Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Trailunwinki    16/12/2016    0 recensioni
Dopo il matrimonio e la nascita della piccola Watson, tutto sembrava essere tornato alla normalità. Ma non è così, perché tra un caso intrigante e un pomeriggio insieme a una bambina di un anno, Sherlock si ritrova a dover risolvere una questione rimasta in sospeso per troppo tempo.
Sarà pronto ad accettare ciò che ne conseguirà?
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quando si apre una porta, se ne chiude un'altra  
 
Con un colpo sordo la porta del soggiorno venne chiusa.
John aprì gli occhi e si guardò introno spaesato: _Ma dove diamine…_ poi riconobbe il camino, la parete e la poltrona di pelle nera di fronte a lui.
_ Ho dormito qui?_ si domandò.
Il risveglio del dottore era stato troppo brusco per collegare immediatamente tutti gli avvenimenti della sera passata e il Sole, che gli finiva direttamente in faccia, non aiutava per nulla.
_Buongiorno John_ Sherlock era appena entrato nella stanza.
_Sherlock, ma che ore sono?_ chiese strofinandosi gli occhi.
_Sono le 9.30. Mary è tornata a casa circa un’ora fa con la bambina per cambiarla e portarla al nido.
John si raddrizzò sulla poltrona in un attimo: _Oddio! Inizio al Barts alle 10.00.
Saltò in piedi e iniziò a raccogliere la sua roba per poi dirigersi in bagno,  mentre un alquanto indifferente Sherlock si sedeva alla scrivania accendendo il computer di John.
_Vorrei ricordarti che questa non è più casa tua, non puoi fare quello che vuoi.
_Non iniziare a fare il pignolo ora_ ringhiò il dottore chiudendosi in bagno.
Il detective sorrise continuando a guardare lo schermo del computer.
Poco dopo John uscì con un aria meno assonnata e vestiti passabili. Si voltò verso il salotto e solo allora si rese conto che Sherlock aveva il suo portatile.
_Quello è il mio computer?
_Probabile.
_Sherlock_ John iniziava a perdere la pazienza. 
_Ho detto che è probabile_ tagliò corto lui.
_Bene, visto che è probabile,  non avrai nulla in contrario se adesso lo sequestro.
Prese il portatile lasciando il detective con le mani su una tastiera inesistente e, al suon di “Adesso chi è il pignolo tra noi”, scese le scale. 
Quella mattina l'aria era pungente, ma il dottore non se ne accorse nemmeno.
Dopo aver pagato il taxi, si diresse verso la porta d’ingresso e poi su di corsa in reparto per timbrare il cartellino.
L’orologio segnava le 9.59 quando riuscì a passare il badge nella macchinetta.
Per un pelo.
Dopo aver ripreso fiato e aver indossato il camice, prese la cartella clinica del primo paziente della giornata.
Era strano pensare di essere tornato a vagare per quei corridoi. Anche se lavorava lì da ormai più di un anno, i ricordi di quando era solamente uno studente non lo abbandonavano mai.
A volte, quando aveva un momento di tranquillità, andava a trovare Molly ai piani inferiori; oppure controllava il detective quando si recava in laboratorio per particolari ricerche alle quali nessuno era permesso partecipare.
 
Il resto della giornata, dopo l’inconveniente della mattina, sembrò abbastanza tranquilla: qualche visita di routine e nessuna emergenza grave. 
Mentre usciva dallo spogliatoio, dopo aver lasciato giù il camice, controllò il cellulare in caso ci fossero telefonate o messaggi.
Nessuno lo aveva cerato; gli unici due messaggi erano arrivati verso l’ora di pranzo da parte di Sherlock:
“Ho trovato una nuova pista”
SH
“ti mando un’e-mail con tutti i dettagli. Guardala.
Ci vediamo”
SH     
John inconsciamente alzò gli occhi al cielo: quell’uomo aveva la capacità di irritarlo anche dall’altra parte della città.
Però stiamo sempre parlando di Sherlock: è capace di far arrabbiare chiunque incontri per strada, figuriamoci chi lo conosceva da più di sei anni.
Eppure per quanto fosse difficile viverci insieme, a John mancava il vecchio rapporto con il detective. Perché alla fine, da quando Sherlock aveva simulato la sua morte dal tetto di quello stesso ospedale, le cose erano cambiate. 
Era arrivata Mary, la sua salvezza , che lo aveva aiutato nei momenti più difficili e ora c’era anche Elisabeth.
Tutte cose così meravigliose da aver, inevitabilmente, allontanato Sherlock da lui.
Ma è così che va la vita e per quanto a volte John non sembrasse completamente felice, non poteva assolutamente lamentarsi: aveva una moglie e una figlia che lo amavano incondizionatamente e lui avrebbe fatto qualunque cosa per loro.
 
Una pioggerellina leggera iniziò a scendere quando il dottore giunse davanti alla soglia di casa.
Le luci all’interno erano spente: Mary non era ancora tornata.
Cercò nella valigetta il suo mazzo di chiavi e, dopo aver aperto la porta, abbandonò la giacca sopra il divano.
Accese la luce della cucina e riempì il bollitore per prepararsi un Tè.
Mentre l’acqua si scaldava John si decise ad accendere il computer per vedere la mail inviatagli dal detective.
All’interno trovò solo una serie di immagini che, secondo il dottore, non avevano alcun senso: la prima immagine mostrava il cadavere della vittima con a fianco riportate le scene di altri cadaveri con i medesimi tagli sulle braccia.
La seconda immagine non era altro che la foto della carta d’identità della vittima.
La terza, invece, mostrava un altro documento d’identità che raffigurava lo stesso ragazzo, di qualche anno più giovane, ma con un nome completamente differente.
Dalla quarta immagine in poi le cose si complicavano: una riportava il dépliant di un gruppo emergente di giovani parlamentari, la quinta l’etichetta di un tubetto di una tinta per capelli e  la sesta un’altra etichetta, ma questa volta di un detersivo, fotografato in modo da rendere visibile le sostanze chimiche contenute.
Si capiva che c’era qualche collegamento tra le varie foto, ma al dottore sembrava sfuggire. L’unica cosa chiara era che la vittima aveva cambiato nome negli ultimi anni per chissà quale ragione.
Rimase per un po’ ad osservare quelle foto, ma alla fine decise di lasciar perdere: si sarebbe fatto spiegare il giorno seguente dal suo sociopatico preferito.
Il Tè intanto si era già raffreddato, ma non gli importava più di tanto: infatti, da quando Mary aveva deciso di mettere a dieta la famiglia, anche il Tè delle cinque aveva perso la sua bellezza. L’unico modo per ottenere qualche biscotto vecchio era farselo offrire dalla signora Hutson.
Nel momento esatto in cui John appoggiò la tazza vuota sul tavolo si sentì il cancello aprirsi: Mary era a casa.
Il dottore uscì dalla cucina e si diresse verso di lei.
_Per caso hai rapinato un negozio?_ esordì prendendo alcuni sacchetti che teneva in mano.
_Spiritoso, ho solo approfittato di qualche sconto sui vestitini per Elisabeth_ rispose Mary dandogli un bacio.
_A proposito la bambina è in camera sua?_ domandò.
John la guardò confuso: _No tesoro, non è con te?
Mary si irrigidì: _Elisabeth non è con me_ ripose piano.
John per poco non si sentì mancare: _Pensavo andassi tu a prenderla.
_No.
Senza neanche prendere la giacca i due genitori si diressero alla macchina, Mary salì dalla parte del guidatore e chiuse la portiera con forza.
_John sei un grandissimo … [aggiungete pure un insulto a piacere]_ urlò mettendo in moto la macchina.
Le ruote sgommarono e Mary partì come un fulmine, diretta al nido, passando in mezzo alle macchine senza curarsi del fatto che i semafori fossero verdi o meno.
_Rallenta!_ urlò John quando una berlina stava per finirgli contro.
_No, perché sono furiosa con te_ ringhiò lei picchiando il pugno sinistro sulla testa del marito.
_Come fai a dimenticarti di tua figlia, John, TUA FIGLIA! Perché quando ti chiedo una cosa non la fai mai?
Un taxi gli suonò il clacson.
_Che poi, se ti chiedessi tutti i giorni di andarla a prendere, capirei; ma tu non ci sei mai andato_ il suo tono era sempre più alto.
_Meno male che non abbiamo un altro figlio, perché se no quello potresti dimenticarlo nel congelatore.
_Ok ho capito, tuo marito è un idiota, ora però puoi, per l’amor di Dio, RALLENTARE?
John era tentato di scendere dall’auto in corsa prima di ritrovarsi al Barth con un trauma cranico.
_No, non rallento
_Perché?_ domandò disperato.
_Perché in questo momento ho voglia di spararti; quindi o sparo oppure cerco di calmarmi guidando.
Senza preavviso Mary tirò il freno a mano inchiodando davanti all’entrata del nido: ecco cosa voleva dire essere sposato con una donna potenzialmente mortale.
Davanti a loro una delle insegnanti stava chiudendo il cancello, ma, vedendo correre i coniugi Watson verso di lei, si fermò: _Signora Watson, che piacere vederla.
_Ciao Susan
_E questo deve essere suo marito: il dottor John Watson_ disse poi porgendogli la mano.
_Allora posso fare qualcosa per voi?
_Susan per caso Elisabeth è qui con te? È in macchina?
La donna rimase stupita dalla domanda.
_No, in realtà Elisabeth è uscita insieme agli altri bambini. Sono venuti a prenderla.
_Chi?_ domandò John preoccupato.
_Un uomo strano: alto con i capelli scuri. Diceva di essere un amico di famiglia ed Elisabeth non sembrava spaventata da lui. Inizialmente non volevo lasciargliela, ma poi la mia collega mi ha detto che potevo star tranquilla, perché aveva già visto quell’uomo e sapeva essere un vostro stretto conoscente.
Mary e John rimasero in silenzio osservandosi l’un l’altro.
_E’ successo qualcosa alla piccola?_ domandò Susan allarmata, ma i due non la ascoltavano più.
In un momento entrambi i coniugi sgranarono gli occhi.
_Sherlock_ urlarono all’unisono.
John si precipitò al posto del guidatore, mentre Mary ringraziava Susan tranquillizzandola. Subito dopo anche la donna fu in macchina e senza aspettare altro tempo si diressero al 221B di Baker Street.
Mai a Londra ci fu viaggio tanto corto: in pochi minuti erano già di fronte all’appartamento.
Con il cuore che gli batteva forte in gola, John aprì la porta nera e si diresse su per le scale urlando il nome del detective. 
Però subito dopo la prima rampa il dottore calpestò qualcosa che si ruppe sotto al suo piede: aveva appena calpestato un piccolo oggetto fatto di vetro, che aveva lasciato una macchia scura sul gradino insieme a una serie di frammenti taglienti. John sbiancò ipotizzando cosa fosse quell’oggetto, ma la conferma l’ebbe quando sentì rotolare uno stantuffo di plastica bianca.
_No, no, no. Non di nuovo_ farfugliò terrorizzato.
_John che succede? Perché ti sei fermato?_ chiese Mary al marito, ma lui non la stava ascoltando. Aveva gli occhi fissi verso la porta socchiusa del soggiorno, oppresso da un senso di panico così forte da bloccargli le gambe.
_Non puoi farmi questo di nuovo. Non con Elisabeth
Quel nome riuscì a riscuoterlo: con tutta la forza di volontà di cui era capace fece gli ultimi gradini e spalancò la porta.
A primo impatto l’appartamento era in disordine come al suo solito e il detective sembrava non trovarsi in quella stanza.
Poi però lo vide.
Sherlock stava a terra, con la schiena appoggiata alla poltrona di pelle nera, rivolto verso la finestra. Le gambe distese davanti a lui e la testa inclinata verso destra in una posizione del tutto innaturale.
Il dottore senza perdere altro tempo di mise davanti all’amico e solo allora una delle sue paure più grandi si dissolse, mentre un’altra ritornava in superficie: Elisabeth si trovava in braccio al detective che piangeva perché le urla del padre l’avevano svegliata; Sherlock, dal canto suo, non sembrava aver ripreso conoscenza.


Che fosse arrivato troppo tardi?







note…
E anche il secondo capitolo è andato.
Inizio questa nota scusandomi con tutti voi: alla fine del primo capitolo volevo, in un certo senso, presentarvi la storia, ma mi sono accorta di non aver scritto nulla solo nell’istante in cui la fanfiction è stata pubblicata….quindi non uccidetemi, vi prego.
Comunque, tornando a cose più importanti, il secondo capitolo non è che mi faccia impazzire, ma dopotutto nulla di quello che scrivo mi fa impazzire. 
Spero solo che vi sia piaciuto. Soprattutto l’ultima scena: ho cercato di trasmettere più apprensione possibile e, se anche per un millisecondo, vi siete sentiti un po’ come John allora avrò raggiunto il mio obiettivo.
Cercherò in tutti i modi di mantenere una pubblicazione abbastanza regolare...lo giuro.

 
Infine, per chi non si fosse già stancato di ascoltarmi e avesse qualche curiosità, ecco qui una chicca.
La decisione più difficile della fanfiction è stata quella del nome della piccola Watson.
Perché nella storia originale Mary e John ebbero un maschietto: William (come il nome del nostro amato detective).
Ora, per restare in tema, il nome più corretto sarebbe stato Will, ma il modo in cui suonava Will Watson mi faceva accapponare la pelle.
Quindi ho ripiegato sul più banale nome esistente: Elisabeth.
In realtà in questi giorni, come alcuni di voi sapranno, è stato divulgato il nome della piccola; però visto che avevo già deciso per Elisabeth e non trovando così meraviglioso quello scelto, il nome rimarrà invariato (in questo momento mi sfugge e mi rifiuto in ogni caso di dirlo per non spoilerare nulla).
Bene ora che mi sembra di avervi detto tutto non posso far altro che ringraziarvi per aver letto e augurarvi una buona serata.
Ps siate clementi per quanto riguarda la grammatica...sono una frana.

Trailunwinki
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Trailunwinki