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Autore: lady lina 77    28/12/2016    2 recensioni
Cosa sarebbe successo se Demelza, dopo il tradimento di Ross, se ne fosse andata di casa?
Dopo la lite furiosa fra i due in cui ha rovesciato ogni cosa dal tavolo, urlando al marito tutta la sua rabbia, Demelza decide che non ha più senso rimanere a Nampara, con un uomo che non la desidera più e che sogna una vita con un'altra donna.
Prende Jeremy e Garrick, parte per Londra e fa perdere le sue tracce al marito, ricominciando una nuova vita lontana da lui e dalla Cornovaglia.
Come vivrà? E come la prenderà Ross quando, al suo ritorno da Truro, non la troverà più a casa?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Londra lo accolse con un tiepido sole primaverile e un cielo di un azzurro pallido.

La città era caotica come la ricordava, anche se non ci metteva piede da anni. C'era un via vai incessante di persone di ogni genere, tutti frettolosi in un modo che, a uno che veniva dalla campagna come lui, pareva fastidioso.

Caroline Penvenen viveva in una grande villa in centro città, era una donna conosciuta e ricercata e non era stato difficile reperire il suo indirizzo.

Quando la carrozza giunse davanti a casa sua, rimase a bocca aperta ad ammirare lo sfarzo di quella grande abitazione su due piani dal color giallo pastello, circondata da un giardino curato, pieno di grossi tigli secolari e con il prato puntellato da mille fiori dai più svariati colori.

Un vialetto di ciotoli bianchi accompagnava i visitatori dal grande cancello in ferro battuto alla maestosa porta d'ingresso della casa.

Quando il maggiordomo andò ad aprirgli, si sentì un po' intimorito ad entrare in una casa simile, tanto diversa dal suo mondo.

"Attendete qui, vado ad annunciarvi alla signora. Il vostro nome?" - chiese il maggiordomo, quando furono all'ingresso.

"Ross Poldark. Io e la vostra padrona ci siamo conosciuti in Cornovaglia alcuni anni e fa e sono qui per saldare un vecchio debito".

Il maggiordomo annuì, lo pregò di attendere e scomparve, inerpicandosi nell'elegante scala a chiocciola posta a fine del corridoio.

Ross si guardò attorno, ammirando i quadri alle pareti, tutti di ottima fattura, gli eleganti tappeti, i mobili finemente levigati e tutti gli oggetti di lusso che adornavano l'ambiente. Era decisamente diversa da Nampara, quella casa... Eppure una donna così raffinata, fine e ricca si era innamorata di uno squattrinato dottore di campagna, arrivando anche a scegliere di sacrificare tutto per lui. Pensando a loro, si rese conto di quanto fosse potente il sentimento dell'amore, quanto fosse capace, quando era vero e sincero, di affrontare e superare ogni problema gli si ponesse davanti.

"Signore, Miss Penvenen mi ha chiesto di condurvi nel salone principale" – disse il maggiordomo, ricomparso in tutta fretta davanti a lui.

Si lasciò condurre dall'uomo. Superarono corridoi e salotti finemente arredati, finché non giunsero in una sala più grande, con un tavolo rotondo al centro, un pianoforte nell'angolo, comodi divani e una grande biblioteca accanto alla finestra che dava sul cortile.

"La signora arriva subito, mi ha pregato di dirvi di attenderla qui".

"Vi ringrazio". Si sedette al tavolo, vagamente intimorito da quel posto. Era abituato alla miniera, ai paesaggi rurali della Cornovaglia e negli ultimi anni pure ai campi di battaglia, non certo ai salotti della Londra aristocratica.

Improvvisamente la porta si aprì e Caroline Penvenen, vestita di un elegante abito azzurro confetto, coi capelli pettinati in morbidi boccoli, comparve davanti a lui, preceduta dal suo inseparabile cane. Era bellissima, ancora di più di come la ricordava, aveva un aspetto dolce e allo stesso tempo etereo.

Horace gli si avvicinò, annusandolo, poi andò ad accucciarsi sotto al tavolo. Caroline gli sorrise, accarezzando il ventaglio che teneva fra le mani. "Capitano Poldark, è davvero una sorpresa vedervi qui. Quanto sarà? Due anni? O forse ancora di più".

Ross si alzò in piedi, esibendosi in un inchino. "Forse due anni e mezzo, da quando avete lasciato la Cornovaglia l'ultima volta".

Caroline si avvicinò, sedendosi su una sedia, fronteggiandolo. "Ci sono tornata pure l'anno scorso in Cornovaglia, per il funerale di mio zio".

Ross annuì. Sapeva della morte dell'uomo, glielo aveva raccontato Prudie in una giornata in cui era in vena di fare pettegolezzi. "Ho saputo e vi porgo le mie condoglianze, eravate molto legata a vostro zio, da quel che ricordo".

Distrattamente, dissimulando noncuranza, Caroline si fece aria col ventaglio. "Sì, lo ero. La sua morte è stata una dura prova da superare per me anche se, il fatto di vivere a Londra e di vederlo di rado, mi ha aiutata a superare il lutto". Lo guardò di sottecchi, curiosa. "A cosa devo la vostra visita, capitano? Il mio maggiordomo mi ha accennato qualcosa che mi è risultata incomprensibile".

Ross incrociò le braccia al petto. "Beh, sono venuto a restituire il mio debito. La mia miniera va a gonfie vele e ormai sono in grado di darvi almeno un acconto di quello che voi avete anticipato anni fa".

"Non so di cosa stiate parlando".

Ross fece un sorrisetto furbo. "Io invece credo di sì. Pascoe, il mio banchiere, mi ha detto tutto e quindi credo sia inutile girarci troppo intorno. Sono venuto per restituirvi quanto vi devo e soprattutto per ringraziarvi della vostra gentilezza. Avete salvato me, la mia famiglia e la mia compagnia da una fine orrenda".

Caroline sorrise, prendendo Horace fra le braccia, accarezzandolo. "Quel Pascoe ha davvero la lingua troppo lunga e non è di parola, pessima cosa per un banchiere. Comunque non è stata generosità, la mia, quanto piuttosto... Come potrei definirla? Scaltrezza nel saper riconoscere un buon affare? Se volete complimentarvi con me, fatelo per la mia intelligenza nell'investire il mio denaro" – disse, strizzandogli l'occhio. "Comunque, non avete obblighi nei miei confronti, capitano".

Ross scosse la testa, mascherando un sorriso. Prese dalla sua borsa da viaggio dei documenti, posandoli sul tavolo, fra loro. "Ne va del mio onore. Ho qui i documenti atti a restituirvi metà della cifra, compresa di interessi. L'altra metà ve la restituirò in estate, ora non mi è possibile perché vorrei gratificare i miei minatori con un pagamento extra, visto quanto si stanno impegnando nell'estrazione".

Caroline sorrise. "Capisco! Ottima logica da imprenditore, capitano! Si gratificano i propri lavoratori, spingendoli a lavorare ancora meglio e di più. Mi piace. Ma vi ripeto, non è un obbligo, prendetelo come un regalo da un'amica a un amico".

"Negli affari, signorina, l'amicizia va messa da parte. Avrete quello che vi devo perché è giusto così e perché sento che è quello che è giusto fare".

Caroline sospirò. "Come volete...". Guardò distrattamente verso la finestra, continuando ad accarezzare il suo cane. "Ditemi capitano, come vanno le cose in Cornovaglia?".

"Bene. Anche se, a onor del vero, sono stato assente per più di un anno. Ho combattuto per l'esercito inglese in Francia e sono tornato solo poco più di un mese fa".

Caroline lo studiò in viso, apparentemente non sorpresa di quanto gli aveva appena detto. "In guerra, è? E ditemi, com'è?".

"Istruttiva. Ti insegna quali sono le cose vere e importanti della vita, quelle per cui combattere. Ed è crudele ed implacabile, non risparmia nessuno che vi è destinato a morirvi. E' democratica, uccide in egual misura poveri e ricchi che si trovano al momento sbagliato, nel posto sbagliato".

Caroline annuì. "Beh, visto che siete qui, evidentemente non eravate destinato alla morte nei campi di battaglia francesi. Anche se..." - si portò la mano a uno dei boccoli biondi, prendendo a giocarci – "immagino che vostra moglie sarà stata molto in ansia per voi".

A quella frase per un attimo impallidì e non sapendo che cosa dire, scostò lo sguardo da lei, prendendo a guardare un punto imprecisato della stanza. "Non proprio".

Caroline parve decisa ad insistere sull'argomento. "E' una donna così in gamba e graziosa, vostra moglie. Mi è piaciuta da subito".

"L'avete incontrata spesso?". Ne era sorpreso.

Caroline sorrise. "Qualche volta. Voi non eravate in casa".

Ross tossicchiò, cercando di cambiare argomento. "E voi, miss Penvenen, che mi raccontate? Vi trovo ancora più bella e in forma dell'ultima volta che vi ho vista".

"Sto bene, meravigliosamente".

Ross sorrise. "Vi credevo ormai sposata a qualche nobile lord londinese. Una donna giovane, bella e..."

"Ricca?".

Ross rise. "Beh... sì, anche ricca... Avrete schiere di ammiratori che ambiranno alla vostra mano, immagino".

Caroline sbuffò, alzando gli occhi al cielo. "Ah, ogni settimana mi affibbiano un nuovo amore. Ho un'amica che mi informa sul gossip settimanale, puntualmente. Mi pare che mi abbia detto che questa settimana sono fidanzata con un tal lord Balthazar Cooper".

A quel nome strano, a Ross venne quasi da ridere. "Ed è così?".

"Non so nemmeno chi sia" – rispose lei, con un'alzata di spalle.

"Quindi siete libera, al momento?".

Caroline sorrise, maliziosa. "State pensando di farmi la corte, capitano?".

"Sono un uomo sposato".

"Già, lo siete...". Caroline si abbandonò contro la spalliera della sedia, studiandolo in viso.

Anche Ross la guardò, pensieroso. Era libera, ancora. E se tanto gli dava tanto, Dwight forse era ancora nei suoi pensieri perché una donna come Caroline Penvenen non resta troppo a lungo senza un uomo accanto, se non ce n'è motivo. "Dwight ha combattuto con me al fronte per quasi un anno. E' tornato in Cornovaglia pochi mesi prima di me per motivi di salute".

Al sentire quel nome Caroline si oscurò, distogliendo lo sguardo da lui. "Dwight? Sta bene?" - chiese, fingendo noncuranza.

"Ora sì. Non è nato per fare la guerra, se fosse rimasto, quel posto lo avrebbe ucciso. Ora ha ripreso la sua professione, per la gioia della mia gente".

"Il suo vero amore, la professione di medico" – commentò laconica e amara.

Ross alzò lo sguardo su di lei, mentre i sensi di colpa per aver causato la rottura fra lei e Dwight tornavano prepotentemente a tormentarlo. Era tornato per saldare un vecchio debito, non solo di denaro ma di riconoscenza, verso di lei che lo aveva salvato dalla prigione e verso Dwight che era sempre stato un amico leale e sincero per lui. "Sarebbe partito con voi, quella notte. Si è attardato a causa mia, per salvarmi da un'imboscata mentre trasportavo merce di contrabbando".

"Questo me lo ha scritto, due anni fa, nelle decine di lettere che mi ha mandato".

"Eppure non lo avete voluto rivedere".

Caroline scosse la testa, stringendo a se Horace. "E' passato molto tempo, non ha più importanza quello che è successo con lui, è acqua passata. La mia vita ora è qui, ho una cerchia di amici fidati e una vita stabile e agiata. Non avrebbe comunque funzionato con Dwight, siamo troppo diversi. Alla fine, è meglio che sia andata così, fra noi".

"Perché non vi credo?" - disse Ross, insistendo volutamente.

Caroline sospirò, vagamente piccata. "Signor Poldark, siete venuto per saldare il vostro debito o per perorare la causa del vostro amico? E' lui che vi manda?".

"Non sa nemmeno che sono qui".

"Bene! E allora facciamo che questa conversazione non abbia avuto luogo e che ci siamo intrattenuti unicamente per parlare di affari".

Ross strinse i pugni, deciso a non demordere. Era in difficoltà, si vedeva chiaramente la battaglia in corso dentro di lei e si capiva chiaramente che, a differenza di quanto affermava, Dwight era ancora nei suoi pensieri. "Concedetegli un'ultima possibilità, non vi ha mai dimenticata e soffre ancora per voi! Un faccia a faccia, quanto meno. Potrebbe andar male, ma quanto meno ci avreste provato e vi mettereste entrambi il cuore in pace. Ma potrebbe andar bene e sarebbe un nuovo inizio, per voi. In una coppia, spesso, si commettono errori enormi ma se un amore è vero e sincero, una seconda occasione puo' superare ogni ostacolo e ogni frattura. Non sono gli amori idilliaci, quelli senza sbavature, ad essere reali, ma quelli imperfetti, che incontrano ostacoli e si impegano per superarli. Tentate".

"Sono passati due anni e mezzo, capitano".

"Lui vi pensa ancora, sta male per voi ogni giorno".

Caroline strinse a se Horace, appoggiando il ventaglio sul tavolo. "Ma mi ci vedreste, in Cornovaglia, a vivere mangiando sardine, a contatto con operai e minatori? Non è il mio mondo".

"Avanti, non fareste la vita da contadina, avete la tenuta di vostro zio a disposizione. Non accampate scuse, trovate il coraggio e tentate".

"Come?".

Ross sorrise. "C'è una carrozza che mi attende, qui fuori. Fatevi preparare una valigia e partite con me. Entro stasera saremo in Cornovaglia".

Caroline deglutì, combattuta. "Da Dwight?".

"Da Dwight o ad ammirare il paesaggio. Il vento della Cornovaglia, in primavera, è rigenerante".

Caroline lo guardò storto. "Il vento della Cornovaglia, in primavera, è gelido".

Ross scosse la testa. "Lo vedete, siete una lady, trovate sempre un motivo per lagnarvi. La Cornovaglia non vi cambierà".

"Ho degli impegni, qui" – disse lei, come ultimo tentativo di resistergli.

"Sarete di ritorno fra pochi giorni, Dwight non vi rapirà. E pian piano ricostruirete la vostra vita, se desidererete farlo". Si alzò in piedi, porgendole la mano. "E allora, signorina Penvenen, venite?".

Caroline si alzò in piedi. "E sia, tentiamo. Datemi solo qualche minuto per preparare i bagagli". Si avviò verso la porta, tirandogli un'occhiataccia. "Siete testardo, lo sapete?".

"E convincente" – rispose Ross, a tono.

Caroline si morse il labbro con fare malizioso. "Mi auguro per voi che sappiate essere altrettanto convincente anche per le questioni che riguardano voi stesso" – commentò vaga, sparendo dietro l'uscio.

Ross rimase perplesso davanti a quella frase ma non si fece domande. L'aveva convinta a tornare con lui e questa era già di per se una vittoria.


  
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