Secondo capitolo: Momenti magici
James aveva mangiato cena con loro e
poi era partito, quindi Kara si svegliò nel grande
letto da sola e si stiracchiò, felice della magnifica dormita che aveva fatto,
lì, tra i monti e la neve non vi era un solo rumore che avesse turbato il suo
sensibile udito. Indossò degli abiti caldi e poi scese per la colazione. Non
appena entrò nella stanza si ritrovò davanti Lena che, seduta su uno sgabello,
le gambe incrociate, era intenta a leggere un giornale, accanto a lei vi era
solo una piccola tazza di caffè.
“Buongiorno, Miss.” La salutarono le
cameriere e lei sorrise loro, mentre Lena alzava gli occhi dal giornale.
“Dormito bene?” La interpellò
distrattamente.
“Magnificamente.”
“Davvero?” Chiese stupita la donna
distogliendo lo sguardo dal giornale e guardandola.
“Sì, perché?”
“Non sono molte le persone che
apprezzano il silenzio di queste montagne e, oltretutto, questo è un antico
maniero e tu hai dormito sola in una vecchia stanza, la prima notte molti
ospiti la passano insonne.” Kara si strinse nelle
spalle, sedendosi al tavolo.
“Wallace?” Chiese sorpresa di non
vederlo.
“Prende la colazione a letto, lo
definisce un lusso natalizio.” Spiegò Lena sollevando la tazzina e portandosela
alle labbra.
“Cosa desiderate per colazione,
Miss?” Le chiese la cameriera e pochi minuti dopo si ritrovò davanti un
sontuoso banchetto che si premurò di finire. Gli occhi di Lena brillavano e lei
alzò lo sguardo a fissarla, mentre si riempiva la bocca con un toast ricoperto
da burro e marmellata di fragole.
“Brucio tantissime calorie.” Si sentì
di spiegare non appena ebbe la bocca libera.
“Lo immaginavo.” Commentò Lena
tornando al suo giornale, le labbra inarcate in un sorriso divertito.
“L’albero!” Wallace entrò in quel
momento, un grande sorriso sulle labbra. “Bisogna andare a comprare l’albero!”
Si spiegò nel vedere gli sguardi interrogativi delle due donne sedute al
tavolo. “Lena, butta via quel giornale, lo so che stai leggendo le pagine
economiche, Kara, tienila lontana dal lavoro: è un
ordine!” L’uomo guardò la nipote con aria di rimprovero, poi nel vederla
piegare il giornale annuì soddisfatto. “Ora: dov’è James?”
“Arriverà presto, nonno.” Intervenne
Lena nel vedere Kara che apriva la bocca per
annunciare la sua partenza.
“Oh… sarà andato a sciare, lui ama
tanto sciare.” L’uomo annuì poi fissò di nuovo lo sguardo su Lena.
“Allora tu andrai a comprare l’albero
e Kara ti aiuterà.”
“Nonno, può farlo Richard o…”
“No, no e no!” Il tono dell’uomo si
era fatto arrabbiato. “Richard fa l’autista! Può portarvi lì e riportarvi qui con
l’albero, ma non può sceglierlo, è una cosa che deve rimanere in famiglia.
Richard è un bravo ragazzo e vi aiuterà, sì, vi aiuterà, ma lo sceglierai tu.” Wallace puntò il dito su Lena e non
distolse lo sguardo fino a quando lei non ebbe annuito. “Molto bene, allora,
molto bene…” L’anziano Luthor sbatté le palpebre poi
si guardò confuso attorno. “Lex è assieme a James?”
“Sì, nonno.” Confermò Lena, ma a Kara non sfuggì il dolore che brillò per un istante nei
suoi occhi.
“Bene, bene.” L’uomo si allontanò di
nuovo stanco.
“Ebbene, non so che piani avessi per
la giornata, ma a quanto pare dobbiamo scegliere un albero.” Lena sospirò
rassegnata, ma Kara sorrise felice.
“Ho sempre adorato scegliere
l’albero, io e mia sorella Alex facevamo a gara per chi trovasse il più bello
di tutto il vivaio e poi Jeremiah e Eliza lo compravano.” Lena annuì, ma nei suoi occhi passò
di nuovo quel fugace dolore e Kara tacque, conscia
che i suoi felici ricordi d’infanzia potevano essere dolorosi per chi, come
Lena, non aveva avuto dei genitori affettuosi.
James non ne parlava spesso, ma quel
poco che aveva detto era bastato perché Kara si
facesse un’idea della sua famiglia di origine e l’arresto di Lex e Lilian Luthor con quelle
terribili accuse, aveva solo confermato le sue peggiori supposizione.
Una decina di minuti dopo erano
dirette alla cittadina che sorgeva poco lontana. Lena aveva indossato qualcosa
di più caldo rispetto al giorno prima, ma appariva ancora estremamente elegante
e Kara si sentiva un poco inadeguata, vestita con una
giacca verdone, dei jeans e un cappellino marroncino morbido.
Il vivaio era ampio e gli alberi
verdi e ricchi di rami, Lena fece un rapido giro in silenzio fino a quando non
puntò il dito verso un abete. Kara osservò il grande
albero e sorrise.
“Hai vinto tu.” Ammise.
“Come?” Chiese allora la ragazza come
se si fosse accorta della sua presenza solo in quel momento.
“Quello è decisamente il più
bell’albero del vivaio: hai vinto tu.” Lena sbatté le palpebre e poi sorrise.
“Cosa vinco?”
“Oh…” Disse allora, Kara, sorpresa.
“Va bene, decido io.” Lena puntò il
dito verso un caffè situato tra i negozi addobbati per Natale. “Potremmo
aspettare lì mentre caricano l’albero sul camion.” Propose.
“Certo!” Kara
sentiva già nell’aria il profumo della cioccolata calda. Nel notare dei
musicisti si avvicinò sorridendo e mise qualche monetina nel cappello del
batterista, l’uomo le sorrise e poi premette un pulsante facendo cadere sulla
sua testa dei fiocchi di neve, lei si voltò felice verso Lena, un grande
sorriso sulle labbra. La donna sorrise scuotendo la testa, poi le fece un cenno
con la testa, richiamandola verso il caffè.
Trovarono un tavolino e si sedettero,
Kara ordinò la cioccolata con panna a cui aveva
pensato, mentre Lena sussurrò qualcosa al cameriere.
“Arrivano subito.” Disse l’uomo,
allontanandosi.
“Cosa hai ordinato?” Chiese Kara, curiosa.
“Prima parliamo del mio premio. Diciamo
che ho vinto la tua sordità e cecità per il tempo che durerà la cioccolata
calda, va bene?”
“Non capisco…” Kara
si interruppe quando il cameriere ritornò appoggiando sul tavolo la sua
cioccolata e un foglio con su scritto una password, solo in quel momento notò
la scritta Wi-Fi sulla porta. “Oh, davvero? Ho promesso a tuo nonno…”
“Ma io ho vinto il premio.” Le
ricordò la donna, un ampio sorriso sulle labbra. Kara
fece una smorfia poi richiamata dalla cioccolata si strinse nelle spalle e Lena,
vittoriosa, inserì la password e iniziò a leggere le informazioni che le
servivano sul suo cellulare e a rispondere alle mail ricevute dal suo ufficio.
Nel momento stesso in cui Kara appoggiò il cucchiaino,
però, Lena abbassò il telefono riponendolo nella tasca della giacca. Sorrise al
suo sguardo stupito.
“Un patto è un patto.” Affermò.
Uscirono e osservarono le ultime
manovre per caricare l’albero sul camion del vivaio poi tornarono al maniero.
Wallace le aspettava davanti alla
porta e batté le mani felice della scelta.
“Lo pianteremo nel viale non appena
Natale sarà finito: ottima scelta mia cara, ottima scelta.”
Mentre mangiavano pranzo gli operai
del vivaio lo sistemarono nel salone e quando ebbero finito Wallace volle che
lo decorassero assieme, subito.
Così Kara e
Lena si ritrovarono di nuovo arruolate e sotto la direzione attenta e
inflessibile di Wallace l’abete iniziò ad essere un vero albero di Natale.
“È stato bello, oggi, grazie.” Kara era sul pianerottolo il cui le scale si dividevano
portando alla torre e alla sua stanza.
“Grazie a te, Kara,
non credevo che potesse…” Si fermò e corrugò la fronte, perplessa.
“Sì?” Chiese allora lei, sorpresa di
vedere del tentennamento il Lena di solito così sicura e decisa.
“Nulla, mi spiace che Wallace ti
abbia coinvolto in attività che magari avresti preferito non fare.”
“Ma io adoro fare l’albero e voi
avete delle decorazioni magnifiche.” Lena sembrò di nuovo esitare poi sorrise,
non era ironia, non era divertimento, i suoi occhi erano quasi interamente
verdi e Kara intuì che era felice.
“È stata una bella giornata.” Ammise
alla fine la giovane Luthor e Kara
arrossì, annuendo. “Cosa vuoi fare domani?” Chiese allora Lena.
“Volare!” Affermò subito lei e vide
il viso della donna impallidire.
“No, no, assolutamente no, io detesto
volare!”
“Ma…”
“Qualsiasi cosa, ma non quella.” Kara storse il naso, ma poi si strinse nelle spalle.
“Non so, cosa potremmo fare?”
“Mmm.”
Mormorò la donna riflettendo. “Ci penserò.” Si allontanò pensierosa e Kara la guardò andare via. Era sorprendentemente bella
quando sorrideva per davvero.
Quando il mattino dopo scese per la
colazione si ritrovò davanti Lena in tenuta da cavallerizza, indossava
attillati pantaloni bianchi e una stretta giacca nera, poco lontano vi era
anche un elmetto da equitazione. Stava sorseggiando il caffè, ma non leggeva il
giornale.
“Buongiorno.” Disse, sorridendole e
anticipando le cameriere che la salutarono subito dopo iniziando a portare lo
stesso banchetto pieno di meraviglie del giorno prima.
“Vai a cavallo?” Chiese Kara leggermente delusa, temendo che la donna avesse deciso
di lasciarla da sola quel giorno.
“Andiamo
a cavallo, sì. Quelli sono per te.” Kara seguì il suo
sguardo e solo allora notò i vestiti ordinatamente piegati posti sulla
cassapanca.
“Ma…”
“Non sei mai andata a cavallo?”
“Sì, qualche volta, con mia sorella.”
“Allora andrà benissimo.” Lena annuì
convinta e poi le indicò la tavola.
“Mangia e fai in fretta, ho un
programma da rispettare.”
“Siamo in vacanza, lo sai questo?”
Lena sollevò le palpebre stupita dal suo tono e poi rise.
“Io lo chiamo ‘momento di non-lavoro’.
Comunque, vedrai che ne varrà la pena.” Kara si
lasciò persuadere dal suo entusiasmo e mangiò in fretta poi tornò in camera per
cambiarsi e quando uscì Lena la stava aspettando con due magnifici cavalli.
“Freddo e Gelo.” Li presentò con il
solito brillio divertito negli occhi. I due cavalli avevano il manto bianco, ma
Gelo aveva la criniera scura.
“Immagino che sia stata tu a
battezzarli.”
“Sì, due inverni fa: non ero di
buon’umore. Forza, sali.” Kara si avvicinò dubbiosa.
“Non temere, sono buoni.” La rassicurò la donna, poi tenne Gelo fermo mentre
lei saliva. “Come ti senti?” Chiese passandole le redini.
“Bene.” Kara
sentiva l’energia dell’animale sotto di sé e sorrise.
“Attenzione.” Disse Lena,
stringendole il sottopancia e sistemandole la sella. Poi alzò lo sguardo su di
lei e sorrise. Kara sentì il sangue colorarle le guance
e il cuore accelerare: eccoli di nuovo quegli occhi verdi e felici. Lena
distolse lo sguardo e raggiunse Freddo, poi salì agilmente a cavallo.
“Pronta?”
“Sì.” Affermò la giovane, il cuore
che non smetteva di batterle veloce nel petto senza una reale ragione.
Lena annuì e fece avanzare il
cavallo, Gelo la seguì senza difficoltà e così la donna portò Kara nel bosco seguendo sentieri di terra battuta ricoperti
dalla neve. Le mostrò gli alberi secolari e quando Kara
meno se lo aspettava sbucarono davanti al vecchio castello della regione.
Malgrado fosse ormai diroccato manteneva invariato il suo grande fascino. Lena
si portò l’indice alle labbra, poi la aiutò a scendere e le prese la mano.
Malgrado i guanti quel contatto le sembrò estremamente intimo e arrossì, ma,
obbedendo alla donna che la guidava silenziosa tra gli alberi verso il castello
innevato, rimase in silenzio.
Ad un certo punto però Lena si fermò,
voltandosi verso di lei con un sorriso soddisfatto sulle labbra, poi le indicò
di studiare il paesaggio davanti a loro.
Kara si mosse lentamente fino a quando
non vide ciò che la donna aveva già notato. Il castello aveva, sulla destra, un
piccolo laghetto al quale un cervo si stava abbeverando. L’emozione la
paralizzò, quell’animale era enorme e sontuoso, le corna sembravano corone e il
corpo slanciato sembrava fatto per la corsa. Forse fece un rumore perché il cervo
alzò la testa di scatto guardando direttamente verso di lei, per un istante i
loro occhi si incontrarono poi l’animale sfuggì via sparendo in una nuvola di
neve.
Kara restò un lungo momento immobile a
fissare lo spazio vuoto, poi si voltò a guardare Lena, la donna si era
appoggiata ad un albero e sorrideva.
“Ti è piaciuta la sorpresa? Te lo
avevo detto che ne sarebbe valsa la pena.”
“Tu lo sapevi?” Chiese Kara ancora sotto shock per quell’incontro magico.
“Il vecchio cervo viene spesso ad
abbeverarsi al castello di mattina, i cacciatori del posto lo lasciano in pace
perché considerano che, vista la sua età, si è meritato un certo rispetto.”
“È la cosa più bella che io abbia mai
visto.”
“Meglio di volare?” Chiese allora
Lena e rise quando vide il viso di Kara corrucciarsi.
Tornarono ai cavalli e poi lentamente
al maniero, tra loro vi era una nuova complicità, come se condividere quel
momento avesse spezzato gli ultimi imbarazzi o forse era stata la corsa nella
neve con le mani intrecciate a farlo. A quel ricordo Kara
si portò la mano agli occhiali sistemandoli e sentì le guance arrossire.
Nel pomeriggio Wallace le arruolò per
giocare a carte e così dovettero rimanere al maniero, ma fu un pomeriggio
divertente. Il vecchio Luthor aveva una montagna di
aneddoti divertenti sui suoi lunghi viaggi in giro per il mondo e sembrava
desiderare raccontarli tutti, oltre a ciò era un terribile baro a carte e, Kara e Lena, si trovarono spesso alleate nel voler
dimostrare la sua manifesta disonestà nel gioco. L’uomo rideva, faceva loro
l’occhiolino e poi ricominciava la mano dopo.
“Non riesco a credere che ha
cavalcato uno struzzo.” Affermò Kara mentre salivano
le scale per andare a dormire.
“Non credere a tutto quello che
racconta.” Le suggerì Lena, si era appoggiata alla ringhiera di ferro delle
scale e non sembrava volersene andare in camera sua.
“Credi che sia vero che ha salvato la
regina Elisabetta durante un bombardamento nazista?” Kara
aveva gli occhi sgranati e Lena rise.
“Forse sì, forse no.” Inclinò la
testa guardandola con occhi verdi e limpidi. “Ti andrebbe di andare a pattinare
domani?” Chiese, un sorriso sulle labbra.
“Molto.”
“Bene.” Disse allora la giovane, si
voltò, fece qualche passo e poi tornò a guardarla. “Sono contenta che tu sia
venuta qua.” Si voltò di nuovo e poi sparì nella torre.
Nota: Ho aggiunto una piccola gif e spero che vi piaccia, sì, Kara non ha i capelli scuri… ma passatemela! Nei prossimi capitoli ce ne saranno altre (a meno che mi diciate che non vi piacciono…).
Grazie a chi legge e un enorme grazie mille a chi recensisce, la storia va avanti spedita grazie a voi!