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Autore: Amatus    24/12/2016    2 recensioni
I grandi eroi esistono per sconfiggere grandi nemici e pericoli mortali. E se il confine fra eroe e mostro non fosse così evidente? Se l'eroe non sapesse contro cosa realmente combatte? Se il nemico fosse convinto di essere un eroe?
E se il nemico più pericoloso fosse l'eroe pronto a combattere per la propria giusta causa a dispetto di tutto il resto?
Una storia può essere raccontata da diversi punti di vista. Questa storia ne presenta due. Due potenziali eroi. Due potenziali mostri. Distinguere l'uno dall'altro potrebbe essere più difficile di quanto si pensi.
Era troppo tempo che qualcuno non gli rivolgeva una parola gentile e fare nuove conoscenze era una cosa così tanto al di fuori delle sue aspettative che non sapeva come reagire. Quando alla fine pronunciò il suo nome quelle lettere così scandite suonarono buffe alle sue orecchie. Non avevano più nessun significato da tempo immemorabile. Solas. Da quanto tempo nessuno lo chiamava così, sentire quel nome, anche se pronunciato dal nano lo fece sentire meglio.
[IN REVISIONE]
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Inquisitore, Solas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Fen'Len - Figlia del Lupo'
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XXXVII

I giorni scorrevano per Lena come sabbia in una clessidra, lasciandole dentro un senso di urgenza che non sapeva domare o anche solo comprendere. Questo l'aveva portata a riempire le proprie giornate con la sciocca pretesa di prolungarle il più possibile e con l'effettivo risultato di non lasciarsi il tempo di pensare. Tra un rapido sonno agitato e l'altro le sue ore si affollavano di innumerevoli impegni e le notti la sorprendevano in taverna impegnata in lunghe ed accalorate discussioni o in infinite bevute. Tra i suoi nuovi appuntamenti fissi, a darle maggiore soddisfazione erano i colloqui con la strega umana che l'aveva seguita da Halamshiral.
Lena non provava certo per la donna la stessa avversione di Leliana, ma neanche lei avrebbe potuto dire di riporre in Morrigan la massima fiducia. Non riusciva infatti a liberarsi della sensazione che ci fosse qualcosa nascosto dietro quegli occhi d'ambra, tanto belli quanto irriverenti. Ma la curiosità l'aveva spinta ad ignorare la diffidenza e la donna armata di ironia e irriverenza aveva presto guadagnato la sua simpatia. Povera Cassandra, Lena sapeva di non fare molto per dissipare i suoi timori. La cercatrice continuava a ripeterle che la curiosità l'avrebbe uccisa prima o poi e probabilmente aveva ragione. Ma infondo c'erano cose peggiori che minacciavano di ucciderla ad ogni svolta, essere uccisa per qualcosa che riteneva piacevole era il meglio che Lena potesse augurarsi.
Durante uno di questi colloqui la strega le fece visitare un posto molto simile all'Oblio, sebbene tutto risultasse in quello strano posto più sfocato di quanto Lena potesse ricordare dalle sue precedenti incursioni oltre il Velo.
Percorrendo quelle vie sbiadite l'impressione fu quella di un posto a cui qualcuno avesse sottratto una scintilla di vita e fosse quindi condannato ad estinguersi lentamente. Un senso di profonda tristezza la colse quel giorno e la strega non le fu d'aiuto. Secondo la sua opinione infatti tutto ciò che di magico e fuori dal comune poteva esserci un giorno, stava ora lentamente abbandonando questo mondo. Alcune cose perché naturalmente destinate ad estinguersi come i grifoni, altre estirpate invece intenzionalmente perché ritenute pericolose, fuori controllo o semplicemente troppo diverse, come i draghi, i maghi o gli elfi. Morrigan la convinse nonostante la tristezza o forse grazie a questa, a mettersi in marcia per trovare una delle ultime vie d'accesso a quel mondo morente per proteggerlo dalle mire di Coripheus e quindi da una fine certa.
Quella notte Lena aveva bevuto di più per allontanare pensieri troppo intricati e tristi e Varric aveva dovuto accompagnarla quasi di peso in una stanza della locanda, poiché non sarebbe stata in grado di tornare nel suo alloggio con le proprie gambe. Era forse per questo che le era così difficile quella mattina concentrarsi sull'addestramento di Cassandra.
La cercatrice continuava a picchiare con impeto e per quanto Lena facesse di tutto per richiamare alla mente i molti insegnamenti, il suo corpo sembrava non obbedire.
Un fendente stava calando con forza contro la sua spalla destra e lei non poté impedirsi di evitarlo con un balzo, anziché pararlo con le lame, come la donna senza dubbio si aspettava.
“Si può sapere cosa ti prende?!” Cassandra aveva infine ceduto esasperata. “Dove hai la testa oggi? E’ evidente che non hai voglia di proseguire l’addestramento ed io non ho tempo da perdere! Abbiamo un’importante missione da preparare e se non hai intenzione di prendere sul serio quello che stiamo facendo, allora preferisco dedicarmi ad altro, a Cullen potrebbe servire il mio aiuto.”
Lena si scusò ed assunse nuovamente la posizione di difesa, riuscì ad incassare bene alcuni colpi, Cassandra sembrò abbastanza soddisfatta da portare avanti l’addestramento.
L'Inquisitore continuava ad essere perseguitata da troppi pensieri. Non la lasciava in particolare l'immagine di quel mondo morente che la sua mente stanca continuava a collegare al mondo al di là del tempo in cui lei e Dorian si erano imbattuti molti mesi addietro nel castello di Redcliffe. Continuava a vedere infinite somiglianze tra il mondo in cui Coripheus aveva infine realizzato il suo piano e il mondo al di là dello specchio che Morrigan le aveva mostrato. Ricordava quanto vividi fossero i colori, gli odori e i sapori persino, nella Haven in cui Solas l'aveva condotta o quanto profonde fossero le emozioni nel sogno di Varric. Nel Crocevia invece, così la strega aveva chiamato quel posto sbiadito, anche il suo stesso cuore sembrava ingrigirsi e perdere il proprio ardore, a rimanere in quel posto troppo a lungo Lena era certa sarebbe man mano impallidita anche lei come il resto. Ricordava la sensazione di orrore e rabbia che l'aveva afferrata invece nel castello di Redcliffe in quel mondo che grazie a lei non esisteva più. Ricordava che l'orrore di quel mondo le era penetrato nel cuore e nelle ossa. Ricordava i suoi compagni, sbagliati, diversi da quelli che conosceva, ormai corrotti non dal lyrium rosso, ma forse proprio da quel mondo. Le tornarono alla mente gli sguardi di Varric e Solas privi di speranza e calore, ricordò che non le era costato alcuna fatica distruggere quel mondo. Era sbagliato, era impossibile non riconoscerlo. Ed ora però tornava a considerare la realtà di quel mondo, poteva quello essere reale quanto questo in cui lei ora viveva, quanto quello oltre l'eluvian? Cosa definisce la realtà di un mondo? Cosa lo rende degno di esistere? Ogni mondo, ogni tempo agisce su coloro che lo vivono, questo mondo potrebbe stare agendo su di lei e su tutti i suoi abitanti in modi che nessuno sarebbe in grado di riconoscere. Il Solas e il Varric di Redcliffe privi di speranza e alternative, riconoscevano quel mondo come l'unico possibile e non avrebbero potuto sperimentarne nessun altro. Forse lei si ostinava a preferire il suo mondo, a volerlo salvare perché era l'unico che conosceva, ma in che modo questo mondo la stava corrompendo?
Domande sciocche e assurde. Ma quando i suoi pensieri la liberarono era ormai troppo tardi.
Un colpo improvviso raggiunse la gamba dell’elfa. Cassandra, contando su una sua reazione, non aveva trattenuto la spada che affondò nella gamba dell’Inquisitore. Lena cadde a terra sanguinante.
“Ti avevo detto di sospendere l’allenamento! Come hai potuto non vedere arrivare quel colpo!” Cassandra era arrabbiata e preoccupata, Lena sapeva che quella poteva essere una combinazione letale.
“E’ solo un graffio stai tranquilla e non è stata colpa tua. Mi sono distratta”
La ragazza si rese conto di aver detto una frase di troppo. Cassandra iniziò ad inveire: “Sai cosa sarebbe accaduto se ti fossi distratta così in battaglia? Per amore del Creatore! Saresti morta! Ecco cosa sarebbe accaduto! Se non ti è rimasto un briciolo di amor proprio, pensa almeno alle tue responsabilità!” Continuò a sbraitare per un po’ attirando gli sguardi di coloro che in quella tiepida mattinata si attardavano nel cortile. Lena non poteva che essere divertita da quella scenata, ma sapeva che lasciarsi sfuggire un sorriso sarebbe stata una dichiarazione di guerra.
“Il sole splende, il mondo è in pericolo e la cercatrice sbraita. Un’altra monotona giornata a Skyhold.” Varric come molti altri si stava godendo la scena e forse alla fine aveva avuto pietà dell’elfa. Lui sapeva meglio di chiunque altro quanto Cassandra potesse andare per le lunghe con le sue ramanzine, soprattutto quando era sinceramente preoccupata.
“Coraggio Cercatrice, potrai continuare a gridare più tardi, non vorrai mica lasciare dissanguare l’Inquisitore, che ne sarebbe delle sue responsabilità?”
La cercatrice alzò gli occhi al cielo infastidita, ma si lasciò convincere dal nano. Come sempre d’altronde.
“Va bene vado a cercare Solas o Dorian.”
“Non ce n’è bisogno, è solo un graffio. Vado in infermeria, sarà sufficiente un impiastro e sarò come nuova.”
Cassandra non era evidentemente soddisfatta della decisione ma anche lei sapeva quando desistere, neanche con tutte le grida del mondo avrebbe fatto cambiare idea all’Inquisitore che in fatto di testardaggine non era seconda a nessuno, neanche alla stessa Cassandra.
Lena si appoggiò al nano e zoppicò verso l’infermeria.
“Va bene ragazzina, vuoi dirmi che sta succedendo?”
Lena si fermò e lo guardò negli occhi. Il suo sguardo era preoccupato. Cosa poteva dirgli? Non riconosceva i suoi stessi timori. Certo la fine del mondo la preoccupava, ma non era quella ad averli spinti tutti in quell'assurda avventura fin dal principio? Eppure per lei all'improvviso era diventato tutto reale, non si trattava più di una vaga e distante minaccia ma di una possibilità reale. Non era più una dalish in fuga felice di aver trovato una casa, era diventata oramai a tutti gli effetti l'Inquisitore e questo voleva dire che il suo mondo in un modo o nell'altro era agli sgoccioli. Ecco l'angoscia, i timori, la febbre di voler consumare i giorni fino all'ultimo battito.
Lo sguardo del nano si era fatto più cupo, non sapendo cosa dire lo spinse a camminare ancora. Arrivarono in infermeria dove una sorella si prese cura in fretta della sua gamba, tornando poi ad occuparsi di feriti più gravi.
Varric continuava a scrutarla ripetendo silenziosamente la stessa domanda.
“Varric succede che sono l'Inquisitore, e che tutto questo maledetto mondo dipende da me.”
Il nano strinse gli occhi alle sue parole. Era infastidito o addolorato?
“Bambina mia, questo stramaledetto mondo ha sempre bisogno di eroi perché nessuno è pronto a prendersi mai la responsabilità di niente. Tu non fai niente di eccezionale, semplicemente riconosci che qualcuno deve pur prendersela la responsabilità per questo fottutissimo mondo, fai solo quello che nessuno ha il coraggio di fare. Ma non puoi accollarti le responsabilità di chi si tira in dietro e rimane a guardare, che Andraste li fulmini tutti se hanno il coraggio di dire che è colpa tua se le cose vanno male. Non sono che vigliacchi!”
L'emozione nelle parole del nano era palpabile e Lena sentì una morsa afferrarle lo stomaco. Varric le era accanto, appoggiato contro lo stesso tavolaccio su cui lei era seduta, sollevò una mano e gli accarezzò il viso, si sentiva in dovere di rasserenarlo ma non sapeva come fare. “Mi dispiace, non volevo farti preoccupare. È solo un momento, ho dormito poco in questi giorni e le idee si confondono nella testa.”
“Ragazzina smettila di fare così! Lì fuori puoi anche essere l'Inquisitore, l'Araldo o il Creatore in persona per quanto mi riguarda, ma qui no. Smetti di difenderci tutti, hai bisogno di essere triste, spaventata o arrabbiata come tutti noi, non puoi proteggerci da questo. Al diavolo le raccomandazioni di Usignolo almeno finché sei qui, almeno finché sei con me non devi fingere che sia tutto a posto. Ciascuno fa i conti con la propria tristezza, lo farò anche io, non può anche questo essere una tua responsabilità.”
Lena sorrise infine e abbracciò l'amico che per una volta non si ritrasse e non protestò per quel gesto di affetto.
Appena fu libero dall'abbraccio Varric si avviò verso l'uscita dell'infermeria. “Oggi avrai sicuramente da fare ma questa sera ti aspetto per giocare, ci saranno tutti.” Poi accennò un inchino e aggiunse ghignando: “Vostra Inquisitorialità.” Lena afferrò un rotolo di garza e glielo lanciò contro mentre il nano si affrettava ad uscire.
I pensieri cupi si erano diradati, ma il senso di urgenza era sempre in agguato era tempo di recarsi al tavolo della guerra.



 

XXXVIII

Delle grida indistinte risuonarono dal grande atrio fin nella rotonda, distogliendo Solas dalla pittura.
Posò pennello e tavolozza e con il viso sporco di colore si affacciò nella sala principale della fortezza per capire cos'altro stesse accadendo di nuovo. Di sicuro non c'era di che annoiarsi in quella fortezza. Non appena ebbe messo piede nella sala principale s'imbatté in un Varric incuriosito quanto lui, oltre che in numerosi altri personaggi tutti attirati dall'insolito schiamazzare.
“Nel nome di Andraste! Non ti rendi conto che questa è pura follia!”
La voce del comandante raggiunse i presenti in modo più distinto questa volta, la furiosa lite si stava evidentemente facendo più vicina.
“Dieci a uno che è con l'Inquisitore che è così arrabbiato il ricciolino.” Varric gli si era avvicinato e si preparava a godersi la scena. Non ci volle molto prima che i fatti potessero confermare teoria del nano. La voce chiara dell'elfa infatti fece presto da contro canto a quella baritonale del comandate.
“Questa è la mia missione, non manderò nessuno a morire al posto mio.”
“Ma tu sei l'Inquisitore! Hai un esercito pronto a combattere per te, Skyhold è piena di gente che è venuta qui perché pronta a morire per te!”
“Puoi rispedire tutti a casa per quanto mi riguarda!”
Gridando queste ultime parole l'Inquisitore aveva fatto il suo ingresso nella sala del trono e si era trovata addosso tutti gli occhi dei presenti.
“Comunque questa è la mia decisione” aggiunse tra i denti abbassando di molto il tono della voce, “sono l'Inquisitore, lo hai detto tu, quindi sta a me decidere.”
Passò accanto a Solas e Varric come una furia e senza degnarli di uno sguardo. La videro scomparire in direzione della rotonda ma nessuno dei due mosse un passo per seguirla.
“Cosa c'è? Nessuno di voi ha di meglio da fare? In quel caso ci sono le stalle da pulire!” Cullen stava sbraitando ora contro i presenti, Solas non aveva mai visto il comandante tanto infuriato ed era uno spettacolo che lo lasciava interdetto. Si sentì afferrare per un braccio dal nano e si lasciò guidare lontano dal comandante, al sicuro dentro la rotonda. Il nano si premurò di chiudere bene la porta come se quello avesse potuto proteggerli dalla furia di Cullen. Nella stanza non vi era traccia dell'elfa.
“Ehi Chuckles, non fare quella faccia, mamma e papà litigano, ma ti vogliono comunque molto bene.”
Solas sorrise lievemente alle parole del nano ribattendo semplicemente: “Mi domando cosa abbia scatenato una tale furia.”
“Sono pronto a scommettere di nuovo che sia colpa della ragazzina. C'è da dire che per far perdere il controllo al comandante in quel modo deve aver superato se stessa. Che ne dici di andare a cercarla e farle i complimenti?”
Solas annuì appena e imboccò sicuro le scale che scendevano verso la vecchia biblioteca. Aveva sperato di poter intraprendere la ricerca per proprio conto, ma Varric, evidentemente molto preoccupato, non aveva alcuna intenzione di lasciarlo solo. E in effetti perché avrebbe dovuto? Da quando avevano fatto ritorno a Skyhold lui e l'Inquisitore si erano scambiati poco più che qualche parola, avevano fatto attenzione a non rimanere mai soli e non avevano più menzionato quanto accaduto all'accampamento dalish. Nulla era apparentemente cambiato tra loro, né Varric né chiunque altro avrebbe potuto indovinare come effettivamente stessero le cose, neanche lui a dirla tutta avrebbe saputo farlo. Ma Solas sapeva di non provare più quella strana irritazione che lo afferrava quando lei rimaneva lontana per molto tempo, accidentalmente o di proposito che fosse; sapeva di aver smesso di trattenere gli sguardi o i sorrisi in presenza dell'elfa ed era sicuro al di là di ogni ragionevolezza che, nonostante la distanza fisica, loro due non fossero mai stati tanto vicini. Si sentiva sicuro e sereno, sebbene i fatti non sostenessero questa sua sensazione. Da quanto tempo l'istinto non prendeva il sopravvento sulla sua mente?
Camminando erano nel frattempo giunti all'ingresso della vecchia biblioteca. Come si era aspettato la ragazza era lì tra mucchi polverosi di libri, più concentrata a tirare calci e pugni contro la grossa scrivania che a leggere.
“Non ora!” Furono le parole che li accolsero non appena ebbero messo piede nella stanza angusta.
“Non siamo qui per te ragazzina, siamo venuti a portare in salvo lo scrittoio. E' un antico pezzo di artigianato elfico e sai quanto Chuckles tenga a questa roba.”
Non fu necessario aspettare che la ragazza si voltasse, Solas sapeva benissimo che le parole del nano avevano appena avuto la meglio sul suo malumore.
Le si fece vicino e lo sguardo che la ragazza alzò su di lui era più calmo di quanto non si fosse aspettato. Il potere di Varric su di lei era innegabile. Ora doveva dirsi grato di non essere stato lasciato da solo in quella missione, lui avrebbe senza dubbio detto qualcosa di sbagliato attirando su di sé la furia della giovane.
“Il comandante non può capire, ma io so di non avere alternative.”
Le parole dell'elfa avevano il sapore amaro di scuse non dovute e Solas ne fu intenerito. “Da'len, perché non ci spieghi cosa è successo?”
Varric intanto aveva fatto il giro attorno al tavolone e si era accomodato sulla grossa sedia che si trovava proprio davanti a Solas.
Il nano con un gesto plateale, si portò le mani dietro la tesa e appoggiò entrambi i piedi sullo scrittoio.
La giovane rivolse a Varric un'occhiataccia sardonica. “Che c'è?” Rispose il nano interpretando lo sguardo della ragazza, “ormai per colpa tua è diventato un pezzo da rigattiere, lasciami mettere comodo.”
Ridacchiando sommessamente e scuotendo la testa anche l'Inquisitore si sistemò sullo scrittoio lasciando che solo una delle sue gambe penzolasse fuori dal bordo, in modo che potesse guardare in viso entrambe i suoi amici.
C'era qualcosa nel volto della ragazza che emergeva ormai in rare occasioni e che Solas si accorse di amare irrazionalmente. Nella semi oscurità di quella stanzina, circondata solo da amici fedeli, l'Inquisitore spariva completamente, il viso della ragazza si rilassava e sebbene comparissero i segni della stanchezza e della tristezza, Solas poteva vedere che quel viso era vero, giusto, e che la vita che vi scorreva era quanto di più reale avesse mai incontrato. Questo ogni volta lo spaventava e lo attraeva incondizionatamente.
“E' giunta una lettera dal clan dalish delle Sacre Pianure.” L'elfa aveva iniziato a parlare e Solas cercò di concentrarsi su quelle parole.
“Parla di un attacco che dovrebbe aver distrutto gran parte delle difese del mio clan. Il guardiano si è detto amareggiato dalla mancanza di sostegno dell'Inquisizione ai Lavellan. Minacciano di dichiarare l'Inquisizione nemica dei Dalish.”
“Diciamo che loro rischiano di dover fare una lunga fila prima che arrivi il loro turno di provare a farci fuori e che noi dopotutto potremmo non notare la differenza.” Le parole leggere di Varric contrastarono con il suo sguardo evidentemente adirato.
L'Inquisitore non si lasciò fermare dalle considerazioni di spirito dell'amico e riprese: “Il problema è che non abbiamo notizie dagli esploratori che abbiamo mandato in missione e la guardiana Istimaethoriel preferisce evidentemente poter gettare discredito sull'Inquisizione piuttosto che comunicare con noi.”
“Vuoi andare da loro?” Le intenzioni della ragazza erano lampanti per Solas che ne capiva però anche ogni triste implicazione.
“Non voglio mandare nessun altro, i nostri esploratori potrebbero essere tutti morti, non posso permettere che altri rischino la stessa fine per colpa mia. Questa non è la guerra dell'Inquisizione, è solo la mia vecchia vita che mi reclama e devo trovare il modo di mettere le cose a posto prima che l'intera Inquisizione ne risenta.”
La ragazza aveva parlato tenendo gli occhi fissi sullo scrittoio ed ora li aveva alzati cercando forse approvazione in quelli di Solas. Il mago non poté che farlesi più vicino e prenderle le mani.
“Vhenan verrò con te, lo sai.”
Solas poteva sentire su di sé lo sguardo divertito del nano ma non gli diede peso, poi un rumore improvviso distolse la sua attenzione dai begli occhi dell'elfa. Varric aveva lasciato cadere pesantemente le gambe dalla scrivania e ora era in piedi davanti a loro e li fissava.
“Ho rischiato di morire per molto meno, verrò anch'io. A meno che questa non sia una scusa per voi piccioncini per rimanere da soli.”
L'Inquisitore sorrise alle parole del nano e Solas si ritrasse invece imbarazzato.
“Rilassati Chuckles.”
Varric gli passò accanto e gli batté un colpo non troppo delicato sulla spalla prima di uscire dalla biblioteca. Rimasero soli. Molti pensieri si affollavano nella mente di Solas, ne colse uno, il meno insidioso. “Hai tutto il mio supporto, ma le truppe sono già mobilitate, a giorni inizieranno la marcia verso le Selve Arboree, credi di poter abbandonare i tuoi uomini?”
La maschera dell'Inquisitore fece per un momento capolino sul bel volto della ragazza. “No, non potrei. Viaggeremo veloci, avremo i cavalli migliori e un piccolo gruppo si muove dieci volte più veloce di un esercito. Conto di riuscire ad arrivare sul posto assieme al grosso delle truppe. Sarà un viaggio difficile, riposeremo solo lo stretto indispensabile, non avremo tempo da perdere. Ne parlerò ancora anche con Varric, capirò se vorrete tirarvi indietro.”
Solas la guardò negli occhi senza dire una parola. Un lungo silenzio scese su di loro caldo e morbido come un mantello. Poi il mago l'abbracciò e la tenne stretta contro di sé a lungo prima di permetterle di tornare ai suoi doveri. Lei si lasciò andare tra le sue braccia, tranquilla. Erano davvero vicini, anche senza bisogno di dire una parola, anche senza bisogno di dover definire quel rapporto in alcun modo. E Solas era felice, non si può combattere contro qualcosa a cui non si sa dare un nome.


 


Finalmente torno ad aggiornare questa storia. Ho pubblicato altro nel frattempo, ma per rimettere insieme tutto il materiale che ho prodotto per questa storia ho bisogno di prendermi il giusto tempo e soprattutto ho bisogno della concentrazione adatta. Certo lo so, non è la Montagna Incantata, ma è la mia prima storia "pubblicata" e ci tengo molto. Spero di riuscire a fare bene fino alla fine anche se questo dovesse significare continuare a pubblicare una volta al mese come sto facendo ultimamente. Ma ci stiamo avvicinando, non temete.
Grazie come sempre a chi ha la pazienza di leggere.
Buone feste, visto che ormai a forza di tirare tardi si è fatto il 24 Dicembre ^-^
   
 
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