Storie originali > Soprannaturale > Fantasmi
Segui la storia  |       
Autore: Sarah M Gloomy    30/12/2016    0 recensioni
Quarto libro della serie The Exorcist.
Due dei mandanti delle loro morti passati sono stati scoperti. Non sanno di chi fidarsi, né se le loro intuizioni sono vere. Nel tentativo di mantenersi in vita alla ricerca di un modo per salvarsi, gli esorcisti sono costretti a fare l’impensabile e Amabel dovrà fare una scelta che andrà contro sia alla sua natura di esorcista sia a quella di mortale.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
20
 
 
 
        Ho appena detto agli altri che ho deciso di iniziare la mia carriera come coniglietta di Playboy. Deve essere per quello che mi stanno fissando come se stessi scherzando.
È Philippe il primo a riprendersi. «Vuoi che andiamo da Johannes?»
   «Esatto.»
Guarda il vassoio ormai vuoto delle brioches, alla ricerca di risposte. Di nuovo mi fissa. «Che diavolo c’era in quel dolce?! Non possiamo andare da loro!»
   «Beh.» Okay, la mia proposta è leggermente deficitaria in più di qualche punto. Io stessa rimanderei quel fortunoso incontro con il nostro vecchio mentore, ma rinviare non porterà a soluzioni. Semmai ci complica la vita. E, belli, complicarla più di così è difficile! «Tu stesso hai detto che Chase non sarebbe dovuto morire. Quindi non penso che ci faranno del male …»
   «Bellezza, Chase è morto. Senza offesa.» Chase rimbrotta un “figurati” da qualche parte. «E con questa premessa non sono il più felice nell’andare direttamente dall’Ordine, con solo la nostra sensazione che non ci sarà fatto del male.»
   «Giusto. Meglio rimanere qui ed essere certi che ci faranno del male! Rifletti, Philippe. Stiamo morendo tutti quanti. Che senso ha non fare nulla per impedirlo?»
   «No, non sto dicendo di non fare nulla per impedirlo. Ti sto solo facendo pensare al fatto che tu per prima non credi di poter far qualcosa. E anche qui abbiamo la prova, visto che abbiamo la versione zombie del nostro capo. Senza offesa, Chase.»
   «Figurati.» Rimbrotta di nuovo.
Mi alzo in piedi, perché stare seduta non rende abbastanza l’idea della necessità di muoverci. Ora che abbiamo l’ultima pedina del nostro gioco, perché stiamo parlando? «Dobbiamo andare da Johannes e pungolarlo quel tanto che si faccia sfuggire qualcosa. E …»
   «E poi?» Chiede Jamar, gli occhi socchiusi. «E poi che si fa? Ammettiamo che hai ragione, che Marco sia il nostro vecchio mentore. Che facciamo? Praticamente siamo dei reietti dell’Ordine, abbiamo Malachite e questo Ridley che controllano le nostre mosse. E siamo sinceri, non sappiamo di chi fidarci. Siamo il vecchio Ordine, Bel. Per loro siamo dei matusa che hanno casualmente l’aspetto di ragazzi. Sanno che siamo morti nel 1400, sanno anche il perché. E credi che si fideranno di noi, solo perché additiamo il dito contro il loro capo? Vediamo gli spiriti, facciamo gli esorcisti. Questo già ci fa prendere il treno di sola andata per l’ospedale psichiatrico.»
   «Non sto dicendo questo.» Rimbrotto. La verità è che stavo proprio pensando a questo!
Chase sospira e, come un sol uomo, ci giriamo a fissarlo. «Non possiamo rimanere fermi. Su questo ha ragione Bel. Un’unica cosa ho tralasciato di dirvi.» Si sfila la giacca della tuta, mostrando il petto nudo. La cicatrice che ieri mi sembrava vecchia da mesi, ora, è solo uno striscio traslucido. Si rimette la giacca, fissandoci. «Come potete vedere c’è un modo per bloccare il rituale. Ci basta del tempo per capire come impedire che voi moriate. Vi posso salvare. Questo non cambia.» Chase guarda Philippe, duramente. Nei loro sguardi c’è qualcosa che va oltre alle parole e che noialtri siamo esclusi. «Dobbiamo andare da Johannes.»
   «No, non ho detto questo!» Fisso Chase impietrita. «Di certo Johannes sa che sei morto, anche se non glielo abbiamo detto noi. Se c’è veramente Ridley dietro a tutto questo, lui deve averglielo detto. Tu sei il nostro unico asso nella manica.»
Abbozza un sorriso senza gioia. «È qui che discordiamo. Non se ne parla che voi andiate senza di me. Sono il vostro capo.»
   «Sei l’unica persona che in caso di difficoltà ci può tirare fuori.»
   «Un motivo in più per essere con voi nel momento del bisogno. Non sappiamo cosa aspettarci dall’Ordine e siamo rimasti aggrappati all’idea che Johannes era nostro mentore. No, Bel. Verrò con voi.»
Eliza sbuffa. «Siete dei pazzi entrambi.»
Warren appoggia i gomiti alle cosce, scuotendo la testa. «Ci hai insegnato a non farci prendere dalle emozioni. Chase, ha ragione Bel. Se dobbiamo andare da Johannes, tu sei la loro unica incognita. Non sanno di te. Cerchiamo di mantenere questo unico vantaggio.»
Robert sta seguendo il botta e risposta tra tutti, gli occhi sbarrati e la bocca ancora aperta. Vorrei dire anche a lui di stare al sicuro a casa, ma siamo davvero in salvo se stiamo lontani gli uni dagli altri? Dobbiamo assolutamente trovare un modo di … Chase sospira, mollando un pugno al muro. «Ho delle carte da guardare. Bel ha rubato la borsa del negromante. Può esserci qualcosa che ci interessa.»
Dire che gli scoccia non venire è palese. Mi infilo il giubbino, prendendo il telefonino e le chiavi di casa. Non mando nessun messaggio a mamma, perché se scopre che sono uscita mi ammazza. Si dà il caso che io dovrei essere a casa, moribonda, con una bella influenza che mi obbliga a mangiare riso stracotto e tanto riposo. L’opposto di come sto. Eccezion fatta per il moribondo. Lì la descrizione ci azzecca proprio.
Warren sta scegliendo una macchina, tra quelle parcheggiate fuori dai condomini. Un po’ come andare a fare la spesa tra i cassonetti delle immondizie. Lo stesso principio. Si prende anche la briga di scartare una macchina perché è troppo poco appariscente. Già. Non sia mai che l’enorme ics che pende sopra le nostre teste scompaia nel momento in cui saliamo in auto.
Ho imposto di salire tutti su una stessa auto. Sette persone sono un bel numero, ma io e Julia siamo abbastanza piccole per stare sulle gambe di qualcuno. Oddio, non so quanto le gambe di Jamar apprezzino i chili di troppo di Julia, ma anche lei è stata costretta a un dimagrimento forzato. Cerco di ignorare che tutti, nel bene e nel male, abbiamo qualcosa di malaticcio nell’aspetto.
Chase mi stringe il braccio, obbligandomi a rallentare e a fermarmi al suo fianco. Philippe ci lancia solo una veloce occhiata, prima di commentare qualcosa sull’auto. Ho il sospetto che stia cercando di attirare l’attenzione per lasciarci un attimo di tempo da soli. Chase comincia. «Rimango dell’idea che andare senza di me sia stupido.»
E questo, oltre ad averlo già detto, poteva dirlo anche di fronte agli altri. «Sì. Beh … sei il nostro colpo di scena.»
Non ride. Pessimo modo di sdrammatizzare la situazione. «Non mi piace lasciarvi andare da soli. Ho sempre la sensazione di non vedervi tornare.» Mi lascia il braccio, sfiorandosi il suo sinistro e spostando nell’altra spalla la borsa del negromante. «Ora non posso neppure sapere se voi state bene o meno.»
Alzo le spalle. «Hai visto abbastanza del mio corpo per sapere che siamo messi male. E che non sono per niente sexy.»
   «Non direi così.» Riesce a incurvare le labbra. «Lo specchio del bagno ha mostrato un bel corpo. E se non fossi sempre imbrattata di sangue, direi che hai delle belle gambe. Anche se questo potrebbe essere considerato disgustoso.»
   «Chase.»
Mi sfiora con le labbra la fronte. «Lo so. Ne riparliamo quando tornate. Adesso ti devi concentrare su Johannes.»
Gli do un buffetto sulla spalla, seguendo Robert in macchina. «Sì. Faccio il culo nero a quel cazzone.»
Mi siedo sulle gambe di Robert, sia perché quelle di Jamar sono occupate da Julia, sia perché sedermi su Philippe sarebbe abbastanza crudele, per almeno due ragazzi. Chase picchietta con le nocche al finestrino del guidatore, Warren dà un colpo di clacson e partiamo. Me lo immagino, il povero sventurato, che esce di casa e non si ritrova la sua vettura.
Mi muovo a disagio, appoggiandomi ai sedili davanti. Eliza mi lancia solo una veloce occhiata. «Okay. Andiamo all’Ordine. Non occorre che cerchiamo di non farci vedere. Anzi. Più attiriamo l’attenzione, più velocizziamo il tutto.»
Philippe colpisce la spalla di Warren. «Fai un testacoda all’arrivo.»
Jamar ridacchia, mentre io cerco di esprimere il mio disappunto. Beh. In effetti tutti quelli dell’Ordine presenti nell’edificio potrebbero uscire. E sono convinta che i testimoni ci possono aiutare. Di certo non incasinarci. Robert muove le gambe. «Sta scherzando, vero Bel?»
Scuoto la testa. «No, niente testacoda. Ci ammazzi tutti. Appena arrivi dai qualche colpo di clacson. Devono sapere che siamo lì.»
Warren volta all’incrocio, in silenzio. Mentalmente sto sperando che non faccia di testa sua. So che non è nel carattere di Maximus. Fare l’opposto di quello che si dice era in quello di Damide e, fortunatamente, Jamar è lontano da qualsiasi punto dove può combinare qualche casino.
Arriviamo nel piazzale della cattedrale. Ci sono delle macchine, il che ci rincuora nel sospettare che ci possa essere qualcuno di esterno all’Ordine. Come detto, Warren appoggia la mano al clacson e lì ci rimane per più tempo di una semplice suonata di arrivo. Alzo un sopracciglio, ma facciamo in tempo a uscire tutti e lui è ancora lì a strombazzare. Probabilmente, dovunque sia Chase, si starà guardando in giro e cercherà di capire chi sta continuando a suonare.
Warren scende dalla macchina, sgranchendosi le ossa e abbozzando un sorriso. «Solo un colpo di clacson, capo.»
Rimbrotto e ingoio la risposta. Entriamo nella cattedrale. È un mistero sul perché nessuno ci accoglie. Con il rumore fatto, mi aspettavo Johannes in persona alla porta. Senza degnare di uno sguardo al crocefisso, imbocchiamo il corridoio. Sono la prima della fila e sto seguendo una mia qualche intuizione. O sono le voci che mi stanno guidando? Sento un leggero bisbiglio da qualche parte e, arrivata a una porta, la apro con forza. All’interno ci sono parecchie persone.
E c’è pure Johannes.
Un uomo, il più giovane, si muove nervosamente e incontro lo sguardo eccitato di padre Samuel. È quello che, palesemente, è più felice di vederci. Un uomo grassoccio e dal viso roseo come il sedere di un porcello fa un grugnito. È quello, all’opposto, meno contento di sapere che siamo qui. Mi punta un dito grassoccio. «È chiuso. Niente visite guidate.»
Abbozzo un sorriso e fisso Johannes. È impreparato ad accoglierci ma, quando incontra i miei occhi, ha un guizzo e si ricompone. Si alza dalla sua sedia e con tre falciate è al mio fianco. Appoggia le sue mani alle spalle, lo stesso gesto di benvenuto che ci dava ogni volta che tornavamo da una missione particolarmente dura. È il segnale. Lui sa di Chase. Sa della sua dipartita. Philippe si irrigidisce al mio fianco e so che qualcun altro ha ormai avuto la certezza. Siamo tra i leoni.
   «Dalila! Non mi aspettavo una vostra visita!»
Guardo Johannes, poi gli altri. Anche l’uomo porcello abbassa il dito, sillabando il mio vecchio nome. Direi che quelli sono i nostri sostituti di questo secolo. Beh, niente male davvero. Dubito che qualcuno abbia mai visto un fantasma prima della Città degli Spiriti. Qualcuno mi colpisce con una mano il sedere. Una volta o l’altra, Jamar si prende una sberla. «Pensavo lo voleste sapere. Abbiamo trovato il negromante.»
È chiaro che non se lo aspettava. Le sue mani alle mie spalle allentano la presa. Stupito, scioccato, deluso? Molto probabilmente un po’ di tutto. Con una mano scosto le sue. Anche quel gesto, per Johannes, ha il mio stesso significato. Stiamo prendendo le distanze da lui. Come se me accorgessi solo in quel momento, guardo la congrega alle sue spalle. «Direi che abbiamo disturbato l’incontro.»
Johannes alza una mano, padre Samuel invita quelli che si sono alzati a riprendere posto. Sono seduti in cerchio, su delle sedie elaborate, anche se hanno tutto l’aspetto di fare un incontro degli Alcolisti Anonimi. Due di loro, per lo meno, hanno l’aspetto malaticcio e i tremori alle mani di chi è avvezzo a qualche vizio. Ci sorride, invitandomi all’interno del cerchio. In mezzo a tutti quei leoni. Pare notare la nostra titubanza, perché non insiste. Anzi. Con un altro cenno a padre Samuel, le sedie si girano verso di noi. Ci ritroviamo a essere fissati da degli sconosciuti, alcuni non molto felici del nostro arrivo.
Alle mie spalle sento il bisbiglio di Jamar. «Merda.»
Johannes prende posto. «Nessun disturbo per voi. Gli esorcisti sono sempre i benvenuti. Mi dispiace che non ci siano sedie per farvi accomodare.»
Alzo un sopracciglio, Johannes impallidisce. Sì, beh. Il fatto di sentire le menzogne ha i suoi lati negativi. So che mente, quindi …. «Il negromante ci ha dato delle informazioni interessanti.»
   «Informazioni? Di che tipo?»
Sto giocando a poker con delle carte disgustose, con la sola speranza di mentire abbastanza bene. Lascio passare un minuto di silenzio, in cui mi prendo la briga di fissare gli uomini seduti. Dovevo immaginarlo. Johannes è stato sempre molto misogino: neppure una donna. «In uno scontro, a Lenape, Titus ha perso la vita.»
Gli altri aspettano una reazione che so non può esserci. Tuttavia, capisco che qualche cosa non va lo stesso. È Julia che me lo bisbiglia all’orecchio. «Ira.»
Johannes è arrabbiato. Cerca di nasconderlo come meglio può, ma anche i suoi gesti mentono. Stringe i braccioli della sedia con troppa forza, le labbra sono contratte ma non come quelle di una persona dispiaciuta. Sta digrignando i denti. E poi, quando parla, lo sento. Sento la sua menzogna accarezzarmi la pelle, infilarsi sotto gli abiti, bisbigliarmi falsità alle orecchie. Mente. Quel che peggio, non può farne a meno anche se conosce la mia natura. «Mi dispiace molto per Titus. Ho letto che era un bravo esorcista.»
   «Il migliore.» Dice Philippe, e lo pensa. Forse è questo che fa male. Lui che invidia Chase.
Mi avvicino di un passo, facendo cenno con la mano agli altri di non muoversi. Gli occhi di tutti sono puntati su di me. È come quando mi sono trovata per la prima volta in quella Città degli Spiriti, con Maximus. Come quella volta, quando ho dovuto bisbigliare a mezza voce tutto quanto a lui, perché intercedesse per me. Perché ero donna. Perché era un periodo difficile. Perché non ispiravo fiducia. Sento la stessa pesantezza di sguardo. Siamo nel nuovo secolo. E io sono decisamente femminista. «Sembra che il negromante sapesse qualcosa sulla morte di Titus. Siamo stati troppo impulsivi. È stato ucciso prima di poter rivelare tutte le informazioni.»
Due uomini bisbigliano tra di loro. Li osservo per capire se sono con Johannes o si trovano lì per sbaglio. Dal labiale intuisco che sanno molto poco. Per lo meno non sanno che cos’è un negromante. Johannes si avvicina al bordo della sedia, come se volesse spiccare il volo. «Cosa vi ha detto?»
   «Ci ha detto che è stato contattato da qualcuno. Qualcuno che noi conosciamo e che non dovrebbe essere vivo.» Fa rabbia il fatto che effettivamente il negromante poteva dirci qualcosa del genere. Sappiamo per certo che era in contatto con Ridley, solo che quando ho riportato in vita Chase ancora non sapevo del suo coinvolgimento. Cerco di pensare come il negromante. Non posso dirlo di averlo conosciuto bene, sebbene sia stata per causa mia che è morto, però di una cosa sono sicura: conosceva i punti deboli di chi aveva davanti. Sapeva che avrei fatto di tutto per riportare in vita Chase; sono certa che Ridley abbia detto a lui più informazioni di quante Johannes si sarebbe arrischiato a dare. E sospetto che anche il nostro vecchio mentore lo sappia. «Non ha mai detto i nomi, anche se si è fatto sfuggire che sono tre. Tre persone che nel nostro passato hanno attentato alla nostra vita. Due li conosciamo.»
Sto fissando Johannes. Il poco di colore nel viso gli è scomparso, attaccandosi dispettoso agli occhi. Sembrano quelli di un drago che ha trovato la sua vittima. O quelle di un uomo disperato che sa di essere stato messo all’angolo. Sorrido, rassicurante. «Non sappiamo ancora chi possa essere la terza persona.»
Johannes apre la bocca e ne esce una flebile voce. «Chi … chi sono gli altri due?»
Alzo una spalla. «Su uno è solo un sospetto.» Punto tutto sul fatto che ho detto essere un maschio. «L’altra deve essere mia sorella Malachite. Lei stessa mi ha detto di averci traditi. Me lo ha detto nel passato … lo ha ripetuto in questo secolo»
Dalla sua espressione, e dal fatto che conosco mia sorella meglio di quanto apprezzi, so che non gli ha detto che ci siamo incontrate. Tic tac. Di chi ti fidi, ora? L’Inquisitore è già compromesso, ma ora ti trovi anche Malachite. Giro lo sguardo, cercando Julia. Mi abbozza un sorriso e un piccolo cenno con il capo. Ottimo. Abbiamo ottenuto un po’ di informazioni.
Arretro di un passo, dilungandomi in un altro sorriso falso nei confronti di Johannes. «Non abbiamo altre informazioni. Pensavamo voleste essere messi al corrente.»
L’uomo annuisce, portandosi una mano al mento. «Certo certo. Mi raccomando di fare attenzione.»
   «Lo facciamo sempre, quando entriamo nella tana del leone.»
Non l’ho detto con quell’intenzione, ma Johannes ha drizzato il capo e ha compreso più di quello che volevo. Ho usato una vecchia battuta, detta in un momento non molto opportuno, e lui ha capito qualcosa di più. Lui lo sa.
Ha capito che siamo implicati.
Jamar e Warren hanno una pessima tempistica, perché mi volto appena per vederli sogghignare e capisco anch’io. Siamo compromessi.
Da lì in poi, siamo in caduta libera.
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Fantasmi / Vai alla pagina dell'autore: Sarah M Gloomy