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Autore: AlenGarou    29/12/2016    1 recensioni
“La conquista dello spazio.
La scoperta di nuovi pianeti abitabili.
I progetti di terra-formazione.
Gli omini verdi che esibiscono il saluto vulcaniano.
Tutte cazzate!”
Così esordisce Callisto “Cay” Myah nel suo diario personale.
Dopo più di tre mesi di permanenza su Kelper-552 AE, ribattezzato “Viridis”, sa di essere arrivata a un punto morto.
Ad abbatterla non è la mancanza d’interazioni sociali, dato che con lei c’è la sua famiglia con tanto di amici di lunga data al seguito, ma l’opprimente noia che l’assale al pensiero che ogni giorno sarà lo stesso. Svegliarsi, fare il check-up, scendere a fare colazione e passare il resto della giornata a raccogliere campioni.
Cay vorrebbe un po' di autonomia, una finestra di libertà in un mondo governato da rigide regole e protocolli, finché, per puro caso, un pomeriggio non verrà accontentata.
E non per il meglio.
Quante possibilità c’erano di finire sullo stesso pianeta in cui è in missione il proprio ex?
II classificata al contest "Scegli un'abitazione e crea la storia" indetto da M.Namie sul forum di EFP e vincitrice del premio "Miglior mix d’avventura e commedia".
Genere: Avventura, Science-fiction, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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T w O

 

 

 

 

 

«Tu… tu sapevi chi ero e ti sei preso gioco di me!»

Gallen mi lanciò uno sguardo esasperato, come se fossi ancora la ragazzina di quattordici anni che aveva abbandonato sulla Terra. «Uhm, dimentichi la parte in cui ti ho salvato la vita. Dovresti ringraziarmi come minimo, CayCay.»

«Ringraziarti? Ma se quel bestione è praticamente addomesticato!» urlai, indicandolo con una mano.

Sentendosi preso in causa, il Lycaon puntò le orecchie nella nostra direzione, lanciandoci uno sguardo annoiato. Si era disteso accanto al cucciolo per leccargli amorevolmente la ferita e sembrava infastidito dalla nostra presenza.

«Addomesticato? La fai sembrare una cosa facile!» sentenziò lui, quasi offeso. «Piuttosto, che cosa ti è saltato in mente? Tutti sanno che i Lycaon sono protettivi verso la prole!»

«Ora basta!»

Sia io che quell’idiota smettemmo di discutere all’istante. Anche se non ci vedevamo da più di tre anni, Gallen non aveva dimenticato la regola chiave per la sopravvivenza: mai discutere con Jenna Myah.

«Signor Stryker, faccia rapporto.»

Il tono formale di mia madre mi colpì, ma non tanto quanto la postura da militare che Gallen assunse, come se si trovasse in presenza di un suo superiore. Fu allora che ricordai la lettera di ammissione all’Accademia Militare che ricevette poco prima che mi spezzasse il cuore e se ne andasse senza neanche salutarmi.

Scossi il capo. Dovevo smetterla di pensarci, ormai l’avevo superata! A quel tempo ero stupida e ingenua, una ragazzina alle prese con il primo amore, ma ero cambiata.

Lo eravamo entrambi.

«Io e la mia squadra stavamo sorvolando l’area quando ci siamo accorti di alcuni disordini» iniziò a spiegare. «Una volta capito il problema, mi sono allontanato dagli altri alla ricerca del soggetto scomparso in modo da riportalo in salvo alla base.»

«Molto bene. Immagino che la questione sia risolta, ora che hai ritrovato il cucciolo.»

Gallen tradì un certo disagio, potei leggerlo nei suoi occhi per un breve momento, ma si riprese subito.

«Sì. Fa parte di un gruppo di Lycaon che stiamo monitorano da qualche tempo. Il capobranco è Astreo, e il cucciolo si chiama Zephyrus. La sua compagna Eos e la secondogenita Borea sono attualmente nella loro tana. Ipotizziamo che Zephyrus si sia allontanato troppo e sia stato attaccato da un Loricasauro.»

«Un Loricasauro da queste parti?» chiese Hako, lo sguardo accigliato. «Insolito, dovrebbero aggirarsi nei margini esterni.»

«Sì, ultimamente ci sono stati dei movimenti anomali e qualche solitario fuori dalla propria zona, ma nulla di preoccupante.»

«Immagino che sarai abituato a gestire situazioni del genere» esclamai, prima di riuscire a trattenermi.

Gallen riportò la sua attenzione su di me. Sembrava quasi che si fosse dimenticato della mia presenza.

«È il mio lavoro» fu il suo unico commento.

Avrei tanto voluto rispondergli con una battutaccia, quando il rumore degli hoverboard anticipò la presenza di altri quattro individui, tutti con la stessa uniforme di Gallen, anche se solo uno di loro aveva le sue stesse decorazioni. L’unica donna della squadra le possedeva azzurre, segno distintivo dei medici, mentre quelle dell’uomo più alto erano gialle e quelle del caposquadra rosse.

Anche se indossavano ancora il casco, avevo già capito chi erano.

Non appena scorse mia madre, il caposquadra smontò dall’hoverboard ed eliminò l’elmetto, rivelando un viso burbero e dall’aspetto selvaggio. Dopo un momento di tensione, scoppiò in una profonda risata.

Tipico del padre di Gallen.

«Jenna! Da quanto tempo!» tuonò, andando ad abbracciare mia madre che, presa alla sprovvista, lanciò un piccolo gemito.

«Malon, sono contenta di rivederti» esclamò lei, leggermente imbarazzata per quel gesto estroverso.

«Dio, fatti guardare» esclamò l’uomo, allontanandosi di un passo. «Sei sempre splendida. Ecco perché Christopher ha voluto portarti qui nel mezzo del nulla. Ma guarda! C’è persino Hako e tu sei…»

«Signor Stryker, questo trucco funzionava quando avevo sette anni» esordii, incrociando le braccia al petto.

L’uomo, anche se ormai aveva più l’aspetto di un bonario orso, mi strinse come aveva fatto con mia madre, facendomi mancare la terra sotto i piedi. «Oh oh, la piccola Cay sa il fatto suo e che dire…» esclamò, mettendomi giù. «è diventata piuttosto graziosa. Gallen, non sai che cosa ti sei perso!»

Sia io che Gallen distogliemmo lo sguardo, imbarazzati. Suo padre era sempre stato un tipo giovale, a volte fin troppo espansivo e invasivo. Giuro che non aveva filtri.

«E Chris come sta?» domandò poi, ritornando a osservare mia madre.

«Bene, grazie. Avremmo voluto farvi visita, una volta arrivati, ma sapevamo quanto foste impegnati.» Mia madre lanciò uno sguardo ai Lycaon per evidenziare quell’esclamazione.

«Oh, lo stesso vale per noi. I primi mesi sono sempre i più duri, dopodiché ci si abitua.»

«Verissimo. E Karen?»

Nel nominare la moglie di Malon, nella radura cadde un’atmosfera tesa.

«Oh, spero che sia finita in un buco nero.» Nel vedere la faccia stupita di mia madre, l’uomo scoppiò in una fragorosa risata. «No, siamo solo io e i ragazzi. Quella vipera è sparita nei confini esterni e spero che ci rimanga.»

Lasciai commentare a mia madre quella rivelazione e mi concentrai sugli altri pur di non osservare Gallen. A quanto pareva quella donna non solo conosceva la locazione delle altre basi, ma persino i componenti delle varie squadre e, in tutto quel tempo, non mi aveva detto nulla!

Santo Hawking, stavo per scoppiare. E Gallen doveva aver sentito il mio sbuffo perché si voltò a guardarmi.

Lo ignorai.

L’uomo dalle decorazioni gialle e secondo in comando non era altri che suo fratello maggiore, Hector. Non lo conoscevo molto bene. Più grande del fratello di 6 anni, quando io e Gallen ci frequentavamo era spesso in missione nelle Colonie o al Centro di Addestramento. Tuttavia, il regime militare l’aveva reso un uomo composto e pronto all’azione, lo si poteva capire dalla sua espressione imperturbabile. Stava parlando con la donna dai vaporosi capelli rossi, che riconobbi nel ruolo di veterinaria. Con mio grande sollievo, si chinò subito a controllare il piccolo e a fornirgli le prime medicazioni sotto lo sguardo vigile di Astreo.

Solo l’ultimo componente della squadra sembrava annoiato. Cain Stryker, terzo e ultimo figlio di Malon, aveva la mia età ed era sempre stato un tipo insofferente. Rimasi stupita nel constatare che anche lui aveva abbracciato la carriera militare come il resto della famiglia, dato che preferiva combinare guai piuttosto che seguire le regole. Mi lanciò solo un’occhiata sbrigativa a cui non risposi. Da quando l’avevo steso a scuola non mi aveva più rivolto la parola e, dal canto suo, Gallen non perdeva mai l’occasione di tirare fuori quell’aneddoto, da bravo fratello maggiore qual era.

Tutti e tre i ragazzi avevano ereditato dal padre i tratti del viso e i folti capelli castani, ma solo gli occhi di Gallen erano azzurri come quelli della madre.

Persa nei miei pensieri, ritornai in me quando Malon toccò un tasto delicato.

«V’inviterei a cena per una bella ripatriata, ma ormai viviamo di cibi precotti. Il nostro cuoco è stato messo fuorigioco e sarà a riposo per ancora qualche tempo. Chi l’avrebbe detto che il caro vecchio Hector fosse un tipo geloso.»

Sentendosi presi in causa, sia il figlio maggiore che la veterinaria arrossirono. Eh, sì. Quella era proprio una bella novità. Sotto tutta la fibra morale di Hector batteva un cuore. Che scoop!

«Perché invece non venite da noi? Sono sicurissima che a Chris farà piacere rivederti e discutere dei bei tempi andati» propose allora mia madre.

Nell’udire quell’invito, Hako scoppiò in una sonora risata che fece fatica a nascondere, mentre io impallidii per le possibili implicazioni.

«Perché no? Sarà un vero piacere» commentò Malon.

«Mi dispiace interrompervi, ma io e Hya porteremo il Lycaon ferito alla base per maggior accertamenti» s’intromise Hector, sempre con la sua aria professionale.

«Certo, certo. Ma Cain e Gallen hanno la serata libera, quindi saranno lieti di accompagnarmi.»

«Cosa??? NO!» Entrambi i giovani rimasero esterrefatti.

«Vi state sottraendo a un ordine diretto?» tuonò allora l’uomo.

«No… Nossignore» mugugnarono in coro, visibilmente a disagio.

Malon riprese a sorridere. «Molto bene. Saremo da voi per le 20.00 in punto.»

E la questione si chiuse così, con mia madre e Hako che ridacchiavano di sotto i baffi, il padre di Gallen pronto a farsi una bella mangiata sulle nostre spalle e io, Gallen e Cain pietrificati dall’inaspettata piega che avevano preso gli eventi.

Rimasi in silenzio, mentre Malon dava le ultime direttive ed estraeva dal suo zaino una rete con cui trasportare il cucciolo.

Ci separammo con dei saluti affrettati, dato che Zephyrus non sembrava apprezzare la sua nuova lettiga, ma per tutto il tempo non feci altro che imprecare mentalmente al ritmo della mia canzone preferita.

Una volta che gli hoverboard furono scomparsi tra gli alberi, mi voltai verso mia madre con un’espressione omicida.

«Cosa ti è saltato in mente?»

 

 

 

«Avanti, ragazza. Non fare quel muso.»

Feci una smorfia, mentre Hako finiva di acconciarmi i capelli in camera mia. Non che potesse fare miracoli data la loro lunghezza, ma aveva arricciato le ciocche più lunghe in modo che mi ricadessero ai lati del viso in soffici boccoli, assicurando poi quella più corta da un lato grazie a un grazioso fermaglio di foggia orientale che si abbinava bene al vestito argentato che avevo scelto per la serata. L’avevo utilizzato poche volte e solo per occasioni importanti, per cui ancora non mi capacitavo di averlo portato con me in quell’inferno, figuriamoci indossarlo per una stupida cena. Non che fosse pertinente, con la scollatura profonda sulla schiena e lo spacco laterale.

«Ho come l’impressione che mia madre si stia vendicando per la mia voglia di libertà» commentai, osservandomi allo specchio. Hako aveva fatto un ottimo lavoro anche con il trucco, evidenziando i miei occhi con del kajal nero e una lieve spolverata d’argento.

«Grazie» mormorai, mentre lei si sedeva accanto a me sul letto sfatto. Al contrario di me, Hako aveva indossato un semplice tubino bianco e si era legata in capelli in un severo chignon. Non amava particolarmente i completi eleganti, figuriamoci le scarpe col tacco.

«Lo penso anch’io» commentò, dandomi un buffetto sulla mano. «Ma credo che questa serata potrebbe rivelarsi alquanto interessante. E, chissà, magari riuscirai a far rimpiangere a Gallen dalla sua scelta.»

La guardai di sfuggita, senza riuscire a ricambiare il suo sorriso.

La mia storia con Gallen era durata due anni, ma ci conoscevamo da quando ne avevamo rispettivamente sei e otto. La sua famiglia si era trasferita dall’altra parte della strada e il resto è la classica storia di un’amicizia che a poco a poco è mutata in altro, qualcosa che nessuno dei due aveva capito fino in fondo.

Almeno, finché non è andato tutto in pezzi.

«Sai una cosa?» feci alzandomi. «Non m’importa. Dopotutto abbiamo intrapreso strade diverse e siamo persone adulte.»

«Ben detto» ridacchiò Hako, mettendosi un po' di rossetto. «Alla fin fine, secondo il database medico, non sei ancora nel tuo periodo fertile.»

«HAKO!» tuonai sconvolta, osservandola con gli occhi sgranati per quell’insinuazione.

«Oh, vuoi dire che tutto questo» esclamò, agitando la mano per indicare la mia figura, «non è per fare colpo?»

«Volevo solo sentirmi carina e a mio agio» risposi imbronciata.

«Sì, certo.» Hako si alzò e diede uno sguardo all’orologio, per poi darmi una pacca sul culo. «Forza, hai solo dieci minuti per prepararti psicologicamente e io devo controllare che Jonny non combini guai, quindi…»

«Quindi farò la brava e non me la filerò dalla finestra mentre tu non ci sei.»

«Così mi piaci.» Mi diede un buffetto e uscì, lasciandomi da sola con il mio imbarazzo.

Mi risedetti sul letto, giocherellando con i bracciali che avevo su entrambi i polsi. In qualche modo mi sentivo imprigionata in quella stanza, senz’aria, completamente in balia degli eventi. Mi voltai, osservando il mio datapad e alla fine decisi. Lo presi e mi diressi verso la finestra, scrutando malinconica il panorama. I meravigliosi giochi di luce del tramonto si riflettevano rossastri sulla quieta superficie Atlas, creando un’atmosfera magica. Sorrisi.

Mandai un messaggio a Kley.

 

 

«Santo Hubble!»

Sentendo l’esclamazione sorpresa di mia madre provenire dall’entrata del Gamma, non resistetti alla tentazione e mi sporsi oltre la parete per sbirciare.

I nostri ospiti avevano scelto un abbigliamento più informale del nostro, indossando delle semplici camicie e delle giacche di pelle, ma dal loro aspetto arruffato sembrava che avessero attraversato la foresta a bordo degli hoverboard; il che equivaleva a una pazzia, nonostante la luce rossastra del tramonto illuminasse ancora l’ambiente circostante. Mi augurai che al ritorno qualcuno venisse a prenderli con un mezzo di trasporto più consono, perché uscire di notte era come un invito a farsi sbranare dai predatori notturni.

«Approfittavo con i ragazzi di un buon addestramento in notturna!» esclamò vivace Malon, togliendosi qualche ramoscello dai capelli.

Gallen alzò gli occhi al soffitto per l’esasperazione, spazzolandosi con una mano la giacca. Si era addirittura fatto la barba. Non seppi come interpretare quel gesto e mi sentii a disagio.

«Io lo sapevo che c’era la fregatura» brontolò Cain, senza avere la cortesia di togliersi il cappuccio dalla testa. Aveva l’aria di un cane bastonato e non potei fare a meno di compatirlo.

«Malon, è un piacere rivederti» esclamò mio padre andandogli in contro e porgendogli la mano che fu ignorata per un abbraccio.

«Christopher Myah! Vecchia volpe! Come te la passi?» tuonò l’uomo, dandogli una pacca sulla schiena così forte da fargli quasi cadere gli occhiali.

Vedere Malon Stryker vicino a mio padre rendeva ancora più palesi le loro differenze.

Mio padre era il classico scienziato: altezza media, corporatura esile di chi non è bravo negli sport, sempre in ordine, il viso rasato e un’insofferenza patologica verso le feste e le attività sociali che non comprendessero la scienza. Non mi stupii di vederlo ombrarsi quando si rese conto che il Gamma era diventato improvvisamente affollato, contando poi la pacca di Malon che l’aveva fatto boccheggiare.

E Malon era… Beh, l’esatto opposto.

«Vedo che ti sei inselvatichito» sorrise mio padre, cercando di non far suonare quella constatazione come un insulto.

«Che ci vuoi fare: è il richiamo della foresta!»

Qualcuno si schiarì la voce alle mie spalle. Sussultando, mi accorsi che Launi era comparso con un sorriso a trentadue denti, seguito da un delizioso profumino che proveniva dall’area comune, adeguatamente preparata per l’occasione. In sintesi, avevamo tolto tutti gli strumenti scientifici abbandonati sui ripiani.

«Cay, puoi far accomodare gli altri? La cena è quasi pronta.»

Senza nemmeno aspettare una risposta, Launi si dileguò in cucina, praticamente a una spanna dal pavimento. Quando lo avevamo informato che avrebbe dovuto cucinare per tre persone in più, aveva quasi battuto le mani dalla felicità. Per lui era una gioia sfamare noi comuni mortali che saremo vissuti alla grande anche di cibo liofilizzato, per cui l’idea di avere ospiti lo entusiasmava come un bambino a Natale.

Feci un respiro profondo e mi decisi a fare la mia comparsa nel corridoio.

Non appena mia madre si voltò verso di me, mi lanciò un’occhiataccia colma di disapprovazione per tutta la pelle che stavo esponendo, ma alla fine ottenni la reazione sperata.

«Santa Hack. Gallen, sei stato davvero un idiota» commentò suo padre non appena mi vide.

Gallen seguì il suo sguardo e s’immobilizzò non appena si accorse della mia presenza. Quando Cain fischiò compiaciuto gli tirò una gomitata e io dovetti fare appello a tutto il mio autocontrollo per non sogghignare come un’idiota.

«Launi ha quasi finito di preparare la cena. Se volete seguirmi» dissi a tutti, senza però distogliere lo sguardo da Gallen. Quando mi voltai per precederli, sentii i suoi occhi sulla mia schiena e non poteri fare a meno di sorridere vittoriosa.

Ero immatura? Può darsi. Ma avevo ancora un conto in sospeso con lui.

Ci sedemmo tutti quanti a tavola, dove Launi aveva già servito degli antipasti. Per un attimo mi chiesi se per preparare quella cena avesse dato fondo alle scorte della dispensa, ma quando il vol-au-vent che avevo selezionato mi si sciolse sulla lingua, decisi che non me ne importava.

«Allora, come stanno andando le cose qui?» chiese Malon tra un boccone e l’altro. Sembrava che non mangiasse da giorni, mentre i suoi figli avevano mantenuto un certo senso del decoro.

«Tutto bene» commentò mia madre, facendo un cenno a Hako, che ci aveva appena raggiunti. «Ci siamo abituati presto alla vita su questo pianeta.»

«Eh, sì. All’inizio può essere forviante, ma ormai lo considero come se fosse il mio pianeta di origine. Dopo quasi tre anni non sento nemmeno la mancanza della Terra.»

«Tre anni?» chiesi sbalordita. Sapevo che non eravamo i primi a mettere piede su Viridis, ma non potevo immaginare di viverci per così tanto tempo.

«Esatto» esclamò Malon, svuotando il suo bicchiere. «Siamo stati tra le prime squadre operative della zona. Gallen è arrivato quasi due anni fa e questo è il suo primo incarico ufficiale, mentre Cain…»

«Non importa a nessuno, vecchio» sbottò lui, piluccando il cibo. Indossava ancora il cappuccio e non sembrava intenzionato a levarselo. Stavo per farglielo notare quando mi accorsi dei suoi occhi. Era come un animale in trappola e il suo sguardo era… glaciale.

Decisi saggiamente di farmi gli affari miei e Launi mi aiutò in questo, servendo la prima portata.

Lanciai qualche occhiata a Gallen, ma sembrava del tutto concentrato a osservare qualsiasi cosa presente nella stanza tranne me. Sperai che gli venisse il torcicollo a fine serata.

A un certo punto notai mio padre chiedere qualcosa a Hako, ma lei scosse la testa. Immaginai che si trattasse di Jonathan. Launi si era fatto furbo ed aveva apparecchiato solo per otto persone.

«Qualche problema?» chiese Malon, notando quel dettaglio.

«Nulla di grave. Il nostro tecnico non si unirà a noi per questa serata. Sta ancora lavorando sulla sonda che abbiamo perso nell’ultimo rilevamento.»

«Sì, ho letto i rapporti. Che ne dite, facciamo una battuta di pesca?» chiese, ridacchiando. «Sono convinto di riuscire a tirarne su almeno un esemplare di 40 kg.»

Ringraziai mentalmente l’assenza di Jonathan, perché non avrebbe preso per niente bene quella battuta.

La cena continuò senza troppi intoppi. Malon sembrava capace di portare avanti una conversazione da solo da quanto cianciava e si perse a ricordare con i miei genitori aneddoti del passato, ai quali Launi e Hako facevano a gara ad aggiungere dettagli. Purtroppo per me, sapevo che era solo questione di tempo prima che tirasse fuori la storia tra me e Gallen, anche se per lui non eravamo andati oltre all’amicizia.

«Allora, Cay, come te la passi? Immagino che sia difficile per te vivere qui, lontano dai tuoi amici» disse all’improvviso, cercando d’inserirmi nella conversazione.

«Sì, a volte è difficile e sento la nostalgia di casa, ma c’è sempre così tanto lavoro che il più delle volte non ci penso» risposi diplomatica.

«Capisco benissimo. E hai lasciato un fidanzato sulla Terra?»

Per poco non mi strozzai. Persino Gallen s’irrigidì.

Bevvi un sorso di tè. «No. Non ho l’abitudine di abbandonare qualcuno per fuggire su un altro pianeta.»

Beccati questa, Gallen.

«Buono a sapersi. Se non ricordo male tu e Gallen eravate molto legati quando è partito per l’Accademia.»

«Può essere» mormorai. Da sotto il tavolo, Hako mi prese la mano, stringendola compressiva.

Mia madre si schiarì la voce, pronta a cambiare argomento, quando Cain prese la parola per la prima volta da quando avevamo iniziato a cenare.

«Se non sbaglio, avete iniziato a frequentarvi dopo che Gallen ti aveva criticato per essere senza seno.»

Sulla tavolata scese un silenzio pesante, interrotto solamente dalla profonda risata di Malon.

Sia io che Gallen lo fissammo con gli occhi fuori dalle orbite. Tipico di Cain ricordare aneddoti imbarazzanti a cena. Per poco non piegai le posate da quanto stringevo i pugni.

«Non ho detto così» sentenziò Gallen, a disagio.

Ah, no?

«In realtà sì» esclamai, prima che potessi controllarmi. «Ricordo benissimo che non facevi altro che dire quanto fosse bella Selenia Goz e io ti corressi dicendoti che per il suo dodicesimo compleanno si era fatta regalare delle modifiche al seno.»

«Oh, già. È vero» mi assecondò lui, posando il viso su una mano. «E tu eri così gelosa…»

Per poco non lo infilzai con il coltello.

Mia madre sbuffò. «Nessuna madre con un po’ di sale in zucca avrebbe dato la sua approvazione per una modifica del genere. L’ho sempre detto a Cay che l’assenza di curve abbondanti non è necessariamente una caratteristica negativa.»

«Mamma!» sbottai.

«Direi che Gallen può dire lo stesso, dato che le ha brevettate e approvate.»

«Cain!» ruggì Gallen.

Il viso di Launi era contratto nel tentativo di non scoppiare a ridere, mentre mio padre era letteralmente basito dalla piega che aveva preso quella conversazione. Hako, dal canto suo, ci aveva scattato una bella foto ricordo per immortalare quel fantastico momento.

«Vado a prendere il dessert!» esclamò Launi, prima che la situazione potesse degenerare.

Per quel che mi riguardava era già troppo tardi.

 

 

 

Dopo il dolce, mi diressi con una scusa fuori dalla base. Avevo bisogno di respirare un po' d’aria fresca e di mettere la maggiore distanza possibile tra me e gli idioti della famiglia Stryker. Decisi di fermarmi sul ponte, sperando che scegliesse proprio quel momento per crollare. Da punto di vista logistico, quella cena era andata benissimo, dato che non era morto nessuno eccetto la mia dignità, mentre dall’altra avrei preferito una conclusione diversa.

Sospirai, giocherellando con i bracciali mentre osservavo il cielo stellato sopra di me.

«Mi dispiace per mio padre e mio fratello. Possono essere difficili da gestire.»

Gallen mi colse alla sprovvista, al punto che per poco non squittii dallo spavento. Cercai invece di apparire impassibile e di mantenere il controllo mentre mi si avvicinava, nonostante il mio cervello non la smettesse di urlare impaurito.

«Intendi difficili da controllare» sentenziai neutra, contando fino a tre prima di voltarmi a fissarlo.

Dio, era cresciuto davvero bene. L’Accademia Militare aveva trasformato il suo fisico un tempo secco in un ammasso scattante di muscoli e il viso aveva perso la dolcezza della fanciullezza, diventando un armonioso insieme di linee decise e marcate. Insomma, ero praticamente fottuta.

Lui mi rivolse un sorriso sghembo in risposta, dopodiché si tolse la giacca e me la posò sulle spalle.

Lo ringrazia, stupita per quel gesto. Non potei fare a meno di percepire il calore del suo corpo e il profumo della sua colonia. Sperai che l’oscurità celasse il mio viso improvvisamente diventato bollente.

Rimanemmo in silenzio per un po', continuando ad ammirare il cielo.

In cuor mio sapevo che quel momento sarebbe arrivato; lo attendevo, lo bramavo, ma allora perché non desideravo altro che scappare a gambe levate?

«Senti» iniziò Gallen, passandosi una mano tra i capelli, visibilmente in imbarazzo. «Ti avrei scritto per avvisarti che ero in zona, ma non sapevo cosa dirti. Era una situazione piuttosto spiacevole.»

«Già, mai quanto una pistola puntata alla testa.» Non rise alla mia battuta, per cui cercai di rimediare. «Ma ti capisco. Nemmeno io avrei saputo affrontare questa situazione.»

Sospirò. «Non possiamo cambiare il passato, però possiamo ricominciare da zero su questo pianeta, che ne dici?»

Come, tutto qui? Niente spiegazioni sul perché mi ha piantata in asso senza una parola?

Feci appello a tutto il mio autocontrollo per non saltargli al collo e strozzarlo.

«Certo… Perchè no?» risposi con un sorriso tirato.

Gallen mi rivolse uno sguardo radioso, per poi illuminarsi. «Ehi, ho un’idea! Perché domani non vieni con me in perlustrazione? Potrei farti vedere il nostro lavoro. In fondo ti piacciono gli animali, se ben ricordo.»

Ma che cosa…

«Sì, quelli terrestri. E penso che qui l’astio sia comune.»

«Oh, smettila. Astreo fa sempre così con gli estranei, ma in realtà è un gran simpaticone. Allora, che ne dici? Magari potresti aggiornarmi su cosa mi sono perso sulla Terra.»

Giocherellai di nuovo con i bracciali, ma in cuor mio sapevo che gli avrei risposto solo in un modo.

«Va bene…»

«Perfetto!» esultò lui. «Vado a comunicarlo ai tuoi genitori. Vedrai, ci divertiremo.»

Già… non vedevo l’ora…

 

 

 

 

 

 

Tatatata pubblicità.

Ben trovati con un nuovo capitolo. Spero che anche questo sia stato di vostro gradimento nonostante la poca azione e spero anche che apprezziate la squadra della base Beta (so che da qualche parte nel cosmo ci sono favoritismi strani, non è vero *coff*Marina*coff* ?) perché in futuro si vedrà spesso. Quindi sì, rassegnatevi.

Come sempre ringrazio Sagas per la recensione e tutti quelli che hanno aggiunto questa piccola storia tra le seguite, preferite ecc ecc…

Non vi nascondo che ho già in mente qualcos’altro in proposito, anche se non so bene come impostare la cosa.

Ad ogni modo, vi auguro un buon proseguimento ^^

Alla prossima settimana.

 

  
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