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Autore: Luxanne A Blackheart    30/12/2016    1 recensioni
Costantinopoli, 1518, Sublime Stato Ottomano.
Ibrahim Pargali Pascià, il Gran Visir, giunge a Palazzo Topkapi con un regalo speciale per il suo sultano. Si tratta di Roxelana, una schiava dai lunghi capelli rossi e la pelle bianca come il latte. Roxelana è stata venduta ad Ibrahim in cambio di soldi. Verrà condotta nell'harem di concubine di Süleyman il Magnifico. Nonostante l'amore incondizionato e puro che il suo padrone le dimostra, la rossa non si sente a casa, poiché non vuole essere una semplice schiava del piacere. Ella non vuole essere la favorita del sultano, vuole la libertà. Il suo animo ribelle e combattivo non si fermerà davanti a nulla pur di raggiungere il suo scopo: il potere. Non si fermerà neanche davanti all'omicidio e alla morte. A tutto ciò si aggiunge l'odio viscerale e l'amore proibito che le accecano la vista, emozioni che non sono destinate a Süleyman . Sentimenti contrastanti che la faranno impazzire.
Cosa rimarrà della schiava dai capelli rossi quando il destino chiederà il conto?
STORIA IN REVISIONE.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Roxelana si affacciò ad uno dei balconi che davano sul giardino. Era finalmente primavera e i fiori più belli erano sbocciati, abbellendo tutto palazzo Topkapi.
Aveva deciso, quella mattina, di legare i capelli in una semplice treccia, proprio come quella che si faceva quando era al villaggio. Voleva essere semplice, disintossicarsi un po' da tutto quel lusso, dal suo nuovo essere, era una sorta di ritorno al passato prima del fidanzamento che avrebbe decretato la morte della sua vita precedente.
Lei e Selim, fra una settimana, si sarebbero fidanzati ufficialmente. Il popolo avrebbe finalmente udito la data del loro matrimonio, lei sarebbe diventata una potente sultana e non più una schiava scelta solamente per il colore dei suoi capelli.
Tutto ciò che desiderava cominciava ad avverarsi... Ma perché si sentiva così malinconica allora? Aveva tutto. L'amore, la ricchezza, il potere, l'amicizia. Perché continuava a sentirsi in gabbia? Era libera, quella sera Selim l'avrebbe resa libera, le avrebbe fatto il regalo più bello della sua vita. Cosa aveva che non andava?
-Sai, non mi abituerò mai a queste temperature così caldi e miti. La neve scorre nelle mie vene; sono costantemente fredda, lo senti anche tu quando mi tocchi. - Disse portandosi una ciocca di fuoco dietro l'orecchio. Quel giorno indossava un abito blu, che le risaltava gli occhi e la carnagione chiara.
Si rivolse all'uomo che l'aveva affiancata in quel momento, guardandolo.
Il sole gli illuminava il viso rendendo i suoi occhi chiari, di un particolare verde, come quello del mare. I capelli corvini erano disordinati, poiché si era tolto il turbante che adesso teneva stretto sotto il braccio, mentre fra le mani aveva due margherite e un giglio.
Roxelana gli sorrise, desiderando di poggiare il capo sulla sua spalla e farsi accarezzare la pelle del viso dalle sue grandi e callose mani. Farsi coccolare da Ibrahim era strano. Non sapeva spiegare il motivo, ma le sue mani rovinate dal lavoro di schiavo, così diverse da quelle lisce e delicate di Selim, sapevano trasmetterle più emozioni di quanto il suo sultano sapesse fare.
Il Gran Visir si guardò intorno, prendendola per mano e nascondendosi dietro una colonna, mentre si chinava su di lei, baciandole teneramente le labbra. Roxelana sorrise, lasciandosi coccolare da lui; sapeva che era rischioso lasciarsi andare così alla luce del giorno, ma aveva bisogno di amore.
Ibrahim le accarezzò la guancia, sistemandole i fiori tra i capelli. Poi la lasciò andare, rimettendosi il turbante fra i capelli e schiarendosi la voce.
-Questa non è la tua terra, è normale, rossa. Non ti abituerai mai, non sentirai mai quel sapore familiare del cibo, quell'odore caratteristico o quell'espressione particolare che ti ricorderà la Russia. Non sentirai mai, per quanto tu lo desideri, quel sentimento, quel brivido, che ti attraversa il corpo da cima a piedi quando calpesti la tua terra. Questa non è casa e non lo sarà mai... Ma per noi, considerata la nostra posizione sociale, è diverso. Tu sarai la nuova sultana e io sono il Gran Visir, entrambi prendiamo decisioni importanti su questo regno, gli alti ci credono ottomani al cento per cento. Non possiamo manifestare questo nostro sentimento, sarebbe troppo pericoloso. -
-Che differenza fa, dopotutto? Non torneremo mai a casa, non rivedrò mai i miei genitori e tu non tornerai mai in Grecia. Siamo intrappolati in questa lussuosa prigione, non siamo liberi, nonostante io stia per esserlo e tu lo sia da decenni. - Roxelana sbuffò, accarezzando la guancia dell'uomo, resa ruvida da tutta quella barba. - Non trovi che il destino abbia un macabro senso dell'umorismo? Quando eravamo liberi, desideravamo il lusso o almeno avere un tetto sotto la testa, un bel pasto caldo da poter mangiare, il necessario per vivere come si deve... Adesso invece abbiamo tutto ciò che desideravamo in precedenza, ma vogliamo la libertà di quei giorni. -
-Pensavo che questa vita ti piacesse. Cosa c'è che non va? Selim ti ha... -
-No, niente di tutto ciò, Ibrahim. Questa vita mi piace, ma sento la mancanza dei miei genitori. -
-Almeno i tuoi sono ancora vivi. -


*** ***
Iksander entrò nella stanza senza bussare. Hatice e le sue serve erano sedute in cerchio a cucire, mentre chiacchieravano di succosi pettegolezzi.
-Hatice Sultan, noi due dobbiamo parlare di qualcosa di estremamente importante. - Disse Iksander senza fiato, torturandosi le mani.
Hatice lo guardò in modo interrogativo con un sopracciglio alzato. Le serve che fino a quel momento stavano osservando i due, abbassarono lo sguardo ridacchiando.
-Allora dev'essere qualcosa di molto importante e spero una delle vostre sciocchezze per farvi dimenticare le buone maniere, Iksander Pascià. -
Il visir arrossì leggermente, borbottando delle scuse incomprensibili, mente si rimetteva il turbante in testa e si abbottonava la giacca rossa.
-Vi pregherei di lasciarci da soli. - Hatice sorrise alle serve, posando il suo set da cucito su una delle sedie che si liberarono, dopo che le donne si dileguarono velocemente. - Prego, sedetevi accanto a me. -
-Preferisco restare qui, perché se la vostra risposta sarà negativa, potrò andarmene il più velocemente possibile e sprofondare nella vergogna. -
-Oh, bene, parlate allora! -
Iksander prese coraggio, ma ci fu solamente una lunga pausa nella quale Hatice Sultan guardava il suo corteggiatore, non capendo cosa stesse cercando di dirle, poiché egli borbottava e cominciava frasi che alla fine non terminava.
Era agitato, non lo aveva mai visto così e questo la spaventava.
-Iksander, coraggio ditemi ciò che avete da dirmi senza agitarvi così inutilmente. Mi state preoccupando con questo vostro comportamento -
L'uomo sospirò l'ennesima volta, stingendo i pugni verso i fianchi e dirigendosi verso la ragazza a passo di marcia con un espressione decisa in volto. Afferrò la principessa per le braccia e la baciò sulle labbra con un impeto tale da lasciarla senza parole.
Hatice arrossì visibilmente, rimanendo a bocca aperta. Non si era mai preso certe libertà prima d'ora e sinceramente pensava che non lo avrebbe mai fatto. Era diverso da Ibrahim.
-Voglio che voi mi sposiate, Hatice Sultan. Non voglio che il nostro matrimonio accada dopo quello di vostro fratello, ma adesso, in questo esatto momento o se proprio devo aspettare domani. Questo corteggiamento è andato troppo per le lunghe e in questi tre mesi vi ho dato tutto, ho cercato di farvi capire cosa voi significate per me. Mi siete entrata dentro, Hatice, mi sono perdutamente innamorato di voi. Mi piacete così tanto che se voi mi chiedeste di afferrare la luna e portarvela come pegno d'amore, lo farei senza pensarci due volte. Vi amo e per questo motivo spero che voi mi sposiate e rendiate questo pover'uomo, l'uomo più felice della terra. - Iksander fece una pausa, notando che l'espressione della donna non era cambiata, anzi era peggiorata. Bocca e occhi spalancati e un brutto colorito pallido. Sembrava sul punto di svenire. - Sposatemi, Hatice, sposatemi e sarò l'uomo più felice della terra. -
-Io... Io non so davvero cosa dire, mi avete preso alla sprovvista. -
-So che sono brutto, non ho tecnicamente un bel viso o delle maniere europee come Ibrahim Pascià ed è per questo motivo, credo, che egli piaccia molto al sesso femminile e anche a quello maschile... Ma io so farvi ridere e posso davvero rendervi felice, se me lo concederete. - Iksander abbassò lo sguardo, schiarendosi la voce, vedendo che la risposta da parte della principessa tardava ad arrivare. Si sentiva uno stupido, era a disagio e Hatice si impietosì, guardandolo in quello stato.
-Non è del vostro aspetto esteriore che mi sono innamorata, Iksander Pascià, anzi esso non mi dispiace per niente. - L'uomo alzò la testa di scatto, guardandola ad occhi spalancati. Si era certamente aspettato un rifiuto. - Siete l'unico uomo che mi fa sentire in pace con me stessa, che mi fa tenerezza e che mi fa ridere, ma allo stesso tempo esasperare con le vostre battute. -
Il sorriso che Iksander le rivolse era luminoso come tutte le stelle dell'universo: - Quindi la vostra risposta è un sì o un no ? -
-Ovviamente è un sì. Ma non crederete sul serio che io vi sposi oggi o domani, bisogna organizzare tutto, parlare con mio fratello, far realizzare il mio abito... Ci sono un sacco di cose da fare e io sono pur sempre una principessa! -
-Al diavolo il vestito e tutti i preparativi, voi mi avete dato il vostro consenso e non ci sarà niente che mi fermerà dal rendervi mia per sempre. Per me siamo già sposati! -
Iksander le corse incontro, prendendola in braccio e facendola volteggiare per la stanza. Hatice rise, lasciandosi baciare un'alta volta timidamente.
Sarebbe finalmente stata felice con lui, era riuscito ad entrarle nel cuore.


*** ****


Quando Ibrahim se ne fu andato, lasciandola da sola, Roxelana decise di ritirarsi nelle sue stanze per riposarsi prima della cena. Si sentiva terribilmente triste, stanca e distrutta, non sembrava certamente una che di lì a poco si sarebbe maritata con un potente sultano.
Tuttavia quando varcò la soglia della sua camera vi trovò l'ultima persona che avrebbe potuto essere lì.
Gulbahar.
Era seduta sulla sua toeletta e stava provando una collana d'oro, una delle tante che Selim le aveva regalato per qualcosa.
La donna le sorrise attraverso lo specchio, squadrandola da capo a piedi, prima di posare il gioiello nel portagioie e alzarsi per fronteggiarla.
-Bei fiori, chi ve li ha dati? - Disse ironicamente, guardandosi intorno per poi osservarsi le unghie. - Sembrate molto sciupata, che succede? -
-All'improvviso volete diventare la mia migliore amica? Fatemi il favore, Gulbahar e ditemi cosa volete. - Borbottò Roxelana, posando sul letto il diadema e slegandosi i capelli dalla treccia. I fiori rimasero impigliati fra le ciocche e la ragazza li lasciò lì, li avrebbe tolti più tardi.
-So della vostra storia con Ibrahim e dirò tutto a Selim. Non dovevate minacciare mio figlio, puttana, mio figlio è l'unica cosa senza colpe e senza peccato e quando Selim saprà anche questo, beh, per voi non ci sarà più via di scampo. Vi caccerà per sempre dal castello e ritornerà fra le mie braccia. - Gulbahar ghignò, salutandola con un gesto della mano e uscendo dalla stanza.
Roxelana sbiancò, cadendo per terra senza fiato.
Non poteva credere alle sue orecchie? Come faceva a sapere di loro due? In quei due mese erano stati attenti a non farsi vedere, come poteva sapere? E anche se non fosse stato vero, se le sue fossero state solo supposizoni, si era tradita da sola. Non aveva detto niente per convincerla del contrario, anzi era persino sbiancata!
Era rovinata, Selim l'avrebbe decapitata e assieme a lei Ibrahim. No, non poteva permetterselo, non poteva gettare all'aria tutto ciò che aveva costruito poco alla volta, non le avrebbe permesso di rovinarle la vita.
Doveva agire al più presto e sapeva cosa fare.


*** ***


Selim non vedeva la sua futura moglie da tutto il giorno. Aveva avuto da fare tutto il giorno con questioni di politica interna ed esterna, era stata una giornata al limite dello stress e adesso aveva mal di testa. Pensava di rivederla a cena, ma non si era presentata.
Adesso si stava recando da lei, nella speranza di trovarla ancora sveglia, aveva bisogno di sentire il suo dolce profumo e vedere il suo bel viso. Era diventato totalmente dipendente da quella donna, creta fra le sue mani, lo sapeva bene questo, ma non poteva farci niente. L'amava.
Bussò alla sua porta due volte.
-Chi è? - Chiese una voce soffocata dalla porta pesante. La sua voce.
-Sono Selim, posso entrare? - C'era qualcosa che non andava, pensò il sultano.
-No, ti prego, Selim non entrare. Non voglio che tu mi guardi in questo stato! - Nella sua voce c'era panico e agitazione. Non si era mai negata a lui prima d'allora. Neanche quando aveva la febbre.
-Ma cosa dici, Hurrem, fammi entrare. Voglio vederti, è tutto il giorno che non ci vediamo! - Selim afferrò la maniglia, spingendola verso il basso e poi entrando nella stanza. La ragazza era stesa nel suo letto, indossava un velo che le copriva il capo e il viso, lasciando liberi solo i suoi bei occhi verdi. Tremava, come impaurita. Selim la guardò preoccupato, aggrottando le sopracciglia. Che cosa aveva?
-Non avvicinarti Selim, non voglio che tu mi veda così, voglio risparmiarti questo dolore, ti prego! - Hurrem si tirò indietro, quando Selim cercò di toglierle il velo.
-Che cosa vuoi dire? Non fare la sciocca e togliti quel dannato velo, voglio vedere il tuo bel viso. E' un ordine! - Il sultano adesso stava cominciando a seccarsi.
-E va bene, ma ti avevo avvertito. -
Quando il pezzo di stoffa rosa cadde per terra, Selim impallidì vedendo cosa era successo al suo angelo, alla donna che amava.
L'avevano picchiata selvaggiamente; aveva brutti ematomi su tutto il viso, il labbro spaccato che continuava ancora a sanguinare e altro sangue secco sul naso. Persino sulle braccia c'era traccia di tutta quella violenza.
-Non guardarmi così, ti prego. Volevo risparmiarti questo dolore ma tu non mi hai ascoltata. - Hurrem cominciò a piangere, singhiozzando copiosamente, noncurante che ogni singhiozzo provocava dolore.
-Chi è stato? Chi ti ha ridotta così? - Nella voce del sultano c'era rabbia, furore, avrebbe ucciso e severamente punito chiunque l'aveva ridotta in quello stato.
-Non posso dirvelo, ha minacciato di uccidermi! -
-Dimmelo! - Il sultano urlò, spaventando la ragazza.
-Gulbahar, è stata lei. Ma è inutile, lei negherà tutto! -
-Perché lo ha fatto? -
-Era gelosa di me, lo è sempre stata. Vuole essere lei la tua sultana. -
Selim serrò pugni e mascella, per poi gridare: - Guardie! Portatemi qui Gulbahar. -
Era livido, rosso di rabbia e furore, Gulbahar stava per imbattersi nell'ira del sovrano.



SPAZIO AUTRICE!
Buonasera a tutti!
scusate per il ritardo ma avevo una sorta di blocco dello scrittore! :(
Speero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere con un commento e mi scuso per eventuali errori!
Vi auguro un felice anno
nuovo e anche auguri passati di Natale!
Alla prossima!
   
 
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