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Autore: Padmini    21/12/2016    2 recensioni
Uno sguardo, un legame silenzioso tra due anime.
Sherlock, studente brillante ma solitario.
Gregory, studente più grande, generoso e desideroso di riparare a tutti i torti.
Un gatto e un cane che si incontrano nel cortile di una scuola.
Cosa accadrà tra di loro? Possono due anime così diverse trovare un luogo in cui incontrarsi?
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cucchiaino d'argento

 

 

“Il generale cinese Sun-Tzu, vissuto tra il sesto e il quinto secolo avanti Cristo, dovendo indagare sul caso di un abitante di un villaggio rurale ucciso a colpi di roncola, radunò tutti gli abitanti del villaggio e impose loro di poggiare le loro roncole per terra. Vide allora che uno sciame di piccole mosche accorreva su una roncola particolare e, da questa, individuò l'assassino.” 

 

 

 

Gregory Lestrade era pienamente consapevole di non dover essere felice, era morto un uomo e questo doveva essere un dramma, ma per lui era la prima occasione per mettersi veramente in mostra con i suoi superiori, il suo primo caso di omicidio. Il cadavere di Cal Russel era stato ritrovato in uno sgabuzzino chiuso nella stazione della metropolitana Elephant and Castle da un inserviente. L'area era stata prontamente sigillata e un agente si era recato all'indirizzo segnato sui documenti per avvisare la sua famiglia o chiunque avesse a che fare con lui della sua morte.

Uscì da Scotland Yard e inspirò l'aria frizzante del pomeriggio mentre, con passo sicuro, si avvicinò all'auto che lo avrebbe portato sul luogo del delitto. Lui, per la prima volta, avrebbe oltrepassato quei nastri gialli e neri che non permettevano l'accesso a nessuno se non agli ispettori. Lui sarebbe stato al comando, lui avrebbe dato gli ordini e gestito la cosa. Sapeva benissimo che, come non doveva essere felice, non doveva nemmeno credere che quel caso di omicidio fosse qualcosa di spettacolare, da prima pagina, ma ugualmente si sentiva eccitato e fiero del percorso che lo aveva portato fin lì. Quello poteva essere un inizio, tutto il resto sarebbe arrivato con pazienza e duro lavoro.

 

L'auto della polizia lo portò appena fuori dalla stazione. I nastri che delimitavano l'area del ritrovamento erano stati posti in modo da non ostacolare i servizi della linea e permettere ai viaggiatori di accedere ai binari, ma ugualmente una calca di curiosi intralciava il traffico, debitamente dispersa dagli agenti rimasti lì a sorvegliare la zona. Gregory, reprimendo un sorriso soddisfatto, oltrepassò il nastro e, scortato da un agente, raggiunse lo stanzino dove era stato ritrovato il cadavere. Non appena fu abbastanza vicino vide che qualcuno aveva chiuso la porta. Si rivolse all'agente al suo fianco.

“Potete darmi una spiegazione? Chi vi ha ordinato di chiudere la porta?” domandò, senza essere realmente arrabbiato.

“L'odore era insopportabile, Ispettore” rispose lui, leggermente intimidito “La gente si lamentava ...”

“Bene.” rispose “Avete fatto bene. Tra poco non sarà più un problema, immagino” concluse, vedendo arrivare la squadra della scientifica.

“Salve, lei deve essere l'Ispettore Gregory Lestrade, giusto?” domandò quello che con molta probabilità doveva essere il capo della squadra, porgendogli la mano“Richard Cox, molto piacere.”

“Il piacere è mio” rispose Greg, stringendogliela “Credo che sia meglio sbrigarci, il corpo è in uno stato pietoso, almeno da quello che mi hanno detto. Sono appena arrivato e non ho ancora avuto modo di vederlo.”

“Molto bene allora. Ho saputo che questo è il suo primo caso, sarò lieto di aiutarla a gestire la situazione. Mi raccomando, faccia attenzione ai dettagli, non si lasci sfuggire nulla.”

“La ringrazio” mormorò Gregory “Seguirò il suo consiglio. Ora però vorrei iniziare.” disse, rivolgendosi all'agente che lo aveva accompagnato “Possiamo esaminare questa scena del crimine?”

Una volta che i due ebbero terminato di indossare gli abiti protettivi, l'agente spalancò la porta.

Non appena Greg vide ciò che la porta celava, per poco non vomitò. Il corpo di Cal Russel giaceva a terra, in evidente stato di decomposizione. Del sangue raggrumato e nero gli copriva metà viso e alcune ciocche di capelli. I suoi vestiti erano macchiati di sangue e terra. Gregory, che aveva estratto dalla tasca un fazzoletto con cui si era coperto il naso per difendersi dall'odore, si avvicinò lentamente. Cal indossava un paio di jeans, una felpa e una giacca, tutti neri.

“Avete trovato qualcosa nelle sue tasche, a parte il portafogli?” chiese.

“Non abbiamo cercato oltre” rispose l'agente “Abbiamo pensato che sarebbe stato meglio lasciar fare a lei.”

Gregory annuì in segno d'approvazione e si concentrò sulle tasche della giacca. Ne estrasse un fazzoletto sporco, un paio di sterline, il biglietto accartocciato della metropolitana e un cucchiaino d'argento. Si alzò e lo esaminò sotto la luce, notando che recava l'incisione di due iniziali: RB.

Si rialzò e uscì dalla stanza.

“Ho trovato questo cucchiaino d'argento.” annunciò, porgendolo a un agente della scientifica che gli porse una bustina per prove “Non dovrebbe avere altro addosso, ma per sicurezza controllate ugualmente e cercate anche nella stanza che non ci siano altri oggetti che possano farci risalire ai suoi ultimi movimenti.”

“Cosa vuole che cerchiamo?”

“Biglietti della metropolitana, oggetti che potrebbero far parte di qualche refurtiva.”

“ … refurtiva?” chiese l'agente, che non aveva capito il nesso.

“Questo cucchiaino” disse Lestrade, alzando la busta che lo conteneva “È ovviamente stato rubato da qualche casa. Probabilmente Russel ha partecipato ad un furto che è finito in tragedia o perché il derubato ha reagito o perché successivamente è stato tradito dai suoi complici che hanno preferito tenersi la sua parte del bottino e abbandonarlo qui.”

Lanciò un'altra occhiata al corpo del disgraziato ladro scuotendo la testa, sconsolato. Come poteva un essere umano arrivare ad uccidere per avidità? Era ancora giovane e non aveva avuto ancora occasione di entrare in contatto con queste atrocità, non in modo così ravvicinato, ma capì in quell'istante che avrebbe dovuto farci il callo. Gli esseri umani possono essere gretti, egoisti e senza pietà e lui avrebbe dovuto farsene una ragione.

Osservò con pietà mista a rabbia il corpo che veniva portato via. Tutto l'orgoglio e la felicità per il fatto di trovarsi lì erano svaniti, macchiati dal sangue di un giovane, forse non proprio innocente, ma di certo non meritevole di una fine simile.

“Torno a Scotland Yard” disse, togliendosi gli abiti protettivi “Ho bisogno di fare qualche ricerca. Qui non c'è altro da fare, appena avrete finito di portare via il corpo, riaprite pure la stazione.”

Si allontanò quasi correndo dallo stanzino su cui ancora aleggiava l'odore sgradevole della morte. Non si accorse che qualcuno, nascosto tra i curiosi, lo aveva osservato attentamente per tutto il tempo.

 

 

 

 

Sebbene fosse stato elogiato per il suo lavoro in Florida, non se l'era sentita di chiedere ufficialmente di poter collaborare con il caso, tanto più che, agendo esternamente alla polizia, avrebbe potuto avere più libertà d'azione. L'unico ostacolo era che, in quel modo, non avrebbe potuto esaminare la scena del crimine, ma ugualmente avrebbe potuto dare un'occhiata. La stazione era piena di curiosi che venivano prontamente dispersi dagli agenti di guardia al perimetro della scena del crimine, ma lui era riuscito a mettersi in un punto strategico, dove non poteva vedere ciò che stava accadendo, ma ascoltare ciò che si dicevano gli agenti.

Era lì da qualche minuto, quando era arrivato anche l'Ispettore incaricato di seguire le indagini. Gli era passato davanti senza vederlo, forse perché troppo concentrato sul suo dovere o semplicemente perché lui aveva nascosto il viso sollevando la sciarpa fin sopra il naso.

Lo aveva riconosciuto subito, avrebbe potuto distinguerlo fra mille, anche se non lo vedeva da anni. Gregory. Gregory Lestrade, impegnato in una delle prime, se non la prima in assoluto, indagine su un omicidio. Non aveva saputo più nulla di lui, dopo quel giorno. Si era immaginato che avesse sposato Haley o qualche altra ragazza incontrata dopo, e la fede che indossava ne era la prova. Aveva sentito una fitta alla testa, ma l'aveva ignorata. Non era lì per lui ma per la sua cliente, per scoprire cosa fosse successo al suo fidanzato.

Restando nascosto, aveva sentito ogni parola che aveva pronunciato e, almeno in parte, combaciava con l'idea che si era fatto precedentemente.

Qualcosa però non lo convinceva. Se Cal Russel aveva cercato di ingannare la fidanzata con un tradimento inesistente per andare a svaligiare delle case, come era finito cadavere in una stazione della metropolitana? L'ipotesi che fosse stato ucciso da un padrone di casa troppo protettivo nei confronti dei suoi beni era da scartare. Se così fosse stato non si sarebbe preso la briga di nascondere il corpo del rapinatore in un luogo così scomodo, rischiando inoltre di farsi riprendere dalle telecamere di sorveglianza. No, erano stati i suoi complici ad ucciderlo e, sicuri dietro i loro passamontagna, avevano affrontato la possibilità di essere ripresi pur di liberarsi del cadavere. Altro punto senza senso. Se davvero volevano liberarsi delle prove avrebbero potuto farlo ovunque, per esempio gettandolo nel Tamigi, invece avevano rischiato di essere scoperti pur di metterlo lì, dove chiunque poteva trovarlo. Il cucchiaino nella sua tasca era un altro elemento da prendere in considerazione. Perché era lì? Distrazione o gesto premeditato?

Ovviamente tutti questi pensieri attraversarono la sua mente in pochi istanti, ma evidentemente non era successo lo stesso a Gregory, che aveva liquidato il tutto riducendo il tutto a una rapina andata male. La cosa buona era che presto tutti avrebbero abbandonato la scena del crimine e lui sarebbe stato in grado di esaminare ciò che Greg e gli uomini della scientifica si erano sicuramente lasciati sfuggire.

 

Sentì Gregory annunciare che sarebbe tornato a Scotland Yard e chiedere di portare via il cadavere così, fingendo di dirigersi verso il binario, tornò indietro e diede una rapida occhiata alla vittima proprio mentre lui si stava allontanando. Sentì un brivido corrergli lungo la schiena quando lo vide. Lo osservò andarsene, vedendolo di sfuggita in volto, e notò che era disgustato. Era sempre stato molto emotivo e aveva sempre detestato le ingiustizie. Quell'omicidio doveva sembrargli qualcosa di difficile da accettare. Vederlo così lo turbò, anche se fu un attimo, ma ormai la sua attenzione era concentrata sul cadavere. Senza dare nell'occhio riuscì a soffermarsi abbastanza a lungo per osservare le macchie di terra e sangue sui vestiti, poi gli agenti lo chiusero in un lungo sacco nero.

Non aveva visto bene, ma si era fatto un'idea ben precisa della dinamica dell'omicidio. Proseguì e arrivato al binario prese veramente il primo treno che passò, arrivò a Kennington e lì entrò in un locale per comprare una porzione di pesce e patate. Non aveva veramente fame, ma sentiva la necessità di distrarsi, di fare qualcosa di ordinario mentre cercava di scacciare dalla sua mente l'immagine della schiena di Gregory che si allontanava. Doveva pensare solo al caso, alla morte di Cal Russel e a nient'altro. Lo aveva promesso, no? Non avrebbe più permesso che i sentimenti offuscassero la sua vista e facessero sussultare il suo cuore. Perché allora non ci riusciva? Ingoiò insieme alle patate il dolore e lasciò che la sua mente lavorasse esclusivamente sul caso. Aveva notato le macchie sui pantaloni e sulla giacca, erano evidentissime, così chiare su quel tessuto scuro, ma aveva bisogno di raccogliere alcuni campioni ed esaminarli con calma a casa. Guardò l'ora, ormai la polizia doveva essersene andata. Pagò il conto e uscì, lasciando che i suoi passi scandissero l'andamento dei suoi pensieri.

Come previsto, quando arrivò nel luogo che fino a poco tempo prima era stato sigillato, lo trovò nuovamente libero. Camminò come un normale passante, ma quando arrivò alla porta vi entrò con uno scatto rapido. Nessuno lo vide.

Una volta dentro fu inghiottito dal buio. Servendosi di una torcia ispezionò il pavimento. Era scuro, impolverato, ma erano evidenti le tracce di terra cadute dagli abiti di Cal. Nessuna macchia di sangue. La cosa che lo colpì fu invece la terra. Da lontano non lo aveva notato, ma c'erano due tipi di terriccio. Ne raccolse un paio di campioni, uno più chiaro e argilloso e uno scuro e morbido.

Mise le buste in tasca ed uscì, diretto nuovamente ai binari, ma stavolta per tornare a casa, dove avrebbe svolto i primi esami sui campioni raccolti. Più tardi sarebbe dovuto uscire di nuovo per tornare a Scotland Yard, stavolta in veste ufficiale, come detective assunto dalla signorina Edwards, per esaminare le fotografie del luogo e del cadavere. Aveva sperato di non doversi servire dell'aiuto di Lestrade, ma a quanto pareva non aveva scelta, doveva parlare con lui. Un altro brivido lo scosse, ma attribuì la sensazione sgradevole all'aria fredda che lo investì quando uscì dalla stazione di Holborn.

 

 

 

 

Erano trascorse alcune ore da quando era tornato a Scotland Yard. La risoluzione del caso stava procedendo bene e sembrava che tutto stesse andando per il meglio, eppure c'era qualcosa che non gli tornava. Era stato tutto troppo semplice. Cal Russell aveva in tasca un cucchiaino d'argento che faceva parte di un set d'argenteria rubata a Lord Rudolph Baker, il cui furto risaliva a una settimana prima. I tempi coincidevano con l'epoca della morte, come confermato anche dal medico legale che aveva esaminato il corpo. Ciò che restava da fare era interrogare Lord Baker e cercare di identificare i suoi complici. Uscì dal suo ufficio e andò a quello del suo collega che si era occupato del furto. La luce era accesa e l'ispettore Tom Moore era al telefono. La porta chiusa attutiva il suono della sua voce, ma prima di bussare riuscì ad ascoltare un pezzo della conversazione.

“Sì, certo, come d'accordo. Non si preoccupi. Certo. Va bene. Buonasera.”

Sentì il rumore della cornetta che veniva posata senza troppa grazia e un sospiro ansioso. Aspettò ancora qualche istante, poi bussò.

“Avanti!” esclamò, agitato come se qualcuno lo avesse colto a rubare la marmellata.

“Buonasera, Moore” disse Gregory entrando “Sto indagando sulla morte di un certo Cal Russell e sono certo che potremmo collaborare per trovare il suo assassino.”

Moore impallidì e sembrò turbato, ma mascherò il disagio con una risata.

“Sei già impantanato, eh? Hai bisogno di aiuto? Non preoccuparti, è normale, in fin dei conti si tratta del tuo primo caso ...”

“Non è questo, anzi, tutto il contrario. Ho la certezza che l'uomo trovato morto alla stazione sia uno dei ladri che hanno derubato Lord Baker.”

Moore sembrò esitare ancora, ma resse.

“Cosa te lo dice?” chiese.

“Questo!” esclamò Greg, mostrando con orgoglio la busta che conteneva il cucchiaino “L'ho trovato sulla vittima e ci sono le iniziali RB. Controlla sui tuoi documenti, dovrebbe corrispondere con il servizio di argenteria rubato a Lord Baker.”

Moore annuì, ma era ovvio che era agitato.

“Sì … certo … te li cerco subito.” si alzò e andò al suo schedario, da cui tirò fuori un fascicolo “Eccolo.”

Lanciò i documenti sul tavolo e Gregory non perse tempo per esaminarli. C'erano diverse fotografie e vide immediatamente che le iniziali della forchetta che era caduta ai ladri ed era stata ritrovata nel giardino della villa corrispondevano in tutto e per tutto con quelle del suo cucchiaino.

“Avevo ragione!” quasi gridò “Sono queste! Avete già trovato i ladri? La refurtiva?”

Era eccitatissimo, sentiva che stava per raggiungere la fine di quell'indagine e che stava per risolverla brillantemente. Sarebbe stato fantastico se, al suo primo caso di omicidio, avesse trovato subito l'assassino, ma tutto crollò di fronte all'espressione seria di Moore.

“Purtroppo no, Lestrade.” momorò lui, quasi vergognandosi “Erano incappucciati e dalle riprese delle telecamere di sorveglianza attorno alla villa non siamo riusciti a vedere la targa del furgone che hanno usato per caricare la refurtiva perché l'avevano oscurata. Fidati, lascia perdere.”

“Ma … ci sono altre vie!” protestò Gregory, infiammandosi “Possiamo verificare se altre telecamere attorno alla zona hanno ripreso il furgone! Avranno pur dovuto ripristinare la targa, una volta lontani dalla villa, no? Sarà un lavoro lungo perché non possiamo sapere da che parte sono andati, ma risolveremmo due casi in un colpo solo!”

L'eccitazione era salita ancora, si sentiva carico, deciso e pieno di idee, ma a quel punto Moore non riuscì nemmeno a smontare il suo entusiasmo, interrotto da qualcuno che bussava alla porta.

“Avanti!” gridò Moore, sollevato.

Entrò un agente, ma si rivolse a Gregory.

“Ispettore Lestrade, c'è qualcuno che vuole vederla. È nel suo ufficio.”

Gregory si voltò verso Moore, che sembrava ben felice di liberarsi di lui.

“Devo andare. Ne riparleremo più tardi.”

Si voltò e uscì con l'agente.

“Di chi si tratta?” chiese, mentre già si dirigeva nel suo ufficio.

“Holmes.” rispose lui e a Gregory sembrò che il solo pronunciare quel nome lo intimidisse.

“Holmes? Holmes chi?” chiese lui, in ansia.

“Non lo so ...” rispose lui, colto in fallo “Mi dispiace, ma non mi ha detto il nome ...”

Era Sherlock, ne era certo. Non voleva vederlo, non così, non era pronto. Era passato troppo tempo e lui non si era ancora preparato psicologicamente per quell'incontro. Era ovvio che era lì per il caso di omicidio e avrebbe potuto prevedere una sua visita dopo ciò che gli era successo in Florida, ma forse per codardia non ci aveva pensato.

“Grazie, Andrews” mormorò, sorridendogli per fargli capire che non aveva fatto nulla di sbagliato.

Lasciò il ragazzo e si diresse verso il suo ufficio.

Si fermò di fronte alla porta, esitando. Oltre quella soglia c'era Sherlock, il suo migliore amico, che non vedeva da tempo e che lo aveva amato. Prese un profondo respiro e lentamente l'aprì. Avrebbe affrontato la cosa di petto.

“Sher-”

Si bloccò. Tutte le sue certezze si sgretolarono sotto lo sguardo severo e tagliente di Mycroft Holmes.

“Buonasera, Ispettore.”

   
 
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