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Autore: ale_lu_maguire    23/12/2016    0 recensioni
la giovane Regina, orfana sin da bambina, si ritrova a crescere con lo zio Henry, un uomo che lavora in una galleria di moda, dove lei incontrerà l'uomo della sua vita e dove troverà l'amore per la moda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prima della partenza.

 

 

[Robin]

 

Quella sera prima che Regina mi raggiungesse alla porta di servizio della galleria e prima di incontrarla alla sfilata, come tutti sapete, sono andato dentro insieme a mio padre nel suo ufficio. Non ho detto di cosa abbiamo parlato e su cosa abbiamo discusso, quindi mi sembra giusto raccontarvi tutto sin dall’inizio.

La sera prima della sfilata.

-Regina devi ascoltarmi per favore!- cercavo in tutti i modi di farmi ascoltare, ero appena arrivato alla galleria dopo un’assenza durata chissà quanti anni, e sinceramente non posso biasimarla, non vuole vedermi lo capisco ma era l’unica persona che volevo vedere in tutta quella giostra che girava nelle mani di mio padre.
-Che cosa devo ascoltare? Mi hai mentito su tutto Robin!- disse lei cercando di uscire dalla sua stanza ma io essendo più forte di lei chiusi la porta con una mano sola.
-Sbaglio o quella notte volevo scappar econ te? Non è colpa mia se mio padre ci ha scoperti!- cercavo di giustificarmi, stavamo per scappare, lo so eravamo giovani ma, potevamo farcela.
-Non ti sei fatto sentire in tutti questi anni! Nemmeno una lettera!- dal suo viso potevo notare la sofferenza di tutti quegli anni.
-Io ti ho scritto Regina. parla con il postino! Firmavo le lettere Philipe Ride!- dissi appoggiandomi alla porta guardandola negli occhi.
-Credi che un vesito possa riparare tutto?- mi guardò schifata, in un certo senso lo era.
-Regina per favore! ti ho mandato un sacco di lettere firmate Philipe Ride. Prova a credermi ti prego!- era la verità quella che le stavo dicendo ma lei non sentiva nessuna ragione allora cercai di pensare ad un modo convincnte per farmi credere.
-Esci dalla mia stanza!- senza dire una parola uscì dalla sua camera e lei mi chiuse la porta in faccia.
-Regina ascoltami ti prego- anche se non vedevo cosa faceva sapevo che era appoggiata alla porta ad ascoltarmi.
-Se verrai alla sfilata ti dimostrerò che è tutto vero. ce ne andremo te lo giuro. Ma se non verrai, sparirò dalla tua vita per sempre promesso- l’idea di sparire dalla sua vita in modo definitivo non mi piaceva molto ma sembrava l’unica strada per dimostrarle che l’amavo dopo tutti questi anni, e dopo tutta questa sofferenza che c’è stata regalata sia da mio padre e sia da suo zio Henry. Lei non disse nulla, non diede nemmeno una risposta alla mia proposta, allora mi allontanai dalla sua stanza in modo molto silenzioso.

 

[Regina]

Non sapevo se credergli o meno, era passato troppo tempo e non avevo ricevuto nessuna lettera da parte sua. Nemmeno una. Osservai il vestito rosso che mi aveva appena regalato, era uno di quelli con una scollatura non molto ampia, e sinceramente lo avevo confezionato io qualche settimana prima. Indossare un capo del genere e con un determinato prezzo scritto nell’etichetta, non rientrava nelle mie capacità economiche. pensai allungo a cosa avrei fatto, pensai se avrei dovuto andare o rimanere in camera come la maggior parte delle sfilate. Ci sarei andata. Ero pronta a beccarmi un’altra delusione, ma qualcosa dentro di me mi diceva che stavolta dovevo fidarmi. qualcosa mi diceva che quello che mi aveva detto prima di uscire dalla mia stanza, era la verità. Forse lo zio o il signor Locksley avevano corrotto il postino, e nascosto le lettere da qualche parte ma ho detto a me stessa che se dovevo credere a Robin dovevo farlo senza avere prove. Perche? Beh perchè lo amo e l’ho sempre amato.

 

 

 [Robin]

Ero nell’ufficio con mio padre che era un pò seccato per aver abbandonato la salva per ascoltare la mia richiesta. Chiusi la porta alle nostre spalle e mi avvicinani a lui.
-E’ una conversazione così importante che no può aspettare domani?- la sua voce era irritata e scocciata, di certo non lo avrei portato nel suo ufficio se non avessi intezione di dirgli qualcosa di importante.
-Avanti cosa devi dirmi? ti ascolto- disse lui guardandomi in faccia.
-Mi dispiace papà, ma questa sera non farò la presentazione- dissi guardandolo il più serio che mai.
-Perchè?- mi chiese lui co tono calmo.
-Perchè non voglio occuparmi dell’azienda- era vero, non volevo occuparmi di tutta quella giostra che girava attorno a mio padre.
-Ascolta Robin sei nato in questo mondo, hai terminato gli studi e adesso è giunta l’ora di dirigere l’azienda- disse lui allontanandosi da me.
-E di sposarmi. Questo ti sei dimenticato di dirlo?- mi avvicinai a lui che stava per prendere un bicchiere di rum.
-Quando avevo la tua età avevo già un figlio di cinque anni- mi disse voltandosi con il bicchiere in mano, dio solo sa quanto volevo buttarlo in aria.
-Questa non è la tua vita papà, è la mia!- dissi avvicinandomi nervoso.
-Non ti ho mai imposto niente Robin!- disse iniziando ad alzare la voce.
-Se questo è vero allora non costringermi a guidare l’azienda!- lo dissi quasi urlando.
-Qui non cambia mai niente papà. Abbiamo modi molto diversi di vedere le cose- questa frase la pronuncia a voce più bassa.
-Non insistere- mi stava facendo innervosire il fatto che si muoveva, sembrava che non mi stesse a sentire.
-E tu come la vedi?- mi chiese quasi ridendo per poi bere quel rum.
-La vita o l’azienda?- risposi a mia volta con una domanda, mi faceva innervosire il fatto che dall’espressione sembrava che mi stesse prendendo per i fondelli.
-Secondo me dovremmo rinnovare tutto. Lo stile, ogni vestito. Presentiamo la stessa collezione da anni!- dissi tutto ad un fiato.
-Dobbiamo rinnovarlo anche per i giovani!- aggiunsi poco dopo.
-I giovani non comprano le nostre collezioni- disse mi padre bevendo.
-Forse perchè sono per vecchi i vestiti che produciamo? Forse il semplice fatto che non piacciono dovrebbe passarti per il cervello- beh i giovani non compravano da noi per questo motivo, i vestiti erano orribilmente da adulti.
-Va bene, allora prendi i tuoi soldi e investili! Corri il rischio di perdere tutto! E’ così che funziona un’azienda!- disse lui alzando la voce.
-Sono stanco Robin! Di ripeterti sempre le stesse cose! Fa come ti pare!- urlò lui guardandomi più arrabbiato che mai.
-Ma almeno non farlo stasera che presentiamo la nuova collezione- aggiunse dopo alcuni secondi di silenzio.
-Presentiamo la stessa collezione da dieci anni!- dissi dirigendomi verso la porta d quel maledetto ufficio. mi aveva fatto innervosire, da oggi, o meglio da stasera avrei fatto come mi diceva la testa e il cuore.
-Me ne vado!- urlai seccato.
-E dove?- mi chiese serio.
-Ovunque possa decidere della mia vita in pace- risposi guardandolo dritto occhi.
-Tua madre aveva ragione- aggiunse lui.
-Lei non è mia madre!- finalmente riuscì ad uscire da quell’ufficio del cavolo per poi prendere l’ascensore, sperando di trovare qualcuno ad aspettarmi. speravo di trovare Regina con indosso il suo vestito rosso e una valigia nascosta dietro l’angolo per fuggire insieme.

 

 

[Regina]

Notai una busta fuori uscire da sotto il cuscino della poltrona dove si sedeva spesso lo zio Henry. Cosa ci facevo dentro la sua stanza? Volevo sapere solo se lo zio c’entrava qualcosa con la sparizione delle lettere e non appena notai quella busta pregai il signore che fosse una delle tante lettere di Robin. Alzai il cuscino della poltrona e non trovai una lettera, ma decine e decine di lettere tutte aperte. Avrei voluto leggerle tutte in quel momento ma non potevo, il tempo stringeva e dovevo correre a prepararmi. Le afferrai tutte con cura e stando attenta a non dimenticarne nemmeno una, le portai nella mia stanza e le nascosi tutte dentro la valigia. Era l’unico posto dove mio zio non avrebbe mai guardato. Non appena scesa nel salone, l’unico sguardo che cercavo era quello di Robin. In mezzo a tutta quella gente cercavo solo i suoi occhi, solo il suo sguardo posato su di me. E fu proprio quello che sentì addosso pochi minuti dopo essere scesa nel salone. Con un semplice sguardo cercai di fargli capire che doveva seguirmi, mi diressi verso l’ascensore e poco dopo di me entrò una signora vestita di bianco, un bianco che faceva invidia persino i suoi capelli.
-A che piano?- disse Robin entrando dopo di noi.

-Al terzo- rispose la signora al mio fianco.
-Alla toilette- dissi io, ovviamente risposi dopo la signora, almeno non appena fosse scesa lei io e Robin saremmo rimasti soli finalmente.
-Ecco la toilette è al quarto, e credo che lei sia l’unica qui a non sapere a che piano è la toilette- che bell’umorismo Robin! avrei voluto strozzarlo ma lo amo da impazzire.
-Non conosce il nostro atelier?- mi chiese con presunzione, mi voltai appena verso di lui e scossi leggermente la testa portando lo sguardo verso destra.
-Però quello che indossa è un classico della nostra collezione. Mi sbaglio signorina?- sbuffai a tutte quelle domande e socchiusi leggermente gli occhi.
-Ah certo, preferisce non rispondere alle mie domande. Allora tirerò ad indovinare- ma dai adesso si divertiva anche a prendermi in giro mentre la signora al mio fianco se la rideva.
-Non mi sembra straniera, inoltre non indossa la fede il che significa che non c’è un marito che la sta aspettando da qualche parte. Non indossa gioielli e questa la dice lunga. Lei è una donna semplice- se non lo conoscessi bene a quest’ora gli avrei piantato cinque dita sulla guancia.
-Sto indovinando?- aggiunse alcuni secondi dopo.
-Sì sto indovinando- lo disse dopo aver ottenuto il mio silenzio.
-Lei è un buon osservatore- dissi sorridendo a me stessa.
-Sì ma è una dote che abbiamo in comune- ma sentitelo mi viene solo da ridere quando fa così.
-Su questo ha ragione- volevo ridere ma riuscì a trattenermi per evitare figuracce davanti a quella signora.
-Allora ammette che mi stava guardando- oh si ti stavo guardando Robin ma, non te la do vinta davanti a una vecchia come questa!
-Non guardavo lei, guardavo la gente. E mi congratulo con suo padre e anche se no mi crede non tutto ruota intorno a lei- non appena pronunciai queste parole le porte dell’ascensore si aprirono e lasciarono uscire la signora che se la rideva da quando Robin aveva iniziato a palare di me. Volevo che quelle porte si chiudessero. Dovevano chiudersi. Volevo baciarlo, erano passati secoli dall’ultimo bacio. Le mie preghiere vennero esaudite, quelle porte si richiusero, dove ci avrebbe portato l’ascensore? all’ultimo piano della galleria. Nella nostra terrazza. Mi voltai verso Robin, lui fece lo stesso poco dopo e io non riuscì a resistere. Le mie labbra si posarono sulle sue e lentamente lo spinsi verso la parete dell’ascensore lasciandomi andare ad un’ondata d’amore e di passione. Avrei voluto dirgli quando lo amavo ma le mie labbra erano talmente impegnate a baciarlo che non si staccavano nemmeno un’istante. Eravamo solo noi e mi importava solo questo in quel momento. Non appena salimmo sulla terrazza lui non smetteva di baciarmi, e io non riuscivo a scollarmi dalle sue labbra.
-Vieni con me a Londa- mi disse staccandosi un secondo dalle mie labbra.
-Tu sei matto- gli risposi ridendo.
-Sono stanco di stare qui a farmi dire cosa fare. Io voglio stare con te per sempre- mi prese in braccio mentre pronunciava queste parole e le sue labbra si posarono di nuovo sulle mie.
-Non abbiamo pià quindici anni- mi disse guardandomi negli occhi, e sapevo che era vero, non ce la facevo più nemmeno io a rimanere li a fare la sguattera per donna Cora.
-Regina, vuoi venire o no?- mi chiese dopo alcuni secondi. La mia risposta? Fu un bacio. Un semplice bacio per fargli capire tutto.

 

 

[Robin]

Avevo parcheggiato la mia macchina proprio vicino la porta di servizio per aiutare Regina con la valigia. Non appena la vidi sbucare dalla porta le tirai un razzo di carta come era mio solito fare e mi diressi verso il bagagliaio della macchina per poi aprirlo.
-Ti ha seguito qualcuno?- le dissi sorridendo per poi mettere la sua valigia nel bagagliaio e chiuderlo.
-No- rispose lei sorridendo a sua volta per poi sedersi in macchina, cosa che feci anche io pochi istanti dopo.
-Sicura?- non volevo spiacevoli incontri mentre fuggivamo.
-Sì- erano semplici parole sussurrate dalle sue labbra ma le leggevo in volto che era felice. Le diedi un bacio e misi in modo l’auto per poi imboccare la via principale dove si affacciava l’entrata della galleria Velvet.
-Andrà tutto bene vedrai- le dissi cercando di rassicurare il fatto che stavolta nulla sarebbe andato storto. Ero ignaro di quale disgrazia stava per colpire me e Regina durante il viaggio, e quale disgrazia stesse per colpire la galleria Velvet. Fu quando con un braccio strinsi a me Regina mentre guidavo che la radio dell’auto iniziò a parlare.
-Interrompiamo il programma di questa sera per informarvi di un tragico evento accaduto alla galleria Velvet. Il proprietario, Jefferson Locksley è deceduto improvvisamente questa sera- erano parole che mi distrassero dalla guida, e credo che Regina se ne accorse. L’auto finì fuori strada e da allora non ricordo più nulla. Solo il buio.



   
 
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