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Autore: ale_lu_maguire    22/12/2016    0 recensioni
la giovane Regina, orfana sin da bambina, si ritrova a crescere con lo zio Henry, un uomo che lavora in una galleria di moda, dove lei incontrerà l'uomo della sua vita e dove troverà l'amore per la moda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Ed eccomi dopo tanto tempo, 
con una soria totalmente nuova!
Spero vi piaccia questo primo capitolo.
Buona lettura tesori miei!"


 
 


[Robin]
Non avevo mai visto tanta confusione in tutta la mia vita, ma credo che sia normale per il proprietario della Velvet. Mio padre, Jefferson Locksley, aveva investito tutto se stesso in quella galleria di moda, e sinceramente non sono mai stato presente in tutto questo per il semplice motivo che paparino mi ha mandato in collegio per tutta l’infanzia. La nostra macchina nera guidata dal solito autista, che forse avrà più di quarant’anni, si fermò davanti al lungo tappeto rosso che iniziava dalla porta d’ingresso e finiva proprio sotto i miei piedi. La prima a scendere dall’auto fu mia madre, Almira Blanco, una donna bella sì, ma non riesco mai a vederla come madre nei miei confronti. La seconda fu mia sorella Zelena, o per meglio dire sorellastra. Non sto qui a raccontarmi, almeno per ora, le falle della vita amorosa dei miei genitori. L’ultimo a scendere fui io, insieme a mio padre. C’erano un sacco di fotografi, un sacco di giornalisti, credo di non averne mai visti cosi tanti tutti insieme, notai un giornalista avvicinarsi nonostante il nastro che gli impedisse di farlo.
-Suo figlio è tornato dopo una lunga assenza, è vero che vuole cedere la guida della galleria a lui?- cioè ero tentato dal rispondere “Fatti una dose di affari tuoi” ovviamente non lo feci, mi armai di un bel sorriso e cercai di apparire abbastanza diplomatico.
-Se crede che mio padre lasci la Velvet, non lo conosce affatto!- esclamai sorridendo.
-Aspetti un’altra domanda! Che cosa cerca di ottenere da questa sfilata Signor Locksley!- più che una domanda sembrava una mezza accusa, come se volessimo ottenere chissà che cosa dalla nostra clientela.
-Soddisfare i nostri clienti come abbiamo sempre fatto! O meglio come la Velvet ha sempre fatto!- furono queste le ultime parole di mio padre prima di entrare dentro seguito da mia sorella, da mia madre e ovviamente anche dal sottoscritto. Non appena entrammo fummo invasi da degli applausi che non finivano mai, mio padre e mia madre si misero davanti a me e Zelena, che fece una specie di smorfia. Non appena i miei genitori si spostarono e andarono in giro per la galleria a parlare con gli invitati, l’unico a farmi festa in quel momento fu il  mio migliore amico, Killian Jones, che venne a congratularsi anche se non c’entravo nulla con tutta quella baraonda di persone.
-Ho due ragazze qua fuori, se vieni con me passiamo una bella serata- lo disse ridendo mentre gironzolava vicino alla mia spalla.
-Come stai Killian- risposi tra una risata e l’altra mentre lo guardavo in faccia, era sempre lo stesso mezzo idiota che si faceva scappare le uniche occasioni di matrimonio che gli capitavano fra le mani.
-Sono felice che tu sia qui Robin!- esclamò ridendo. Vidi mio padre che mi aspettava in mezzo alla folla, con sguardo severo, ma non sapevo se era severo o meno.
-Un secondo Killian- mi allontanai mentre lui farfugliava qualcosa mentre rideva, qualcosa del tipo “Ci vediamo dopo”
-Sei pronto Robin?- mi chiese mio padre non appena mi avvicinai a lui. Ero nervoso.
-Questa sera devi essere tu a presentare la sfilata- che bella notizia, prego solo il signore che non mi si impigli la lingua mentre parlo.
-Dobbiamo parlare un momento, è importante- gli dissi guardandolo fisso negli occhi fregandomene del fatto che avrei dovuto presentare la sfilata.
-Che cosa c’è- mi disse lui. Il suo sguardo era sempre lo stesso, possibile che dentro quel corpo non ci sono emozioni?
-Non qui- gli dissi guardandomi intorno, e potei notare mia madre e mia sorella osservarci quasi sdegnate. Mio padre non rispose, si limitò a farmi strada verso l’ascensore che si trovava a pochi passi da noi. Un ascensore che ci avrebbe portati dritti nel suo ufficio. Non credo che vi importi cosa ci siamo detti dentro quella stanza piena di documenti e bozzetti di vestiti mai confezionati. Fatto sta che non appena scendemmo nuovamente con l’ascensore al piano dove eravamo pochi minuti prima, l’unica a rivolgermi la parola fu mia sorella.
-Cosa c’è, hai di nuovo discusso con papà?- mi chiese guardandomi negli occhi. Mi avvicinai a lei e le lasciai un bacio sulla guancia, senza parlare mi allontanai e mi diressi altrove, rimanendo sempre dentro la sala.
-Credevo che tuo padre ti volesse sequestrare per tutta la sera- disse una voce a me conosciuta, mi voltai verso essa e mi accorsi che era Marian.
-Ciao Marian!- mi avvicinai e le diedi un bacio sulla guancia in segno di vecchia amicizia.
-Come stai?- le chiesi poco dopo.
-Queste feste sono una noia mortale! Per fortuna ci sei tu a farm compagnia!- disse afferrandomi la mano e io risi, ma non credo sia un’ottima idea rimanere con lei. Mi dava sui nervi dopo circa venti minuti.
-Non pensare che io sia più divertente- dissi cercando di scappare senza farmi notare.
-Questo lascialo decidere a me- rise e mi fissò dritto negli occhi, cosa che odiavo.
-E poi se vogliamo possiamo sempre fare qualcosa di diverso- si guardò intorno mentre pronunciava queste parole, ma forse non si accorse che me ne stavo letteralmente fregando.
-Ti va di andare in un posto più tranquillo?- mi chiese mentre la mia testa cercava una scusa per sbarazzarmi di lei.
-La sfilata sta per iniziare- dissi poco dopo ringraziando il mio cervello per averla trovata.
-Non dirlo a tuo padre- si avvicinò al mio viso mentre pronunciava queste parole.
-Non sono venuta qui per i vestiti- lo disse con sguardo di chi si aspettava qualcosa di molto intimo. Detto questo mi guardò per qualche istante e si allontanò verso l’ascensore, per poi entrarvi dentro. Mi avvicinai al tavolo dove veniva messo lo champagne e mentre stavo per prenderne un bicchiere vidi in lontananza una ragazza dal vestito rosso con i capelli raccolti in una sorta di coda, che si guardava intorno. Mi resi conto di essere rimasto a fissarla finche il suo sguardo non incrociò il mio. Mi guardò e pochi secondi dopo svanì tra gli invitati. Presi di corsa due bicchieri e una bottiglia di champagne e la seguì. Con grande piacere la vidi entrare dentro l’ascensore, ma mi dispiacqui non appena vidi una signora entrare dopo di lei. Beh entrai anche io.
-A che piano?- domandai guardando entrambe.
-Al terzo- rispose una signora sulla cinquantina, vestita di bianco, un bianco equivalente ai suoi capelli.
-Alla toilette- disse dopo la ragazza con il vestito rosso. Schiacciai il pulsante e mi misi dietro ad entrambe.
-Ecco la toilette è al quarto, e credo che lei sia l’unica qui a non sapere a che piano è la toilette- dissi ridendo sotto i baffi.
-Non conosce il nostro atelier?- le domandai con un pizzico di presunzione. Lei si voltò appena verso di me e scosse la testa.
-Però quello che indossa è un classico della nostra collezione. Mi sbaglio signorina?- lei sbuffò leggermente e credo che socchiuse anche gli occhi, ma non ne sono sicuro al cento per cento visto che ero dietro di lei.
-Ah certo, preferisce non rispondere alle mie domande. Allora tirerò ad indovinare- tutto questo accadeva mentre la signora se la rideva senza farsi accorgere dalla ragazza.
-Non mi sembra straniera, inoltre non indossa la fede quindi il che significa che non c’è un marito che la aspetta da qualche parte. Non indossa gioielli e questa la dice lunga. Lei è una donna semplice- dissi sfoderando un ampio sorriso, un sorriso che venne sgamato solo dalla signora al nostro fianco.
-Sto indovinando?- chiesi aspettando qualche secondo.
-Sì sto indovinando- dissi dandomela vinta.
-Lei è un buon osservatore- disse lei dopo un lungo silenzio.
-Sì ma è una dote che abbiamo in comune. A lei piace osservare tanto quanto me- guardai ogni sfaccettatura del suo profilo, era così bella, la donna più bella che avessi mai visto.
-Su questo ha ragione- oh ecco che finalmente apre di nuovo la bocca.
-Allora ammette che mi stava guardando- dissi osservandola da dietro.
-Non guardavo lei, guardavo la gente. E mi congratulo con suo padre e anche se non mi crede non tutto ruota intorno a lei- disse mentre le porte dell’ascensore si aprirono lasciando uscire la donna che non aveva emesso nemmeno una parola da quando eravamo entrati tutti in quella scatoletta Sali e scendi. Non appena la porta dell’ascensore si richiuse il mio sguardo si buttò su di lei. Era cosi bella. Cosi perfetta. Mi volta con testa e corpo verso la ragazza, e lei fece lo stesso ma non mi diede nemmeno il tempo di realizzare che mi ritrovai travolto da mille emozioni. Le sue labbra, erano le sue labbra, le sue mani erano le sue mani e i suoi baci, erano sempre i suoi baci. Sentì la sua mano sulla mia guancia mentre le sue labbra si gustavano le mie e viceversa. Mi era mancata. Dopo tutto questo tempo, era ancora lei.
 
 
[Regina]
 
Ogni vestito, ogni singolo indumento che stava all’interno del mio armadio lo afferrai in fretta e furia e lo gettai all’interno della valigia che mi sarei portata dietro. Fu proprio mentre mettevo le ultime cose al suo interno che sentì la porta alle mie spalle aprirsi. Non avevo tempo di voltami a guardare chi era, Robin mi stava aspettando. Dovevamo andarcene e anche alla svelta.
-Quanto sei bella!- disse guardandomi infilare i vestiti dentro l’enorme valigia.
-Che stai facendo?- mi chiese non appena la notò piena di vestiti e di ogni indumento possibile.
-Non me lo chiedere Mary Margaret- mi voltai mentre sistemavo le cose e le sorrisi ampiamente, segno che di mezzo ci stava Robin.
-Vai via?- il suo sorriso svanì, e in un certo senso mi rattristai anche io, ma in fondo, molto in fondo.
-Sì- risposi semplicemente mentre il suo viso si rabbuiava sempre di più. Presi la lettera e la misi nelle sue mani, era una lettera per mio zio Henry.
-Dalla a mio zio per favore- era un favore personale che lei avrebbe svolto senza se e senza ma. Chiusi la valigia e presi la qualcosa per coprirmi dal freddo che mi attendeva oltre l’enorme portone della Velvet, per poi mettermi di fronte alla porta ma prima di aprirla vidi la mia migliore amica, rattristarsi. Posai tutto per terra e la avvolsi in un caldo abbraccio.
-Ti voglio bene- le dissi stringendola forte a me, sapevo che i suoi occhi sarebbero scoppiati in una valle di lacrime.
-Anche io. Abbi cura di te tesoro mio- la sua voce era sottilissima, quasi non riuscivo a sentirla. Era giù e si vedeva. Eravamo migliori amiche da molti anni orami ed eravamo inseparabili. Le sorrisi e uscì dalla porta della mia stanza, vicino al laboratorio dove confezionavamo i vestiti avevamo ognuno le nostre stanze. Ad ogni passo che facevo stavo attenta a non beccare qualcuno, se mi avessero vista con una valigia erano cavoli amari per me e per Robin. Corsi verso la porta di servizio e non mi accorsi che il mio scialle rosso, intonato al vestito, cadde proprio li. Non appena fuori un razzo di carta cadde proprio davanti a me. Era un’idea di Robin. Ogni volta che ne vedevo uno c’era un messaggio scritto al suo interno, solo ed esclusivamente per me.
-Ti ha seguita qualcuno?- mi chiese non appena mi avvicinai a lui.
-No- risposi sorridendo per poi mettere la valigia nel bagagliaio della macchina con l’aiuto di Robin.
-Sicura?- sorrise anche lui e mi diede un bacio non appena fummo in macchina.
-Sì- sorrisi nuovamente e aspettai che mettesse in moto. Finalmente dopo tutto questo tempo potevamo essere felici. La macchina partì e imboccammo la strada dove dava la facciata principale della galleria Velvet. Dove eravamo diretti? Ovunque. Qualunque posto è migliore di questo, l’importante è stare insieme.
-Andrà tutto bene vedrai- sussurrò Robin dandomi un altro bacio mentre guidava. Forse fu questo, forse fu colpa del nostro bacio se tutto per l’ennesima volta andò storto. Robin perse il controllo dell’auto. Finimmo fuori strada, e sicuramente sbattemmo contro qualcosa. Io ricordo solo il buio. Un oscurità dalla quale non sapevo se mi sarei svegliata o no.
 
 
 
 
[20 anni prima]
 
Era così piccola Regina quando morì sua madre, non aveva nemmeno un parente. Era rimasto solo lo zio Henry che abitava a Madrid, in una galleria di moda chiamata Velvet. Henry aveva accettato di prendersene cura, ormai era vecchio e non aveva nemmeno una famiglia, pensò che forse un po’ di compagnia non gli avrebbe fatto male. Una sera, mentre lo zio Henry dormiva, la piccola Regina era entrata di nascosto nel laboratorio dove venivano confezionati gli abiti che venivano esposti al piano di sopra nelle grandi vetrine.
-Cosa ci fai qui ladra!- disse quasi urlando donna Cora accendendo la luce sorprendendo la piccola Regina con un filo rosso in mano. La piccola non sapeva cosa rispondere, era spaventata non stava rubando nulla era solo curiosa.
-Donna Cora. La piccola è mia nipote e le posso assicurare che non stava rubando nulla- la giustificò lo zio Henry sentendo la voce della donna un po’ troppo alta per l’ora.
-Signor Henry! Che diamine ci fa questa bambina nella nostra galleria? Non è di certo un hotel!- donna Cora era la caporeparto, faceva rispettare le regole e chi non le rispettava filava dritto dal proprietario e poi licenziato su due piedi.
-La piccola non ha nessun parente. Ha solo me. La madre è morta qualche giorno fa- cercò di spiegare l’uomo ma per la donna non c’erano scuse.
-Domattina fili subito dal signor Locksley- furono queste le sue ultime parole prima di uscire dalla stanza lasciando zio e nipote a guardarsi in faccia.
-Zio- tentò di pronunciare la bambina ma lo zio l’ammonì in un istante facendola filare a letto. Non appena svegli andarono dritti nell’ufficio del signor Locksley.
-E’ libero?- chiese Henry alla segretaria del proprietario della galleria.
-Un secondo potete entrare-  rispose lei. Henry fece sedere la piccola Regina sulle poltrone che stavano fuori dall’ufficio.
-Io non stavo rubando nulla zio ve lo giuro- cercò di spiegare la piccola.
-Non dovevi essere li. Ne lì dentro ne da nessun’altra parte!- disse lo zio. Pochi istanti dopo dall’ufficio del signor Locksley uscì una bambina piccola, molto più piccola di Regina, una signora che la teneva per mano e un ragazzino che aveva all’incirca l’età di Regina, o forse aveva due annetti in più.
-Chi è?- chiese allo zio.
-E’ il signorino Robin. Il figlio del signor Locksley- spiegò lo zio guardando la segretaria in attesa del permesso di entrare. Regina guardò Robin che si fermò qualche passo più avanti a lei. Le regalò un sorriso.
-Robin!- lo chiamò la madre e lui scappò da lei. Quello che successe dentro l’ufficio è inutile raccontarlo, in due semplicissime parole il signor Locksley negò ad Henry di tenere Regina li.
-Aspettami fuori Regina- disse lo zio aprendo la porta dell’ufficio per indicarle la poltrona dove era seduta poco prima. Lei obbedì e la porta dell’ufficio si richiuse. Non seppe mai cosa accadde al suo interno, fatto sta che mentre era seduta lì l’ascensore si aprì senza mostrare nessuno che ne uscisse. Poi vide volare un razzo di carta. Poi un altro. E l’ultimo cadde proprio addosso a lei. Si voltò verso l’ascensore e vide il signorino Robin che le faceva segno di andare da lui. Lei silenziosamente sorrise e entrò nell’ascensore che poco dopo si chiuse.
-Io sono Robin- disse il bambino buttandosi per terra vicino alla ringhiera del secondo piano che mostrava il piano inferiore dove stavano preparando la sfilata.
-Io sono Regina. Tu sei il figlio del signor Locksley- disse la bambina mettendosi accanto a lui.
-Robin!-
-E’ tua madre?- chiese Regina.
-No è la mia matrigna- rispose guardando di sotto.
Tutto andò avanti tra razzi di carta volanti, chiacchierate di nascosto fino a quando non si ritrovarono adolescenti…
-Un giorno confezionerai anche tu vestiti!- le disse il giovane Robin.
-A me fanno cucire solo gli orli!- disse ridendo.
-Ma un giorno, dice lo zio, s emi impegnerò lavorerò con qualcuno di famoso!- risero entrambi sognando la loro vita alle prese con qualcuno di famoso.
-Ad esempio?- chiese Robin avvicinandosi a lei.
-Philipe Ride!- rispose Regina con un ampio sorriso.
-E chi sarebbe?- chiese il ragazzo.
-Non lo so ma suona bene!- aveva letteralmente sparato a caso un nome o meglio, lo aveva inventato.
-Lo faremo insieme- furono queste le ultime parole da amici. Un bacio. Si amavano. Già si amavano di nascosto.
E quando tutto sembra andare bene in realtà va tutto storto.
Una sera, quando finalmente avevano escogitato un piano per fuggire insieme, qualcosa decise di andare storto come la maggior parte delle volte che facevano qualcosa insieme. Regina stava andando alla porta di servizio dove l’attendeva Robin per scappare, ma sfortunatamente lo zio Henry la sorprese e l’afferrò per un braccio e la rinchiuse nella sua stanza.
-Regina! Sono qui e non mi arrendo!- urlò Robin da dietro la porta prima che suo padre lo portasse via dal corridoio.
-TI AMO- 


   
 
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