T w O
«Tu…
tu sapevi chi ero e ti sei preso gioco di me!»
Gallen
mi lanciò uno sguardo esasperato, come se fossi ancora la ragazzina di quattordici
anni che aveva abbandonato sulla Terra. «Uhm, dimentichi la parte in cui ti ho
salvato la vita. Dovresti ringraziarmi come minimo, CayCay.»
«Ringraziarti?
Ma se quel bestione è praticamente addomesticato!» urlai, indicandolo con una
mano.
Sentendosi
preso in causa, il Lycaon puntò le orecchie nella nostra direzione, lanciandoci
uno sguardo annoiato. Si era disteso accanto al cucciolo per leccargli
amorevolmente la ferita e sembrava infastidito dalla nostra presenza.
«Addomesticato?
La fai sembrare una cosa facile!» sentenziò lui, quasi offeso. «Piuttosto, che
cosa ti è saltato in mente? Tutti sanno che i Lycaon sono protettivi verso la prole!»
«Ora
basta!»
Sia
io che quell’idiota smettemmo di discutere all’istante. Anche se non ci
vedevamo da più di tre anni, Gallen non aveva dimenticato la regola chiave per
la sopravvivenza: mai discutere con Jenna Myah.
«Signor
Stryker, faccia rapporto.»
Il
tono formale di mia madre mi colpì, ma non tanto quanto la postura da militare
che Gallen assunse, come se si trovasse in presenza di un suo superiore. Fu
allora che ricordai la lettera di ammissione all’Accademia Militare che
ricevette poco prima che mi spezzasse il cuore e se ne andasse senza neanche
salutarmi.
Scossi
il capo. Dovevo smetterla di pensarci, ormai l’avevo superata! A quel tempo ero
stupida e ingenua, una ragazzina alle prese con il primo amore, ma ero cambiata.
Lo
eravamo entrambi.
«Io
e la mia squadra stavamo sorvolando l’area quando ci siamo accorti di alcuni
disordini» iniziò a spiegare. «Una volta capito il problema, mi sono
allontanato dagli altri alla ricerca del soggetto scomparso in modo da riportalo
in salvo alla base.»
«Molto
bene. Immagino che la questione sia risolta, ora che hai ritrovato il
cucciolo.»
Gallen
tradì un certo disagio, potei leggerlo nei suoi occhi per un breve momento, ma
si riprese subito.
«Sì.
Fa parte di un gruppo di Lycaon che stiamo monitorano da qualche tempo. Il
capobranco è Astreo, e il cucciolo si chiama Zephyrus. La sua compagna Eos e la
secondogenita Borea sono attualmente nella loro tana. Ipotizziamo che Zephyrus
si sia allontanato troppo e sia stato attaccato da un Loricasauro.»
«Un
Loricasauro da queste parti?» chiese Hako, lo sguardo accigliato. «Insolito,
dovrebbero aggirarsi nei margini esterni.»
«Sì,
ultimamente ci sono stati dei movimenti anomali e qualche solitario fuori dalla
propria zona, ma nulla di preoccupante.»
«Immagino
che sarai abituato a gestire situazioni del genere» esclamai, prima di riuscire
a trattenermi.
Gallen
riportò la sua attenzione su di me. Sembrava quasi che si fosse dimenticato
della mia presenza.
«È il mio lavoro» fu il suo unico commento.
Avrei
tanto voluto rispondergli con una battutaccia, quando il rumore degli
hoverboard anticipò la presenza di altri quattro individui, tutti con la stessa
uniforme di Gallen, anche se solo uno di loro aveva le sue stesse decorazioni.
L’unica donna della squadra le possedeva azzurre, segno distintivo dei medici, mentre
quelle dell’uomo più alto erano gialle e quelle del caposquadra rosse.
Anche
se indossavano ancora il casco, avevo già capito chi erano.
Non
appena scorse mia madre, il caposquadra smontò dall’hoverboard ed eliminò l’elmetto,
rivelando un viso burbero e dall’aspetto selvaggio. Dopo un momento di
tensione, scoppiò in una profonda risata.
Tipico
del padre di Gallen.
«Jenna!
Da quanto tempo!» tuonò, andando ad abbracciare mia madre che, presa alla
sprovvista, lanciò un piccolo gemito.
«Malon,
sono contenta di rivederti» esclamò lei, leggermente imbarazzata per quel gesto
estroverso.
«Dio,
fatti guardare» esclamò l’uomo, allontanandosi di un passo. «Sei sempre
splendida. Ecco perché Christopher ha voluto portarti qui nel mezzo del nulla.
Ma guarda! C’è persino Hako e tu sei…»
«Signor
Stryker, questo trucco funzionava quando avevo sette anni» esordii, incrociando
le braccia al petto.
L’uomo,
anche se ormai aveva più l’aspetto di un bonario orso, mi strinse come aveva
fatto con mia madre, facendomi mancare la terra sotto i piedi. «Oh oh, la
piccola Cay sa il fatto suo e che dire…» esclamò, mettendomi giù. «è diventata
piuttosto graziosa. Gallen, non sai che cosa ti sei perso!»
Sia
io che Gallen distogliemmo lo sguardo, imbarazzati. Suo padre era sempre stato
un tipo giovale, a volte fin troppo espansivo e invasivo. Giuro che non aveva
filtri.
«E
Chris come sta?» domandò poi, ritornando a osservare mia madre.
«Bene,
grazie. Avremmo voluto farvi visita, una volta arrivati, ma sapevamo quanto
foste impegnati.» Mia madre lanciò uno sguardo ai Lycaon per evidenziare
quell’esclamazione.
«Oh,
lo stesso vale per noi. I primi mesi sono sempre i più duri, dopodiché ci si
abitua.»
«Verissimo.
E Karen?»
Nel
nominare la moglie di Malon, nella radura cadde un’atmosfera tesa.
«Oh,
spero che sia finita in un buco nero.» Nel vedere la faccia stupita di mia
madre, l’uomo scoppiò in una fragorosa risata. «No, siamo solo io e i ragazzi.
Quella vipera è sparita nei confini esterni e spero che ci rimanga.»
Lasciai
commentare a mia madre quella rivelazione e mi concentrai sugli altri pur di
non osservare Gallen. A quanto pareva quella donna non solo conosceva la
locazione delle altre basi, ma persino i componenti delle varie squadre e, in
tutto quel tempo, non mi aveva detto nulla!
Santo
Hawking, stavo per scoppiare. E Gallen doveva aver sentito il mio sbuffo perché
si voltò a guardarmi.
Lo
ignorai.
L’uomo
dalle decorazioni gialle e secondo in comando non era altri che suo fratello
maggiore, Hector. Non lo conoscevo molto bene. Più grande del fratello di 6
anni, quando io e Gallen ci frequentavamo era spesso in missione nelle Colonie
o al Centro di Addestramento. Tuttavia, il regime militare l’aveva reso un uomo
composto e pronto all’azione, lo si poteva capire dalla sua espressione
imperturbabile. Stava parlando con la donna dai vaporosi capelli rossi, che
riconobbi nel ruolo di veterinaria. Con mio grande sollievo, si chinò subito a
controllare il piccolo e a fornirgli le prime medicazioni sotto lo sguardo
vigile di Astreo.
Solo
l’ultimo componente della squadra sembrava annoiato. Cain Stryker, terzo e
ultimo figlio di Malon, aveva la mia età ed era sempre stato un tipo
insofferente. Rimasi stupita nel constatare che anche lui aveva abbracciato la
carriera militare come il resto della famiglia, dato che preferiva combinare
guai piuttosto che seguire le regole. Mi lanciò solo un’occhiata sbrigativa a
cui non risposi. Da quando l’avevo steso a scuola non mi aveva più rivolto la
parola e, dal canto suo, Gallen non perdeva mai l’occasione di tirare fuori
quell’aneddoto, da bravo fratello maggiore qual era.
Tutti
e tre i ragazzi avevano ereditato dal padre i tratti del viso e i folti capelli
castani, ma solo gli occhi di Gallen erano azzurri come quelli della madre.
Persa
nei miei pensieri, ritornai in me quando Malon toccò un tasto delicato.
«V’inviterei
a cena per una bella ripatriata, ma ormai viviamo di cibi precotti. Il nostro
cuoco è stato messo fuorigioco e sarà a riposo per ancora qualche tempo. Chi
l’avrebbe detto che il caro vecchio Hector fosse un tipo geloso.»
Sentendosi
presi in causa, sia il figlio maggiore che la veterinaria arrossirono. Eh, sì.
Quella era proprio una bella novità. Sotto tutta la fibra morale di Hector
batteva un cuore. Che scoop!
«Perché
invece non venite da noi? Sono sicurissima che a Chris farà piacere rivederti e
discutere dei bei tempi andati» propose allora mia madre.
Nell’udire
quell’invito, Hako scoppiò in una sonora risata che fece fatica a nascondere,
mentre io impallidii per le possibili implicazioni.
«Perché
no? Sarà un vero piacere» commentò Malon.
«Mi
dispiace interrompervi, ma io e Hya porteremo il Lycaon ferito alla base per
maggior accertamenti» s’intromise Hector, sempre con la sua aria professionale.
«Certo,
certo. Ma Cain e Gallen hanno la serata libera, quindi saranno lieti di accompagnarmi.»
«Cosa???
NO!» Entrambi i giovani rimasero esterrefatti.
«Vi
state sottraendo a un ordine diretto?» tuonò allora l’uomo.
«No…
Nossignore» mugugnarono in coro, visibilmente a disagio.
Malon
riprese a sorridere. «Molto bene. Saremo da voi per le 20.00 in punto.»
E
la questione si chiuse così, con mia madre e Hako che ridacchiavano di sotto i
baffi, il padre di Gallen pronto a farsi una bella mangiata sulle nostre spalle
e io, Gallen e Cain pietrificati dall’inaspettata piega che avevano preso gli
eventi.
Rimasi
in silenzio, mentre Malon dava le ultime direttive ed estraeva dal suo zaino
una rete con cui trasportare il cucciolo.
Ci
separammo con dei saluti affrettati, dato che Zephyrus non sembrava apprezzare
la sua nuova lettiga, ma per tutto il tempo non feci altro che imprecare
mentalmente al ritmo della mia canzone preferita.
Una
volta che gli hoverboard furono scomparsi tra gli alberi, mi voltai verso mia
madre con un’espressione omicida.
«Cosa
ti è saltato in mente?»
«Avanti,
ragazza. Non fare quel muso.»
Feci
una smorfia, mentre Hako finiva di acconciarmi i capelli in camera mia. Non che
potesse fare miracoli data la loro lunghezza, ma aveva arricciato le ciocche
più lunghe in modo che mi ricadessero ai lati del viso in soffici boccoli,
assicurando poi quella più corta da un lato grazie a un grazioso fermaglio di
foggia orientale che si abbinava bene al vestito argentato che avevo scelto per
la serata. L’avevo utilizzato poche volte e solo per occasioni importanti, per
cui ancora non mi capacitavo di averlo portato con me in quell’inferno,
figuriamoci indossarlo per una stupida cena. Non che fosse pertinente, con la
scollatura profonda sulla schiena e lo spacco laterale.
«Ho
come l’impressione che mia madre si stia vendicando per la mia voglia di
libertà» commentai, osservandomi allo specchio. Hako aveva fatto un ottimo
lavoro anche con il trucco, evidenziando i miei occhi con del kajal nero e una
lieve spolverata d’argento.
«Grazie»
mormorai, mentre lei si sedeva accanto a me sul letto sfatto. Al contrario di
me, Hako aveva indossato un semplice tubino bianco e si era legata in capelli
in un severo chignon. Non amava particolarmente i completi eleganti,
figuriamoci le scarpe col tacco.
«Lo
penso anch’io» commentò, dandomi un buffetto sulla mano. «Ma credo che questa
serata potrebbe rivelarsi alquanto interessante. E, chissà, magari riuscirai a
far rimpiangere a Gallen dalla sua scelta.»
La
guardai di sfuggita, senza riuscire a ricambiare il suo sorriso.
La
mia storia con Gallen era durata due anni, ma ci conoscevamo da quando ne avevamo
rispettivamente sei e otto. La sua famiglia si era trasferita dall’altra parte
della strada e il resto è la classica storia di un’amicizia che a poco a poco è
mutata in altro, qualcosa che nessuno dei due aveva capito fino in fondo.
Almeno,
finché non è andato tutto in pezzi.
«Sai
una cosa?» feci alzandomi. «Non m’importa. Dopotutto abbiamo intrapreso strade
diverse e siamo persone adulte.»
«Ben
detto» ridacchiò Hako, mettendosi un po' di rossetto. «Alla fin fine, secondo
il database medico, non sei ancora nel tuo periodo fertile.»
«HAKO!»
tuonai sconvolta, osservandola con gli occhi sgranati per quell’insinuazione.
«Oh,
vuoi dire che tutto questo» esclamò, agitando la mano per indicare la mia
figura, «non è per fare colpo?»
«Volevo
solo sentirmi carina e a mio agio» risposi imbronciata.
«Sì,
certo.» Hako si alzò e diede uno sguardo all’orologio, per poi darmi una pacca
sul culo. «Forza, hai solo dieci minuti per prepararti psicologicamente e io
devo controllare che Jonny non combini guai, quindi…»
«Quindi
farò la brava e non me la filerò dalla finestra mentre tu non ci sei.»
«Così
mi piaci.» Mi diede un buffetto e uscì, lasciandomi da sola con il mio
imbarazzo.
Mi
risedetti sul letto, giocherellando con i bracciali che avevo su entrambi i
polsi. In qualche modo mi sentivo imprigionata in quella stanza, senz’aria,
completamente in balia degli eventi. Mi voltai, osservando il mio datapad e
alla fine decisi. Lo presi e mi diressi verso la finestra, scrutando
malinconica il panorama. I meravigliosi giochi di luce del tramonto si
riflettevano rossastri sulla quieta superficie Atlas, creando un’atmosfera
magica. Sorrisi.
Mandai
un messaggio a Kley.
«Santo
Hubble!»
Sentendo
l’esclamazione sorpresa di mia madre provenire dall’entrata del Gamma, non
resistetti alla tentazione e mi sporsi oltre la parete per sbirciare.
I
nostri ospiti avevano scelto un abbigliamento più informale del nostro,
indossando delle semplici camicie e delle giacche di pelle, ma dal loro aspetto
arruffato sembrava che avessero attraversato la foresta a bordo degli
hoverboard; il che equivaleva a una pazzia, nonostante la luce rossastra del
tramonto illuminasse ancora l’ambiente circostante. Mi augurai che al ritorno
qualcuno venisse a prenderli con un mezzo di trasporto più consono, perché
uscire di notte era come un invito a farsi sbranare dai predatori notturni.
«Approfittavo
con i ragazzi di un buon addestramento in notturna!» esclamò vivace Malon,
togliendosi qualche ramoscello dai capelli.
Gallen
alzò gli occhi al soffitto per l’esasperazione, spazzolandosi con una mano la
giacca. Si era addirittura fatto la barba. Non seppi come interpretare quel
gesto e mi sentii a disagio.
«Io
lo sapevo che c’era la fregatura» brontolò Cain, senza avere la cortesia di
togliersi il cappuccio dalla testa. Aveva l’aria di un cane bastonato e non potei
fare a meno di compatirlo.
«Malon,
è un piacere rivederti» esclamò mio padre andandogli in contro e porgendogli la
mano che fu ignorata per un abbraccio.
«Christopher
Myah! Vecchia volpe! Come te la passi?» tuonò l’uomo, dandogli una pacca sulla
schiena così forte da fargli quasi cadere gli occhiali.
Vedere
Malon Stryker vicino a mio padre rendeva ancora più palesi le loro differenze.
Mio
padre era il classico scienziato: altezza media, corporatura esile di chi non è
bravo negli sport, sempre in ordine, il viso rasato e un’insofferenza
patologica verso le feste e le attività sociali che non comprendessero la
scienza. Non mi stupii di vederlo ombrarsi quando si rese conto che il Gamma
era diventato improvvisamente affollato, contando poi la pacca di Malon che
l’aveva fatto boccheggiare.
E
Malon era… Beh, l’esatto opposto.
«Vedo
che ti sei inselvatichito» sorrise mio padre, cercando di non far suonare
quella constatazione come un insulto.
«Che
ci vuoi fare: è il richiamo della foresta!»
Qualcuno
si schiarì la voce alle mie spalle. Sussultando, mi accorsi che Launi era comparso
con un sorriso a trentadue denti, seguito da un delizioso profumino che
proveniva dall’area comune, adeguatamente preparata per l’occasione. In
sintesi, avevamo tolto tutti gli strumenti scientifici abbandonati sui ripiani.
«Cay,
puoi far accomodare gli altri? La cena è quasi pronta.»
Senza
nemmeno aspettare una risposta, Launi si dileguò in cucina, praticamente a una
spanna dal pavimento. Quando lo avevamo informato che avrebbe dovuto cucinare
per tre persone in più, aveva quasi battuto le mani dalla felicità. Per lui era
una gioia sfamare noi comuni mortali che saremo vissuti alla grande anche di cibo
liofilizzato, per cui l’idea di avere ospiti lo entusiasmava come un bambino a
Natale.
Feci
un respiro profondo e mi decisi a fare la mia comparsa nel corridoio.
Non
appena mia madre si voltò verso di me, mi lanciò un’occhiataccia colma di
disapprovazione per tutta la pelle che stavo esponendo, ma alla fine ottenni la
reazione sperata.
«Santa
Hack. Gallen, sei stato davvero un idiota» commentò suo padre non appena mi
vide.
Gallen
seguì il suo sguardo e s’immobilizzò non appena si accorse della mia presenza. Quando
Cain fischiò compiaciuto gli tirò una gomitata e io dovetti fare appello a
tutto il mio autocontrollo per non sogghignare come un’idiota.
«Launi
ha quasi finito di preparare la cena. Se volete seguirmi» dissi a tutti, senza però
distogliere lo sguardo da Gallen. Quando mi voltai per precederli, sentii i
suoi occhi sulla mia schiena e non poteri fare a meno di sorridere vittoriosa.
Ero
immatura? Può darsi. Ma avevo ancora un conto in sospeso con lui.
Ci
sedemmo tutti quanti a tavola, dove Launi aveva già servito degli antipasti.
Per un attimo mi chiesi se per preparare quella cena avesse dato fondo alle
scorte della dispensa, ma quando il vol-au-vent che avevo selezionato mi si
sciolse sulla lingua, decisi che non me ne importava.
«Allora,
come stanno andando le cose qui?» chiese Malon tra un boccone e l’altro.
Sembrava che non mangiasse da giorni, mentre i suoi figli avevano mantenuto un
certo senso del decoro.
«Tutto
bene» commentò mia madre, facendo un cenno a Hako, che ci aveva appena
raggiunti. «Ci siamo abituati presto alla vita su questo pianeta.»
«Eh,
sì. All’inizio può essere forviante, ma ormai lo considero come se fosse il mio
pianeta di origine. Dopo quasi tre anni non sento nemmeno la mancanza della
Terra.»
«Tre
anni?» chiesi sbalordita. Sapevo che non eravamo i primi a mettere piede su
Viridis, ma non potevo immaginare di viverci per così tanto tempo.
«Esatto»
esclamò Malon, svuotando il suo bicchiere. «Siamo stati tra le prime squadre
operative della zona. Gallen è arrivato quasi due anni fa e questo è il suo
primo incarico ufficiale, mentre Cain…»
«Non
importa a nessuno, vecchio» sbottò lui, piluccando il cibo. Indossava ancora il
cappuccio e non sembrava intenzionato a levarselo. Stavo per farglielo notare
quando mi accorsi dei suoi occhi. Era come un animale in trappola e il suo
sguardo era… glaciale.
Decisi
saggiamente di farmi gli affari miei e Launi mi aiutò in questo, servendo la
prima portata.
Lanciai
qualche occhiata a Gallen, ma sembrava del tutto concentrato a osservare
qualsiasi cosa presente nella stanza tranne me. Sperai che gli venisse il
torcicollo a fine serata.
A
un certo punto notai mio padre chiedere qualcosa a Hako, ma lei scosse la
testa. Immaginai che si trattasse di Jonathan. Launi si era fatto furbo ed
aveva apparecchiato solo per otto persone.
«Qualche
problema?» chiese Malon, notando quel dettaglio.
«Nulla
di grave. Il nostro tecnico non si unirà a noi per questa serata. Sta ancora lavorando
sulla sonda che abbiamo perso nell’ultimo rilevamento.»
«Sì,
ho letto i rapporti. Che ne dite, facciamo una battuta di pesca?» chiese,
ridacchiando. «Sono convinto di riuscire a tirarne su almeno un esemplare di 40
kg.»
Ringraziai
mentalmente l’assenza di Jonathan, perché non avrebbe preso per niente bene
quella battuta.
La
cena continuò senza troppi intoppi. Malon sembrava capace di portare avanti una
conversazione da solo da quanto cianciava e si perse a ricordare con i miei
genitori aneddoti del passato, ai quali Launi e Hako facevano a gara ad
aggiungere dettagli. Purtroppo per me, sapevo che era solo questione di tempo
prima che tirasse fuori la storia tra me e Gallen, anche se per lui non eravamo
andati oltre all’amicizia.
«Allora,
Cay, come te la passi? Immagino che sia difficile per te vivere qui, lontano
dai tuoi amici» disse all’improvviso, cercando d’inserirmi nella conversazione.
«Sì,
a volte è difficile e sento la nostalgia di casa, ma c’è sempre così tanto
lavoro che il più delle volte non ci penso» risposi diplomatica.
«Capisco
benissimo. E hai lasciato un fidanzato sulla Terra?»
Per
poco non mi strozzai. Persino Gallen s’irrigidì.
Bevvi
un sorso di tè. «No. Non ho l’abitudine di abbandonare qualcuno per fuggire su
un altro pianeta.»
Beccati
questa, Gallen.
«Buono
a sapersi. Se non ricordo male tu e Gallen eravate molto legati quando è
partito per l’Accademia.»
«Può
essere» mormorai. Da sotto il tavolo, Hako mi prese la mano, stringendola
compressiva.
Mia
madre si schiarì la voce, pronta a cambiare argomento, quando Cain prese la
parola per la prima volta da quando avevamo iniziato a cenare.
«Se
non sbaglio, avete iniziato a frequentarvi dopo che Gallen ti aveva criticato
per essere senza seno.»
Sulla
tavolata scese un silenzio pesante, interrotto solamente dalla profonda risata
di Malon.
Sia
io che Gallen lo fissammo con gli occhi fuori dalle orbite. Tipico di Cain
ricordare aneddoti imbarazzanti a cena. Per poco non piegai le posate da quanto
stringevo i pugni.
«Non
ho detto così» sentenziò Gallen, a disagio.
Ah,
no?
«In
realtà sì» esclamai, prima che potessi controllarmi. «Ricordo benissimo che non
facevi altro che dire quanto fosse bella Selenia Goz e io ti corressi dicendoti
che per il suo dodicesimo compleanno si era fatta regalare delle modifiche al
seno.»
«Oh,
già. È vero» mi assecondò lui, posando il viso su una mano. «E tu eri così
gelosa…»
Per
poco non lo infilzai con il coltello.
Mia
madre sbuffò. «Nessuna madre con un po’ di sale in zucca avrebbe dato la sua
approvazione per una modifica del genere. L’ho sempre detto a Cay che l’assenza
di curve abbondanti non è necessariamente una caratteristica negativa.»
«Mamma!»
sbottai.
«Direi
che Gallen può dire lo stesso, dato che le ha brevettate e approvate.»
«Cain!»
ruggì Gallen.
Il
viso di Launi era contratto nel tentativo di non scoppiare a ridere, mentre mio
padre era letteralmente basito dalla piega che aveva preso quella
conversazione. Hako, dal canto suo, ci aveva scattato una bella foto ricordo
per immortalare quel fantastico momento.
«Vado
a prendere il dessert!» esclamò Launi, prima che la situazione potesse degenerare.
Per
quel che mi riguardava era già troppo tardi.
Dopo
il dolce, mi diressi con una scusa fuori dalla base. Avevo bisogno di respirare
un po' d’aria fresca e di mettere la maggiore distanza possibile tra me e gli
idioti della famiglia Stryker. Decisi di fermarmi sul ponte, sperando che
scegliesse proprio quel momento per crollare. Da punto di vista logistico,
quella cena era andata benissimo, dato che non era morto nessuno eccetto la mia
dignità, mentre dall’altra avrei preferito una conclusione diversa.
Sospirai,
giocherellando con i bracciali mentre osservavo il cielo stellato sopra di me.
«Mi
dispiace per mio padre e mio fratello. Possono essere difficili da gestire.»
Gallen
mi colse alla sprovvista, al punto che per poco non squittii dallo spavento.
Cercai invece di apparire impassibile e di mantenere il controllo mentre mi si
avvicinava, nonostante il mio cervello non la smettesse di urlare impaurito.
«Intendi
difficili da controllare» sentenziai neutra, contando fino a tre prima di
voltarmi a fissarlo.
Dio,
era cresciuto davvero bene. L’Accademia Militare aveva trasformato il suo
fisico un tempo secco in un ammasso scattante di muscoli e il viso aveva perso
la dolcezza della fanciullezza, diventando un armonioso insieme di linee decise
e marcate. Insomma, ero praticamente fottuta.
Lui
mi rivolse un sorriso sghembo in risposta, dopodiché si tolse la giacca e me la
posò sulle spalle.
Lo
ringrazia, stupita per quel gesto. Non potei fare a meno di percepire il calore
del suo corpo e il profumo della sua colonia. Sperai che l’oscurità celasse il
mio viso improvvisamente diventato bollente.
Rimanemmo
in silenzio per un po', continuando ad ammirare il cielo.
In
cuor mio sapevo che quel momento sarebbe arrivato; lo attendevo, lo bramavo, ma
allora perché non desideravo altro che scappare a gambe levate?
«Senti»
iniziò Gallen, passandosi una mano tra i capelli, visibilmente in imbarazzo. «Ti
avrei scritto per avvisarti che ero in zona, ma non sapevo cosa dirti. Era una
situazione piuttosto spiacevole.»
«Già,
mai quanto una pistola puntata alla testa.» Non rise alla mia battuta, per cui
cercai di rimediare. «Ma ti capisco. Nemmeno io avrei saputo affrontare questa situazione.»
Sospirò.
«Non possiamo cambiare il passato, però possiamo ricominciare da zero su questo
pianeta, che ne dici?»
Come,
tutto qui? Niente spiegazioni sul perché mi ha piantata in asso senza una
parola?
Feci
appello a tutto il mio autocontrollo per non saltargli al collo e strozzarlo.
«Certo…
Perchè no?» risposi con un sorriso tirato.
Gallen
mi rivolse uno sguardo radioso, per poi illuminarsi. «Ehi, ho un’idea! Perché domani
non vieni con me in perlustrazione? Potrei farti vedere il nostro lavoro. In
fondo ti piacciono gli animali, se ben ricordo.»
Ma
che cosa…
«Sì,
quelli terrestri. E penso che qui l’astio sia comune.»
«Oh,
smettila. Astreo fa sempre così con gli estranei, ma in realtà è un gran
simpaticone. Allora, che ne dici? Magari potresti aggiornarmi su cosa mi sono
perso sulla Terra.»
Giocherellai
di nuovo con i bracciali, ma in cuor mio sapevo che gli avrei risposto solo in
un modo.
«Va
bene…»
«Perfetto!»
esultò lui. «Vado a comunicarlo ai tuoi genitori. Vedrai, ci divertiremo.»
Già…
non vedevo l’ora…
Tatatata pubblicità.
Ben trovati con un nuovo capitolo. Spero che anche questo sia stato
di vostro gradimento nonostante la poca azione e spero anche che apprezziate la
squadra della base Beta (so che da qualche parte nel cosmo ci sono favoritismi
strani, non è vero *coff*Marina*coff* ?) perché in futuro si vedrà spesso.
Quindi sì, rassegnatevi.
Come sempre ringrazio Sagas per la recensione e tutti quelli che
hanno aggiunto questa piccola storia tra le seguite, preferite ecc ecc…
Non vi nascondo che ho già in mente qualcos’altro in proposito,
anche se non so bene come impostare la cosa.
Ad ogni modo, vi auguro un buon proseguimento ^^
Alla prossima settimana.