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Autore: myqueasysmile    28/12/2016    1 recensioni
La scuola.
Il canto.
La musica.
La famiglia.
Queste sono le cose più importanti nella vita di Elisa, ragazza diciottenne dal carattere molto introverso e complicato.
Una ragazza che adora il fratello, che spera di conoscere il suo "eroe" e che ancora non ha idea di cosa sia l'amore.
Ma poi arriva lui, completamente inaspettato, che un po' alla volta le stravolge la vita.
Forse riuscirà a farsi avvicinare da lei, lei che tende ad allontanare tutti e starsene per conto suo. O forse no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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«Buongiorno ragazzi, allora, pronti per la prima lezione di coro??» chiese il prof. entrando in classe e scatenando una serie di risposte incomprensibili.

«Allora, spostate i banchi e le sedie lungo i muri» disse indicandoli.
«Senza trascinarli magari!!» aggiunse alzando la voce per sovrastare il rumore assordante che si stava creando.

Quando i banchi furono spostati ci ammassammo davanti a lui in attesa di nuovi ordini.
«E adesso?» chiese Martina incrociando le braccia sul petto.
«Intanto voi maschi mettetevi di qua!» disse lui guardando i ragazzi e indicando alla sua sinistra.
«Voi invece di qua» aggiunse rivolto a noi ragazze.

Ci spostammo seguendo le sue indicazioni. Maschi da una parte e femmine dall'altra.
«Perfetto. Ora iniziamo ascoltando la prima canzone che ho scelto». Andò dietro la cattedra e trafficò sul suo computer portatile.
Fece partire la canzone e la riconobbi all'istante rischiando di svenire. Lo guardai, incrociando i suoi occhi. Mi fece un sorriso che io non ricambiai, dovevo ancora riprendermi.

Mi concentrai sulla mia canzone preferita iniziando a canticchiarla non troppo forte e lasciandomi cullare dalla voce di Mika. Il mio sguardo era fisso sul computer, mi immaginavo quel ragazzo riccioluto cantare davanti a me. Sorrisi. Quanto avrei voluto abbracciarlo in quel preciso momento.

Verso la fine della canzone alzai gli occhi e incontrai quelli azzurri del prof.
Questa volta gli sorrisi, come per ringraziarlo della canzone. Quella canzone che, pur essendo triste, per me era la più bella e la più importante.
Lui fece lo stesso e io distolsi lo sguardo, sentendomi in imbarazzo.

«Ecco. Allora, questa era Happy Ending di Mika. Non so se la conoscete tutti, comunque sarà il nostro primo tentativo. Lorenzo distribuisci i fogli per favore!» disse allungandogli i fogli.

Si appoggiò alla cattedra e aspettò che tutti avessimo il foglio in mano. Ne presi uno, anche se non ne avevo assolutamente bisogno, il testo lo sapevo fin troppo bene.

«Bene. Ah, per la parte solista ho scelto io» disse. Lo guardai e volli sprofondare. Quegli occhi azzurri che tanto adoravo erano fissi su di me. Sbiancai e scossi la testa cercando di fargli cambiare idea.

«Elisa, è tutta tua» concluse ignorando i miei cenni.
Lo fulminai con lo sguardo mentre una ventina di teste si giravano a guardarmi. Maledetto prof.

Sentii alcune mie compagne sussurrare tra loro cose non proprio belle. Ci mancava solo che se la prendessero con me. Sospirai.
Dopo qualche secondo Milani riattirò l'attenzione su di lui.
Ci fece risistemare in semicerchio e iniziò a farci ripetere il ritornello, prima a noi ragazze e poi ai ragazzi. Devo dire che non veniva fuori proprio uno schifo.

Lo schifo più che altro era che non sarei mai stata in grado di cantare quella canzone, non davanti a tutta questa gente. Alle lezioni di canto eravamo solo io e la mia insegnante, per cui non avevo mai avuto un pubblico. E io ero timida.

E per di più non ero Mika. Lui aveva un'estensione vocale di cinque ottave, o almeno così avevo sentito. Non sarei mai stata alla sua altezza, e mi stavo già facendo i complessi mentali...

Mi riscossi dai miei pensieri e ritornai con i piedi per terra. Il prof stava spiegando come respirare con il diaframma. Dopodiché ci fece fare qualche vocalizzo.

Le altre ore passarono abbastanza veloci, e quando suonò la campanella della fine delle lezioni tutti si alzarono in fretta ansiosi di uscire da lì.
Chiusi lo zaino e me lo misi in spalla, poi mi avviai verso la porta.

Mi sbilanciai per un attimo quando qualcuno mi prese per il braccio. Mi voltai trovandomi di fronte a Ludovica, Benedetta e Stefania. Il terzetto di stronze, sempre pronte a criticare tutto e tutti.

«Vi serve qualcosa?» chiesi gentilmente cercando di capire cosa volessero. Eravamo rimaste solo noi quattro.
«"Vi serve qualcosa?"» mi fece il verso con la sua vocetta stridula e odiosa Ludovica.
La guardai confusa.
«Pensi di essere la più brava solo perché sei la sorella di Marco?» sputò fuori Benedetta dandomi una spinta. Arretrai tra i banchi.

«Si, ora oltre che la cocca del prof. di matematica sei anche la cocca di Milani?» aggiunse Ludovica colpendomi alle spalle.
«Io... non è vero!» protestai impaurita. Non le avevo mai viste così.
«Oooh "Non è vero!"» disse Stefania facendo una smorfia.
«Però intanto il prof. ha scelto te e quella stupida canzone di quel gay del cazzo!» sputò Ludovica spingendomi di nuovo e facendomi cadere lo zaino.

«Non parlare di lui in quel modo!!» dissi sentendomi la rabbia montare dentro.
«Perché? Altrimenti cosa fai? Stai zitta va!!» disse Benedetta dandomi un'ultima spinta che mi fece perdere l'equilibrio. Caddi per terra sbattendo la testa sul muro, mentre loro tre se ne andavano lasciandomi lì da sola.

Mi portai la mano sulla nuca dove avevo sbattuto mentre i miei occhi diventavano lucidi. Ero sotto shock e mi faceva malissimo la testa, probabilmente mi sarebbe spuntato un bel bernoccolo l'indomani. Cercai di alzarmi, ma ci rinunciai. La testa mi girava e le lacrime mi impedivano la vista.

Attirai le gambe contro il petto e mi rannicchiai appoggiando la testa sulle ginocchia. Cosa avevo fatto di male per meritarmi questo? Perché cavolo non ero riuscita a difendermi?

Rimasi così mentre le lacrime scendevano senza accennare a smettere. Non mi accorsi nemmeno che qualcuno era entrato nella stanza, che quel qualcuno si era accorto di me, finché non sentii la sua voce sopra di me.
«Cazzo, Elisa, che cosa è successo? Stai bene?». Era lui, il prof.
Non risposi. Sentii la sua mano stringermi il braccio, ma non volevo che mi vedesse così, perciò rimasi com'ero.
«Elisa calmati dai» disse. Probabilmente si era abbassato per essere alla mia altezza.

Lui aspettò finché smisi di piangere. Mi asciugai gli occhi con le maniche e tremando riuscii ad alzarmi. Barcollai ma lui mi prese tenendomi per la vita. Io avevo ancora le mani davanti alla faccia.

«Dove vuoi andare?» chiese preoccupato.
«In bagno» risposi a voce così bassa che quasi non si sentiva.
Lui mi accompagnò senza lasciarmi un secondo fino al bagno. Mi aggrappai al lavandino e mi risciacquai la faccia. Dopodiché presi della carta e mi asciugai, buttandola poi nel cestino.

Feci qualche passo uscendo dal bagno. Lui mi fu subito accanto, senza toccarmi. Ma questa volta fui io ad aggrapparmi al suo braccio perché tutto aveva ripreso a girare.
«Mi gira la testa» spiegai chiudendo gli occhi e sperando che passasse.
Lui mi circondò immediatamente la vita col braccio, appoggiai la testa sulla sua spalla e mi lasciai riportare in classe da lui.

Prese una sedia e mi fece sedere. Poi mi guardò preoccupato. «Ora mi dici cosa cavolo ti è successo per ridurti così?».
«È tutta colpa sua, se non avesse scelto me tutto questo non sarebbe successo!» dissi con la voce roca dal pianto.
«Guardami e dimmi cosa è successo Elisa» disse con tono autoritario. Alzai gli occhi e li fissai in quelle pozze azzurre.

«Hanno detto che penso di essere la migliore solo perché sono la sorella di Marco, e che sono la sua preferita prof, e che mi ha scelto per questo, poi hanno insultato Mika e mi hanno spinto... ma non sono riuscita a difendermi!» dissi guardando il pavimento. «Sono caduta e ho battuto la testa, ho provato ad alzarmi ma girava tutto...».

«Chi?» chiese mettendomi una mano sulla spalla.
Lo guardai e scossi la testa. «Lo faranno di nuovo» sussurrai impaurita.
«Invece no, lo dirò al preside e ci saranno delle conseguenze. Credimi Elisa».
«Ludovica, Benedetta e Stefania» sussurrai dopo qualche attimo di silenzio.

«Bene. Stai meglio ora?» chiese scrutandomi.
Annuii e mi alzai, mi appoggiai ai banchi e recuperai lo zaino. La testa mi faceva ancora un male cane e facevo fatica a camminare.

«Elisa, non stai bene. Chiama qualcuno che ti venga a prendere» disse lui affiancandomi.
«Mamma e papà sono via fino a domani, Marco è a Milano. Non importa, ce la faccio» dissi mentre una lacrima mi solcava di nuovo le guance.
«Cazzo» imprecò lui guardandomi «Ti porto da me».
«Cosa? No!» replicai «basta che mi accompagni a casa, solo quello».
«Non ti lascio a casa da sola in questo stato Elisa, nemmeno per sogno» rispose lui prendendomi lo zaino dalle spalle «Fortuna che avevo dimenticato qui la giacca».

Mi accompagnò alla sua macchina facendomi sedere, poi mise lo zaino nel bagagliaio e prese posto alla guida.
Arrivammo in un attimo, poi mi aiutò a scendere sostenendomi per il braccio e accompagnandomi fino in salotto. Mise lo zaino a terra e mi guardò.
«Elisa» disse guardandomi preoccupato e dispiaciuto mentre alcune lacrime mi rigavano il viso.
«Non ce la faccio» spiegai chiudendo gli occhi «Ho bisogno di Marco».

Dopo nemmeno due secondi mi ritrovai nel suo abbraccio, il viso sul suo petto e le sue braccia intorno a me. «Va tutto bene, non sei sola ok?» disse con voce rassicurante.
«Respira e pensa a Mika che in questo momento starà cercando di parlare l'italiano con i suoi concorrenti di x-factor, sparando qualche cazzata».
Sorrisi e lo circondai timidamente con le braccia.

«Grazie» sussurrai qualche minuto dopo sciogliendo l'abbraccio leggermente in imbarazzo.
Lui sorrise «Va meglio?».
Annuii «Ho ancora mal di testa però».
«Ok, siediti qua. Preparo qualcosa da mangiare e poi ti do una pastiglia, tu intanto fai come se fossi a casa tua. Ah, attenta a non schiacciare il gatto che è sul divano».
Mi guardai attorno e individuai un micetto grigio che dormiva sul divano.
«Come si chiama?» chiesi al prof che era già in cucina.
Lui si affacciò alla porta con un sorriso «Spark».

Mi sedetti sul divano e presi il micetto in grembo. Iniziai ad accarezzarlo e lui fece le fusa chiudendo gli occhi e strofinandosi sulla mia mano. Quanto era dolce!

Dopo qualche minuto mi alzai tenendolo in braccio e mi guardai attorno. Vicino alla tv c'era una libreria piena di libri e qualche foto. Mi avvicinai e guardai le foto. Lui con la sua famiglia, insieme al nipotino, lui da piccolo con la sorella. Era bellissimo fin da bambino!

Sospirai, poi lo raggiunsi in cucina. Stava buttando la pasta perciò mi dava le spalle.
«Posso aiutarti?» chiesi facendolo voltare.
«Sei passata al tu ora?» fece lui sorridendomi.
«Oh, ehm...» balbettai in imbarazzo.
«Tranquilla, mi fa piacere. Solo non mi viziare troppo Spark».
Io sorrisi «È bellissimo».
«È anche un gran rompipalle quando ci si mette» disse lui preparando il tavolo.
«È un maschio, è ovvio» commentai alzando le spalle.
Lui mi guardò alzando un sopracciglio.
«Che c'è? È la verità!» dissi in risposta al suo sguardo.
Lui rise.

  
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