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Autore: aire93    29/12/2016    3 recensioni
La ricetta perfetta per passare in armonia le festività? Un pizzico di Stiles Stilinski maestro d’asilo con una insana passione per Harry Potter; una spolverata di Sophie Hale, bimba di quattro anni allieva di Stiles e altrettanto amante della saga grazie ad uno zio misterioso, e tante, tante avventure natalizie.
Bonus, una barista imbranata, una famiglia numerosa e un tacchino impagliato.
Sterek slowburn con tanto, tanto, tanto fluff.
E buon natale!! =)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Derek Hale, Nuovo personaggio, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi col secondo capitolo della storia! Mi raccomando commentate se vi piace, ci sono un sacco di cose che succedono tra i nostri Sterek... e forse forse ci scappa l'appuntamento... Vi posso solo dire che ho usato "Angel" di Robbie Williams come sottofondo in una scena, il chè dovrebbe far capire come di Fluff non ne manchi proprio...
Stay tuuuned! =) E buon anno!

( 2 settimane dopo) 8 dicembre

Il silenzio della stanza più grande dell’asilo, faceva a pugni con il caos che l’unica persona presente lì dentro aveva nella testa: Stiles rigirò più volte tra le lunghe dita quel foglietto maledetto - consumato da pieghe al centro e agli angoli per quante volte l’aveva riposto in tasca, poi ripreso, e nuovamente riposto con la minaccia di Cora sempre ben visibile - sospirando sommessamente.

Stiles Stilinski era ufficialmente entrato nel dizionario come definizione in carne ed ossa della parola “idiota”, dato che non aveva ancora avuto il coraggio di chiamare Derek, troppo spaventato – forse anche in maniera infantile – da ciò che quella chiamata avrebbe portato.

Era seduto in maniera scomposta su una delle sedie piccole e colorate che i bambini adoravano unire in fila e rendere a volte un pullman, a volte una casa, in attesa che quelle piccole pesti alle quali voleva tanto bene si facessero finalmente vivi, rendendo la stanza e la sua giornata un pochino più allegra.

Stiles si voltò verso il tavolino dove i bimbi mangiavano, sperando in una sottospecie di distrazione; era pieno di batuffoli di cotone, tempere, nastri di carta rosso vermiglione, forme di polistirolo e tanti, troppi fogli.
Quello più grosso però stava davanti a lui.
Era una distesa bianca di due metri per tre in attesa di essere appeso al muro, diventando così uno splendido poster raffigurante Babbo Natale.
C’era anche una quantità abnorme di adesivi su una sedia posta in disparte, con immagini di pupazzi di neve, renne, vecchi vestiti di rosso anch’essi in attesa di essere appesi.

Stiles amava il Natale, e soprattutto venerava l’atmosfera che quella festa così magica riusciva a creare dappertutto nel mondo. Tutte le decorazioni aspettavano di essere parte integrante degli interni dell’asilo, e Stiles non poteva che essere tacitamente d’accordo con loro, per quanto fosse possibile dare ragione ad oggetti inanimati.

Per non parlare dell’albero ancora spoglio nell’atrio, che ogni anno veniva offerto dal comune di Beacon Hills ed era alto quasi quattro metri e mezzo, uno dei più belli e maestosi di tutta la contea.

Il rumore del campanello interruppe le sue elucubrazioni sulle decorazioni natalizie, le quali servivano soltanto a non fargli pensare alla sua codardia nei confronti di Derek, e Stiles si alzò, con le ossa che scricchiolavano per la posizione scomoda che aveva assunto, dirigendosi verso il portone dell’asilo.
Per fortuna qualcuno dei genitori non ci aveva impiegato troppo tempo ad arrivare: altri due minuti a fissare il nulla, e Stiles sarebbe andato fuori di testa.

Il sorriso un po’ imbarazzato di Laura Hale fu il primo che Stiles vide quella mattina mentre, per non fare entrare il freddo, apriva il portone rapidamente.

La donna spinse in avanti Sophie, facendola entrare al suon di un tiepido «Salve Stiles», svestendola dal giubbotto, sempre con quella strana espressione sul volto, mentre la bimba guardava imperterrita verso il pavimento.

Stiles ormai conosceva la bambina come le sue tasche, e quello che lei aveva adottato era certamente il comportamento di una persona pesantemente offesa.
Il giovane Stilinski decise perciò di accucciarsi di fronte a lei, come faceva sempre quando doveva consolare o parlare faccia a faccia con un bambino, prendendo la manina tozza di Sophie tra le proprie e sorridendole con gentilezza.

«Ehi, è successo qualcosa di brutto?» chiese in un sussurro, come se lui e la bambina stessero condividendo un segreto, con Laura che di fianco mostrava uno sguardo perplesso.

Sophie annuì in silenzio.

«Mi vuoi dire cosa?» continuò lui, sempre con tono molto cauto. Era difficile che i bambini si confidassero così apertamente, soprattutto con i genitori davanti. Per questo Stiles ogni volta che doveva farsi spiegare qualcosa da uno di loro, affrontava il tutto con i piedi di piombo.

Sophie scosse la testa d’istinto, tirando su col naso, mentre una smorfia cupa si stava espandendo lentamente sul suo volto.

«E’ da ieri sera che è così, prima di andare a dormire. Derek le ha letto il solito libro per dieci minuti circa, e poi se ne è tornato da noi in sala con uno sguardo afflitto, dicendo che Sophie l’ha letteralmente sbattuto fuori dalla camera. Non so dirti per quale motivo, onestamente. Io e Lucas abbiamo provato a parlarle ma niente. E come sai Derek non è uno loquace per natura» spiegò Laura, che nel frattempo si era chinata esattamente come Stiles verso sua figlia.

Stiles lasciò che il suo infallibile sesto senso facesse due più due. Era ovvio quale fosse il problema. C’era solo un libro che potesse sconvolgere Sophie così tanto e Stiles si sentì un pochino tradito dal comportamento di Derek, seppur non fosse in qualche modo diretto a lui.

«Ho capito. Sophie, vuoi parlarne anche con la mamma, o prima lo dici a me e a lei lo spieghi quando ritorna pomeriggio?»

«Pomeriggio verrà Derek a prenderla, io non ci sono.» lo interruppe Laura guardando l’orologio e separandosi da sua figlia per avvicinarsi al portone con una fretta improvvisa. «Oddio è tardissimo! Devo andare Stiles, ho un appuntamento importantissimo, mandami un messaggio appena ti spiega cos’ha, per favore. Ciao!»

Laura corse via, e Stiles si ritrovò mano nella mano con Sophie, davanti all’enorme albero che aveva disperatamente bisogno di decorazioni, riflettendo sulle ultime parole di Laura: “Pomeriggio verrà Derek”.
Il solo pensare che avrebbe rivisto Hale lo faceva deconcentrare dal problema principale del momento, ovvero quello di consolare Sophie che, nel frattempo, si era fatta distrarre dall’albero, fissandolo in maniera piuttosto adorante e dimenticandosi per qualche secondo il motivo della sua frustrazione.
Stiles scosse la testa, con un pizzico di rabbia che iniziava ad accumularsi nel suo corpo, tutta indirizzata verso Derek, per la sua poca sensibilità, ma anche verso se stesso perché non era in grado di stabilire delle priorità.
Derek era off limits al momento. Stiles doveva soltanto limitarsi a prendere la parte di Sophie e tirarle su il morale.

«Ok, dato che tra un po’ arriveranno i tuoi amici, dovresti dirmi in fretta qual è il problema. Derek ti ha letto Harry Potter, vero? A che parte siete arrivati? Se non sbaglio siete all’inizio del settimo libro…»

Bastò il nome del suo libro preferito per far scoppiare letteralmente Sophie.
Gli occhioni scuri le si riempirono di lacrime, contenute a fatica, tanto che molte scesero lungo le guance, inumidendole.
Finalmente la bimba confessò il problema: «E’ per E-e-dvige. L’hanno…l’hanno c-colpita. A me p-piaceva così tanto!».
Ma non riuscì a proseguire, la voce rotta dai singhiozzi.

Stiles sentì di nuovo il campanello suonare, rumore che sovrastò con facilità il piagnucolare di Sophie.
Sbuffò contrariato verso la porta, mentre nella sua testa viaggiavano insulti a rating giallo verso tutti i genitori, stavolta per il loro pessimo tempismo: tra coloro già arrivati erano presenti Boyd con Nuru, Jackson e Jacob, e persino Lydia, tornata da un meeting importantissimo, era riuscita a trovare del tempo per suo figlio, quest’ultimo abbastanza fiero del suo nuovo giocattolo che già ostentava in giro per la stanza, mostrandolo a chiunque gli capitasse a tiro con la sua solita spavalderia insopportabile.

«Abbiamo già problemi? Così presto?» domandò Lydia con tono curioso, fissando Sophie finita in braccio a Stiles e ancora intenta a singhiozzare.

Stiles annuì con rassegnazione e Boyd, poco di fianco, gli posò una mano sulla spalla in segno di comprensione.

Se c’era qualcosa di certo in quella giornata, era che Stiles ne avrebbe dette quattro a Derek quel pomeriggio.
E già che c’era, se trovava abbastanza coraggio e non sembrava troppo inopportuno, gli avrebbe chiesto di uscire insieme, tanto per istruirlo su quanto i bambini fossero sensibili.

-

Stiles chiuse il portone dietro di se a doppia mandata, appoggiandosi contro di esso e mancando di poco una delle miriadi di schegge che spuntavano da quella superficie piuttosto antica.
Il cielo era di un azzurro cristallino, così definito e intenso che sembrava fosse lui il responsabile di quel freddo secco e ormai invernale, e che comunque non si lasciava disturbare dai tiepidi raggi arancioni di un sole ormai prossimo a tramontare.
Sophie, con le guance rosse come mele e la cuffia che continuava ad abbassarsi sugli occhi, guardò lo spettacolo della natura che si raffreddava, con la solita curiosità sincera che i bambini mostrano per tutto ciò che non conoscono.
C’erano filamenti ghiacciati che si erano posati sugli alberi per decorarli e renderli forse anche un po’ spettrali; ragnatele gelide che a Stiles inquietavano ma che erano gli addobbi regalati niente meno che da madre Natura in persona.
Il sole ora filtrava dai rami, rendendo quelle stesse ragnatele brillanti, e in un certo senso preziosi collier che adornavano il paesaggio con la stessa identica regalità data dalle luci di Natale che qualcuno vicino all’asilo già stava montando fuori di casa.

«Ho fatto il test di Pottermore l’altro giorno!» Si animò Sophie ad un tratto, mentre si guardava in giro in maniera quasi febbrile, dato che era l’unica bimba rimasta ad aspettare qualcuno che la venisse a prendere, e nello specifico lo zio Derek.

«Ah sì?» rispose Stiles mentre la sorreggeva in braccio, altrettanto impaziente per l’arrivo di Derek, anche se per motivi completamente diversi da Sophie.

«Sono risultata Corvonero! Io credevo di essere una Grifondoro, ma direi che mi è andata alla grande comunque, no?» esclamò lei con tono drammatico e aspettandosi la stessa espressione sorpresa da Stiles.

«Uh! Bene, mi fa molto piacere! In effetti tu sei una Corvonero perf-»

«E’ arrivato lo zio!» urlò Sophie all’improvviso, e gli occhi di Stiles balzarono verso la zona del parcheggio, dove una macchina scura si stava velocemente avvicinando da loro, prima di fermarsi.
Derek scese dall’auto con la sua solita espressione corrucciata, l’immancabile completo di guanti, cuffia e sciarpa dei Grifondoro e regalando di nuovo una strana sensazione di calore nel petto di Stiles, così forte da farlo arrossire.
Stiles tentò in tutti i modi di scacciare le farfalle che sbattevano le ali con forza nel suo stomaco, provocandogli dei brividi leggeri, e decise di concentrarsi sulla priorità del momento, ovvero dare Sophie in braccio allo zio, chiaramente senza creare contatto tra loro.

Sophie saltò letteralmente da un uomo all’altro, abbracciando Derek con un’intensità tale da mostrare che il risentimento per la sera precedente, anche grazie al fatto di essere deduce da un gioco continuo di nove ore all’ asilo, era passato da un pezzo.

Lei perdonava, Stiles no.

Fu per quello che il figlio dello sceriffo, senza guardare Derek negli occhi e stranamente senza proferire parola, regalò uno scappellotto sulla cuffia dell’altro, il quale fu troppo sorpreso per rispondere, anche perché aveva Sophie tra le braccia e lasciò che le sue sopracciglia facessero il lavoro sporco, chiedendo in silenzio e corrucciandosi, quale fosse il problema.

«Tu sai perché l’ho fatto!» sbottò Stiles, che maledizione, non riusciva a smettere di arrossire e nemmeno a sembrare arrabbiato.
Forse le gote si erano colorate di rosso per il freddo, perché era ad una distanza dal volto di Derek abbastanza pericolosa: poteva notare persino qualche filo grigiastro sulla barba perfetta di Hale.

«No. E’ per caso la tua indole di Serpe che ti porta a picchiare la gente senza motivo?» chiese Derek, con gli angoli delle labbra così all’ingiù che rasentavano il comico. Sembrava la copia sputata del Grumpy cat.

«E’ la tua indole da Grifone che ti fa leggere la scena della morte di Edvige ad una bimba di quattro anni?» ribattè Stiles all’istante.
Ottima prontezza di riflessi, si disse.

Derek sembrò colpito davvero dalle parole dell’altro, abbassando lo sguardo con l’espressione di uno che sapeva esattamente di aver sbagliato.
Fu Sophie, che in quel momento sembrava avere più giudizio degli adulti attorno a lei, a rompere il silenzio: «Non c’è bisogno di litigare! E poi credo che la soluzione migliore a questo è di farmi smettere di leggere il libro. Aspetterò di arrivare a dieci anni, così posso essere grande abbastanza per capirlo. E comunque Zio, io sapevo già leggere per conto mio, solo che mi piace come leggi tu. Sei bravo quasi quanto Stiles quando ci racconta le favole della buonanotte!»

Sophie lasciò Stiles e Derek a bocca aperta, anche perché nessuno dei due si sarebbe mai aspettato un discorso così esaustivo da parte di una bimba di quattro anni.

«Si ma non era necessario arrivare a quella scena. Anzi, ora che ci penso, non era necessario farle leggere l’intera saga! Ha solo quattro anni!»

«Non mi farò fare la morale da una Serpe!» sbottò Derek, e Stiles vide l’intensità nel suo sguardo mentre pronunciava quelle parole. Aveva preso la loro differenza di casa proprio a cuore, il che voleva dire che era un grandissimo fan, seppur anche per Stiles il tutto fosse abbastanza esagerato.

«Si vabbè, lasciamo perdere, il mio essere Serpeverde non centra nulla qui! Qualche volta dovrei mandarti qualche messaggio su come ci si comporta con i bambini, anche perché scusami ma ho molta più esperienza di te. Forse un incontro faccia a faccia sarebbe meglio» si lasciò sfuggire Stiles, abbastanza nervoso ma ehi, non era colpa sua. Voleva solo difendere Sophie, non litigare con Derek e invitarlo ad uscire nello stesso momento.
Tutto sommato se l’era cavata.

«Non hai il mio numero! E mi stavi invitando ad uscire per caso?» disse Derek con quello che per Stiles che lo stava osservando più di quanto volesse ammettere, sembrava una punta di imbarazzo.

«Si invece. Me l’ha dato Cora. E no, non volevo invitarti ad uscire, è che sono più bravo a parole che con i messaggi. Forse vado ancora meglio davanti ad una tazza di caffè» rispose Stiles ormai parlando a ruota libera e senza nascondersi più.

Derek deglutì in maniera che Stiles non potè che definire nervosa, e si allontanò senza proferire parola, e sembrava che avesse ignorato volontariamente la proposta neanche troppo subliminale di Stiles.
Stiles vide la manina di Sophie che gli faceva “ciao” dalla spalla dello zio.

«Anch’io ho il tuo numero comunque.» disse Derek ad un certo punto, voltandosi circa a metà strada tra Stiles e la macchina. «Me l’ha dato tuo padre. E il caffè mi piace amaro, per tua informazione».

Stiles sgranò gli occhi, incredulo per la rivelazione, ma non ci fu tempo per rispondere. Derek mise in macchina Sophie all’instante e parti, lasciandosi Stiles alle spalle.

-

15 dicembre

I vetri delle finestre dell’asilo erano così pieni di adesivi a tematica natalizia, che era quasi impossibile poter distinguere il paesaggio fuori. Stiles li osservò con un pizzico di ansia, non potendola che definire accozzaglia senza senso di babbi natale, renne, fiocchi di neve e campanelle.
Ai bambini invece piaceva da matti, chissà perché.
Forse era un po’ il simbolo di quel disordine creativo che gli umani di età inferiore ai sei anni adorano, e che tutto sommato è sempre stato uno stile di vita anche di molti degli adulti.
Il problema però al momento era un altro: l’idea di accendere lo stereo in una stanza piena di bambini iperattivi, ma grazie al cielo priva di giocattoli potenzialmente pericolosi, non era stata proprio da premio nobel, riflettè Stiles, intento a controllare che i pargoli non si uccidessero a vicenda mentre loro ballavano con matite e foglietti raffiguranti la renna Rudolph in mano.

«Bimbi seduti! Non avete capito il significato di sottofondo musicale! Serve solo per avere un accompagnamento alle attività che si svolgono… occhiò Nuru con quelle matite che cavi gli occhi a qualcuno! Jacob non correre!»

Stiles sospirò, controllando i bimbi e contemporaneamente intento a sistemare uno dei batuffoli di cotone che teneva in mano sull’enorme poster raffigurante Babbo Natale che stava preparando: il pomeriggio all’asilo ormai era dedicato all’abbellimento delle stanze con tutte le decorazioni possibili e dell’albero con palline di plastica colorate, monete di cioccolato e spray a simulare la neve.
I bambini pretendevano ogni anno di attaccare nastri dappertutto, accendere luci e appendere agrifogli all’entrata di tutte le porte, con Stiles che doveva prenderli in braccio ogni volta, non che fossero poi così pesanti.

La cosa più divertente per Stiles era quella di poter gironzolare per l’asilo con il suo cappellino rosso di Babbo Natale - lo stesso che aveva comprato molti anni prima ad un mercatino con sua madre, e che ai tempi gli stava troppo largo - che lo aiutava, insieme alle canzoni, ad entrare ancora di più nello spirito natalizio.
Tutto sommato era il suo momento preferito dell’anno, anche perché stranamente i bambini litigavano di meno e in generale erano più gestibili.
Anche i rimproveri di Stiles sul fatto che Babbo Natale potesse non arrivare a casa di chi si comportava male, apparentemente facevano la loro parte alla grande.
Stiles si guardò attorno, mentre i bambini cantavano “Jingle Bells” e finivano di colorare la loro renna: avevano fatto proprio un ottimo lavoro tutti insieme pensò, sorridendo placidamente.

-

Quando Derek arrivò a prendere Sophie quel pomeriggio, parcheggiando la Toyota presa in prestito dal padre appena davanti al portone dell’asilo, Stiles capì che questa volta c’era sotto qualcosa di strano.
Prima di tutto mancava la Camaro che lo stesso Derek amava ostentare, anche se non l’avrebbe mai ammesso, e soprattutto dall’auto sbucò fuori niente meno che Cora, la quale corse verso Sophie, afferrando sia la sua manina che quella di Stiles.

«Ehi, ehi cosa c’è?» si difese Stiles preso alla sprovvista, ma ignorato dalla Hale.
Il giovane Stilinski si trovò letteralmente lanciato di fianco a Sophie, la quale rideva di gusto, sui sedili posteriori. Ci mise qualche minuto per sistemarsi e chiedere che diamine stessero pianificando entrambi gli Hale presenti sui sedili anteriori.

«Stiles non fare domande, devi venire a casa con noi. Sophie ti reclama, Laura e Lucas sono al lavoro e io devo uscire con Isaac tra qualche minuto. Dobbiamo ancora iniziare a sistemare l’albero e qualche decorazione in casa e quindi abbiamo pensato a te! Sentiti lusingato! E poi Derek non può farlo da solo, non è in grado!» rispose Cora con un entusiasmo che stupì Stiles, non abituato a tutta quella allegria da parte della ragazza.

Stiles deglutì, ormai conscio che il resto della sua giornata sarebbe trascorso a casa Hale.

«Va bene, ma la prossima volta ditemelo prima per favore. Devo sapermi organizzare in qualche modo, e poi non voglio piombare in casa così»
«Avevi altri appuntamenti per caso?» lo interruppe la voce al limite dell’arrogante di Cora.

«No, ma…»

«Allora sorridi e non farti scrupoli» che è era il modo più gentile e censurato – causa presenza di Sophie – che Cora aveva trovato per dire “non rompere le palle con i tuoi commenti idioti”.

Stiles voltò lo sguardo verso Sophie, che in silenzio gli sorrideva contenta, e un po’ i suoi dubbi si sciolsero come neve.
Passare un po’ di tempo con Derek era quello che voleva in fondo, anche se era trascorsa un’altra settimana dalla discussione che i due avevano avuto e, nonostante la palese richiesta implicita di un caffè fosse sempre presente tra loro, nessuno dei due aveva ancora compiuto il primo passo.

Stiles poteva quasi sentire lo sguardo di Derek che, quando la macchina sostava ai semafori rossi, puntava verso di lui. Decise di ignorare la cosa il più possibile, preferendo invece concentrarsi sulle luminarie che le case attorno stavano ormai esibendo.
C’erano impianti che mostravano luci rosse e verdi che si riflettevano su tutta la facciata della casa; fili di luce dorata sui balconi; enormi alberi già decorati con luminarie intermittenti che creavano un atmosfera al limite del magico, che permetteva al buio della notte di non calare completamente e in nessun angolo della città.

Una canzone di natale, l’ennesima trasmessa dalla radio, si espanse nell’abitacolo, e Stiles, Cora e Sophie si trovarono a battere le mani con allegria a ritmo della musica, ignorando i grugniti di disappunto emessi da Derek.
Arrivarono a casa con Derek che non si diede nemmeno la pena di aspettare gli altri, parcheggiando la macchina in garage e filandosela.

«Andiamo Stiles!» lo trascinò Sophie, afferrandogli la mano per guidarlo verso l’entrata che collegava il garage alla sala principale, sorprendentemente vuota e anche piuttosto fredda.

«Ciao Stiles, buon divertimento!» lo salutò Cora, rimasta fuori in attesa di Isaac.

Stilinski agitò la mano libera di rimando, entrando finalmente nella casa confortevole che avrebbe dovuto aiutare a decorare.

-

Stiles poteva contare almeno una cinquantina di scatole, tutte stipate lungo i muri dei corridoi. Conoscendo il suo proverbiale essere imbranato, decise di guardare solo per terra, per evitare di inciampare contro qualcosa e creare doppio danno: sia farsi male lui, che rompere qualcosa.
I contenitori erano di cartone, di plastica, enormi, piene di cianfrusaglie che nulla avevano a vedere le une con le altre e soprattutto zeppe di decorazioni di tutti i colori.
C’erano boa dorati di carta, batuffoli di cotone, neve spray e soprattutto in una c’era un grande albero che una volta innalzato, sarebbe stato alto quanto quello presente all’asilo.

«Beh, ma non potevate fare questo lavoro da soli? Io non capisco ancora cosa centro» domandò Stiles, dubbioso sul suo ruolo al momento.
In fondo era solo l’insegnante di Sophie e quello che aveva una cotta stratosferica per Derek, ma ehi, non era uno degli Hale, non centrava nulla con la sistemazione delle decorazioni.

«Tutta la mia famiglia lavora senza sosta almeno fino alla vigilia. Sono l’unico che rimane a casa in questi giorni, e Sophie ha espressamente chiesto di te» rispose Derek brusco, mentre iniziava ad estrarre le cianfrusaglie natalizie per posarle sul divano.

Stiles si convinse che Sophie aveva captato il suo essere dubbioso, e per questo aveva preso a saltellargli davanti e in giro per la stanza, rischiando di cadere un paio di volte mentre canticchiava: «Dai Stiles, sarà divertente!»
L’entusiasmo navigava nelle vene di quella bambina, e Stiles non ebbe il cuore di deluderla.
«Va bene…» borbottò, ormai sconfitto. Erano due contro uno in fondo. Poi tutto sommato pensò che avrebbe trascorso un pomeriggio diverso e divertente, in compagnia di Derek, quindi non doveva minimamente lamentarsi.

Il ragazzo si avvicinò a Derek per aiutarlo, beccandosi uno sguardo improvviso che gli rese le ginocchia più deboli.
Derek aveva la capacità di ignorarlo un secondo, e quello dopo guardarlo negli occhi come se dietro alle sue iridi ambrate fossero deposti tutti i segreti del mondo, e questa cosa mandava Stiles completamente fuori di testa.

Qualche minuto dopo, Derek aprì di nuovo bocca: «Hai ancora la cuffia di Natale che indossavi all’asilo…» borbottò, con uno strano tono da prendi in giro e con l’angolo delle labbra che si alzò leggermente, a simulare un sorriso.

«Oh» Stiles posò di fretta una mano sul cappello: era vero. Che figura…
Un conto era presentarsi davanti ai genitori dei bambini così, e un altro era farsi vedere da Derek conciato come un pagliaccio. Va bene lo spirito natalizio, ma quello gli sembrava anche troppo.

«Lo tolgo subito, sembro ridicolo così» sbottò Stiles boccheggiando per la vergogna, sfilandoselo di fretta. I capelli gli spararono in tutte le direzioni, e le pupille di Derek, che avevano osservato con attenzione la scena si allargarono di qualche millimetro, come notò Stiles con grossa sorpresa, impossibilitato a staccare gli occhi di dosso dall’altro.
Quello sguardo aveva completamente bloccato Stiles sul posto.

Derek gli afferrò il polso subito, prima che potesse buttare la cuffia per terra:«Che fai? Non ti ho detto di toglierla. Tienila, ce l’ho anch’io nascosta tra queste scatole. A Sophie farà piacere vederci assomigliare agli elfi di Babbo Natale» borbottò imbarazzato, levando la presa all’istante, un po’ rosso in volto.

«Sembriamo due pagliacci Derek» disse Stiles alzando gli occhi per simulare costernazione, seppur con pochissima convinzione, osservando Derek che cercava, e trovava la propria cuffia rossa col pon pon bianco.

«Non credo proprio. Ripeto a Sophie farà piacere»

E in quel momento Stiles venne quasi benedetto dal sorriso che Derek gli regalò, più simile ad un elfo di Babbo Natale di quanto non fosse mai stato.
Era anche abbastanza tenero con quella cuffia di Natale, le labbra appena socchiuse che mostravano un paio di adorabili denti da coniglietto, e Stiles si affrettò ad indossare di nuovo la propria, guardando in basso per non essere travolto da sensazioni che non sapeva esattamente come spiegare.

Tutto sommato la cuffia non era poi così male, se piaceva così tanto a Derek…

«Mettiamoci al lavoro, abbiamo molto da fare e non voglio rubarti tutto il pomeriggio»

«No» Stiles contraddisse Derek all’istante. «Tutto sommato non è un problema per me…se Sophie si diverte mi diverto anch’io.»
Stiles sapeva di mentire spudoratamente, dato che non era lì a casa di Derek solo per aiutare Sophie. Poco male, Babbo Natale l’avrebbe comunque perdonato per quella bugia.

I due ragazzi si misero di buona lena, estraendo tutte le decorazioni dalle scatole, per appendere le calze di lana che avevano trovato lungo il bordo del camino, con Sophie che invece sostituiva i tappeti normali, con quelli raffiguranti renne e paesaggi innevati.

«Tieni molto a lei. Sono contento che Sophie abbia una famiglia unita, non è comune di questi tempi» constatò Stiles, indicando la bambina che ridacchiava, rotolandosi lungo quegli stessi tappeti.

Stiles vide Derek che osservava la nipote con tanta purezza nello sguardo, che un po’ si sentì invidioso.
Poi ripensò a qualche minuto prima, quando aveva sorpreso Derek a lanciare quello stesso sguardo anche a lui, e non potè che avvertire le fantomatiche farfalle ballare il mambo nel suo stomaco. «Sophie è arrivata quando meno ce lo aspettavamo. Laura ha avuto problemi da quel punto di vista, tanto che pensavamo non potesse mai…insomma, avere figli. E invece Sophie ha piacevolmente scombussolato i piani di tutti. Le voglio bene come se fosse sia mia figlia che mia sorella nello stesso momento, e mi piace tanto starle vicino e prendermi cura di lei quando sua madre non c’è.»

Era il discorso più sincero che Derek avesse mai intrapreso davanti a Stiles, che un po’ sentì una sensazione di intimità, mescolata al disagio che gli provocarono quelle parole. Come se Derek si fosse definitivamente aperto davanti a lui, e Stiles non fosse ancora completamente pronto.

«Forse non dovevo dirti tutto questo…sono stato uno sciocco» disse Derek poco dopo, e Stiles capì che aveva mal interpretato il suo silenzio.
«No! Ma scherzi, sono parole molto tenere quelle che hai detto e…secondo me sarai un ottimo padre Derek, quando toccherà a te.»
La confessione di Stiles lasciò entrambi senza parole.

«Woah! Ehm, suonava meno sconvolgente nella mia testa, davvero.» biascicò Stiles preso completamente alla sprovvista dalla sua stessa sincerità.
Derek sbuffò, lasciando che un sorriso sincero, l’ennesimo, si posasse sul suo volto.
Stiles poteva persino abituarsi a vederlo sorridere, e forse proprio quello sarebbe stato il regalo di Natale perfetto.

«Mai quanto te. Non si è mai registrato un episodio di disturbo o di bullismo vero e proprio, da quando sei diventato insegnante. Vuol dire che ci sai fare con i bambini, ed è un gran pregio.»

Stiles dovette far finta di osservare Sophie con insistenza, per mascherare il rossore che le parole di Derek gli avevano suscitato.

«Sei troppo gentile. Faccio solo quello che mi sembra giusto. Anche se il grosso del lavoro è compiuto da voi genitori o zii dato che siete voi i responsabili principali della loro educazione. E’ una sorta di win – win, più o meno»

Stiles ebbe come l’impressione che Derek si fosse avvicinato a lui: ora poteva sentire il contatto delle loro spalle che era piuttosto certo non ci fosse prima, e la vicinanza del suo respiro contro il collo marchiato di nei dello Stilinski.
Se Stiles si fosse voltato, era piuttosto certo che sarebbero stati abbastanza vicini da baciarsi.

«Zio! Stiles, muovetevi che siamo in ritardo!» la voce di Sophie interruppe il momento che i due ragazzi avevano instaurato, e Stiles si affrettò ad avvicinarsi alla bambina, con troppi pensieri che gli giravano in un cervello, che galleggiava ancora nel mare dei complimenti che Derek gli aveva regalato.

-

Sbrogliare i fili luminosi era qualcosa che Stiles non avrebbe mai consigliato come attività di antistress: erano attorcigliati nella scatola con così tanta forza che Stiles per un attimo credette che ad annodarli fosse stato davvero il fantasma che vive nelle scatole o nelle tasche, lo stesso che imbroglia i fili degli auricolari.

Nonostante quell’impedimento, in due ore circa erano riusciti a decorare tutta la sala con cura e precisione, l’atrio, il porticato davanti casa e avevano – con la forza bruta di Derek – impiantato al centro del salotto l’albero di natale, ancora spoglio e puro, col le foglie di pino che solleticavano piacevolmente la pelle di Stiles.

«Zio ho fame! Voglio le mele caramellate» urlò Sophie, che da un bel pezzo aveva lasciato i lavori a Stiles e Derek, rimanendo in cucina a giocare con un paio di bambole che teneva sulla sedia.

Stiles seppe che il suo cuore aveva appena mancato un battito.
«Va bene. Una pausa ci può far bene, e Stiles tu se vuoi puoi anche andare. Non credo che andremo più avanti dopo…»

«Posso restare. Voglio restare. E mangiare le mele, se non è un problema» si affrettò a rispondere Stiles, deglutendo più volte per provare a scacciare il nodo in gola che il solo pronunciare le parole “mela caramellata”, gli aveva provocato.

Subito l’odore di zucchero fuso gli inebriò le narici: era proprio come se lo ricordava.
Erano anni che non cucinava più questi dolci particolari, troppo avvolto da una sottospecie di nostalgia che gli pungeva la gola e lo stomaco.
L’ultima volta che aveva gustato quella prelibatezza frequentava ancora le elementari, e sua madre stava bene.

Derek tagliò le mele con accuratezza, cercando di non affettare le mani di Sophie che gli stava accanto, e Stiles decise di controllare lo zucchero, per evitare che non bruciasse.
Dopo anni ancora ricordava la temperatura e il colore esatto che sua madre gli aveva insegnato.

«Ecco. Lo zucchero è perfetto, potete intingere le mele» annunciò Stiles, facendosi da parte per lasciare spazio a Derek e Sophie.
La bimba prese ad intingere le mele sorrette da uno stuzzicadenti gigante, permettendo al caramello di impregnarsi tutto sulla buccia.
Stiles non aveva mai visto Sophie così entusiasta per qualcosa, tanto che non la smetteva di ridere ed agitarsi.
Rivide il sé stesso di vent’anni prima, il bambino che caramellava la frutta come tradizione natalizia, che rideva in compagnia della propria famiglia e aspettava che Babbo Natale portasse i regali.

Stiles non potè fare a meno di sorridere, mentre passava una mano velocemente sulla guancia, cercando di asciugarsi le lacrime prima che qualcuno tra Derek o Sophie notasse la sua tristezza.

«Ehi!» il sussurro di Derek fu quasi impercettibile, ma colpì Stiles come una stilettata sul petto.
La sua emozione era più reale allora, se anche gli altri l’avevano notata.

«Sto bene, è che mi capitava di…insomma, con mia madre facevo lo stesso. Caramellavo la frutta, la aiutavo a preparare i biscotti di zenzero e, ehm…»

Stiles si voltò tossicchiando per scacciare quel maledetto nodo in gola che stava impressionando Sophie.

«Sophie, ma è vero che la recita di Natale sarà basata su Harry Potter?» si affrettò a cambiare discorso Derek, anche perché Sophie si stava spaventando nel vedere Stiles piangere.

Lo stesso Stilinski colse la palla al balzo, voltandosi e asciugandosi di nuovo le lacrime, la bocca che simulava un sorriso comunque stanco.

«Hai detto tutto a Derek? Sophie dovevi mantenere il segreto!» la rimproverò Stiles in maniera bonaria, ridacchiando e prendendo una delle mele già pronte per addentarla.
Subito il dolciastro e l’aspro della mela e del caramello si fusero nella sua bocca, creando un sapore intriso di nostalgia e piacere nello stesso momento.

«Vero, era una sorpresa! Non ne parliamo più!» ordinò Sophie, ora visibilmente più tranquilla e distratta dagli stuzzicadenti che si appiccicavano dappertutto a causa del caramello.

Derek si spostò di poco, posando fermamente e a sorpresa una mano sulla spalla di Stiles.
«Ehi, mi dispiace per quello che ti è successo, davvero.» bisbigliò Hale con un tono davvero costernato.
Stiles non si voltò, ma con quello che considerò tanto coraggio, posò la propria mano a coprire quella di Derek, il quale la strinse con dolcezza.
«Grazie» sussurrò Stiles ancora piuttosto scosso da tutte quelle emozioni che il contatto, ma non solo, gli stava provocando.

Proprio in quel momento la porta si aprì ed entrarono Lucas e Laura, esausti ma entusiasti nel vedere la loro bambina. Laura invitò Stiles a mangiare per ricambiare la gentilezza che il ragazzo aveva mostrato nell’aiutarli a decorare casa, ma lui rifiutò, sapendo che quella sera il padre non aveva il turno di notte e per questo contento di poter cenare con lui.

«Grazie davvero Laura, ma ora forse è meglio che io vada.» rispose Stiles, salutando tutti con tanto piacere.
Fu in quel momento che Derek decise di accompagnarlo in macchina.

«E’ il minimo che io possa fare» borbottò, accompagnandolo fuori casa, senza che nessuno dei due si fosse tolto la cuffia di babbo Natale.

«Ci vediamo!» salutò lui di fretta verso gli Hale, mentre entrava nella fantomatica Camaro di Derek.

La prima impressione regalata da quella macchina era sicuramente quella di avere una vettura confortevole, pulita al limite del maniacale all’interno, e con un piacevole odore di muschio e menta che la pervadeva.
Stiles amava la propria Jeep, ma quella Camaro era decisamente un sogno su quattro ruote.

Derek mise in moto, accendendo la radio e rimanendo il silenzio per il resto del viaggio.
Ora le decorazioni di Natale erano decisamente più visibili al buio: luci lampeggianti che accompagnavano il percorso di Stiles e Derek portando vitalità in quelle strade solitamente anonime.
Stiles lasciò che i brividi della vicinanza di Derek lo stordissero per bene; sapeva di sembrare un’adolescente alla prima cotta, ma non gli importava.
L’unico problema era non rendersi troppo ridicolo davanti a Derek, anche perché Stiles, nonostante tutto, non sapeva cosa esattamente provasse l’Hale nei suoi confronti, sempre così criptico con le parole e spiazzante con i gesti.

Solo quando la radio trasmise “Thinking Out Loud” Stiles capì che quell’atmosfera di attesa e di imbarazzo era completamente condivisa, perché Derek aveva tossicchiato più volte, lanciando di soppiatto sguardi a Stiles ogni volta che l’altro non guardava, e viceversa.
Quando Stiles vide l’ombra di casa sua stagliarsi, non potè fare altro che maledire il tempo che era trascorso così in fretta.
Anche se aveva passato un intero pomeriggio con Derek, Stiles voleva di più.
Stilinski si voltò verso Derek, una volta parcheggiato davanti casa aspettando che lui dicesse qualcosa di simile a “ci vediamo”.
Derek ricambiò l’espressione d’attesa e prese un profondo respiro, lo sguardo che andò a posarsi letteralmente contro quello di uno Stiles completamente ipnotizzato.
«Sai quell’appuntamento davanti al caffè che mi avevi accennato settimana scorsa? Perché non attuarlo questa domenica?» borbottò quando la canzone di sottofondo ormai era terminata.

«Non hai cene in famiglia o eventi particolari? Quello che si fa la domenica è stare in famiglia, no?» biascicò Stiles, tamburellando le dita contro il vetro, visibilmente nervoso. Nel suo cervello al momento volavano solo insulti: possibile che non potesse rispondere in maniera sincera una volta tanto? Possibile che dovesse sempre complicarsi la vita?

«Sì. Ma ormai non è nulla di nuovo. Sophie può giocare con i suoi cugini e… anch’io voglio divertirmi una volta ogni tanto.»

Stiles avvertì la particolare inflessione che la voce di Derek aveva acquistato alla parola “divertirmi”, e il fatto che il divertimento di Hale includesse in qualche modo anche Stiles era qualcosa di incredibile. «Va bene. Ok. Al bar Wolfin’? Vengo a prenderti io?» si trovò a blaterare di fretta, come se da un momento all’altro Derek potesse cambiare idea.

Derek alzò un sopracciglio con fare altezzoso:«Con quella Jeep scassata? No. Vengo io con la Camaro. Anche perché scommetto che ti piace da matti salirci»

Stiles sorrise leggermente. Chi era lui per non accettare una proposta così allettante?
«Va bene. Ci vediamo domenica Derek e grazie per il passaggio…»

Stiles scese dalla macchina salutando Derek con una semplice mano alzata e piuttosto di fretta, cercando di contenere l’entusiasmo che la proposta gli aveva portato nel corpo.

-

18 dicembre

Stiles entrò di soppiatto nel bar come mai aveva fatto da quando frequentava quel luogo. Lanciò una breve occhiata in zona bancone, rendendosi conto che Kira ed Erica erano troppo occupate a lavare i bicchieri per far caso al suo arrivo, il che era ottimo.
Stiles si guardò intorno per un paio di secondi e notò che la zona più lontana dal bancone era vuota, il che era decisamente l’ideale per non dare troppo nell’occhio.
Il giovane Stilinski afferrò Derek per la manica del giubbotto e lo trascinò di fretta contro i divanetti neri, sedendosi poi di fianco a lui.

«Scusa ma conosco le bariste, e meno si accorgono della mia presenza qui con te e meglio è.»

Derek alzò un sopracciglio, con fare offeso. «Non vuoi farti vedere in giro con me per caso?»

Stiles si rese conto che le sue parole in effetti erano piuttosto fraintendibili e per quello si diede una manata sul volto. «Che idiota che sono. No, il fatto è che non voglio farmi troppo vedere con qualcuno, perché sono anni che mezza Beacon Hills tenta di togliermi il ruolo di Scapolo d’Oro. Visto mio padre oggi come ha reagito quando sei arrivato?»

Derek annuì. Ricordava chiaramente il modo in cui gli occhi di John si erano illuminati quando lui aveva suonato il campanello e Stiles lo aveva presentato come “l’amico col quale esco, per fare in modo che lo status di amico cambi”.
Sembrava quasi più agitato Stilinski Senior che non il figlio.

«Va bene, ma speriamo che ci notino, altrimenti non verremo mai serviti.»

Derek e Stiles si tolsero gli accessori tipicamente invernali che per loro però erano anche un simbolo della loro passione smodata per Harry Potter, dato che a quanto pare entrambi tendevano ad uscire sempre indossando la sciarpa, i guanti o la cuffia di Serpeverde o Grifondoro.

A Stiles non sfuggì lo sguardo di disgusto che Derek aveva mostrato quando si era levato la sciarpa, ma non poteva biasimarlo, dato che lui aveva fatto lo stesso.
Volevano imparare a conoscersi, era palese che Stiles e Derek si piacessero a vicenda, ma l’avversione che avevano l’uno per la casa dell’altro era altrettanto evidente.

«Sembriamo la rivisitazione della coppia “Draco - Harry”» ridacchiò Stiles, tanto per rompere il ghiaccio in attesa che il nuovo cameriere li notasse.

Derek gli lanciò uno sguardo stupito:«Draco e Harry non sono una coppia! L’ultima volta che ho controllato, Harry si è sposato con Ginny»

«Ah, Hale come sei ingenuo. In realtà c’è un palese sub text che indica come Harry e Draco siano in qualche modo attratti l’uno dall’altro! Guarda nel sesto libro come Harry sia ossessionato da Draco, e nel settimo Draco lo riconosce a villa Malfoy ma lo protegge!Vedi? Si amano!»

Derek alzò di poco le labbra e Stiles se ne accorse, avvertendo come la propria autostima stesse rapidamente crescendo. «Sei ridicolo» gli disse Derek, e Stiles venne attraversato completamente da una scarica di adrenalina, perché il tono che Derek aveva utilizzato era decisamente dolce, soffice e molto meno spigoloso del solito.
Era come se dietro a quel “sei ridicolo” ci fosse nascosto un implicito “ma mi piaci lo stesso”.

Entrambi si tolsero il giubbotto, rimanendo stupiti dagli abiti che indossavano.

«Non guardarmi così solo perché ho una maglietta a maniche corte! Sai che in questo locale il riscaldamento è alle stelle, maledizione!»

«Non ti sto giudicando» lo interruppe Derek all’istante «è che non mi aspettavo di vederti con un abbigliamento estivo a metà dicembre…»

Stiles alzò le spalle, osservando finalmente l’abbigliamento di Derek: sembrava particolarmente curato, con la barba folta ma non troppo, i capelli tirati all’insù e una maglia con maniche particolari.
Stiles prese le mani di Derek tra le proprie senza preavviso, notando che il capo d’abbigliamento terminasse con un buco nel quale Derek aveva infilato il pollice.

«Ehi, è carina. Mi piace, ti sta bene. Stai bene»

«Stai blaterando, di nuovo…» borbottò Derek, col volto diventato dello stesso colore della maglia, ma non intenzionato minimamente a lasciare la presa dalle mani di Stiles.
Stilinski nel frattempo aveva messo in risalto dei muscoli sorprendenti, con quella maglietta corta, e per l’occasione aveva lasciato che un po’ di barbetta crescesse sotto il mento.

«Scusami. Non me ne rendo conto. Oh, le mani! Oddio, scusa…»

Stiles separò il contatto con poca voglia, stringendosele contro le ginocchia, tanto per allontanare la tensione.

Proprio in quel momento un ragazzino, che dimostrava a malapena sedici anni, si piazzò davanti a loro, con uno sguardo che scazzato era dir poco.
Il giovane, che secondo la targhetta del nome faceva “Liam”, iniziò a parlare con una voce monotona e al limite dell’irritante.
«Benvenuti al Wolfin’. Le bariste mandano i loro saluti. Per chi di voi due si chiama Stiles, il fatto di non aver salutato le proprietarie del bar all’entrata porta ad una spesa doppia quando sarà il momento di pagare. Ordini dall’alto, non prendetevela con me. Ah, e nel caso di rottura improvvisa delle acque da parte di Erica, la spesa sarà tripla. Cosa possiamo offrirvi?»

Stiles e Derek si fissarono con una certa tensione mista a divertimento per la presenza del ragazzo.
«Per me un cappuccino alla cannella, per Derek un espresso senza zucchero» ordinò Stiles, e Liam si allontanò con un semplice cenno del capo.

«Santo cielo che vitalità… ok, sai che sono una persona curiosissima. Posso farti una domanda Derek?»
Stiles accompagnò la richiesta ad uno sguardo calcolatore e dolce allo stesso tempo, sapendo che Derek non poteva resistergli minimamente, «Volevo chiederti due cose da un po’ di tempo in effetti. Ehm, la prima è, c’è qualcosa che vuoi sapere di me? Se mi hai invitato ad uscire, è perché ho avuto un certo effetto su di te. E la seconda è, cosa fai esattamente durante il giorno? Hai un lavoro?»

Derek abbassò lo sguardo per non essere più ammaliato da quelle iridi color ambra che, a quanto Stiles aveva notato, stavano avendo un certo effetto su di lui «Mi hai incuriosito. E sei un Serpeverde tollerabile. E per quanto riguarda me, provo a scrivere qualcosa quando posso. Voglio diventare uno scrittore.»

Stiles rise, posando una mano sulla bocca per trattenersi, un po’ per l’ammirazione e un po’ perché capiva la passione di Derek verso il mondo magico, dato che era la stessa che provava lui « Oddio, ma l’appartenenza ad una casa è un vero e proprio metro di giudizio per te! Come mai sei così appassionato? Ed è ridicolo che te lo chieda io, però, insomma è strano trovare uno forse più fissato di me in questo senso! E sei uno scrittore, fico!»

Derek posò una mano sotto il mento, l’espressione di uno che stava riflettendo seriamente sulla risposta da dare: «E’ successo per caso. In realtà ho letto il primo libro perché l’avevo preso in prestito dalla biblioteca scolastica, e da lì è stata una spirale discendente. Ho persino i giochi per il pc.»

Lo sguardo di Stiles si illuminò.
«Lascia perdere, ho perso la mia infanzia dietro a quel gioco. E pensa che ho terminato l’album con le figurine d’oro ne“la camera dei segreti” solo da poco. Non dirlo a nessuno però, non ne vado molto fiero…»

Derek aprì la bocca in un sorriso sincero e un po’ birichino: «Non lo dirò a nessuno, ma devi sapere che Cora ha finito quel gioco in due giorni. Con album di figurine magiche completato e tutto il resto. L’ho solo aiutata con Aragog e il basilisco, mia sorella è aracnofobica…»

Stiles sentì una vera e propria onda di comprensione nel petto, mista a nostalgia:«Quando mia madre ci ha lasciati, io e mio padre non abbiamo fatto altro che giocare a questo videogame sul pc per provare a distrarci in qualche modo, e quando siamo arrivati alla scena di Aragog sono saltato sulla sedia e sono letteralmente scappato dalla stanza. Aragog mi ha fatto diventare aracnofobico, praticamente…»

Derek sorrise, la mano che stava sospesa a metà tra la zuccheriera e quella di Stiles, con Stilinski che se ne accorse e anticipò l’altro, afferrandogliela proprio come aveva fatto qualche minuto prima.
Derek aveva le mani leggermente più tozze e bollenti, a differenza delle sue lunghe e perennemente fredde.
Questa volta però Derek non lasciò andare la presa, col pollice che andò ad accarezzare leggermente il dorso della mano di Stiles, spedendo piccoli brividi lungo la pelle di Stilinski.

I due rimasero con le dita intrecciate anche quando Liam comparve con le ordinazioni.
Derek tossicchiò, afferrando il caffè con la mano libera e sorseggiandone un po’.
«C’è qualcosa che non ti ho detto. In realtà mi hanno regalato il videogioco di Harry Potter il giorno del mio compleanno, cioè il venticinque di ehm, questo mese. »

Stiles aggrottò le sopracciglia. «Scusa, non ho capito, il venticinque di questo mese è Natal…oh! Oh, Oh per tutti i Gorgosprizzi, tu compi gli anni a Natale? Ma è adorabile»
Le gote di Stiles, un po’ per il calore del locale e del cappuccino, un po’ per il sorriso accennato di Derek, divennero dello stesso colore delle maglie che entrambi indossavano.

Solo in quel momento si rese conto che il sottofondo musicale era cambiato, e che Erica e Kira li stavano fissando con fare zuccherino dal bancone.
A quanto pare avevano preparato apposta per loro una playlist romantica con i fiocchi.

Derek non sembrava essersene reso conto, proseguendo il loro discorso «Ma non è vero. Nascere a Natale è davvero odioso!»

«Ma non è per niente vero! Hai doppi regali! Insomma sei il figlio del sindaco, se non puoi godere di questi privilegi tu, non so chi possa!» si agitò Stiles, rischiando di rovesciarsi le ultime gocce di cappuccino addosso.

Derek obiettò, spostandosi leggermente per evitare di essere sporcato.
«Mi hanno fatto il doppio regalo fino ai dieci anni, poi con la scusa del”sei grande ormai” me ne sono beccato uno unico. Sono diciotto anni che va avanti così…»

La risposta di Stiles - che ad un certo punto del discorso si era trovato così vicino a Derek da rischiare seriamente di baciarlo, un po’ ipnotizzato dalle sue iridi verdi e un po’ intenerito dall’avversione di Derek per quel diventare grandi che prima o poi entrambi avrebbero dovuto affrontare - si bloccò all’istante.

Malia Tate era entrata con una renna gigantesca tra le braccia, con un espressione stanca ma soddisfatta.

«Buon Natale amici!» si annunciò, posando l’animale appena davanti all’entrata.

Kira e Erica sobbalzarono all’istante, e Stiles non riuscì a trattenere una risata. Malia era completamente fuori di testa, ma Stiles non l’avrebbe cambiata per nulla al mondo.

«Tu sei pazza…» esclamò Derek ad alta voce, incredulo per la bestia che la cugina aveva portato nel bar.
Dopo il tacchino impagliato, adesso ci si metteva con la renna?

«Derek, ecco che fine avevi fatto! Sei scomparso dal pranzo domenicale degli Hale senza dirci niente! Un po’ come ho fatto io, ma ehi, avevo le mie buone ragioni! Ciao Stiles, alla fine vi siete decisi a mettervi insieme, vi tenete persino per mano…»

Stiles separò il contatto all’istante: non voleva essere messo così al centro dell’attenzione. Stilinski cercò di deviare il discorso su altro. «Ma non dirmi che quella è una renna vera…»

«No, questo è il bello! L’ho fatta io, ti piace! Con pelle ecologica e pelo…ehm, ecologico? Credo. Comunque sarà perfetta per gli eventi di Natale a Beacon Hills, lo zio Robert la pretende in piazza fino a Capodanno!»

«Tua cugina è fuori come un balcone, ma la adoro…» si lasciò sfuggire Stiles, che nel frattempo, aveva ri- afferrato la mano di Derek stavolta appoggiata sul divanetto, così da non farsi vedere.

«E’ molto creativa e ha delle idee assurde. Per esempio mi ha chiesto se volevo essere Babbo Natale durante la festa dell’asilo. Ha detto che tu ne saresti contento.»

Stiles si illuminò all’istante e nonostante il palese coinvolgimento emotivo che lui sapeva Derek stesse provando nei suoi confronti, non potè non notare una vena di disperazione nel volto dell’Hale. Stiles sorrise, benedicendo Malia per le sue idee originali.

«Tu Babbo Natale per i bambini? Questa si che è un’ottima idea!»

   
 
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