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Autore: Heart    25/12/2016    1 recensioni
- Ti va di divertirci insieme, una cosa veloce - disse, scandendo le parole “divertirci” ma per chi mi aveva preso?
- Fottiti! - allontanai la sua mano e cercai di uscire fuori da quella situazione.
- Mi piaci - , come cavolo sentivo la sua voce nella mia testa? Questo si chiama incantesimo della mente, forse stavo farneticando e i migliaia di libri che avevo letto a proposito mi avevano fumato il cervello? Mi girai e lo trovai ancora fermo, adesso i suoi occhi assomigliavano a un leone che analizza la strategia migliore per uccidere la sua preda; quel ragazzo era strano e io ero curiosa come una pazza a scoprirlo anche se da un lato del mio cervello mi diceva di scappare e lo stavo facendo e come!
[Questa storia è residuo di un sogno, spero di caratterizzare il tutto bene e di far comprendere la vita solitaria e la sofferenza della protagonista. Comunque non sarà solo romantica ma anche con un pizzico di sovrannaturale. Buona lettura]
Genere: Erotico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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32°Capitolo
“Tutto ritorna al mittente”
 



La convivenza tra me e Kaname andava a gonfie vele, avevamo deciso un poco il da farsi, ma senza restrizione di nessun tipo. Lui viveva la sua vita io la mia, beh lui cercava qualcosa di più ed io ci andavo con i piedi di piombo.
Ero uscita con Crystal ad ordinare il riso, quando mi fermai di fronte ad una insegna “Autoscuola”. Mi ricordai di quella promessa che mi ero fatta a settembre, ma poi le cose erano degenerate e avevo perso il filo della mia vita. La mia amica mi guardò con attenzione, ma fui io a fare il primo passo. Avevo bisogno di essere autonoma, lo ero. Ma mi serviva un mezzo per spostarmi con comodità. Decisi il da farsi in quell’istante, i nuovi corsi erano appena iniziati, era un ottima occasione. Firmai i vari documenti e mi chiesero di portare due foto e la marca da bollo. Risi appena uscii dall’edificio, ero felice di aver dato una smossa alla mia vita, era proprio il momento di approfittarsene. Quando arrivai a casa non c’era nessuno, Kaname ancora non era ritornato, mi misi subito a preparare qualcosa, anche perché sarebbe cominciata la mia serie preferita tra qualche momento. La serata si concluse normalmente, lui che si allontanava verso il suo studio ed io seduta comodamente sul divano.
-Buongiorno, mattiniera oggi? –Mi chiese il mio ragazzo appena scese le scale. Ero intenta a gustarmi il mio cappuccino con i biscotti, mentre tra un boccone e una sorsata alzai la testa per guardarlo. Era sempre impeccabile con i completi abbinati, stavolta ne indossava uno grigio topo e una cravatta blu per spezzare un poco. Me lo ritrovai sotto il naso e per poco non cadi dallo sgabello se non fosse stato per lui, che mi aveva afferrato al volo.
-Pensi troppo! –Mi sussurrò vicinissimo. Cercai di non tremare a quella sua vicinanza, ma il cuore era già partito per la maratona di New York.
-Non stavo pensando! –Lo ammonii, ma era palese che lo fosse. Lui mi guardò con attenzione, con quegli occhi che mi mettevano soggezione, e un secondo dopo rise. Si allontanò da me e si verso una tazza di caffè. La macchinetta si era messa in funzione alle sette e mezzo in punto, l’odore forte di quell’infuso mi aveva investito appena ero uscita dalla mia stanza.
-Devi andare da qualche parte? –Domandò, con la tazza vicino alle labbra. Beveva e mi fissava.
-Devo sbrigare delle cose. Ieri mi sono iscritta a scuola guida. –Annunciai, alzandomi e poggiando la tazza nel lavello.
-Capisco. Hai bisogno di uno strappo, devo passare da una parte prima. –Disse, annuii e scappai sopra per mettermi il cappotto.
C’eravamo stati esattamente quindici minuti prima che potessi dire di essere arrivata, il traffico del primo mattino era intenso, tutto per la scuola. Aprii lo sportello, ma lui mi tirò verso di lui.
-Stai attenta e apri gli occhi! –Affermò calmo.
-Sono sempre attenta, non ti preoccupare. –Dissi.
-Lo so. Ma siamo in un mondo di pazzi e la prudenza è una virtù. Ci vediamo stasera a casa. –Detto questo mi baciò sull’angolo della bocca e mi lasciò andare. Alle volte era davvero strano, ma mi piacevano le sue gesta, ero diventata tutta rossa.
La mattinata passò a sbrigare le cose per la scuola e quando ritornai a casa ero distrutta. Mi buttai a peso morto sul divano e mi addormentai ancora indosso il giubbotto.
Mi risvegliai verso le cinque e mezzo e mi accorsi che ormai era calata la sera, accesi la luce della cucina e mi preparai del tè, intanto mi ero andata a cambiare. Mi chiedevo come facesse a vivere in luoghi così spaziosi, di sicuro non aveva problemi di finanze. Ma ciò che mi tormentava di più era: non si sentiva solo?
I pensieri si arrovellarono per tutto il pomeriggio, i termosifoni si erano accesi alle sette e fu in quel momento che avvertii delle vibrazioni da sotto il pavimento. Tesi le orecchie e mi fermai. Forse mi ero sbagliata, ma un attimo dopo di nuovo. Oh Dio! Il terremoto?! Non riuscii più a far nulla, la tazza si era spostata un poco, presi il telefono e mi giunse subito due messaggi da Crystal e da Luca, loro confermavano l’evento. Il panico iniziò a defluirmi nelle vene, tremavo tutta, mi guardavo spaesata alla ricerca di qualche conforto, ma ero sola.
-Stai calma Jessica. Prendi il telefono e controlla! –Dissi. Il telefono sembrava che non volesse collaborare, ci misi più di un minuto per entrare su Facebook e infatti anche lì annunciava l’evento sismico, che per fortuna non aveva creato problemi gravi solo lo spavento. Furono due ore pazzesche, non sapevo che fare se fuggire fuori o rimanere in casa, alla fine rimasi. I miei amici cercarono di farmi stare tranquilla che era del tutto normale, ma ero in stato di choc. Le scosse non si avvertirono più, ma stavo sempre in allerta. Anche dopo l’arrivo di Kaname ero tesa, il ragazzo aveva appreso la notizia, mi aveva abbracciato e poi si era messo di nuovo a lavorare. L’orologio segnava le 23:50 ed io non riuscivo a chiudere gli occhi, me ne stavo sul divano con il plaid addosso e lo sguardo incollato al televisore spento. Tremavo tutta e non era dovuto al freddo. Il corpo era stato tutto il tempo in tensione e richiedeva del relax ma non ci riuscivo.
-Ehi. –
Saltai in aria e mi voltai verso chi mi aveva chiamato.
-Che cosa ci fai ancora in piedi? Credevo che dormissi. –Spiegò mentre si avvicinava a me.
-Ho paura. –Confessai.
-Capisco. Dai vieni. – Disse. All’inizio non capii bene le sue intenzioni, ma poi mi prese dal polso e mi fece alzare e condurmi al piano di sopra, credevo che mi avrebbe lasciato in camera e avevo tutta l’intenzione di comunicargli che volevo rimanere con lui, ma mi sorprese.
Mi portò in camera sua, la luce sul comodino era accesa, e mi fece sedere sul letto.
-Dormirai con me, così se succede di nuovo non sarai sola. Guarda hai tutti i muscoli tesi e questo non ti fa bene. – Il suo dito passò sopra le spalle e mi provocò un brivido di freddo, ma subito sostituito da un calore che proveniva da dentro di me. Mi tolse la coperta che avevo e mi fece distendere sul letto. Mi sentivo fuori posto, non era la prima volta che dormivamo insieme, ma era sempre qualcosa che non avevo mai fatto.
-Non ti mangio. –Affermò e in un attimo mi ritrovai con la schiena appoggiata al suo petto. Il suo profumo mi invase tutta e mi sentii drogata –ti proteggerò io stanotte. – Baciandomi la testa.
Lui era sprofondato nel sonno, mentre io avevo gli occhi aperti per la paura che potesse succedere qualcosa, ogni tanto guardavo il telefono per avere degli aggiornamenti, ma non ce ne erano state più scosse per fortuna. Il suo respiro mi solleticava la testa, era strano che mi sentissi bene. Mi girai e mi ritrovai il suo viso a due passi, era davvero bello ed io per una volta tanto mi sentivo felice. Forse era davvero vero che tutto ciò che avevo dato ritornava al mittente e non parlavo di cose brutte una volta tanto. Lo abbracciai per aver modo di essere più vicina e mi lasciai andare.
 
Ω∞Ω
 
Un dolce tepore mi circondava dal petto in giù. Aprii un occhio e mi ritrovai un groviglio di capelli sparpagliati sul mio cuscino. La cosa mi sembrò subito strana. Cercai di mettere in moto le braccia, ma mi scontrai con un altro corpo più piccolo, che stava dormendo su di me. Sorrisi senza pensare, si era avviluppata su di me, forse senza rendersene conto. Allontanai i capelli e le scoprii il volto; aveva due guance rosse e il respiro leggero, le sue mani erano sul mio petto, ma una più vicino al cuore. Mi veniva voglia di baciarla, di ricoprirla tutta delle mie attenzioni. Spostai il braccio e la circondai e annusai il suo buon odore. Non era profumo, no, ma qualcosa che rappresentava lei. Grande ma nello stesso tempo piccola nella sua semplicità. Ieri quando l’avevo trovata sul divano sembrava smarrita, mi era venuto automatico farla avvicinare a me.
La fissai fino a che iniziò a muoversi, segno che si stava per svegliare. Purtroppo i mie pensieri furono interrotti dalla sua mano che era scesa più in basso a sfiorare il mio amico che si era messo subito in funzione. Lei risvegliava sogni proibiti, non se ne rendeva conto, ma dovevo lottare contro me stesso per non approfittarne.  Respirai e cercai di pensare altro, ma la mano ritornò su e lo sfiorò. Sospirai alludendo a un brivido di freddo, ma quello era di piacere.
Quando aprii gli occhi sembrava confusa nello stesso istante in perfetta forma, come se sapesse dove si trovasse.
-Buongiorno. –Sussurrò piano, regalandomi un sorriso. Si allontanò un poco da me, ma si scontrò con le mie braccia che la tenevano stretta.
-Giorno anche a te, piccola. –Dissi. Quel nomignolo le provocavano quel tipico rossore che tanto mi piaceva, iniziò a farfugliare mille parole senza senso e fu allora che le tappai la bocca con la mia. Ci guardammo negli occhi per attimi senza far nulla, solo pelle contro pelle che si riscaldava per quel contatto intimo. Poi pian piano chiuse gli occhi e potei procedere, la feci distendere e mi misi a carponi sopra di lei. Le sfiorai il collo con le dita e poi le orecchie, mentre il bacio si intensificava. Avvertivo i suoi brividi che diventavano i miei e volli fare un passo in più. Andai giù con la mano, scoprendo un lembo di pelle, che vibrò quando ci passai, le sospirò ma non si scostò.
Mi sentivo realizzato non si era scostata, stavamo migliorando. Il bacio terminò con lo squillo del mio telefono che per un attimo volli lasciarlo dentro il cassetto.
-Rispondi. –Disse lei con il fiatone, con quegli occhi lucidi dal desiderio mancato. Rimasi a fissarla, mentre la mano cercavo quello stupido aggeggio.
-Pronto. –Risposi senza vedere chi fosse.
Intanto che parlavo la vedevo spostarsi e infine alzarsi, chiusi la chiamata in quell’istante.
-Stai fuggendo da me? –Affermai sorridendo.
-No. Vado solo a rifornire il mio stomaco. –Blaterò, era palese che stesse fuggendo.
Accidenti!
Diedi un pugno sulle coperte e mi dannai. Come era possibile che ogni volta succedeva qualcosa che distruggeva l’atmosfera? Tolsi le coperte e la raggiunsi, ma prima mi vestii. Quando arrivai in cucina lei aveva già preparato la colazione, con due tazze di cappuccino sul bancone e dei biscotti. Mi sedetti accanto a lei, accorgendomi del brivido che le passò appena il mio braccio aveva sfiorato il suo, era incantevole. La vedevo concentrata a mangiare, come se il suo punto fisso fosse il latte, ma sapevo che era solo una scusa per non guardarmi. Rimasi in silenzio per un lungo istante, fino a che azzardai una domanda.
-Che cosa farai oggi? Rimarrai a casa? –Domandai, voltando il viso verso di lei.
-Si. –Disse velocemente, sparecchiando il suo lato. Quando si comportava in quella maniera mi veniva voglia di afferrarla e sbatterla al muro. Volevo il suo sguardo puntato sul mio, volevo il suo corpo in contatto con il mio. Avevo un urgente voglia di averla, anima e corpo.
Tuttavia la lasciai andare, si allontanò verso la lavanderia e non la vidi per un poco. Finito anch’io di mangiare, misi le due tazze nella lavastoviglie e mi recai nel mio studio, purtroppo la testa era da un'altra parte e non mi permise di concentrami.
Ritornai in cucina e la trovai che trafficava in dispensa, aveva tra le mani farina, zucchero e il lievito. Alzai il sopracciglio sinistro e mi sedetti sullo sgabello di fronte a lei.
La vidi prendere la bilancia, il cucchiaio, le fruste elettriche e infine lo yogurt dal frigo. Aveva tutti gli altri ingredienti sul bancone.
-Che cosa prepari? –Le domandai curioso. Di sicuro era una torta ma quale?
-Un dolce. Ho bisogno di zuccheri. –Disse di fretta, mentre pesava gli ingredienti. Prima le uova e lo zucchero, poi farina, lievito e l’olio e infine lo yogurt.
-Mi dai una mano? –Acconsentii e mi diede delle mele, in cui le dovevo sbucciarle e tagliarle a fette mentre lei le altre le riduceva a quadretti.
-La fai spesso? –Chiesi.
-Quando ero a casa si, mio padre se la mangiava tutta di un fiato, poiché risulta molto morbida e le mele la rendono umida. –Spiegò con il sorriso sulle labbra.
-Allora non vedo l’ora di provarla. Magari accompagnata da un buon te. –Affermai.
-Sicuramente. –Rispose lei. Finita la procedura prese i quadretti e li misi dentro l’impasto e poi mi chiamò. Le presi la teglia in cui c’era la carta da forno e mi chiese di disporre le fette circolarmente sull’impasto.
-Guarda devi fare così, è semplice. –L’ascoltavo e con le mani iniziavo a comporre il mio operato, non mi ero mai messo a fare un dolce, ma visto che ne ero capace e sembrava facile, la prossima volta l’avrei sorpresa. Infine aggiungemmo lo zucchero di canna e informammo.
Il timer era messo a trenta minuti, nel frattempo lei stava sciacquando gli utensili e ponendoli dentro la lavastoviglie, quando finì fissò il forno, ma ancora era presto.
Lei se ne stava dietro il bancone a fissare il nulla ed io seduto sul divano a guardare la tv, ma non c’era nulla d’interessante serviva solo per non farmi sentire un estraneo in casa mia.
All’improvviso sentii una mano sfiorarmi le spalle e alzai gli occhi per scontrami con uno sguardo diverso, travolgente che mi fece pronunciare qualche sillaba sconnessa, prima che me li bloccassero.
Non capii bene che cosa successe, ma sentii un fuoco divampare nelle vene che mi spense del tutto e mi riaccese con impeto. Me la trovai sulle gambe, mentre mi teneva dal bavero e mi baciava. Che cosa le era successo? Era la stessa ragazza che viveva sotto il mio stesso tetto? O un'altra? Tuttavia non la respinsi. I nostri corpi erano vicinissimi, avvertivo chiaramente il suo cuore battere forte, la sua presa ferrea come se avesse paura che potessi scappare. Le diedi conferma della mia approvazione circondando i suoi fianchi con le mie mani e fu allora che allentò la presa, non mi fermai nemmeno per un secondo e mi approfittai di quella sua passione per esplorarle la bocca, giocando con la sua lingua e con le sue terminazioni. Rabbrividiva ad ogni cambio di gioco e sorrisi a quella sua determinazione, anche se non capivo come eravamo arrivati a quel punto.
-Non pensare …-Bisbigliò lei, quando si staccò da me per prendere fiato. Aveva le labbra rosse e il respiro affannato, in quell’istante mi sembrava una dea di come fosse bella.
-Non penserò. –Le risposi afferrandole e facendola stendere sotto di me. I nostri corpi sembravano combaciare perfettamente, la mia gamba che strofinava sulla sua, le mie mani che cercavano di prendere confidenza con il suo corpo e smanioso di toccarla. Le nostre labbra che si divoravano in un modo così folle che per un attimo mi sollevai e la guardai. Dentro a quegli occhi brillava una luce di pura malizia che mi costrinse a pensare che non avesse assunto droghe nell’essere tra le mie braccia, lei non era così, pudica sì, ma non in quel modo.
Lei come se mi avesse letto nel pensiero mi rivelò una parte di sé. –Non ho mai mostrato mai a nessuno questo lato del mio carattere, ma non sono così pudica di come pensi. –Quelle parole mi sorpresero. Allora la mia visione su di lei era del tutta sbagliata, l’avevo sempre immaginata come una ragazza romantica, in cerca di attenzioni e di gentilezza, mai a fare la prima mossa, ma adesso, in quel preciso momento capivo la diversità.
Era come me. Mi ero mostrato come uno stronzo, ma poi a stare con lei il mio carattere era cambiato in meglio, la trattavo come una regina.
-Gli opposti si attraggono, no? –Le dissi, mentre le sfioravo con il palmo della mano il ventre. Lei chiuse gli occhi, ma la richiamai per farmi vedere quegli occhi lucidi.
Continuai con quel gioco fino ad arrivare sotto il seno. Lei non mi aveva fermato e con tutte e due mani alzai il maglione chiaro e la scoprii rivelando la sua bellezza. I seni prosperosi che cercavano di uscire dalle coppe del reggiseno, i suoi muscoli che valorizzavano le braccia.
Tuttavia a quello che mi aveva detto lei, non tutto era sparito, quel rossore che avevo scoperto di amare era rimasto lì, su quelle guance infiammate da quell’atto che stava per compiersi. Abbassai il viso per sfiorare la sua pelle e l’annusai. Poi pian piano la sfiorai con la lingua facendola smuovere tutta, ma la bloccai e mi fermai proprio sotto la cucitura del reggiseno. Lei era palesemente pronta, la vedevo, l’avvertivo. Il fuoco mi era divampato nelle vene e mi mandava concrete risposte sul da farsi, ma io la volevo con calma. Ritornai sulle sue labbra l’assaggiai con lentezza, mentre le mie mani le scostava le bretelle e infine le sfiorai i capezzoli che si erano induriti per l’eccitazione, ad ogni tocco lei sospirava mandandomi in paradiso. Come era possibile che avvertissi tutte quelle sensazioni che non erano mie? Era come se il mio corpo assorbisse le sue emozioni, mi sentivo elettrizzato come un bambino, più scendevo e più mi sentivo accaldato. Le sfiorai le cosce e lei ritornò dal suo mondo, guardandomi con due occhi spaventati, colpevoli.
-Shhh. Stai tranquilla. –Le sussurrai, ritornando a sfiorarle il viso. Ma non era valso a niente e le mie attenzioni, era terrorizzata.
-Piccola che cosa succede? –Le dissi sorridendole.
-Mi dispiace Kaname ma io…-
-Dai non c’è nulla da piangere, non è successo nulla di grave. Forse sono stato io a pretendere troppo. –Cercai di dire per farla calmarla, intanto i suoi occhi si erano riempiti di lacrime a vederle mi sentii uno stronzo.
-E’ colpa mia. Io. È così dannatamente difficile dirlo, accidenti! –Si arrabbiò con se stessa.
-Su, calmati. Ci saranno altre occasioni. –Le promisi, ma il suo sguardo era …non sapevo neppure descriverlo. Era privo di quel bagliore, senza quella luce che prima brillava al suo interno. Quel segreto che si teneva la mandava nel pallone e la chiudeva in un guscio.
-Jessy mi piace un sacco quel modo di predatore che hai sfoderato poco fa. –Parlai avendo tutta sua attenzione e facendola arrossire. –Mi avevi sotto controllo. –Le bisbigliai all’orecchio facendole alzare ancor di più la temperatura. –Baciami. –Le dissi. Il mio cervello si era messo in moto da solo, la rivolevo di nuovo accanto, i nostri respiri uniti…la vidi avvicinarsi a me, timidamente, cercando di aggiustarsi il reggiseno ma non m’importava. Si sedette sulle mie gambe aprendole e ritrovarsi ad un passo da me, le sue mani appoggiate sul mio torace, anche se dopo una si avvicinò al mio viso. I miei occhi non smettevano di fissarla, la volevo dentro i miei, ma lei sembrava assorta nei suoi pensieri. Il bacio arrivò con calma, umido, calcolato per poi staccarsi. Passò il polpastrello su essi per poi avvicinarsi ancora una volta.
Tocchi alternati, piccoli. Quelle piccole sensazioni mi stavano snervando, volevo un contatto completo, ma lei mi spiazzò nuovamente. Con la punta della lingua seguii tutta la linea che circondava le mie labbra, sorrise come una bambina. Ritornò più decisa e finalmente intrecciai la mia lingua con la sua, persi il conto delle sensazioni che mi cadevano sopra, ma lei mi spezzava ripetutamente, ma poi mi legava per sempre. Continuammo con quel gioco per un poco, per poi vederla allentarsi dal mio viso e scendere verso il mio corpo. Il corpo era diventato tutto mollo per l’eccitazione che mi era montata sopra, ma non la lasciai andar via. Sentii chiaramente i suoi baci umidi sulle vene del collo, spostarsi sempre più a le centro fino ad afferrare il pomo di Adamo e succhiarlo con una lussuria che mi fece irrigidire l’erezione che si era scatenata per tutto quel tempo. Sembrava che non si rendesse conto della mia situazione, quello sguardo di poco prima mi bloccò il respiro in gola, vedendo la sua mano che prendeva la mia per portarsela vicino alla bocca. Sfiorò l’indice con la lingua e fu quella la scintilla che mi provocò il boom. Non ci pensai due volte a portarla sotto di me, baciandola con un impeto travolgente, scostando quel fastidioso indumento che la copriva il sopra, mi liberai della maglietta e quando i nostri petti si toccarono una scarica di adrenalina ci colpì appieno, avvertivo il movimento del suo bacino verso il mio e con una mano mi intrufolai dentro i pantaloni e le sfiorai l’interno della coscia, avendo la sua approvazione, ero pronto per esplodere, la sua pelle era caldissima e toccare il fulcro di tutto il suo piacere mi portò all’ebollizione istantanea. La svestii lasciandole solo l’intimo. Il mio gonfiore si notava fin troppo, ma non mi persi la sua impressione per quello, la bacia e cercai di fare del mio meglio per non spaventarla.
-Kaname io…-Iniziò a balbettare.
-Cercherò di far più piano possibile. –Pronunciai, sfiorandole la spalla per calmarla.
-Non è questo e che io…-sembrava che non volesse smuoversi, ero diventato impaziente.
-Che c’è?! –Urlai con poco calma, il membro mi faceva troppo male e avevo bisogno di rilassarlo, forse ero sembrato poco educato, ma adesso l’educazione andava a farsi benedire.
-Io n…-
Il campanello suonò e rimanemmo fermi come due statue. Il suo respiro era accelerato, il mio altrettanto.
-Chi diavolo è che rompe le scatole! –Tuonò lei con furia. Era palese che avesse ucciso chiunque in quel momento, sconcertato da quel suo cambio d’umore, lasciai perdere quegli ospiti non graditi e la baciai, dove la trovai a mia disposizione, ma colore che si trovava dietro la porta non erano dello stesso avviso. In quello stesso tempo suonò anche il suo telefono ed era Luca.
Lei chiuse gli occhi.
-Forse è meglio che ci alziamo. –Le dissi. Non mi rispose non fece nulla.
Mi vestii anche se i pantaloni mi andavano stretti, lei nel frattempo era sparita dalla mia visuale, mancava poco, ma forse non era arrivato il momento giusto.
Aprii con nervosismo la porta e mi ritrovai Luca, Simon e Happy sul guscio della porta.
-Finalmente credevo che dovessi sfondarla. –Disse burbero. Lo lasciai perdere, poiché se mi ci mettevo avrei provocato un putiferio, perché lei era convinta sul da farsi, lo avremo fatto sul quel divano se quelli là non avrebbero rotto le uova nel paniere. Li feci accomodare e poco dopo ritornò lei. Si era cambiata e portava i capelli legati, come se sentisse caldo. Aveva lo sguardo basso e offuscato da qualche pensiero negativo; il mio primo pensiero fu quello di abbracciarla, ma mi fermai quando la trovai combattere contro Luca, che pretendeva di stringerla a se.
-Luca smettila, non vedi che la stai mettendo a disagio? –Lo richiamò Simon con il fare annoiato.
-Tu stai zitto pasticcino. Voglio abbracciarla! –Esclamò lui. Quel modo di volerla mi mise in allarme, il mio sguardo divenne più scuro e non prometteva nulla di positivo, mi avvicinai di soppiatto e li separai, ricevendo un occhiata da lei che cercò per un attimo la mia mano, ma divise da quell’idiota.
-V’immagino duellare per avere questa bellissima fanciulla, se non fosse che lui è mio! –Disse Simon tirandosi Luca e togliendolo dalle scatole.
Le posai le mani sulle spalle e lei rabbrividì ma lo presi come segno positivo, per poi spostarsi verso il forno e tirare quel dolce che aveva un profumo buonissimo. Tutti la guardammo tagliare la torta e predisporla su dei piattini, intanto il bollitore si era spento. Le mele sembravano caramellate e lo zucchero aveva fatto quella crosticina deliziosa, il tè verde si sposava perfettamente alla torta.
-Come mai qui? –Chiesi all’improvviso.
-Luca era preoccupato per il “suo angelo” –Disse Simon, mentre si gustava un’altra fetta di torta.
-Non c’era nulla di preoccuparsi, ero con lei. –Confermai guardandola, ma lei non era con noi in quell’istante.
-Terra chiama Jessica. – La richiamò quest’ultimo, ma lei sembrava davvero persa tra i suoi pensieri, forse stava rivivendo quelle emozioni di poco fa?
-Scusatemi. – Disse piano, posando la forchetta e allontanandosi. Luca la voleva raggiungere, ma mi apprestai a fermarlo e dicendogli di aspettare. Li lasciai e mi diressi verso il piano superiore, la porta del bagno era aperta e lei aveva lo sguardo sull’acqua che scorreva.
-Stai bene? –Le dissi, facendola spaventare.
-Kaname! –Squittì, ponendo la mano sul cuore per lo spavento.
-Tutto bene? –Domandai, lei abbassò la testa mortificata, mentre si mordicchiava il labbro inferiore.
-E’ palese che è un no. È per quello che è successo poco fa? –Non mi rispose. Allungai il braccio e le prese il viso con la mano –parlami, non posso entrare nella tua testa. –Pronunciai.
Niente di niente. Le sue labbra erano sigillate.
-Hai paura di me? Temi che quel segreto potrebbe influenzare sul nostro rapporto? Parlami per favore. –
-Io…non ci riesco. –Ed un attimo me la ritrovai in ginocchio che piangeva. Sussurrando parole spezzate, senza un senso logico. M’inginocchiai anch’io per portarmela vicino, ma lei si scostò.
-Non merito nulla! –
-Adesso basta, dimmi che cosa ti fa soffrire in questa maniera. Non posso vedere la ragazza che amo in queste condizioni! –Le confessai, lei sbarrò gli occhi.
-Mi ami? –Domandò balbettando.
-Si. Ti amo Jessica. Non te lo volevo rivelare in questo modo, ma ormai è fatta. –Mi aprii a lei, misi i miei sentimenti a nudo.
-Ma io non ho nulla da donarti. –Se ne uscii.
Risi. –Hai molto da donarmi e solo che tu non lo capisci, e non parlo solo del tuo splendido corpo, ma ciò che custodisci qui. –Le toccai il cuore.
-Kaname ma io…-
-Non m’importa. Voglio viverti e non rimpiangere nulla. Ti prego non allontanarti. –Le dissi con il cuore in mano, mentre me la portavo tra le mie braccia.
-E’ proprio arrivato il momento alla fine. –Una lacrima le scese giù dagli occhi e la presi con l’indice.
-Amami Kaname. Fammi provare quelle sensazioni di poco fa, che mi stavano dilatando dentro.  –Mi confessò seria, trepidante.
-Jessy, piccola mia. – La feci alzare e poi la spinsi verso il lavandino.
-Kaname…-sospirò.
-Lo so che mi stai desiderando in questo momento…- la feci girare e ci fissiamo allo specchio. Una mia mano si intrufolò sotto il maglione per toccarle il seno e scoprii che era libero da ogni restrizione, mentre l’altra si intrufolò in basso.
-Allarga le gambe. –Lei lo fece con un poco di esitazione, ma si lasciò guidare da me. Avvertii i suoi muscoli contrarsi con la mia entrata e –muovi il bacino. –Era molto eccitata e mi compiacque, era mia la causa.
La sentii gemere e afferrarsi al marmo per tenersi, mentre mi sentivo esterrefatto da quella dolce e forte ragazza che mi stava mandando alla deriva.
-Kaname…io…voglio anche te. –balbettò tra un sospiro e l’altro, ma proprio in quel momento la voce di Luca si fece sentire, eravamo intrappolati in un gioco proibito, lei divenne più rossa che mai, consapevole che ci potevano trovare in quella situazione, per giunta la porta del bagno era aperta.
-Tutto bene li su? Avete bisogno di una mano? –Urlò Luca.
Sentii chiaramente il rumore dei passi e la corsa folle del cuore della mia donna, non avevo nessuna intenzione di levare la mano da quel nido, ma la situazione stava diventando critica.
-Luca vieni qua. Kaname noi leviamo il disturbo! –Disse la voce di Simon richiamando anche il cane.
-Ma perché? –Rispose Luca.
-Non vedi che siamo poco graditi in questo momento? testa di rapa, sei più cieco di quanto immaginassi. –
-Ma non capisco. –
-Te lo spiego dopo, andiamo. –Quando la porta si chiuse e la casa ritornò in silenzio fissai lo specchio.
Lei era ancora lì con la schiena rigida e lo sguardo a terra.
-Guardami. –
-E’ così imbarazzante. –Sussurrò lei.
-Io non vedo nulla di così imbarazzante, vieni. –La liberai e la condussi verso la mia camera. –Non avere paura di me e nemmeno di te stessa. – La fece sedere e altrettanto la copia.
La baciai dapprima sulla fronte e poi scesi sul naso, guancia e infine le labbra. Aspettai che si rilassasse e continuai dove avevo lasciato, lei mi lasciò campo libero e pian piano la sua mano si posizionò sotto il cavallo dei pantaloni, l’audacia di poco prima aveva lasciato la sua timidezza, ma non la feci pesare, mi andava bene così. Pochi minuti dopo ci ritrovammo entrambi con il fiatone e la consapevolezza di andare in fondo a quella situazione. Il tempo sembrava che non finisse mai, di quel momento rimase impresso nella mia memoria. Le nostre mani che si muovevano all’unisono, i nostri bacini carichi di passione. Il piacere che colava sulle nostre mani, il suo sorriso per quella piccola vittoria ed io pronto a farla esplodere. In fine ci addormentammo consapevoli di ciò che avevamo condiviso.
L’amavo e sarebbe continuato ancora fino a che avrei avuto respiro. Vederla stringere a me per avere più calore mi fece star bene, volevo molto di più da lei, ma con il tempo.
 
 
∞Ω∞
 
Mancava dieci minuti allo scadere del tempo, non riuscivo più ad ascoltare l’istruttore. Quelle maledette sedie mi tiravano i capelli e ogni volta dovevo soffocare un grido per trattenermi, l’aula era condensa di odori e quasi mi nauseavano, ma mancava poco. Avevo voglia di prendere un lungo respiro appena uscita da quell’inferno. Il mio cervello stava cercando di non collassare, l’unica cosa che mi ripetevo era “non chiudere gli occhi”, sì, perché di motori non ne capivo un fico secco. Impianto idraulico, scoppio, ma che cosa erano? Già era assai che mi memorizzavo i vari limiti massimi di ogni veicolo. La mia memoria era messa a dura prova. Chiusi un attimo gli occhi e fu allora che mi arrivò uno squillo, ma sotto forma di vibrazione. Saltai in aria, ma per fortuna nessuno se ne era accorto e notai che il mio salvatore mi aveva tirato nuovamente fuori dai guai.
A fine lezione ci salutammo e via. Lo trovai dentro la macchina concentrato sul navigatore, aprii la portiera e lo salutai.
-Così si saluta? –Disse lui alzando il viso dallo schermo.
-Oh, scusami. –Mi avvicinai a lui per poi prendere il suo viso e dargli un bacio sulla guancia. Lui sembrava contrariato ma gli feci una pernacchia e ritornai al mio posto.
-Capisco. Allora com’è andata? –
-Una noia mortale, metà aula dormiva con gli occhi aperti. Finalmente abbiamo finito il libro. –Sentenziai, mettendo le mani dentro la borsa e cercando il telefonino che si era disperso.
 
-Presumo che tu eri una di quelle addormentate. – Mormorò mettendo in moto. Ci avviammo per poi prendere un’altra strada, prima che glielo domandasse mi anticipò. –Stiamo andando da Luca e Simon. –
-Perché? –
-Luca aveva voglia di vederti e poi mi ha detto che doveva chiederti una cosa importante. –Terminò, mettendo la seconda di marcia.
Non fiatai più e iniziai a pensare a questa cosa importante, ma non mi veniva nulla in testa. Durante il tragitto mi appisolai e fu il modo in cui Kaname mi risvegliò a farmi scorrere certi brividi lungo la schiena a farmi drizzare tutta.
Da quella volta non avevamo fatto più nulla, beh io ero stata sempre impegnata e lui altrettanto. Ma ogni volta che lo fissavo nella mia mente si focalizzava i nostri corpi mezzi svestiti ed io alla presa con il suo grande corpo, lui che mi accarezzava in quei punti segreti, lui che curava ogni mossa e mi baciava da Dio; al confronto mi sentivo una principiante. Lo avevo portato al piacere con lo sfregamento della mano.
-A che cosa pensi? –Domandò all’improvviso lui prendendomi di soppiatto. Avvampai e iniziai a dire parole sconnesse e poi aprire la portiera, era troppo imbarazzante discutere adesso.
-Ti ho capito, ormai ti conosco, soprattutto quello sguardo. –Disse vicino al mio orecchio, mi cinse la vita e sfiorò con il suo naso l’orecchio sinistro. La pelle divenne caldissima e rabbrividii a quella sua reazione.
-Ti prego non qui. –Balbettai.
-Va bene. –Detto questo ci apprestammo a suonare il campanello e dopo poco Simon ci aprì. Mentre salivo le scale mi sentivo talmente il colpa per i miei pensieri, no perché erano sbagliati o per qualunque ragione, perché lo avevo deluso. Lo leggevo nei suoi occhi che lui preferiva un rapporto completo quella volta, ma si era dovuto accontentare di un quarto.
Che stupida!
Vidi Kaname varcare per primo l’appartamento dei nostri amici, sentire le voci di Luca e di Simon dargli il benvenuto e l’abbaiare di Happy mi fecero rinvenire. Non potevo demoralizzarmi in quel modo, ne avrei parlato direttamente con lui, tutto quel rimugino non mi faceva bene.
A cercarmi fu il cane che iniziò a venirmi contro e strofinarsi sulla mia gamba cercando la mia attenzione. Mi abbassai e lo coccolai e lo abbracciai con entusiasmo.
-Credevo che ti fossi persa. –Borbottò Luca con uno sguardo che la sapeva lunga, ma non ci feci caso.
-Benvenuta in casa nostra, tesoro. Tutto bene? –Disse Simon facendomi l’occhiolino.
-Tutto ok. –Mi sedetti sul divano e fissai l’ambiente. Ancora non c’ero stata in casa loro, quella di prima risultava piccola per loro tre e alla fine avevo scelto di cambiare, poi ora che Simon lavorava se lo potevano permettere.
Parlammo del più e del meno, finalmente riuscii a sciogliermi e conversare senza più timore, anche se il mio ragazzo era proprio di fronte a me, e più delle volte lo vedevo fissarmi senza un motivo.
-Avete cenato? –Chiesi all’improvviso il mio migliore amico. La risposta arrivò dal mio stomaco che iniziò a borbottare. –Presumo un no. Ordiniamo o prepariamo? –Domandò quest’ultimo.
-Se ordiniamo se ne parla tra due ore mangiare, meglio preparare. Cioccolatino io e Kaname vediamo cosa ce in cucina, mentre tu dirgli quella cosa. –Si alzò Simon complice con Luca. Da quando si erano dati quei nomignoli? –Non hai nulla incontrario, vero? –
-Certo che no. È in buone mani e poi cosa le potrei fare? Non mi interessa sessualmente, anche se un pensiero al suo corpo ce lo farei. –Rise Luca ma ritirò immediatamente l’ultima frase. Lo sguardo di Kaname non prometteva nulla di buono e per un attimo mi sembrò di scorgere dei brividi da parte del mio amico.
-Se prova a fare una cosa del genere ti ritrovi con dei gioielli in meno. –Dissi con voce glaciale e sdrammatizzare quella situazione.
-Ecco perché siete perfetti insieme, avete un temperamento quasi simile. –Rispose Simon fissando Luca che se la stava facendo sotto.
-Va bene, andiamo. –Acciuffai Luca dalla maglietta e lo tirai per sottrarsi allo sguardo furioso del mio ragazzo. Avevo di nuovo rivisto quel nero abissale che circondava le sue irride. Scrollai la testa e chiusi la porta.
Restammo in silenzio per un poco, poi sbuffai e diedi uno schiaffo a Luca per riprendersi.
-Ma che accidenti ti prende, scema! –Si lamentò, ma almeno si era ripreso.
-E’ da dieci minuti che te ne rimani a fissare il nulla. Decidi di parlare o me ne vado. –Affermai con le mani sui fianchi.
-Ok. Ok. Ma datti una calmata. Gli ormoni ti hanno dato alla testa? Finalmente hai goduto delle virtù del sesso amica mia. – Rispose sogghignando, ma non mi piacque quella risposta e lo mandai a quel paese, uscendo dalla porta.
-Dai angelo mio stavo scherzando! –Blaterò lui, ma non gli diedi ascolto, mi sedetti sul divano richiamando Happy e coccolandolo.
-Cioccolatino che hai combinato? –Domandò Simon sbucando da dietro angolo.
-Il tuo pasticcino fa domande del cavolo! –Risposi piccata.
-Eh eh. Che ci puoi fare se al posto della testa ha la zucca vuota? –Affermò asciugandosi le mani sullo strofinaccio che aveva sulla spalla. –Comunque la cena tra poco è pronta, apparecchiate la tavola. – Terminò.
Mi alzai scocciata per quella domanda imbarazzante e mi avvicinai alla tavola, Luca aveva preso la tovaglia e lo aiutai in silenzio. Il mio cervello stava scoppiando, da una parte volevo ucciderlo a parole e dall’altra prendere Kaname è sloggiare.
Il tavolo era pronto è mancavano solo i piatti, approfittai dell’assenza di quell’idiota ed uscii fuori nel balcone.  
Avevo una tale nervoso dentro che mi stava divorando, tentai di calmarmi ma era stato in vano. Non amavo quelle domande private, ero sempre stata una ragazza timida e quando uscivano cose del genere mi estraniavo da tutto. Non era stato facile condividere quel segreto con Kaname, ma lui mi aveva dato una spalla e condiviso il mio atto. Ricordavo perfettamente quella scena, noi due seduti sul suo letto, io che blateravo cose senza senso, lui che non capiva. Poi il suo abbraccio.
-Non cambierà nulla. Lo renderemo ancora più importante. –Aveva detto ed io ero scoppiata a piangere. Lo avevo stretto più forte che potevo.
 
Ero talmente immersa nei miei pensieri che non avvertii subito il calore di un altro corpo dietro di me, furono le sue mani che si appoggiarono sui miei fianchi a farmi rivenire.
-Che ci fai qui fuori? – Sussurrò.
-Cercavo di riprendere controllo di me. –Dissi sincera, premendo la mia schiena sul suo torace, sentire quel calore che mi rilassava e mi faceva star bene.
-Ha detto qualcosa che non hai gradito? – Domandò rivolgendosi a Luca, stringendomi ancor di più, il suo respiro smuoveva i miei capelli ma non lo scostai, lo volevo.
-Non mi va giù che gli altri sanno i nostri segreti, non lo sopporto. –Rivelai, girandomi e incontrando il suo viso a pochi centimetri da mio.
-Vale lo stesso per me. Quella frase non mi andava giù. Posso risultare molto geloso a ciò che amo. – Confessò volendo che lo baciassi, mentre faceva piccole pressioni con le mani sui fianchi.
-Siamo fatti della stessa pasta, non è vero? –Bisbigliai a pochi millimetri dalle sue labbra. Il vento si era rinforzato e avvertivo il rumore di un tuono all’orizzonte.
-Forse. –Rise lui per poi sfiorarmi lentamente il labbro superiore, rabbrividii di piacere a quel contatto, intimo, nostro.
Mi lasciai andare, ero in mano sicure. Il cervello si spense e il corpo lasciò campo libero. Le sue mani non andarono oltre a quella stretta, eravamo pur sempre fuori casa. Ci staccammo per mancanza di fiato, appena riaprii gli occhi i suoi erano di una luce strana, sembravano che brillassero.
-Meglio ritornare dentro, prima che le loro menti contorte se n’esce dell’altro. –Sorrise, dandomi un altro bacetto veloce. Mi prese per mano ed entrammo.
La cena fu tranquilla, non ci facevo caso alle occhiate di Luca o ai suoi brividi quando intercedeva con lo sguardo di Kaname, mi sarei goduta la vista. Dopo cena ci apprestammo a discutere su quel “importante”.
-Che ne dici? Manca due mesi al matrimonio e di sicuro lei non se lo aspetterà. Poi abbiamo le carte giuste per averli. –Borbottò Luca.
-Si, va bene. Ma ad una condizione. –
-Sarebbe? –Domandò il mio amico.
-Mi aiuterai. Non posso fare tutto io. Già sto pensando a troppe cose, Crystal mi ha dato fin troppi compiti e non sono riuscita a dirle di no. Tu, avrai il compito di avere le foto e poi mi aiuterai nel montaggio. Ho bisogno di una settimana o di più per montare un video decente. –
-Va bene. – Confermò –ah per gli scherzi? –Domandò.
-Già provveduto. –Risi maligna.
-A volte mi fai paura con quello sguardo. –Disse Luca.
Nessuno s’immaginava che cosa avrei combinato a quel matrimonio ed ero entusiasta.
 
 
 
Era passata una settimana tra lavoro e studio mi sentivo a pezzi. Com’era possibile che il cinque mi stesse perseguitando era un mistero. Kaname mi ripeteva che non ci dovevo pensare, che studiando con più attenzione ce l’avrei fatta, ma mi stavo demoralizzando.
Luca mi aveva portato tutte le foto possibili dei sposi, e a dirla tutta credevo d’impazzire. Non riuscivo più a vedere la luce… fu una di quelle mattine di sabato che entrambi eravamo a casa, che mi suonò il telefono.
-Pronto? –
-La signorina Jessica …- Era una voce cordiale e abituata a colloquiare con la gente.
-Si? –
-Chiamo per conto del Notaio… ha disposto un appuntamento per Lunedi nel suo studio alle 11. –Spiegò.
-Ma per cosa, scusi. –
-Non mi ha dato nessuna spiegazione, l’aspetto Lunedì a Palermo, arrivederci. –
La chiamata terminò così. Non sapevo di che cosa si trattasse e chi diavolo fosse quello, mi recai nello studio di Kaname e mi fermai sul guscio della porta. Lui alzò la testa sui vari fascicoli che stava controllando e mi rivolse un sorriso.
-Per caso hai mai sentito parlare del notaio…? –Gli chiesi.
-Perché di questa domanda? –
-Mi appena chiamato il suo segretario per un appuntamento Lunedi. Non capisco per quale motivo. –Spiegai avvicinandomi alla sua scrivania.
-Lunedì sono libero, possiamo andarci insieme. Così vediamo di capire la situazione. – Prendendomi la mano e portandosela alle labbra, -stai tranquilla non sarà nulla di grave. Di ciò che ho sentito è un notaio famoso è rispettato. –Mi aiutò a girare intorno alla scrivania e farmi sedere sulle sue gambe.
-Stai tranquilla. –
Come faceva a calmarmi con pochi gesti? Era per caso una camomilla ambulante? Lui riusciva a zittire tutti quei pensieri sconvenevoli. Forse avevo trovato veramente la mia anima gemella, o era solo una illusione?
 
Quel fine settimana era passato molto lentamente, avevo cercato in ogni maniera di non pensare a quell’appuntamento, ma non era andata a buon fine. Mi ero isolata da tutti, la mia testa non mi mollava nemmeno per un momento, che cosa voleva da me quella persona? Non sapevo dove sbattere la testa.
La domenica la passai al computer per montare il famoso video, Kaname mi aveva aiutato con la musica e le frasi. Era bello averlo accanto, ridevamo per le foto di Crystal da piccola, di meno per quelli di Federico in cui ritraeva accanto a Daniele, ogni volta che lo fissavo ritornavo a quel pomeriggio, a quella sua gelosia inutile.  L’uomo che avevo affianco lo aveva notato il mio turbamento nel vedere quegli occhi verdi, ma aveva preferito non chiedermi nulla, apprezzavo molto il suo silenzio.
La notte l’avevo praticamente passata in bianco, forse con la presenza di Kaname mi sarei calmata, ma avevo preferito di non dormire con lui…ero una stupida se pensavo a quello.
 
Era da mezz’ora che eravamo arrivati allo studio. Le pareti erano così neutri che mi davano un senso di nausea assurda. Le sedie era rigide e il pavimento di marmo. Guardai Kaname che era rilassato nella sua sedia accanto alla mia, mentre controllava il tablet. Chiusi gli occhi e feci dei lunghi respiri per calmarmi, tutto quello stress non mi faceva bene. Quando aprii gli occhi la porta scattò è un uomo calvo ci fece accomodare.
-Buongiorno signorina, lei? –Disse rivolgendosi a Kaname.
-Kaname Washi il suo ragazzo. –Si presentò, appoggiando la sua mano sulla spalla per darmi quell’appoggio invisibile. Il notaio ci guardò allungo per poi sedersi e parlare perché mi aveva invitato a presenziale a quell’appuntamento.
-Presumo che lei non sappia il motivo di questa visita. Sono stato contattato dalla mia cliente qualche mese fa è ho dovuto cambiare il testamento che lei stessa aveva accordato. – Disse per poi prendere un fascicolo dal cassetto posto dietro di se. Lo aprii e lo sfogliò per qualche secondo per poi fermarsi. Mi fissava in un modo così serio che ebbi paura.
-Mi scusi se la interrompo, chi sarebbe colei che mi ha …-iniziai a dire, ma mi fermai. Il notaio mi avvicinò due lettere.
-Prima che dica qualcosa, la prego di leggere questa. La mia cliente è stata categorica in questa decisione. –Finii per poi ritornare al suo posto. Così come consigliato dal signore che mi stava di fronte, aprii quella busta che sapeva di rose. Quel delicato profumo mi mise una tale ansia che mi iniziarono a tremare le mani.
-Stai tranquilla. –Mi sussurrò Kaname.
Annuii e inizia a leggerla.
 
Mia cara, di sicuro ti troverai confusa per questa mia missiva.
Ma ho avuto modo di riflettere molto in questi giorni.
La tua entrata nella mia vita è stata significativa e la porterò con me per sempre.
Bambina mia abbi la forza di superare le avversità con determinazione e astuzia. Dentro di te custodisci un potere che ti farà brillare e ti distinguerai dagli altri. Usa il tuo sorriso per cambiare questo mondo, non lasciare che questo mondo cambi il tuo sorriso.
Ti nomino unica erede del mio patrimonio, non rimpiangerò questa mia scelta, perché so che farai buon uso di ciò che ti sto donando.
Grazie.
 
Terminai con le lacrime agli occhi quelle poche righe, ma non capivo il motivo. Perché non dirmelo di presenza?
-Prego. –Il notaio mi allungò la scatola dei fazzoletti e ne presi alcuni per poi soffiarmi il naso e le lacrime.
-Che cosa significa? – Domandai con la voce rotta dal pianto.
-Come ha già spiegato la signora, le ha ereditato tutto il suo patrimonio e come è scritto anche qui, un edificio di un tot di metri quadri. Lei è l’unica a possedere il 100%. – Affermò leggendo il documento.
-E i suoi figli? –
-I figli hanno ereditato solo la parte di suo marito. –
-Non capisco, perché di questa scelta e perché non parlarmene personalmente. Aspetti le è successo qualcosa? – Dissi di getto, era da un poco che non la sentivo, in verità da prima di Natale. Un forte vuoto m’investì e iniziai a balbettare.
-Non può essere. –Dissi alzando la voce e alzandomi.
-Mi dispiace. –Confermò le mie ipotesi. Chiuse gli occhi come segno di lutto.
No. No! Lei era…
-Da quanto? –
-Prima dell’inizio delle feste natalizie. –
Le gambe non mi reggevano più, precipitai sulla sedia e fissai il pavimento. Perché non mi ero accorta di nulla.
Solo allora ricordai quella freddezza che avevo provato quella stessa sera, i miei singhiozzi, la paura. Lei mi aveva lasciato andare e finalmente si era ricongiunta al suo amato.
-Perché non mi ha detto nulla?  Perché mentirmi che andava dai figli per poi lasciarmi in questo modo? –Domandai.
-La signora Ella ha cambiato il suo testamento all’ultimo momento, voleva donare tutto in beneficenza. Ma poi mi disse che aveva conosciuto una ragazza dal cuore d’oro e che lei si meritava tutta la fortuna del mondo. –
Non mi vergognai per il pianto dirotto che mi scoppiò dopo quella confessione, perché dentro di me si era aperta nuovamente quella ferita. Cercai in tutti i modi di fermarmi, ma le lacrime non volevano cessare. Kaname era dovuto intervenire e fermare quelle parole, non riuscivo capire più nulla.
Al ritorno non parlai, gli occhi era gonfi per il troppo pianto e le labbra tremavano di continuo. La pelle bianca e fredda, come se fossi stata sotto la neve. Non m’importava di nessuno, nemmeno di chi mi stava accanto. Quando giunsi in camera mi buttai sul letto è sprofondai in un sonno senza sogni. Avevo bisogno di riprendere fiato.
 
 
I giorni erano passati, ma ero rimasta a quel Lunedi.
Kaname mi veniva spesso a trovarmi, bussando con discrezione e portandomi qualcosa da mangiare o qualche carezza. Era stata una sera che il cielo era colmo di fulmini e lampi che lo abbracciai stretto e mi sfogai; le lacrime si erano immischiati alle parole, alle grida, ma lui era rimasto al mio fianco.
-Sono le persone speciali che ci abbandonano prima di tutti, ma lei non ti avrebbe voluto in questo stato. Sorridi piccola, lei contava su di te. Non l’ho conosciuta, ma sicuramente era una persona che ha avuto tanto nella sua vita e averti incontrata l’ha resa completa, ecco perché ti ha lasciato, ma la porterai per sempre nel tuo cuore. –Aveva ragione lui, ma non riuscivo a non piangere. Mi sentivo talmente fragile che mai avevo provato una tale sensazione, nemmeno quando mi ero sbriciolata. Lei era stata una pioggia rinfrescante dopo l’inferno.
-Non dimenticarti delle persone che ti vogliono bene Jessica, anche se non ci senti, siamo accanto a te. Non sarai mai sola. –E sentii chiaramente il bacio sulla testa, ma anche una sonnolenza che mi fece rilassare e addormentarmi finalmente.
Quando la mattina mi svegliai mi ritrovai sul letto con le sue braccia intorno, non mi aveva lasciato, aveva mantenuto la promessa. In quella stessa notte la sognai, mi ritornarono le lacrime ma sta volta ero serena, perché lei mi aveva sorriso. Lei era felice e lo sarei stata anch’io.
Chiusi gli occhi e li riaprii convinta. Dovevo costruirmi una strada, lo avrei fatto per me stessa, per lei, per tutte le persone che avevano fiducia in me. Lei sarebbe stata fiera del mio operato.
-Buongiorno. –Gli occhi scuri del mio ragazzo mi svuotarono la mente. Lui era il ragazzo di cui mi ero innamorata, che pendevo dalle sue labbra, ma soprattutto colui che mi aveva protetto dal mio stesso dolore.
Mi avvicinai cauta più a lui e gli sfiorai la guancia, al tocco si percepiva la barba che stava ricrescendo.
-Grazie Kaname. – Lo baciai e mi spostai nuovamente avendo tutta la sua attenzione. –Grazie per ciò che mi hai donato.
-Grazie a te che esisti. –Rispose lui, sfiorandomi i capelli. –Questo sì ch’è un buongiorno! –Affermò abbracciandomi. Il suo profumo era mio, lui mi apparteneva.
-Ti amo. –Gli dissi talmente piano che non riuscii a capirlo.
-Che cosa hai detto? –Domandò.
-Ops! Non me lo ricordo più! –Risi, spostandomi più velocemente possibile da lui. Ma era veloce e mi prese e mi riportò accanto a se.
-Ridillo. L’hai detto troppo piano, non ho mica potere sovrumani. –
-La prossima volta. –Sorrisi, cercando di liberarmi da lui, ma mi teneva stretta, con i polsi bloccati sopra la mia testa.
-Se non collabori ti torturerò. –Mi minacciò e lo fece. Iniziò a farmi il solletico che mi fece male lo stomaco per troppe risa. –Allora? – Puntandomi i suoi occhi dentro i miei.
-Mio. –Dissi.
-Eh? Cosa? –
-Tu sei mio. –Notai la sua sorpresa e fu in quel momento che allentò la presa e riuscii a scappare.
-Aspetta Jessica che cosa vuoi dire? –Si srotolò le coperte per alzarsi e venirmi dietro.
-Oh per tutti i Kami! Allora è vero che gli uomini intelligenti si perdono in un bicchiere d’acqua! Usa la testa, Kaname. Sono sicura che riuscirai a trovare l’enigma. –Detto quello mi fiondai in bagno per lavarmi e poi vestirmi. Ero carica, come si diceva dopo il temporale spuntava il sole e io ne avrei approfittato al meglio.
Mezz’ora dopo ero pronta e mi apprestavo ad uscire da casa.
-Dove corri di fretta? –Domandò lui pronto per iniziare un’altra giornata lavorativa.
-Fuggo da te. –Avvicinandomi a lui, gli aggiustai la cravatta, mentre lui non si perdeva nessuna mia mossa.
-Non farlo, -rispose. Prendendomi il polso e portarlo vicino al suo cuore.
-Non ne ho più bisogno, adesso. –
Ci guardammo negli occhi senza dir più nulla, avevo un peso in meno, anche se non gli avevo rivelato quel segreto che custodivo, ci sarebbe stato il momento adatto anche per quello.
-Buona giornata, stai attento. –
-Anche tu. –
Ci dividemmo ma sapevamo che dopo ci saremo ricongiunti, sì, perché noi due eravamo speciali. Eravamo legati da uno strano filo rosso.
 
 
 
Quel mese fuggi talmente veloce che non mi resi conto che mancava poco al giorno del matrimonio della mia migliore amica. Lei era talmente agitata che non sapevo più che pesci prendere, ma alla fine c’ l’avevamo fatta, le doppie tazze di camomille l’avevano funzionato.
-Tks! Sono esausto. –Borbottò Luca, sedendosi di botto sul divano.
-A chi lo dici. Il più fortunato sembra Federico, ma non voglio sbilanciarmi troppo. Comunque tutto pronto per il grande giorno? –Domandai, sedendomi sulla sedia mentre riprendevo il cellulare in mano.
-Si. Mancano solo sette giorni. –Confermò il mio amico. Oramai tutto stava per finire, ma per lei tutto iniziava.
-Allora che cosa mi dici, angelo mio? So che stai lavorando a un nuovo progetto. Kaname non mi ha saputo dire molto, poiché nemmeno lui sa nulla. Ci vuoi tenere sulle spine tutti quanti? –Affermò serio.
-Esattamente. Non te la prendere, ma è importante per me. Voglio essere sicura di poterlo avviare per parlarne. Ma stai tranquillo sarai il primo a saperlo. –Gli dissi facendogli un occhiolino.
-E brava la mia bambina, finalmente sei cresciuta. Ti stimo tantissimo. –Disse abbracciandomi forte.
E sì. La vita continuava e io non mi sarei fatta più abbattere dalle raffiche di vento. Ero decisa a lottare per ciò che mi ero preparata da anni. Non avrei abbassato la testa, avrei camminato con fierezza.
Il mese era trascorso così velocemente che mi ero ritrovata con tante cose in mano che per alcuni giorni non ci avevo creduto. Come per esempio il mio successo per la patente, dopo le notti insonnie per l’ansia di riuscirci, alla fine i miei sforzi erano valsi la pena. La mia grande decisione stava dando i suoi frutti ma ancora era troppo presto. Lo avrei coltivato con amore e forse un giorno sarei stata soddisfatta. Chiusi gli occhi e cercai di svuotare la testa. Ma un pensiero ricorrente non mi lasciava via di uscita.
Quel pomeriggio Crystal mi aveva comunicato che per le sue nozze i testimoni dovevano collaborare per una cerimonia speciale durante la funzione. A solo sentire quel nome mi era salita la pressione. Avevo cercato in tutte le maniere di calmarmi, ma alla fine ero uscita fuori a prendere una boccata d’aria. Lei lo sapeva che avevo sofferto tanto, ma puntualmente mi spiazzava con la sua ingenuità. Io a quello non lo volevo vedere e particolarmente sfiorarlo. Avevo accettato che fosse il testimone di Federico, perché era suo fratello, ma che io dovevi ballare per giunta con lui non lo accettavo. Non volevo nulla con quell’essere.
Presi un lungo respiro dovevo stare calma.
Il cellulare mi squillò, guardai il display e notai il cuore. Per me Kaname rappresentava il cuore rosso, l’amore che provavo nei suoi confronti. Mi stava per venire a prendere, anche se avevo una macchina nuova nel suo garage. Sì, perché appena avevo concluso l’esame e dal mio entusiasmo non ero riuscita a frenarmi e lo avevo chiamato con gioia. Quando ero ritornata a casa avevo trovato una busta sul tavolo con una chiave e poi nel posteggio una macchina con un grande fiocco sul tetto.
 
-Tesoro hai intenzione di dirglielo. –Mi riprese Luca guardandomi serio.
Annui.
-Credo che sia arrivato il momento che lui lo sappia, forse ho aspettato fin troppo. Lui se lo merita. –Gli sorrisi e scesi giù. Ero pronta a confessarlo.
Chiusi il portone ed entrai in macchina. Quando aprii la portiera lui aveva il gomito appoggiato sul finestrino, ma nemmeno il tempo che rivolse il suo sorriso verso di me.
-Tutto bene? –Chiese.
-Si. Alla fine siamo riusciti a farla calmare. – Affermai, posando la borsa ai miei piedi, lui accese il motore, mise la prima e partimmo. Mentre fissavo fuori ripensavo alle parole di Luca, ero davvero pronta per raccontare quel frammento del mio passato? Ero stata combattuta, ma credevo in lui. Volevo un rapporto sincero, Kaname era importante per me.
-Kaname dobbiamo parlare appena arriviamo a casa. – Dissi monocorde. Sentivo il suo sguardo su di me, ma non avrei anticipato nulla. Strinsi le mani a pugno e respirai. Rivivere quegli giorni mi procuravano un dolore forte, mi ero promessa di non aprire più quella porta, ma parlarne e metterlo al corrente sarebbe stata una mossa fiduciosa.
Giunti in casa, mi apprestai a salire in camera per cambiarmi per poi scendere e sedermi sui sgabelli. Lui si era fermato vicino al divano, e mi fissava con quello sguardo magnete, fisso, intenso.
-Di che cosa mi vuoi parlare? Dalla tensione del tuo corpo sarà qualcosa di importante. –Dichiarò.
Con gli occhi bassi e le labbra sigillate, feci forza per parlare.
Sembrava che le corde vocali si fossero ingarbugliate fra di loro per non rivelare quel segreto.
Il silenzio mi sembrava che mi opprimesse, non si sentiva null’altro. Io che mi torturavo le mani e lui così vicino, ma allo stesso tempo lontano.
-Ciò che sto per rivelarti lo sanno poche persone. Da quella volta non l’ho raccontato più a nessuno, e ogni volta che fisso quegli occhi e come se ricevessi quel dolore. Quello che voglio dirti e che prima di capire che volevo qualcosa con te, io ho avuto un altro ragazzo…forse starai pensando che non c’è nulla di strano, ma lui mi ha ferito in modo profondo. Ecco perché con te camminavo con i piedi di piombo. E solo sapere che io e lui saremo così vicini mi mette una tale ansia e odio che non so se riuscirò ad essere me stessa e vivermi quell’evento. –Dissi, prendendomi un lungo respiro. Non osai alzare gli occhi, avevo paura di una sua scusa e andarsene. Ero terrorizzata da una sua paura. Ma poi mi chiesi perché gliene stavo parlando, non sarei qui se non avesse fiducia in lui.
-Penso di saper di chi stai parlando, ho sempre notato qualcosa che non andava. – Parlò. Trascinandomi verso il divano, adesso siamo l’uno di fronte l’altro. –Non temere, io non ti giudicherò. –Detto questo iniziai il mio racconto, tutta la mia piccola avventura con Daniele, dalla strega, del suo egoismo, dalle sue parole fino a quell’evento che mi segnò profondamente.
-Piccola mia. –L’abbraccio fu inaspettato, mi strinse un modo così intimo che per un attimo ebbi la sensazione di fondermi con lui.
-Anch’io devo confessarti qualcosa. Da quando ti ho conosciuta ti ho sempre sognato e credo di aver percepito il tuo dolore, anche in quel giorno. Anche se non sapevo dargli un nome. L’ho scoperto da poco. Credo che noi siamo stati destinati, io ti penso di continuo. Jessica tu hai dato un nuovo inizio alla mia vita, anche se non ero consapevole, ma tu mi hai fatto crescere ma soprattutto scoprire me stesso. –Mi confessò, con gli occhi lucidi come se da un momento all’altro sarebbe scoppiato a piangere, ma lo feci io per lui. Mi aggrappai alla sua camicia e lo strinsi forte, volevo esserci, volevo appartenere a lui con tutta me stessa.
-Ti proteggerò io. –
Erano tre piccole parole, ma per me erano immense. Lui ci sarebbe stato, lui non mi avrebbe giudicato.
Lui era la parte mancante della mia anima.
 
 
∞Ω∞
 
Il suono della sveglia mi risvegliò dal mio torpore. L’orologio segnava le cinque e trenta del mattino, chi me lo faceva fare alzarmi a quell’ora, era un mistero! Forse solamente lei. Mi alzai lentamente e la chiamai, la trovai seduta sul letto con tutto l’occorrente per il grande giorno di Crystal. Mi fissò, bastava solo quello sguardo a farmi comprendere tutte le sue preoccupazioni, ma non sarebbe stata sola, io ero al suo fianco.
-Grazie. Che abbia inizio! –Decisa, tenace, la mia Jessica stava per entrare in guerra. Uscimmo di casa e trovammo già Luca sotto casa di Crystal i due amici avevano il compito più arduo, la preparazione della sposa.
Il sole ancora non era solto, ma poco importava.
-Ci vediamo in chiesa. –Mi sussurrò lei, dandomi un dolce bacio sulla guancia.
-A dopo piccola. –La lasciai andare. Chissà che vestito avrebbe indossato? Non ne avevo la minima idea, era stata molto misteriosa a riguardo, mi aveva solo detto che sarebbe stato fantastico. Feci retromarcia e me ne andai. Ma nemmeno il tempo che il telefono mi suonò.
Dieci minuti dopo m’incontravo con Simon al bar. Happy era stato anche invitato e cercava con gli occhi la mia Jessy, purtroppo per lui era assente, ma lo accarezzai sotto il muso per ricompensarlo.
-La vedrai presto. – Lui come se mi avesse capito mi abbaiò.
La colazione fu lunga, non avevo nulla da fare solo prepararmi per la funzione.
Simon mi raccontò che il suo lavoro stava procedendo bene e presto avrebbe aperto una catena di ambulatori per tutta la Sicilia. La sua forte passione per gli animali lo aveva caratterizzato fin da piccolo, e si sentiva in dovere di aiutarli in tutti i modi possibili.
-Che cosa ti aspetti da questo evento? –Domandò.
-Tante sorprese. Sicuramente Luca e Jessy ne hanno preparate di tutti colori. –Affermai, mentre ci avviammo verso l’esterno.
-Già. Sono una squadra. Non mi stupirei se farebbero qualcosa di grandioso. Mi aspetto molto e non vedo l’ora che inizi. Ah già è ora di andarsi a preparare, ci vediamo in chiesa allora. –Detto questo prendemmo due direzioni opposte. Quando arrivai a casa, iniziai a prepararmi. Il completo si trovava già sul letto.
Quando lo presi c’era un bigliettino accanto.
Sarai il mio punto fisso!
Risi a quella battuta, ma sapevo che avrebbe mantenuto la parola data. Lo specchio rifletteva la mia figura, ero pronto. Il sole era nascosto dalle nuvole, il clima era mite, speravo che non piovesse.
In chiesa c’era già fermento. Notai gli invitati e anche il padre di Federico con la sua sorellina.
All’improvviso sbucò lo sposo tutto in tiro nel suo completo scuro si notava che era teso, al suo fianco la madre. Ricordai le parole di Jessica al suo riguardo e un poco mi dispiaceva per Crystal, una suocera del genere faceva venire i brividi a tutti. Ci accomodammo in chiesa per aspettare la sposa e tutto il corteo degli ultimi invitati. Fissai Daniele che stava accanto al suo gemello, all’improvviso avvertii la colonna nuziale. Mi ero distratto con i pensieri e non mi ero accorto che erano già arrivati. Appena mi girai la vidi. Era bellissima. Il lungo vestito toccava il suolo, facendo smuovere le onde dell’abito. Il corpetto era a mono spalle con dei strass che lo incorniciava e una macchia di brillantini sul lato sinistro che si espandeva anche da dietro. Le sfumature del blu erano un tocco di eleganza che si propagava fino a sotto. Quando raggiunse la navata si girò per fissarmi e sorridermi per poi mettersi a sinistra per aspettare la sposa. Era stupenda sia dai capelli con una treccia che raggruppava un chignon e dal trucco semplice ma d’effetto. Ma un particolare mi colpì di più, ma glielo avrei detto dopo, perché la sposa era arrivata ed io non ci avevo capito più nulla. La mia star era unicamente lei.
L’emozioni che mi erano nate spontanee mi aveva creato un poco di disagio, ma erano sparite subito, lasciandomi un torpore caldo. La mia mente aveva subito elaborato la situazione e per un attimo vidi me all’altare che porgevo la mano alla mia futura sposa, l’immagine era sfocata, sbiadita e quando sentii le parole del prete tutto svanii.
 
-Siamo qui per unire nel vincolo del matrimonio questi due giovani…-
Chissà che cosa mi aspettava in quella nuova avventura. Ero elettrizzato nel scoprire quale emozioni avrei vissuto o sperimentato. Ma sicuramente sarebbero state uniche se avevo una persona speciale come lei.
I nostri s’incontrarono e mi sentii l’uomo più fortunato.
Forse era vero che i nostri mignoli erano legati da un sottile filo rosso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Salve a tutti.
Bentornati con l’appuntamento di “così importante”.
Molti eventi si susseguono in queste pagine, piene di occasioni e sorprese, ma anche di segreti.
Diciamo che questo capitolo è stato un grande sfogo per me, poiché ogni cosa che mi capitava, la inserivo. C’è stato davvero le scosse di terremoto e per una notte non ho dormito, purtroppo Kaname non c’era. Mi sono iscritta alla patente e ho superato quella teorica, presto spero di finirla. Niente matrimoni in vista, anche se lì siamo già a Maggio e qui a Natale. Sei mesi di differenza, ma cmq.
L’ultimo aggiornamento risale a settembre? Oh Dio sembra una eternità, ma spero che questo capitolo possa ripagare la mia assenza.
Vi auguro un Buon Natale e un Buon Anno! Che il 2017 porti tante novità.
Heart
 
 
 
  
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