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Autore: Bruna_mars    19/12/2016    0 recensioni
Carlotta ama i libri ed i fiori, ma non le persone. Alessio si siede accanto a lei, lui che ha tante di quelle ragazze dietro, tanti di quegli amici, tanta di quella felicità. L'inizio di un'amicizia, o forse di qualcosa di più...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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3.
 
 
Chi non ha pane, ma compera fiori, è un poeta.
(Proverbio Turco)
 
 
 
 
Durante la ricreazione, tutto era tornato normale. Il sole splendeva, gli uccellini cinguettavano ed Alessio se n’era andato nel cortile insieme ai suoi amici di sempre. Carlotta sospirò e si lasciò cadere sulla sedia, proprio accanto al termosifone. Novembre era ormai entrato nella vita degli studenti, le foglie formavano veri e propri tappetti per le strade di Roma e lo studio si faceva più pesante. Carlotta era stata circa due ore sui libri, dopo cena, perciò si era addormentata di sasso dopo che aveva avuto la solita discussione con sua madre. La madre non riusciva a capire il suo punto di vista, non riusciva proprio a capirla. Aveva bisogno di dare una mano e sentirsi utile. Per la sua sorellina e per la mamma. Quella mattina si era portata due mandarini ed aveva cominciato a sbucciarli, quando sulla porta spuntò una ragazza alta e dalle lunghe trecce color rosso fuoco. Si affacciò sulla porta della finestra, ma non vi trovò altro che due ochette che Carlotta ignorava dal primo anno e la ragazza dai lunghi boccoli biondo dorato che mangiava intenta il suo mandarino. Si avvicinò a passi rapidi e si fermò a qualche metro dal suo banco. Quando Carlotta si rese conto che la giovane si stava rivolgendo proprio a lei, alzò lentamente lo sguardo, con aria interrogativa. L’essere umano che le stava rivolgendo la parola sembrava seriamente essere intenzionata a parlarle. Aveva lunghe trecce rosse e delle lentiggini chiare ma caratterizzanti.  Le sue iridi erano ancora più cristalline di quelle di Carlotta, il che non la lasciò molto indifferente.
«Ciao! Questo è il banco di Alessio?» Chiese lei spigliata.
«In realtà…»
Ancora prima che potesse rispondere, l’alunna che Carlotta non aveva mai visto, si era lanciata sullo zaino del compagno di banco di Lotti, il che la lasciò senza parole. La bloccò rapida, tirando a sé lo zaino. Si sentì una sciocca, anche se in un primo momento le era sembrata la cosa più giusta da fare. Era diventata pallida. Con le braccia stringeva fortemente lo zaino di Alessio, inebriandosi del profumo tanto buono quanto caro, mentre la rossa, le cui iridi tanto belle sembravano esser state infuocate, si voltò verso di lei e con uno scatto si riprese veloce lo zaino di Alessio.
«Solo perché si è seduto accanto a te non vuol dire che provi qualcosa per te, stupida. E non ti azzardare a comportarti così con me, sono la sua ragazza!»
Quelle parole ferirono nel profondo Carlotta. Rimase ad osservare la ragazza che, sbrigativamente, prendeva qualcosa dal suo zaino. Poi, così come era arrivata, se ne andò, sorridente e serena come se non si fosse mai arrabbiata. E Carlotta rimase sola e silenziosa, seduta sulla sedia vicino alla finestra. Non si era illusa. No. Ma sapeva che le aveva fatto molto male sapere che lui avesse una ragazza. Non aveva assolutamente diritto di pensare che lui non potesse averne una, ma si rendeva conto che ciò l’aveva ferita profondamente. Sentiva ancora quel colpo al cuore nel momento in cui quella ragazza tanto bella si era presentata come la fidanzata di Alessio.
Smettila. Perché dovresti pensare che provi anche lontanamente qualcosa per te?
«Scusa, hai un temperino?»
Carlotta si risvegliò dallo stato di confusione in cui era caduta. Davanti al suo banco, seduto sulla sedia e voltato verso di lei, c’era un ragazzo alto anche da seduto, le iridi color nocciola scuro ed una massa di capelli neri e ricci, lunghi fino alle spalle. Da ciò che Carlotta ricordava, doveva chiamarsi Giovanni, ma non aveva mai scambiato con lui più di tre parole. Lei era timida e lui taciturno e sulle sue. Troppo uguali per fare amicizia. Carlotta annuì ed iniziò a cercare il temperino nel suo astuccio e glielo porse con un mezzo sorriso. Dopo aver iniziato a parlare con Alessio, era nata in lei una sorta di curiosità che l’aveva portata a chiedersi come fossero le altre persone, quali fossero le loro passioni ed i loro desideri. Preso il temperino, il giovane tornò con la testa sul quaderno e, temperato il suo colore, lo restituì alla ragazza e le rivolse un sorriso tirato che sembrava più falso che mai. Era la prima volta che qualcuno le rivolgeva così facilmente la parola, o almeno dopo Alessio, perciò si sentiva talmente elettrizzata da aver completamente rimosso la scenata della ragazza di Antonini e del semplice fatto che lui avesse una fidanzata!
Sorrise soddisfatta e, quando suonò la campanella, prese il libro di matematica dallo zaino e lo sistemò sopra il quaderno.
«Eccomi qua!»
Alessio era lì accanto a lei ed era super contento. Certo, con una ragazza del genere.
Smettila di pensare a questo.  Si diceva nella testa.
Scosse il capo e poi si voltò delicatamente verso di lui.
«Dov’è il mio zaino?»
Carlotta sussurrò qualcosa di incomprensibile.
«Come?»
«Lo ha preso la tua ragazza.» Il riccio davanti era davanti a lui, era più alto del normale e si era messo gli occhiali. Carlotta lo vedeva come un bel tenebroso che non si filava nessuno. Sapeva che qualche ragazza si era dichiarata, ma nessuna aveva mai ricevuto qualcosa in cambio che non fosse un rifiuto. Sentendo ciò che aveva detto lo spilungone, Lotta si era resa conto del fatto che avesse sentito tutta la conversazione. Poi gli sguardi di Carlotta e di Giovanni si posarono sulla figura di Alessio. Si era irrigidito e se n’era andato con un’espressione furente sul volto. Non l’aveva mai visto così arrabbiato. La ragazza sperava solo che non fosse colpa sua, o che non avesse combinato niente.
«Grazie per aver risposto al posto mio. Non so se avrei avuto il coraggio di dirglielo.»
«Figurati, per così poco. Io sono Giovanni.»
Strinse la sua mano e lui, dopo essersi seduto al suo posto, si voltò con la sedia verso il banco di Carlotta. Le fece un sorriso tirato, si vedeva che non faceva un sorriso da una vita, ma la ragazza apprezzò ugualmente. Stava conversando con un ragazzo della sua classe ed era riuscita ad abbattere un mattone che la divideva dalla socialità.
«Allora, che dici? Fatta matematica?»
«Sì.»
«Anche io. Mi chiedo come questi sfigatelli non riescano a farla. È così semplice.»
Carlotta si lasciò andare ad una leggera risata.
«Vero.»
In quel momento nella classe rientrò Alessio, su tutte le furie. Nella sua mano aveva lo zaino che la ragazza aveva preso qualche minuto prima ed il suo sguardo avrebbe piacevolmente incendiato qualcosa. Si sedette sbattendo la sedia e cominciò a scrivere in maniera nervosa qualcosa sul quaderno.
«Tutto bene, amico?»
«No! Quella sta impazzendo. Ma cosa vuole da me, cosa?!»
Carlotta non aveva mai visto Alessio così.
Forse perché non l’hai mai visto in generale.
«Non si rassegna! In quale modo glielo devo dire che non voglio più avere a che fare nulla con lei?» Esclamò indignato.
In Carlotta nacque una piccola fiammella di speranza, accesa da quella frase che l’aveva resa più felice che mai.  Non capiva da dove giungesse quell’insolita felicità, ma cercò di nasconderla, poiché sentiva su di sé gli occhi di Giovanni e non voleva sembrare fuori luogo.
«Cos’è successo?»
Sia Giovanni che Alessio tornarono a guardarla come sconvolti. Non si aspettavano che una ragazza talmente silenziosa e solitaria come lei intraprendesse una conversazione chiedendo di qualcosa di talmente personale, almeno nel suo punto di vista. Lei arrossì prepotentemente: «Ovviamente se… se vuoi dirmelo, ecco... non devi per forza, era per… sì, per…»
«Mi va.» La interruppe con un’espressione seria e due iridi verdi che sembravano guardare solo lei. Nessuno l’aveva mai fatta sentire a quel modo e in così poco tempo, con lui stava bene ma quelle sue lunghe occhiate la mettevano terribilmente a disagio.
«Siamo stati insieme poco, qualche mese fa, e non si rassegna al fatto che abbiamo chiuso. E continua a torturarmi. Solo che ora penso ad un’altra.»
Tornò a guardarla, sotto lo sguardo segretamente divertito di Giovanni. Il cuore di Carlotta batteva all’impazzata, ma alla fine furono interrotti dall’arrivo dell’insegnante.
 
«Anche oggi fuggi via?» Chiese Alessio, dopo averla raggiunta. Stava scendendo le scale, quando accanto a lei era riapparsa la figura di Alessio. Non troppo alto, sorridente, e con quella dolce rasatura al sopracciglio che, invece di renderlo uno dei tanti ai suoi occhi, lo rendeva solamente più interessante e tremendamente dolce.
«Io non fuggo.» Ribatté, aspettando che la fila davanti a sé si muovesse per uscire.
«Oggi devo studiare storia per domani, credo che non arriverò a domani.» Rivelò, mentre camminavano a passo di lumaca.
«Ah beh, non sono molte pagine.» Almeno non per lei. La sua mente geniale la portava a ricordare un numero notevole di pagine senza doversi impegnare troppo, ormai aveva quel poco tempo che il lavoro le metteva a disposizione e la sua testa si era abituata a studiare nel minor tempo disponibile dando però i massimi risultati aspettati, ricevendo così la borsa di studio. Nessuno dei suoi compagni si sarebbe mai aspettato che la “secchiona” della classe studiasse due ore al giorno, mentre loro si facevano un mazzo da quando tornavano a casa fino alle dieci di sera.
«Ma sono cinquanta! Io non so neanche se riesco a finirle tutte. E pensare che avevo cominciato anche a studiarle due giorni fa…» Si lamentò lui.
Lei sorrise dietro la sciarpa color blu mare, mentre osservava quanto dolce fosse la sua espressione imbronciata. Lui, quando la beccò ad osservarlo, sorrise sornione: «Ti piace quello che vedi?»
Sembrava che gli occhi di Carlotta stessero uscendo dalle orbite, tanto era l’imbarazzo che l’aveva presa in quel momento. Come aveva potuto imbambolarsi così, proprio davanti a lui? Cominciò a tossire e lui le sfiorò dolcemente la mano. Carlotta rimase immobile come uno stoccafisso. Stava davvero capitando a lei? Lei, la ragazza più timida ed asociale del mondo, in quel momento era accanto al ragazzo più bello, dolce, simpatico, ambito di tutta la scuola e lui le stava volutamente accarezzando la mano. Egli cercava il suo sguardo, ma il terribile imbarazzo che si era impossessato della sua compagna di banco gli impediva di vedere quelle iridi color blu osservare proprio lui.
Cercò di prenderla per mano, nonostante le mani di Carlotta fossero più fredde di quelle di un eschimese. Quelle del giovane invece erano calde e morbide. Infilò le dita tra quelle di lei e quando le strinse la mano nella sua sentì la ragazza tranquillizzarsi. Il contatto durò poco. Invece di uscire subito dalla porta centrale, Alessio si diresse verso l’angolo e la trascinò con sé, mano nella mano. Era la prima volta che qualcuno la teneva così. Si sentiva speciale e sentiva su di sé le occhiate di tutte le ragazze della scuola che ambivano al cuore di Alessio. Fianco a fianco, lei guardava le sue scarpe e lui la osservava sorridente, notando l’imbarazzo a cui l’aveva sottoposta.
«Tranquilla, non ti mangio.» Ridacchiò il ragazzo e trascinò con sé la ragazza in una divertita e sonora risata.
«Tu no, ma loro sì…» Ed indicò esplicitamente le cinque o sei ragazze appostate davanti alla portineria che osservavano la scena scioccate. Cosa avrebbero dato per stare al posto di quella ragazza sconosciuta quanto strana.
«Non voglio che ti mangino..» Sciolse quell’unione che li aveva avvicinati molto e si girò completamente nella sua direzione.
«Beh, io devo proprio andare. Mi aspetta storia…» Le lasciò rapidamente un bacio sulla guancia, così rapidamente che lei non potette neanche rendersene conto. Rimase dieci minuti con la mano posata sulla guancia, lì dove quel tocco lieve le aveva fatto bruciare la pelle. Dieci minuti buoni in cui si dimenticò addirittura che proprio in quel momento passava l’autobus per andare a lavorare.
 
Il negozio in cui Carlotta lavorava era molto lontano dalla sua scuola e c’era un solo autobus che raggiungeva quella zona da lì. Si trovava nel nord della città, in una delle zone più abitate e più frequentate dai turisti, perciò erano parecchie le mance che la ragazza riusciva a guadagnare.
Era un piccolo negozio colorato e pieno di piante, sullo scaffale in fondo le piante grasse, a destra i tulipani, le rose, le margherite, a sinistra i girasoli, proprio davanti all’entrata, poi glicine, i fiori calla, forse alcuni dei più costosi. Lavorando lì dentro, Carlotta si era resa conto di quanto bello fosse vivere con le finestre aperte, la luce che dava vita alle piante, imparò a convivere con i colori, con la vita vera e propria e ad amare la natura. Aveva inoltre imparato ad amare e ad accettare se stessa. Quando era lì non si sentiva sotto giudizio e non vedeva nessuno giudicarla per qualcosa che diceva o faceva. Riusciva solo ad essere cortese e leale come sempre. Dimenticava i problemi familiari, sua madre, suo padre, sua sorella e tutti gli impegni scolastici.
«Salve, posso aiutarla?»
«Sì, volevo fare un regalo a mia moglie. Un bel mazzo di fiori. Ma non saprei davvero quali fiori scegliere. Se può aiutarmi…»
L’uomo davanti al bancone era alto e robusto, un sorriso gentile e due iridi color nocciola che avevano cominciato ad osservare attentamente i fiori di cui il negozio disponeva.
«Beh, io le consiglierei i garofani rossi. Indicano l’amore accesso, la passione viva, nonostante i tanti anni.»
Le riusciva sempre molto semplice essere se stessa, dare consigli ed aiutare chi era in difficoltà. Peccato che a scuola nessuno l’avesse mai capito. Tutti i suoi problemi l’avevano portata a chiudersi e a far in modo che nessuno entrasse. Porte chiuse, sbarrate, alte mura, solitudine. Erano quelle le parole che più caratterizzano la vita di quella ragazza. Da anni non si confidava con un’amica, da anni non usciva più per via del lavoro. Da anni non vedeva più niente di bello. Ma da quando Alessio aveva cominciato a parlarle tutto era diventato più roseo. Sembrava che si fossero aperte nuove porte e che ci fosse una seconda opportunità anche per lei.
Dopo aver servito il signore, lasciò che Sofia, la ragazza polacca che lavorava con lei, si occupasse del secondo cliente e si rifugiò nella serra, dove iniziò ad annaffiare le rose. Insieme a lei c’era Elin, la proprietaria. Era una donna sulla cinquantina, occhi buffi ed uno strano cappello sui suoi capelli color rosso fuoco, corti fino al collo. Signora dalle mille risorse, era mamma di cinque ragazzi, di cui una aveva la stessa età di Carlotta, era serena e sorridente e sempre disponibile con tutti. Aveva accettato di farsi aiutare da Carlotta davanti alla sua difficile situazione, ma non le aveva fatto alcun contratto perché sapeva benissimo che era minorenne e ciò non sarebbe stato possibile. Si era mostrata una buona datrice di lavoro, sempre puntuale e contenta di rendersi utile. Quando, qualche anno prima, aveva conosciuto la ragazza, aveva rivisto in lei se stessa, quando a soli diciotto anni era stata costretta a mettersi su un’attività perché i suoi genitori l’avevano abbandonata, dopo aver scoperto che era incinta. E così aveva scoperto il mondo dei fiori. Aveva conosciuto il suo futuro marito, che si sarebbe preso cura non soltanto dei figli che avrebbero avuto insieme, ma anche della primogenita nata da una storia finita male. Elin era più che soddisfatta della sua vita: aveva dei figli amorevoli e che l’aiutavano spesso, un lavoro che rendeva bene ed il sole le sorrideva. Per questo voleva aiutare Carlotta. Voleva far in modo che i fiori aiutassero la sua cara aiutante come avevano fatto con lei trent’anni prima.
«Allora, come va la scuola?»
«Bene, come al solito.»
«Dovrei pagarti per dare ripetizioni di matematica a mia figlia, non per aiutarmi in negozio.» Ridacchiò e Carlotta le sorrise.
«A casa tutto bene?»
«Nena fa un po’ di capricci, ma per il resto tutto bene.»
«Vi capisco perfettamente. Robertina ha fatto i capricci fino ai diciotto anni e non ci ha mai fatto dormire per cinque anni circa. Era un vampiro! Volevo davvero parlarne con qualcuno!»
Carlotta rise divertita. Conosceva Roberta di vista e tra le due figlie femmine di Elin era forse colei che più le assomigliava. Sembrava carina, ma la madre l’aveva messa in guardia, dicendole che appariva come una micetta, ma dentro era una vera e propria tigre. Ripensando a quella volta in cui Roberta aveva litigato ferocemente con la madre in negozio, Carlotta si ridestò da quel sogno. Ricordava che era venuta arrabbiatissima perché le sue magliette erano diventate di un rosa pallido, dopo il lavaggio. Elin era una donna amorevole e contenta, ma a casa era un po’ imbranata. Alla fine aveva lanciato un ceffone alla figlia, per via del troppo baccano che stava facendo. La madre di Carlotta non si era mai arrabbiata fino a tal punto, ma da una parte Carlotta comprendeva Elin. Quella sua figlia ribelle la portava davvero all’esasperazione più completa, a detta di ciò che le raccontava ogni giorno.
«Beh, Nena ormai è diventata un po’ troppo viziata. Anzi. Davvero troppo. Ormai le fanno troppi regali, i vicini, e non si accontenta mai. Non capisce la situazione, ma bisogna spiegarle in qualche modo.»
«Ai bambini non bisogna mai mentire. In qualche modo riescono sempre a capire tutto.»
«Dici?»
«Assolutamente. Sono svegli e anche se nascondi loro tutto, hanno il potere di leggere nei tuoi occhi.»
Osservava l’espressione di Elin, la verità che i suoi occhi lasciavano trapelare. Sospirò, mentre passava al vaso successivo, prima che Sofia la chiamasse per chiederle aiuto con un cliente. Sorrise rapida ad Elin e rientrò. Se non l’avesse fatto, la nostra storia avrebbe preso un’inclinazione totalmente diversa. E ciò accadde.
«Carlotta? Che ci fai qui?»


***


Ciao a tutti! Spero di avervi messo un pochino di curiosità! Si accettano scommesse su chi possa essere la persona che ha beccato la nostra povera Lotta e l'ha scoperta nel suo luogo più intimo e segreto! Come sempre vi invito a recensire, a farmi sapere se vi piace o se vi ha fatto cagare E SOPRATTUTTO se avete dei consigli per migliorare, sempre ben accetti. Ringrazio chi ha recensito, chi lo farà, i lettori silenziosi e chi segue e ha tra i preferiti le mie storie. Siete dei biscottini dolci. 
Bacini a tutti voi!
-Bruna Mars
  
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