando svogliatamente i passanti che si aggiravano per strada avvolti dai loro pesanti indumenti, incapaci di proteggersi da quell’aria gelida capace di penetrare fin dentro le ossa.
Ogni tanto il cocchio frenava a un crocevia, per consentire il passaggio di altre vetture, ed era allora che si presentavano sotto gli occhi dell’uomo curiose scene mondane: il panettiere intento a sfornare calde prelibatezze, donne impegnate nei loro frivoli acquisti, giovani chiacchiericci sostanti in un caffè già alle dieci del mattino, il mercato cittadino.
Proprio su quell’ultimo punto di interesse decise di soffermare la sua attenzione: all’entrata si accalcavano decine di persone volte ai loro acquisti, incuranti di chi gli stava attorno e talvolta insofferenti a tal punto da scatenare qualche piccola discussione davanti ad uno dei banconi.
Ciò che più attirò la sua attenzione, tuttavia, non fu la diatriba tra due signore intente a litigarsi lo stesso tozzo di pane, ma esattamente accanto di esse, piccoli e scaltri nel tentativo di non essere notati, sgusciavano abilmente due ragazzini vestiti di panni sporchi e stracciolenti, che a giudicare dai lineamenti avrebbero dovuto avere sì e no l’età di suo figlio.
Erano un maschio e una femmina: lo si poteva intuire dai lineamenti più dolci e femminili di quest’ultima, intenta a sorreggere il compagno perché riuscisse a sporgersi dal bancone per arraffare la prima cosa che gli capitava sottomano.
William si sporse dal cocchio per poter osservare meglio la scena, non senza avvertire il cuore appesantirsi per la sorte di quei due poveri ragazzini ridotti alla fame: suo figlio aveva la stessa età, e pensarlo per strada, vestito soltanto di stracci bucati incapaci di proteggerlo dal freddo dell’inverno, costretto a rubare per poter sopravvivere, gli procurò un’immensa tristezza e una terribile angoscia.
Nessuno, nel suo concetto di giustizia e uguaglianza, avrebbe mai dovuto patire una simile umiliazione, tantomeno dei poveri bambini.
Improvvisamente, avvertì quasi l’impulso di voler fare qualcosa per loro, qualcosa che potesse migliorar loro quella giornata.
Evidentemente, però, il destino aveva già deciso di compiere il suo corso: il panettiere, dapprima distratto dalla diatriba tra le due signore e desideroso di porre fine alla disputa offrendo ciascuna un prodotto della casa, nel vagare con lo sguardo sul bancone per vedere di quali prodotti poteva usufruire, notò una manina scarna e infreddolita intenta a rovistare tra le sue pagnotte, e presto riuscì ad individuarne anche il proprietario.
- Brutti, sporchi ladruncoli!- abbaiò inviperito, dirigendosi verso di loro con fare minaccioso e brandendo una mazza di cui si avvaleva per difendersi dai delinquenti – Se volete il pane, lo dovete pagare! Tornate qui straccioni maledetti!- e prese a rincorrere i due poveri bambini che, presi dal panico e consci di essere stati scoperti, avevano preso a scappare con il loro misero trofeo tra le mani: una pagnotta insufficiente a sfamare entrambi, ma necessaria a non farli morire di fame.
Proprio in quel momento, quando William era deciso ad intervenire per salvare i due poveri disgraziati dalla terribile punizione che spettava loro, il cocchio si mosse, pronto a procedere sul suo cammino.
- Tornate qui, maledetti! Se vi prendo ve la faccio pagare!- urlava il panettiere ancora alla rincorsa dei due furfantelli.
- Nathaniel, aspetta…- tentò di dire al cocchiere nel tentativo di fermarlo, ma non fece in tempo a pronunciare altro, che un’improvvisa frenata lo costrinse a reggersi saldamente al sedile, per impedirsi di sbattere la faccia contro le pareti della vettura.
- Signor marchese, state bene?- udì Nathaniel domandargli dal posto di guida.
Senza perdere tempo, il marchese scese dalla carrozza, deciso a scoprire da solo il motivo di tanto scompiglio.
- Nathaniel, insomma, ti pare questo il modo di condurre un cavallo? Per poco non rischiavamo un incidente!- lo rimproverò severamente e ancora scosso dallo spavento.
- Sono desolato, signor marchese, ma questi due ragazzini sono sbucati all’improvviso dal ciglio della strada facendo imbizzarrire il cavallo… ho dovuto frenare di colpo la vettura per evitare di investirli – si giustificò il cocchiere, accennando con un gesto in direzione di due figurine esili e tremanti per lo spavento e per il freddo, che si abbracciavano l’un l’altra come per proteggersi a vicenda, il tozzo di pane appena rubato ridotto in briciole dallo zoccolo del cavallo.
- Eccovi qui, piccole pesti!- si udì poi una voce alle loro spalle, soddisfatta e al contempo minacciosa, rivolta ai due ragazzini poco distanti – Datemi quello che mi dovete oppure chiamo la polizia e vi faccio arrestare – asserì il panettiere incapace di sentire ulteriori ragioni.
William volse lo sguardo dapprima al panettiere, e poi ai due ragazzini ancora abbracciati.
- Noi… noi non abbiamo denaro- asserì la bambina flebilmente, percossa da convulsioni di freddo.
- Se non pagate, vi faccio arrestare. Di ladruncoli come voi ne ho piene le tasche – li minacciò il panettiere in collera.
- Suvvia, sono soltanto due poveri bambini affamati – asserì il marchese comprensivo.
- Signore, vi prego di restarne fuori. Io lavoro duramente e onestamente tutto il giorno perché il pane che produco mi venga pagato. Non vivo di sola aria. Se hanno il denaro con cui pagarmi il tozzo di pane che mi devono sono liberi di andare, ma se non mi pagano avviserò la polizia. Non mi spacco la schiena tutti i santi giorni per farmi soffiare da sotto il naso il frutto dei miei guadagni da due miserabili straccioni-
I due bambini si strinsero ancora di più tra loro, impauriti e incapaci di togliersi da quello spiacevole impiccio.
- Forse la cosa si può risolvere in altro modo, che dite?- propose il marchese dopo una breve riflessione.
- L’unica cosa che voglio sono solo i miei soldi. Per quanto mi riguarda possono anche morire di fame -
William osservò di nuovo i due ragazzini, deboli e infreddoliti, poi rivolse la sua attenzione al panettiere.
- Se le cose stanno così, ecco il risarcimento per il vostro tozzo di pane, e per il disturbo che questi due ragazzini vi hanno arrecato – affermò, tirando fuori dalla tasca il denaro necessario a congedare l’avido commerciante – Quanto a voi – disse poi, chinandosi sulle due figurine ancora immobili di fronte a lui – volete che vi riporti a casa da vostra madre? Se mi dite dove abitate posso accompagnarvi con la mia carrozza - mormorò dolcemente, per non spaventarli più di quanto fossero già.
- Noi non abbiamo una mamma…- sentì la bambina rispondergli, dopo un attimo di esitazione in cui si erano osservati negli occhi per decidere se parlare o meno con quello sconosciuto dai modi gentili.
- Siete orfani? Allora converrà che vi riporti all’orfanotrofio in cui alloggiate – affermò ancora William.
- Non abbiamo neanche una casa - miagolò il bambino, prima di esplodere in un violento colpo di tosse che gli percosse il petto per diversi minuti, fino a portarlo allo stremo delle forze.
A quella reazione, il marchese si avvicinò cautamente alla coppia, e pose una mano sulla fronte del bambino, constatando che scottava come non mai.
- Ha la febbre, dobbiamo portarlo subito da un medico – disse alla bambina che lo reggeva tra le braccia.
- Non abbiamo i soldi per pagare un dottore – asserì quella con rassegnazione.
- Lo pagherò io – affermò William convinto – Anzi, sai che ti dico? Voi due adesso venite a casa con me: mentre aspettiamo l’arrivo del medico penseremo a ripulirvi per bene e a darvi qualcosa di caldo da mangiare. Con questo freddo difficilmente riuscirete a sopravvivere per strada -
La ragazzina lo osservò sgranando gli occhioni blu notte, mentre reggeva il fratello addormentatosi tra le sue braccia, incerta se fidarsi o meno di quell’individuo che pareva aver preso così a cuore la loro misera condizione di vita.
- Non devi avere paura, non voglio farvi del male. Voglio solo aiutarvi. Come ti chiami?- chiese William, allungando una mano verso la bambina come ad invitarla a salire in carrozza con lui.
- Sophie…- miagolò sottovoce la bimba, ma abbastanza forte perché potesse udirla.
Il marchese annuì: - E il tuo amico invece come si chiama?- domandò ancora, mentre salivano insieme sul cocchio, reggendo in braccio il corpicino inerme del ragazzino.
- Lui è mio fratello Auler –
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Sei davvero sicuro che non abbiano un posto dove stare, William? – gli domandò la moglie reggendosi il pesante pancione, mentre osservava i due ragazzini divorare avidamente tutto ciò che avevano nel piatto nella stanza accanto.
- Sono sporchi, infreddoliti, affamati e denutriti… non penso abbiano una casa in cui vivere e, anche se fosse, nelle condizioni in cui sono, non credo saranno in grado di superare l’inverno se li lasciamo tornare al freddo. Il bambino ha una brutta tosse e la febbre alta – asserì il marchese con dolcezza, rivolto alla moglie.
Maria sospirò, osservando con fare materno le due sagome distanti.
- Potremmo ospitarli qui per l’inverno, in attesa che il fratellino di Sophie si rimetta – propose.
William annuì, guardandola negli occhi.
- Indubbiamente li terremo qui con noi finché non tornerà la bella stagione.  Ma il problema per loro tornerà a ripresentarsi l’inverno successivo, quando non avranno un altro posto in cui stare. Sono molto in pena per la sorte di questi due bambini indifesi, non ho cuore di lasciarli per strada – disse, accarezzando con lo sguardo la sagoma del pancione della moglie.
- Potremmo farli accogliere da un orfanotrofio a Londra, in modo che almeno abbiano un pasto sicuro al giorno e un tetto sopra la testa che li protegga dalle intemperie – disse di rimando la marchesa.
- E privarli così di due adulti che potrebbero far loro da guida e sostituire il ruolo di genitori che a loro mancano?- rispose il marito, lasciando ben intendere quali fossero le sue intenzioni a riguardo.
- Non lo so, William… il loro desiderio potrebbe differire dal nostro. Non possiamo costringerli a restare se è ciò che non vogliono –
- Pensaci bene, Maria: la nostra casa è grande e accogliente, c’è spazio per altre due persone. In più hanno all’incirca la stessa età di Shade, e potrebbero farsi compagnia a vicenda. Senza contare che se li lasciassimo al loro destino, presto o tardi tornerebbero a ridursi nelle condizioni in cui li ho trovati ora. Questi due ragazzini hanno bisogno di una guida, di un padre e di una madre che si prendano cura di loro. Di denaro ne abbiamo a sufficienza per poter mantenere tutta la famiglia, loro due compresi. Cosa abbiamo da perdere? –
Maria ricondusse lo sguardo ai due bambini, che giacevano addormentati sul tavolo, sfiniti da quella lunga giornata piena di sorprese e con la pancia finalmente piena per una volta nella loro vita da quando ricordavano di esistere.
- Se il tuo desiderio è quello di farli restare, resteranno – annunciò infine, accogliendo la decisione con un sorriso radioso – Presto sarò pronta a diventare madre per la seconda volta, ho tanto amore da regalare ai miei figli e ne donerò tanto anche a loro. Sarà come se fossero figli miei… figli nostri – William la accolse tra le braccia, sfiorandole le labbra con un bacio delicato.
- Ho solo una richiesta da fare, prima di ufficializzare la notizia anche a Shade – asserì determinata, ancora stretta nelle braccia del marito.
- Tutto quello che vuoi, amore mio –
- Prima di tutto bisogna che anche loro siano convinti come noi di questa decisione –
 
- Restare qui… per sempre?- mormorò la piccola Sophie con voce flebile, seduta ai margini dell’enorme letto a baldacchino nel quale riposava il fratello ammalato.
Il marchese di Windsworth e la moglie annuirono, sorridendole incoraggianti.
- Tuo fratello ha bisogno di cure per guarire dalla sua brutta polmonite, e non potete certo tornarvene fuori al freddo e al gelo in queste condizioni. Auler potrebbe non superare l’inverno, e tu potresti ammalarti come lui nel giro di poco tempo. Avete bisogno di una casa in cui stare – le spiegò William con tutta la dolcezza di cui era disposto.
- Ovviamente, la nostra proposta è valida soltanto se anche voi siete d’accordo. Siamo pronti ad accogliervi in casa nostra e a prenderci cura di voi come avrebbero fatto vostra madre e vostro padre se fossero ancora in vita. Da ora in poi, se vorrete, saremo noi i vostri genitori. Non avrete più bisogno di andarvene in giro da soli in cerca di cibo e rischiando di morire di fame, penseremo a tutto noi. Vi accudiremo con tutto l’amore di cui siamo disposti – aggiunse Maria, prendendo le manine della bambina ancora fredde e ruvide tra le sue.
Sophie li osservò negli occhi per un istante, come per accertarsi che ciò che le stava accadendo fosse tutto vero, e non fosse soltanto il frutto di un sogno.
Poi abbassò lo sguardo imbarazzata, mentre le gote le si imporporavano un poco.
- Se decidiamo di restare, potrò chiamarvi mamma e papà?- domandò con un filo di voce, quasi temesse di farsi sentire.
William e Maria le accarezzarono l’uno i capelli, l’altra le guance pallide e scarne.
- Potrai chiamarci come vorrai – le sussurrò la marchesa, già innamorata di quella creaturina fragile e indifesa che vedeva ormai come una figlia.
Sophie alzò il volto lentamente, regalando loro un timido sorriso.
- Allora penso proprio che resteremo – affermò stringendosi nelle spalle, mentre i due coniugi le si avvicinavano per accoglierla in un grande abbraccio.
- Anche io posso chiamarvi mamma e papà?- si sentirono domandare poi alle loro spalle.
Quando si voltarono, il volto vispo e allegro di un Auler ancora febbricitante era pronto ad accoglierli con un sorriso.
- Certamente. Vi amo già come se foste figli miei – esclamò Maria, stringendo anche lui nel suo abbraccio materno.
Fu così che li trovò Shade, spiando dalla fessura della porta della camera socchiusa, mentre andava in cerca dei propri genitori per gli angoli di villa Windsworth.
Non appena Maria lo notò con la coda dell’occhio, invitò il figlio ad entrare, per renderlo partecipe della bella notizia.
- Shade, tesoro mio – cominciò il discorso la madre, invitandolo ad avvicinarsi – questi sono Auler e Sophie, e resteranno qui con noi a farci compagnia –
Il ragazzino dagli occhi di tenebra squadrò i nuovi arrivati da capo a piedi, con fare titubante e impacciato.
- Non hanno un posto dove stare, né dei genitori su cui fare affidamento, perciò abbiamo pensato di accoglierli in casa nostra e di fare loro da mamma e papà. Sarà come se fossero tuoi fratelli, Shade – gli spiegò il padre, caricandolo a sedere sulle sue ginocchia.
Il bambino osservò nuovamente i due intrusi incuriosito, poi rivolse la sua attenzione al padre.
- Hai detto che sono miei fratelli papà?- domandò confuso, desideroso di risposte.
- Proprio così - gli confermò il padre, scompigliandogli i capelli.
Shade rifletté qualche minuto per conto suo, prima di porre una nuova domanda.
- Sono usciti anche loro dalla pancia della mamma come ho fatto io e come farà la mia sorellina?- chiese ancora, convinto di voler arrivare al fondo della questione.
- No, amore mio – ridacchiò il padre amorevolmente – Ma anche se non sono usciti dalla pancia della mamma come te e tua sorella Milky, saranno lo stesso tuoi fratelli da ora in poi. Potrete giocare e divertirvi insieme quanto vorrete. Abbiamo deciso di adottarli, Shade… saremo un’unica grande famiglia, da ora in poi –
Soddisfatto della spiegazione ricevuta, Shade non pose altre domande, e in compenso spostò subito la sua attenzione verso i due nuovi arrivati, anche loro curiosi quanto lui di approfondire la sua conoscenza.
- Mi chiamo Shade – proferì in direzione della bambina, che risposte timidamente: - Io sono Sophie, e questo è mio fratello Auler –
Da quel giorno, i marchesi di Windsworth poterono contare sulla presenza di due eredi in più all’interno del loro prestigioso casato.


Angolo Autrice:

Ultimamente sono un vero pozzo di idee, posto aggiornamenti su aggiornamenti! Incredibile!
Spero la cosa non vi disturbi. Come vedete, un altro pezzo della storia si svela: avevate intuito bene. Shade, Auler e Sophie sono strettamente collegati l'uno all'altro, e con questo capitolo credo di avere risposto ad una domanda ricorrente nelle vostre recensioni.
Nel prossimo capitolo verrete a conoscenza di un'altra piccola verità. Visto che bastava solo essere pazienti? Mi odiate un pò meno adesso??
Spero che questo capitolo non vi abbia deluso. Come vedete si palesa anche la figura del padre di Shade. Cosa pensate possa succedere adesso? Vi aspettavate un colpo di scena simile?
Beh, preparatevi perchè nei prossimi capitoli ho in serbo altre sorprese... cosa credevate, che mi sarei accontentata di questo?? 
Ringrazio infinitamente tutti i recensori, i lettori silenziosi, e chiunque segue la fiction. Siamo a quota 30 preferiti, il mio cuore scoppia di gioia! Grazie davvero, sapere che questa storia riesce ad entusiasmarvi per me è un piacere unico.
Spero di tenervi con me fino alla fine, e di regalarvi ancora tante emozioni.
Intanto vi do appuntamento al prossimo capitolo!
Baci 

_BlueLady_

 
 
  
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