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Autore: Always_Always    16/12/2016    2 recensioni
Raccolta di momenti e stralci di vita che avvengono alla luce della luna. Perché la notte è splendida ed è molto loro, da Bulma e Vegeta.
Spero che possa piacervi :D
···
01—Darkness. "L'oscurità mastica ricordi, ingoia sogni e rigurgita incubi."
02—Opposites. "L'amore è una convergenza di opposti dai confini sbiaditi."
03—Pain(ting) at midnight. "Il dolore è un pittore con un'innata passione per il sadismo."
04—Bedtime story. "La felicità di Bulma è capricciosa e incoerente come il suo stesso cuore". Guest!Bra
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Pain(ting) at midnight



Non siamo mai così indifesi verso la sofferenza come nel momento in cui amiamo.


 
Il dolore è un pittore con un'innata passione per il sadismo.

È una tela di ghiaccio da scolpire - occhi lapislazzuli che riempiono i tuoi.
È una pennellata d’acciaio che solca lo stomaco e fa sputare sangue - quando ormai ti sei lasciato andare, quando gli hai aperto le porte del cuore come se fosse un amico lontano che non vedevi da qualche tempo.
Bulma sa che il dolore è costante, un confidente che la conosce estremamente bene.

«Condividiamo i segreti, noi due. Le perdite e le sconfitte - le tue, le sue.»

Bulma vorrebbe dire di essere riuscita a rialzarsi, a un certo punto, ma la verità è che resta impressa nella tela di quel dipinto notturno ogni volta che qualcuno combatte - ogni volta che quel maledetto pianeta ha qualcosa che non va e lei deve sacrificare la sua felicità per il bene superiore, come se fosse dovuto. Bulma sa che dovrebbe essere forte perché la sua sicurezza e il suo incrollabile coraggio sostengono quella squadra raffazzonata di guerrieri mai veramente cresciuti, eppure fa male.

Ogni tanto - più spesso di quanto le piaccia ammettere - Bulma inghiotte il sapore rugginoso della sua esistenza e si lascia andare a una frustrazione latente. Allora si chiude in camera, spegne le luci e seduta sul letto lascia che il suo sguardo vaghi oltre la finestra, dove le luci della città coprono le stelle - le piacerebbe davvero riuscire a vederle, le stelle, spegnere tutto quel fastidioso brillare artificiale per riuscire a godersi la semplicità della notte.

Ogni tanto - così spesso da non rendersene nemmeno conto - Bulma si stringe tra le braccia e sente il dolore coprirle le spalle, insinuarsi nel petto, premere sul cuore; il dolore è paziente e calcolatore, le offre l’appoggio di cui ha bisogno per poi strapparglielo via e guardarla soffrire. E Bulma ha imparato che piangere è un buon modo per inebetire i sensi, per annebbiare le luci artificiali - della città, della sua vita - e intravedere le stelle.

«Lasciati andare,» le sussurra il dolore, «hai tenuto duro, ma adesso è finita; adesso è finita.»

Così Bulma piange e ricorda, fissando la notte; ricorda il pugno dell’alieno contro la mascella di Vegeta e ricorda di aver sentito quel dolore sulla sua stessa pelle; ricorda lo sputo di sangue sul terreno sabbioso; ricorda lo sforzo e la fatica, ricorda la sconfitta - bruciante e indelebile - ricorda la rabbia e ricorda come l’intervento di tutti abbia contribuito alla vittoria; poi ricorda di come lui le abbia lanciato un’occhiata di sfuggita prima di abbassare lo sguardo - il Principe dei Sayan non abbassa mai lo sguardo - e ricorda di averlo sentito tremare, nel profondo, perché le sue sole forze non erano state abbastanza.
Bulma ricorda perché Bulma vede, anche quando nessuno dovrebbe; c’è un filo di spago che la intreccia a Vegeta tanto da fondere i loro pensieri e renderli un tutt’uno, così che Bulma non deve far altro che guardarlo - o sentirlo - e ogni cosa le appare chiara e tangibile, come se ce l’avesse davanti agli occhi pronta per essere afferrata.
Sa anche che per lui è lo stesso ed è proprio per questo che si premura di tenere duro fino a quando le riesce possibile, mostrandosi forte e indomabile e lasciandosi andare soltanto nel momento in cui è sicura che sia tutto finito e che non ci sia più pericolo. Piange quando gli altri non vedono, quando la sua forza non serve più; quando la roccia può sgretolarsi e a lei non resta altro da fare che sfogare tutto lo schifo che ha sepolto dentro.

«Con te stessa non devi fingere, Bulma. Stai male e lo puoi mostrare.»

Nemmeno si accorge quando, silenzioso e implacabile, Vegeta apre la porta e la richiude dietro di sé; si siede accanto a lei - non abbastanza vicino per riuscire a toccarla - e resta immobile, avvolto nel buio.
Bulma sa che Vegeta è molto più di quello che dice - che non dice, che fa, che non fa, che pensa, che prova. Bulma sa questo e molto di più, perché l’ha visto tatuato a fuoco sul suo corpo, cicatrici di sentimenti e emozioni che non hanno altro modo di mostrarsi se non attraverso di lei. Come sa che, anche ora, anche adesso, è tutto come dovrebbe essere. Che è giusto così. Che il male è un’inevitabile conseguenza dell’amore - perché amare comporta sacrifici e dolore e difficoltà, ma sa sempre come ricambiarti.

E allora Bulma lascia andare la testa e la poggia sulla spalla scolpita di lui - che la stava aspettando, precisa e perfetta, perché Vegeta non ha bisogno di tante cerimonie per capire quando qualcosa non va per il verso giusto e risolve le faccende sempre a modo suo, con una tenerezza ruvida e sbrigativa che però non lascia mai niente al caso. Stagliati nell’ombra, sono il ritratto silente del legame che li unisce, brillante tanto quanto una di quelle stelle che Bulma ama tanto. Poi lei tira su con il naso e condivide quello che sente. 

"La prossima volta andrà meglio. La prossima saremo migliori."

Perché tra loro è semplicemente così: lui combatte - vincendo, perdendo - per entrambi, e lei piange - resistendo.
Per entrambi. 


 
Anchor up to me, love.
   
 
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