Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: aire93    18/12/2016    4 recensioni
Il ritorno da New York porta Derek Hale in una Beacon Hills troppo diversa ma sempre uguale. Derek, che cerca disperatamente un coinquilino, non sa che il palazzo di sua proprietà in pochissimo tempo sarà letteralmente invaso da quel passato dal quale tentava di scappare. Al principio, però, nemmeno la presenza costante di una ragazza chiacchierona (con il bonus di un tenerissimo chihuahua) riuscirà a smuovere il giovane Hale.
E poi c’è Stiles, che ormai ha smesso di essere tutto arti troppo lunghi e parlantina (caratteristica che ha ceduto a Kira) per diventare il tipico ragazzo attraente; un ragazzo attraente che Derek non può ignorare.
Storia di aire93
Fan Art di Coffegirl_Alex
FanMix di Eloriee
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Derek Hale, Kira Yukimura, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccoci col terzo capitolo... spoiler... Incontreremo due personaggi AMATISSIMI!!! =) STAY TUNED e a domani! Ps, in fondo c'è una nota riguardante una frase specifica. PPs, se vi va lasciate pure un commento, sono molto felice di leggere le vostre impressioni sulla storia =)

Kira aprì gli occhi, riconnettendosi con il mondo che la circondava, quando il sole ancora si nascondeva sotto l'orizzonte. In pratica l'orario perfetto per camminate rigeneranti, colazioni freschissime e per scendere in edicola a comprare il nuovo numero del manga "Mizu no Yakata", un appassionantissimo horror che in Giappone spopolava.
Kira si alzò dal divano–letto, cercando di non farlo cigolare troppo, e senza nemmeno levarsi le babbucce a forma di panda rosso dai piedi, indossò la sua felpa preferita, quella gialla con le orecchie di Pikachu e buttò un occhio verso Derek che stava dormendo profondamente, tutto rannicchiato da un lato. Non poté fare a meno di sorridere: Derek sembrava quasi amichevole, quando dormiva.
Kira corse verso la porta, fiondandosi a rotta di collo verso l'ascensore e premette il pulsante del piano terra con una certa fretta.
Erano le sei meno un quarto della mattina, l'orario perfetto per portare del caldissimo caffè macchiato a Derek. Gli avrebbe sicuramente fatto piacere. Forse.

L'edicola era a pochissimi passi dal palazzo. Era un chioschetto con quattro pareti, ma fornitissimo, con riviste di gossip, quotidiani, manga, settimanali sportivi e anche qualche romanzo rosa.
Kira stava rimuginando su come potesse proseguire "Mizu no Yakata", quando all'improvviso andò a sbattere contro qualcosa, o meglio contro qualcuno che come lei andò a finire per terra.

«Scott, davvero, è illegale portarti in giro prima delle dieci del mattino. Certo che anche tu, cara mia non scherzi, l’ultima volta che ho controllato, gli specchi mi riflettevano, il che vuol dire che non sono propriamente invisibile... ehm, state bene?»

Kira si massaggiò la fronte, proprio lì dove era andata malamente a scontrarsi con la figura che aveva davanti. Sollevò lo sguardo, pronta per vomitare scuse a profusione, e un paio di occhi color cioccolato e un sorriso angelico – benché la mascella del tizio fosse leggermente storta – la lasciarono completamente senza parole.
Cinque dita lunghissime da pianista presero a dondolarle davanti al viso, e il ragazzo accanto a quello che aveva colpito Kira prese di nuovo la parola.

«Hai capito cosa ti ho chiesto? Stai bene? Non parli... Scott forse dovremmo portarla in ospedale. Magari ha un trauma cranico, in fondo ha sbattuto contro la tua testa, che è dura come ossidiana, e io lo so bene.»

Ma Kira finì come in un tunnel, entro il quale il mondo attorno a lei scompariva e le voci si facevano ovattate. Si dimenticò perfino come si articolavano le parole, perché il ragazzo dagli occhi da cucciolo manteneva lo sguardo immerso nel suo, e con quel solo gesto stava cancellando anni e anni di quel affinamento della "parlantina" che per lei era il suo marchio di fabbrica.
A un certo punto, dopo che il tempo che si era fermato per un paio di secondi – o almeno così le era sembrato – riprese a scorrere Kira trovò un barlume di coraggio, il giusto sufficiente per riprendere a parlare.

«Ehi, ma hai la mascella storta?» biascicò, prima di diventare dello stesso colore di un pomodoro.

Il ragazzo di fronte a lei sgranò gli occhi, come se Kira gli avesse rivelato dove si trovasse Atlantide, e si toccò il volto con fare stupefatto.

«Sul serio?»

L’altro tipo, quello con le dita lunghe, spalancò la bocca, completamente incredulo, prima di schiaffarsi la mano sul volto, come per svegliarsi in qualche modo.

«Voi due siete fuori di testa. Scott, ricordami di non farti più sentire musica dance alle tre del mattino, nemmeno per inaugurare il nostro primo appartamento in comune.»

Kira sentì solo l'ultima parola, persa com’era nella sua bolla di stordimento, ma tanto le bastò per farla scendere dalla nuvola di piacere sulla quale era finita. I due ragazzi che aveva davanti a quanto pareva avevano trovato il loro nido d'amore, e avevano sentito musica fino a notte fonda per festeggia–

«Ehi fermi! Ma voi siete quelli che non avete fatto dormire me e Derek, col vostro repertorio di canzoni da discoteca! Beh, è stato un piacere conoscervi, e vi auguro tutta la fortuna del mondo, mettere su casa insieme così giovani non è mai facile. Solo la prossima volta potreste fare meno casino, soprattutto in certi orari? Derek fumava di rabbia quando ha sentito quei ritmi martellanti…»

Kira sapeva che stava letteralmente blaterando, ed era una delle poche cose che le riuscivano alla grande, ma non riusciva a smettere. Era agitata, perché all’inizio aveva creduto di aver trovato l'amore – un po’ come accadeva nei film – e poi la realtà dei fatti le si era parata davanti.

«Frena, frena, mi stai facendo venire il mal di testa! Hai una parlantina peggiore della mia! E poi mi spiegate perché entrambi siete ancora lì per terra?» Il ragazzo accanto a quello che si chiamava Scott tese la mano a entrambi, per aiutarli a rialzarsi, prima di proseguire, «non c'è nessun nido d'amore. Io e Scott siamo praticamente fratelli, erano anni che volevamo cercarci un appartamento dove poter ascoltare tutta la musica che ci parev–»

«Scusa se abbiamo disturbato il sonno del tuo ragazzo...» borbottò Scott, con un'espressione da cane bastonato, interrompendo l'amico, che sollevò occhi al cielo, come se già solo quell’inizio di mattinata avesse messo alla prova la sua intera giornata.

«Derek non è il mio ragazzo, è il mio coinquilino! Io sono arrivata qua a Beacon Hills ieri, per me è tutto un po’ nuovo. Beh, ehm, sono Kira Yukimura, tanto piacere, è davvero bello per me avervi conosciuti, ah e tra parentesi amo i vostri gusti musicali, onestamente ho ballato per tutta la notte. Ho dormito solo un'ora e mezza, ma credo anche voi. Ne è valsa comunque la pena e–»

«IO SONO STILES STILINSKI, santo cielo taci. Ora capisco cosa si prova a sentire un chiacchiericcio esasperante! » si presentò urlando il ragazzo che non era Scott. Ora che Kira lo osservava meglio notava che era leggermente più alto e meno muscoloso dell’amico, con capelli scuri e disordinati sulla testa, occhi color dell'ambra e una perfetta fila di nei su di una guancia.

«Io sono McScott. Call. Ehm, Scott. Scott McCall» biascicò imbarazzatissimo Scott, tendendo la mano verso Kira, che la strinse con delicatezza e piacere.

«Va bene, ora che abbiamo fatto le presentazioni, possiamo anche levare le tende. Devo recuperare il sonno perso, dato che oggi è il mio giorno libero. E anche il tuo» disse, indicando Scott, «quindi dobbiamo salutarti Kira, è stato un piacere. Bussa quando vuoi, tanto siamo sopra di te.» Stiles si bloccò per un attimo, mentre Scott e Kira iniziavano a ridere in maniera isterica. «Non in quel senso. Dio, a quanto pare sono io quello normale tra noi tre, il che è tutto dire. A presto.»

Stiles trascinò via Scott, il quale non aveva ancora smesso di fissare Kira e di salutarla con un gesto da ebete.

Kira ricambiò il saluto, poi si voltò, saltellando sul posto e emettendo versi così acuti che un paio di tortore volarono via spaventate dal ramo accanto. Doveva subito raccontare a Derek la sua splendida avventura di quella mattina.

Quando Derek vide arrivare Kira, non poté fare a meno di alzare un sopracciglio con fare incredulo, prima di sbuffare.

«Sei andata in giro con delle ciabatte ridicole e vestita da Pikachu? Fuori da questa casa, all'istante. Non credo di poter tollerare altre stranezze. E poi perché stavi in giro alle sei del mattino, senza portare qui un briciolo di colazione?»

Il tono di Derek mancava di rimprovero, come se fosse solo un modo di prenderla in giro.
Più passavano le ore, e più Derek riteneva Kira alla stregua di sua sorella Cora, anche se si rendeva conto che di essere abbastanza esagerato: in fondo non la conosceva nemmeno da due giorni. Probabilmente ciò significava che Cora gli mancava.

«Scommetto che tu sei la prima a presentarti a quei ridicoli incontri tra nerd che scimmiottano i supereroi, vestita da pagliaccia...» borbottò Derek, immobilizzandosi sul posto all'istante.
Sua sorella Cora era un'amante dei cosplay e un anno prima della tragedia aveva convinto l'intera famiglia a partecipare al Comic Con di San Diego, ambiente che aveva portato un vecchio zio paterno – non Peter, che in mezzo a stand di film, telefilm e panel di attori, era sembrato un bambino in un negozio di giocattoli – a sbottare le stesse identiche parole che Derek aveva appena dedicato a Kira.
Lei sembrò non aver nemmeno sentito il rimprovero, troppo concentrata sul suo commento precedente. La sua espressione agitata si trasformò in maniera un po’ comica, in vero e proprio terrore, con gli occhi sgranati e la mano che andava a coprire la bocca.

«M–mi...mi...mi...ha, mi ha-» balbettò lei, incontrollata.

«Gorgheggi di prima mattina? E "HA" non è una nota. A meno che tu non intendessi "FA".» rispose Derek, osservandola come avrebbe fatto un turista in visita allo zoo, intento a fissare un animale piuttosto bizzarro.

Kira ansimò per un paio di secondi. Derek, anche se la conosceva da meno di quarantott'ore, aveva già capito che la ragazza stava per partire in quarta con una delle sue filippiche a velocità supersonica. Perciò non poté fare a meno di fingere di tapparsi le orecchie e sbuffare, prima che Kira iniziasse la sua tirata.

«ODDIO, Derek, mi visto conciata così!. SCOTT! Con delle pantofole da bimba e la felpa di Pikachu! Oh che figura, non vorrà più parlarmi, sono finita, una ragazza disperata!»

«Ti prego, abbassa la voce! I miei timpani sì che sono disperati, e poi chi è Scott?» chiese Derek, riflettendo. Aveva già sentito quel nome, anche se non era sicuro di sapere dove.

«Scott è il tipo che abita sopra di noi insieme al suo ragazzo! No, volevo dire al suo coinquilino. Stamattina mi sono alzata presto perché volevo andare giù all'edicola a comprare il nuovo numero di "Mizu no Yakata", il mio manga preferito, e appena prima di entrare in edicola sono andata a sbattere contro Scott e ci siamo presentati, e lui mi ha visto conciata così. Oh, che vergogna. Abbiamo parlato e mi ha spiegato che sono stati loro stanotte a tenere il volume della musica altissimo. Con "loro" voglio dire Scott e il suo amico con un nome assurdo. Non mi ricordo come si chiama, e dire che me l'aveva detto. E Derek, io ti giuro che mi ero ripromessa di comprare del caffè e una brioche per entrambi al bar, ma Scott mi ha fatto dimenticare persino come mi chiamo! E' un ragazzo così affascinante! Anche se ha un piccolo difetto al volto, e io come una stupida gliel'ho fatto notare ma non l'ho fatto apposta!»

Kira terminò con un'espressione disperata, e Derek la fissò per un paio di secondi, senza rendersi conto di aver trattenuto il fiato.

«Hai finito? Oh, menomale, stavolta mi hai mandato quasi in apnea. Ok ascolta» le disse, con il tono più comprensivo che potesse trovare, «se ti dai una mossa e ti vesti, possiamo andare al bar dell'università e rimediare alla colazione che volevi facessimo insieme, mangiando lì qualcosa. Al nostro ritorno farò in modo di parlare con questo Scott, e lo istruirò per bene sul limite di decibel consentito alle tre del mattino. Forza, andiamo, che ho un paio di lezioni importanti stamattina.»

Kira annuì, con gli occhi leggermente più umidi. « Sei davvero gentile Derek, grazie! Hai ragione, devo muovermi, dato che io inizio prima di te con le lezioni. Proprio oggi ho un paio di corsi diversi dai tuoi!»
La voce di Kira – che dopo essersi ripresa si stava allontanando verso la propria camera alla ricerca di vestiti un tantino più consoni per una lezione all’università – rimbombò per tutto il corridoio, mentre Derek si era già diretto verso il bagno, per sistemarsi al meglio.

«Sì, lo so. Sei pronta?» tagliò corto lui.

Kira apparve dopo qualche minuto, con un'improbabile gonna corta color arancia matura e una canotta cerulea, sulla quale campeggiava la scritta: "I used to think I was SANA in my love life, but it turns out I'm FUKA*". A quanto pareva, per lei era quella l’idea di un abbigliamento “consono” a un istituto scolastico.
Derek la squadrò ininterrottamente per cinque secondi, poi agitò una mano come a scacciare il pensiero di provare a capire il misterioso significato di ciò che c’era scritto sulla sua maglia. Forse solo il vocabolo “Fuka” gli era familiare, dato che era una parola terribilmente simile al suo insulto preferito. E comunque, nerd non era un aggettivo che poteva associare a se stesso.

Kira e Derek afferrarono ciascuno la propria borsa, colma di disegni e fotografie, già pronti per scappare via, almeno finchè lei non si ricordò all’improvviso del terzo inquilino dell'appartamento.

«Oh ma stavo dimenticando Tako! Oh aspetta Derek, devo preparargli la pappa e dirgli che torniamo prestissimo! Taaako!»

La ragazza ci mise veramente poco a preparare del cibo per il chihuahua – il quale non disdegnò qualche carezza prima di buttarsi sul tappeto – ma forse si spicciò soprattutto grazie agli sguardi pressanti e stressanti di Derek.

«Ok, ora possiamo andare!» decretò Kira, chiudendo la porta e aspettando l’arrivo dell’ascensore, con Derek di fianco che ancora sbuffava.

L'auto di Derek era spaziosa, elegante e simile a un fuoristrada. Kira entrò con un’espressione curiosa, si sistemò con cura sui sedili confortevoli e assaporò il profumo leggero di menta e ammorbidente che ne pervadeva l'interno. Intanto si agitava con fare nervoso, forse ansiosa per come sarebbe potuta proseguire la giornata.
Derek, invece, aveva l’aria annoiata dalla solita routine. Mise in moto, accese la radio e lasciò che una canzone tipicamente anni 80 si diffondesse per l'abitacolo.
Fu con lo sguardo concentrato sulla strada, ma con un occhio verso l'orologio, che si voltò verso Kira.

«Sono le sei e venti circa. Abbiamo un'oretta di viaggio verso l'università, perché è piuttosto lontana da Beacon Hills, e poi ci restano una ventina di minuti per la colazione. Le lezioni iniziano alle 8, tu hai l'orario della settimana?»

Kira annuì. Appariva incerta sullo stato della propria voce, come se pensasse che sarebbe suonato di sicuro tremante. Ma tentò lo stesso di parlare; ormai la logorrea era troppo insita nel suo essere perché qualcosa potesse fermarla.

«S–sì. Ho scaricato tutto da internet, conosco l'orario. Comunque volevo dirti di nuovo grazie per avermi invitata a fare colazione con te. Cioè, aspetta, non è che mi hai invitata un po' stile appuntamento, lo so. Volevo dire che mi fa piacere fare colazione insieme a te, solo questo.»

«Sì, d'accordo. Basta solo che non tiri fuori la telecamera a metà della colazione e inizi a parlare in diretta a mezzo web a proposito del "cappuccino cremosissimo che ha ordinato Derek", o su "quanto è figo il barista" o cose del genere.»

Kira squittì, e Derek capì subito se di solito aveva il vizio di tacere era per un motivo ben preciso: non dare idee folli a persone troppo entusiaste. Trattenne con più forza il volante, come in un gesto di auto–punizione, preparandosi alla reazione di Kira.

«Oh ma questa è una grande idea Derek! Lo sai che non ci avevo pensato!»

«Ecco, appunto.»

Derek si morse la lingua. Poi la musica vibrò così forte nel suo cuore, che tutto ciò che gli stava attorno svanì. Alla radio c’era la canzone preferita di sua madre e lui non poté fare a meno di immaginare cosa avrebbero detto lei e a Laura, a proposito della presenza di Kira nella sua vita.

«Hai bisogno di qualcuno un po' più ottimista di te...» erano le parole che Talia borbottava spesso. Sarebbe stata felice del fatto che Kira fosse lì, su questo non c'era il minimo dubbio.
Derek si lasciò trasportare dalla nostalgia, viaggiando senza davvero percepire la strada davanti a sé, mentre la musica proseguiva. la macchina saliva e scendeva per le strade larghe e piene di vegetazione, tra le colline avvolte dalla rugiada che stavano acquistando quel verde primaverile che il mese di marzo giustamente pretendeva.
Derek non riuscì a trattenersi dal tamburellare con le dita contro il volante. Sua madre lo faceva sempre quando ascoltava quella canzone e si trovava in macchina, e l'emulazione di quel gesto lo faceva in un certo senso sentire più vicino a lei.

«Mamma mia, queste canzoni anni 80 sono noiosissime. Senza la minima atmosfera o verve. Quelle attuali sono mille volte meglio. Hanno più ritmo. Vero Derek? Aspetta che cambio stazion–»

«NON TOCCARE LA RADIO! E soprattutto non permetterti di criticare le canzoni che amo. Voglio solo ascoltarle in silenzio.» Derek le scostò le mani forse con troppa forza, ma il giusto abbastanza da spaventarla.
Kira rimase ferma, sorpresa e un po' terrorizzata da quella reazione. Stette a fissarsi la mano che lui aveva colpito. Le succedeva lo stesso con Tako, quando a volte lei lo accarezzava e lui durante le coccole, forse per colpa della sua natura aggressiva, le si rivoltava contro. Derek in quel momento le sembrava quasi un Tako troppo cresciuto, e onestamente molto più pericoloso.

«Sei la prima persona che conosco, che apprezza la musica anni 80. Della nostra età intendo. A me non piace molto, a essere sincera» mormorò Kira, tentando di rompere l'enorme strato di ghiaccio che lei stessa suo malgrado, aveva formato tra loro.
Derek sospirò, accettando il suo tentativo di scusarsi. Sapeva di averla traumatizzata. «Ok. Scusami. Sono stato brusco e non volevo, davvero. Solo che tengo molto a queste canzoni. Preferirei non le offendessi davanti a me.»

Lo sguardo di Kira si addolcì. C'era qualcosa del Derek misterioso e scorbutico che ogni momento di più si palesava davanti ai suoi occhi, trasformandolo in una persona sempre più complessa e intrigante di cui lei, malgrado tutto era entusiasta. Voleva essergli amica il più possibile.
«Scuse accettate. Sai, mi ricordi Tako quando si arrabbia con me, quindi la prossima volta che lo fai dovrò metterti la museruola e legarti le mani» scherzò, e Derek sollevò gli occhi al cielo. «Come mai ti piacciono così tanto le canzoni anni '80 comunque? Se è un discorso che entra nella sfera del privato non c'è bisogno di raccontarmelo, però. Era solo per una curiosità mia personale. Ormai lo sai come sono fatta...»

Derek concentrò il proprio sguardo sulla strada, lottando ancora una volta contro i fantasmi del passato e sperando di trovare le parole giuste per spiegare le sue sensazioni alla sua nuova...amica? Sì, in fondo oltre a essere la sua coinquilina, iniziava già a considerarla più che una conoscente.

«Non – è una storia lunga e stiamo per arrivare. Non me la sento di raccontarla adesso.»

«Va bene. Non c'è problema...» rispose lei, con tono comprensivo e sorridendogli.

Il viaggio proseguì, con Derek che spense la radio solo quando arrivò davanti al parcheggiò dell'università, senza proferire la minima parola durante il resto del viaggio.

L'università aveva un'entrata così maestosa da sembrare quella di un tribunale americano, con una fila di colonne in stile dorico a campeggiare davanti alla porta d'entrata, che era di uno spesso legno scuro. Tutto lì dentro sembrava essere rimasto fermo al 1800, con pesanti scaffali di legno, tavoli e sedie, tutte dello stesso materiale.
Kira per un attimo credette di essere finita all'interno di un albero.
Il bar era appena a destra della hall d'entrata: era abbastanza spazioso, con sedie ovviamente in legno, benché stavolta si riuscisse a notare un po' di colore in più grazie al fatto che erano state pitturate. C'erano divanetti comodissimi e piuttosto morbidi agli angoli della parete, sulle quali le riproduzioni dei quadri più famosi di tutte le epoche erano appese solo per essere ammirate e studiate dagli universitari che andavano a riposare il cervello pieno di spiegazioni.
Derek e Kira, con molti sguardi puntati addosso, scelsero una zona comoda e confortevole, che in seguito, quando Derek si alzò per ordinare la colazione, scoprirono essere l'angolo degli innamorati.

«Oh, beh, se vuoi ci spostiamo subito! Non ho problemi!» scattò in piedi Kira osservando con un pizzico di tristezza il divanetto rosso e molto confortevole che stava per abbandonare. Derek la trattenne con un leggero colpo di tosse:

«Ehm, tu non andrai da nessuna parte. Rimaniamo qui, così almeno le altre ragazze non mi scocceranno. Questa non è nemmeno la seconda settimana da che studio qui, e ho già dovuto rifiutare almeno cinque proposte. Non ho la minima voglia di impegnarmi con nessuno.»

Kira ridacchiò, mettendosi più comoda.

«Va bene, allora rimaniamo dove siamo. Per me un cappuccino di soia e con sopra sia cannella che cioccolato in polvere, e una brioche alla marmellata di amarene. Sono il mio frutto preferito. Oh, non dirmi che ti sei alzato per altro? Io credevo che–»

«Cappuccino alla soia con cannella e cioccolato, e marmellata di amarene – la migliore, tra parentesi. Mi sto alzando per ordinare, ora spegniti, per favore.»

Derek si allontanò, e Kira gli tenne gli occhi puntati addosso. Poteva sembrare ingenua e forse un po’ lo era, ma sicuramente non si era fatta sfuggire che Derek dietro quella grinta da ragazzo asociale si preoccupava per lei, il che la rendeva molto felice. Era certa che di star riuscendo a far scricchiolare, sia pur lentamente, la barriera dietro la quale lui si proteggeva.

La colazione durò a malapena un quarto d'ora, con i due coinquilini immersi in un silenzio tranquillo. Kira che doveva raggiungere l'aula magna, dove si sarebbe svolta la sua prima lezione, ci andò con lo stomaco ancora caldo a causa della gradevole temperatura del latte e del caffè. Derek la aveva avvisata che sarebbero rientrati a casa per le due, e che poi avrebbe avuto un paio di faccende da sbrigare riguardo all'affitto, quindi per pranzo si sarebbe dovuta arrangiare lei con quello che c'era in casa. Fu con il pensiero "Posso friggere il pollo assieme a dei bastoncini di mozzarella?" che Kira raggiunse l'aula, sedendosi in uno dei posti più lontani dalla lavagna.
Sapeva che in quel momento Derek era nell'aula di fotografia e il pensiero delle stampe sopra il divano di casa, con i paesaggi americani raffigurati così bene la fece sorridere al nulla come un'ebete.
Una voce la riscosse all'istante dai suoi pensieri.

«Quelle codine sono ridicole. Una ragazza così affascinante dovrebbe mostrarsi al meglio delle proprie possibilità.»

Kira si girò: una ragazza minuta, con una cascata di capelli biondo fragola, labbra carnose e trucco perfetto – per non parlare dell'abito che pareva provenisse da una di quelle sfilate di Parigi alle quali lei non si sognava nemmeno di poter partecipare – la fissò con sguardo arguto e piuttosto divertito.

«Dici a me?» domandò Kira, piuttosto stupita che qualcuno la notasse il primo giorno. Erano cose che succedevano solo nei film.

«Mi sembra logico. Il mio fashion–radar mi ha segnalato il tuo arrivo all'istante e quelle codine non le vedevo dai tempi dell'asilo! A proposito, sono Lydia Martin, piacere!»

«Ehm...Kira Yukimura!»

La ragazza – Lydia – le si avvicinò con fare abbastanza esperto, disfando le code in un colpo solo, e afferrandola per le spalle perché si voltasse.

«Fidati di me, so quello che faccio» le bisbigliò all'orecchio con un tono che più che sensuale sembrava minaccioso, e Kira annuì.

«Non muoverti!» le intimò, iniziando a far dondolare avanti e indietro le ciocche, muovendosi come le stesse intrecciando i capelli.
Kira rimase immobile, chiedendosi quando esattamente l'aula magna fosse diventata un salone da parrucchiera, e si guardò intorno per vedere se in giro c'erano altre persone con un'acconciatura bizzarra. Era l'unica voltata da un lato. Bene, per essere il primo giorno aveva già fatto il suo dovere alla grande.

«Non prendi appunti? Ho quasi finito, credevo che riuscissi a scrivere, anche se di sbieco» obiettò Lydia, che ormai stava rifinendo l'acconciatura.

«N–non riesco a scrivere così. E poi ho perso tutta la spiegazione»

«Ti presterò i miei di appunti, non c'è problema. E non preoccuparti, ricordo tutto quello che ha detto il professore. Ho una memoria di ferro. Ci vediamo a casa tua alla fine delle lezioni?»

Kira si morse il labbro. Non era convinta al cento per cento di voler invitare una sconosciuta a casa, soprattutto con Derek nei paraggi.

«Ho un coinquilino e sono di Beacon Hills, non credo sia l’ideale invitarti. E scusami, forse sono sgarbata? Dimmelo se lo sono per favore…» rispose, sperando di farla desistere.

«Beh sì, ho capito a che gioco stai giocando. Ma ti servirà sapere che conosco tutta Beacon Hills ed è sicuro che tra noi sei tu quella nuova, dato che non ti ho mai vista. Allora, casa tua per gli appunti? Non credo che tu li possa avere altrimenti. E il tuo coinquilino è solo una persona in più da conoscere.»

Lydia alzò le spalle, come se tutto in quel discorso per lei fosse ovvio.
Kira rimase in silenzio – e già quello poteva ritenersi un miracolo – finché non si toccò i capelli.

«Ehi, mi hai intrecciato i capelli a mo'di cerchietto! Oh sono secoli che provo ad acconciarli così, come hai fatto, con due soli elastici?» domandò, strabiliata.

«Una ragazza non svela i suoi segreti...» rispose Lydia, con lo stesso sorriso sensuale e magnetico.

Kira decise di invitarla davvero. In fondo quella tizia le era stata simpatica a pelle.
Le diede l'indirizzo, e Lydia la fissò sgranando gli occhi, ma senza dire nulla.

«Hai capito dove si trova il palazzo?»

«Decisamente. Temo ci vedremo più di quanto tu non voglia.» ridacchiò lei, con malizia, ma senza aggiungere altro e lasciando Kira nel dubbio.

L'universo osservò il suo comportamento gentile con Lydia, e fu probabilmente per quel motivo che, una volta tornata a casa – con Derek intento a ultimare delle commissioni – Kira decise di scendere giù nella piazzetta all'entrata, per comprare il tanto sospirato manga e così si imbatté nell'amico di Scott.

«Ehi! Questa volta per fortuna non mi sei venuta addosso. Oh. Non in quel senso, volevo dire che ci siamo scontrati stamattina, non con me, ma con Scott...ok sto zitto.» Stiles – ecco il nome del ragazzo, che Kira dimenticava sempre – pareva voler fare gara con lei per chi avesse la parlantina più veloce e facesse più figuracce in pubblico.

«Tranquillo Stiles. Avevo capito. Ehi!» Si illuminò Kira per un attimo. «Che ne dici di venire a mangiare da me? Ho invitato una ragazza di Beacon Hills, magari può interessarti. No, cioè, non intendevo dire che dovessi conoscerla in quel senso. Quando riusciremo a parlare senza doppi sensi sarà un giorno da segnare sul calendario. E...ehm. Posso chiederti un piacere? Porta Scott, per favore» terminò, imbarazzatissima, convinta che ogni volta che apriva bocca ne fuoriuscisse solo un fiume di parole senza logica.

«E' il vero motivo per cui inviti anche me, quello di portare Scott. Va bene, accetto anche se hai distrutto il mio ego, ma lo faccio perché so che Scott sarebbe d'accordo con me. Ci vediamo dopo, tanto basterà solo scendere le scale...»

Stiles salutò Kira con un cenno, e lei non poté far altro che sorridere e correre a casa per cercare di mettere insieme qualcosa di commestibile.
Solo più tardi si rese conto di essersi di nuovo dimenticata il manga.



* la frase detta da Kira è un riferimento al manga di Rossana, nel quale Rossana si chiama Sana e Funny si chiama Fuka. Sana è un gioco di parole con "Sane" e "Fuka" con "fucked", il che porta a tradurre la frase come "Credevo che la mia vita amorosa fosse sana, invece sono fot*uta". In più, il gioco di parole sta nel fatto che chi ha scritto la maglietta credeva di essere Rossana nella sua vita amorosa, quindi la ragazza di cui Heric (o Hayama) è innamorato davvero, invece si ritrova ad essere Funny, cioè il ripiego.
Ehm, spero di aver spiegato tutto. Lo so, la mia mente è contorta, sorry =P
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: aire93