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Autore: KindlyLight    31/12/2016    1 recensioni
Se Vector non fosse cambiato e se Dumon fosse più fragile di quanto sembri? Se Shark fosse l'unico ad accorgersi di quel dolore che affligge il suo amico ma non fosse in grado di aiutarlo?
Ma soprattutto, se Dumon non volesse farsi aiutare perché crede che ciò che Vector gli fa se lo meriti?
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bekuta/Vector, Durbe/Dorube, I Sette Imperatori Bariani, Ryoga/Shark
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza
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​II Capitolo




Dumon era immobile, girava le spalle a Shark.
Reginald osservava la pelle pallida dell’amico che ricopriva appena ossa e muscoli. In quel momento cominciò a tremare.
“Basta Dumon, lo sai, se farai così quando ci sarà Vector sarà una tortura peggiore! Basta!” Dumon stava cercando di contenersi, ma l’effetto finale era tutto tranne quello che voleva.
Shark chiuse la porta alle sue spalle e Dumon sussultò non appena la sentì chiudersi, non sapeva se lo spaventava di più l’idea che Reginald se ne fosse andato o che fosse rimasto; poco dopo sentì il letto scricchiolare, Shark si era seduto sul bordo e stava ossevando la porta.
-Shark, va via, per favore. Va via!-
-Dumon, non puoi soffrire così.-
-Non sto soffrendo.-
-Credi che ti ami?-
-Mi ama!-
-Tu lo ami, l’amore che vedi nei suoi occhi è solo il riflesso del tuo. Dumon, devi svegliarti, non puoi farti trattare così!-
Dumon non era certo di amare Vector; Dumon non sapeva della sindrome di Stoccolma, è veramente terribile, ti fa amare il tuo carnefice, ti fa credere di essere amato, e invece altro non è che una gabbia priva di uscita.
-Lui mi ama.- Lo stava dicendo più a se stesso che a Reginald.
-Dumon, posso capire tutto, ma quelli non sono segni che lascia l’amore.-
-Va via!-
Dumon aveva urlato, aveva la schiena inarcata in avanti, i suoi occhi erano irritati dalle lacrime, lo sterno si alzava e abbassava velocissimamente e a un ritmo instabile. Shark era preoccupato, troppo preoccupato, eppure non poteva far nulla, non in quel momento.
-Se mai ti verrà voglia di parlare… Io sono disponibile.-
-Non ho bisogno di parlare.-
Shark uscì dalla stanza.
Dumon si asciugò le goccioline salate e si impose di smetterla, se Vector fosse tornato e lo avesse visto così si sarebbe infuriato e allora sarebbe stato peggio. Si ricompose un attimo e tornò sul letto. Si sentiva terribile, si sentiva sporco di qualcosa di incancellabile, si sentiva vuoto e colpevole. Si sentiva così inutile e tristemente solo che quando stava con Vector su quel letto si sentiva quasi utile, si sentiva quasi amato, poi il dolore aveva il sopravvento e non sapeva più come fare.
L’incubo dei suoi pensieri si materializzò davanti a lui e sorrise.
Sempre quel sorriso.
Quel sorriso beffardo da carnefice pronto a distruggere la vita alla propria vittima ancora una volta.
Vector si avvicinò al letto e passò una mano sulla spalla pallida e scoperta del ragazzo e questo si lascò andare sul materasso, sapeva già cosa sarebbe successo, sapeva già che sarebbe stato come ogni altra notte.
Per un attimo guardò la sveglia sul comodino, le 22:30.
“Sempre in perfetto orario.” Pensò amaramente Dumon prima che Vector si avventasse sul suo fragile corpo.






Sindrome di Stoccolma: Con l'espressione sindrome di Stoccolma si intende un particolare stato di dipendenza psicologica e/o affettiva che si manifesta in alcuni casi in vittime di episodi di violenza fisica, verbale o psicologica. Def. Dizionario Medico.

   
 
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