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Autore: Berry Depp    01/01/2017    5 recensioni
Dal quinto capitolo:
-Non potrebbe...- tentò Judy, imbarazzata –Essere tuo figlio?
-Eh?- Nick sobbalzò –Sei impazzita?
-Beh, sai... magari tu hai...
-Io non "ho" un bel niente!
-Ne sei certo?
-Se ti dico che non è mio figlio, puoi stare certa che non è mio figlio- terminò Nick, al limite tra l’imbarazzo e l’incredulità.
-Okay, okay, rilassati- fece lei, sollevando le zampe in segno di resa.
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Un vecchio caso non risolto ed una novità piuttosto scomoda. Il passato di Nick, quello del capitano Bogo ed un'agghiacciante verità. Il mio tono serioso perché fa figo. Questo e molto altro in "Like father like son".
Genere: Azione, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Easter Eggs n° 0
 
                Finta di niente. Nick sembrava fare finta di niente, come se quello che era successo quella mattina fosse stata una delle loro solite chiacchierate, come se avesse fatto una battutina delle sue per metterla in imbarazzo e fingere poi di non averlo mai detto. Ora se ne stava letteralmente appallottolato sulla poltrona del salotto, avvolto in un plaid rosso e tirava su col naso, gli occhi lucidi e rossi. Sembrava un cucciolo che sapeva di aver combinato qualcosa di brutto e faceva di tutto per evitare il contatto visivo con la mamma.
                Non aveva febbre, ma gli bruciava la gola, aveva il naso chiuso e non aveva smesso di starnutire un momento, sulla strada per tornare a casa. Dovevano essere i sintomi del colpo che si era preso sotto la pioggia, la notte che era arrivato Ron e che si presentavano solo adesso. Judy si era offerta di restare per preparargli qualcosa che potesse farlo stare meglio; in un primo momento lui si era ribellato, dicendo che poteva cavarsela benissimo anche da solo, ma l’interminabile colpo di tosse che gli impedì di terminare la frase aveva parlato da solo. Ora la coniglietta era in cucina e preparava la sua famosa zuppa alla Judy, un minestrone speciale di cui sua nonna le aveva lasciato la ricetta e che cucinava sempre ai suoi fratelli quando stavano male. Era una specie di ambrosia per la gola infiammata e le vie nasali otturate. Ron Ron osservava attentamente ogni suo movimento, appollaiato sulla cucina, e annusava in estasi il profumino che proveniva dalla pentola. Lei ridacchiò, immerse un cucchiaio nel brodo, vi soffiò sopra e glielo fece assaggiare. Il cucciolo emise dei versetti deliziati, prima di saltare giù dalla cucina e dirigersi dal suo papà. Judy quasi non fece caso ad aver pensato quella parola con tanta naturalezza.
                -Il pranzo è servito!- esclamò, portano il piatto a Nick, rimasto sulla poltrona con Ron Ron in grembo. La volpe provò a borbottare qualcosa, ma il bruciore di gola gli fece uscire dalle fauci un verso mozzato tutt’altro che intimidatorio. Controvoglia, ingoiò una cucchiaiata producendo un suono di risucchio che fece fare una smorfia a Judy e fece ridere il cucciolo.
                -Com’è?- chiese lei, sicura di conoscere la risposta.
                Lui esitò, poi mugugnò: -Non male.
                La coniglietta inarcò un sopracciglio: stava mentendo, amava la sua zuppa. Tutti la amavano.
                Come a voler confermare quel suo pensiero, in pochi secondi Nick finì la zuppa quasi leccando il fondo del piatto e chiese se ce ne fosse dell’altra. Lei, per dispetto, rispose che era per sé e per Ron e che, se “non era male”, non doveva sforzarsi per mangiarne ancora, ché quella razione sarebbe bastata a farlo stare meglio.
                Così fu, dopo qualche minuto Nick era già in piedi e si era chiuso in bagno, per poi uscirne qualche minuto dopo tutto sorridente.
                -Ma che hai?- gli chiese la coniglietta.
                -Ho pensato che ti sei spesa tanto per me e per Ron Ron- rispose lui –Quindi ho deciso che per sdebitarmi ti avrei fatto un regalo che vale più di qualunque altra cosa materiale.
                Judy iniziava a preoccuparsi, quando la volpe si spostò e la invitò ad entrare nel bagno della sua camera, più grande di quello degli ospiti. La luce era spenta e l’ambiente era illuminato da candele alla vaniglia poste sul bordo della vasca, sul lavandino e per terra, e il cui profumo inebriava le narici di Judy. La vasca era colma di schiuma, tanta da non rendere scorgibile l’acqua sottostante, così calda che ne fuoriusciva del vapore.
                -Cosa significa?- chiese lei, confusa.
                -Che ti meriti un po’ di relax, perché io e Ron siamo due maschietti dispettosi e hai bisogno di stare per i fatti tuoi per pensare.
                Judy si chiese se quell’ultima affermazione avesse a che fare con ciò che le aveva detto quella mattina e decise che era così. Stava cedendo, ma non voleva dargliela vinta.
                -Sai che odio l’acqua calda- gli ricordò.
                -Lo so- e lo sapeva davvero, spesso capitava che dovessero restare in centrale e fare la doccia lì, lei la faceva sempre fredda per refrigerare i muscoli, lui la preferiva di gran lunga calda proprio per rilassarli dopo il lavoro. Inoltre per tanti anni non aveva potuto permettersi acqua calda, se non quando riusciva a rubarla dalle case per mezzo di un intricato sistema di tubi prima di essere scoperto perciò, ora che aveva una casa tutta sua e pagava la bolletta, ne approfittava.
                -Ma so anche- continuò con tono saccente –che un bagno caldo fa sempre bene e non si può rifiutare, specialmente se offerto in questo modo da una volpe affascinante come me. Non è bellissimo? Avrei potuto fare il decoratore di interni.
                Judy sospirò: non c’era modo di parlare seriamente di quella mattina, al suo solito Nick stava alzando tutte le barriere per evitarlo.
                -E va bene- acconsentì –Grazie.
                -Di nulla, Carotina.
                Una volta chiusa la porta alle sue spalle, Judy si guardò intorno, a disagio. Doveva ammettere che Nick sapeva il fatto suo, quando si trattava di sedurre, e non sapeva ancora se la cosa la facesse sentire speciale o presa in giro. Scrollò le spalle e si tolse la divisa blu, squadrò la vasca arricciando il naso e decise che prima sarebbe entrata e prima sarebbe potuta uscire. Immerse la punta di una zampa scottandosi, poi entrò piano piano e, una volta immersa del tutto, provò a rilassarsi. C’era quasi riuscita, quando il telefono iniziò a suonare. Sbuffò e, allungando una zampa, lo recuperò: videochiamata di sua madre. Non sarebbe riuscita a rilassarsi nemmeno volendo.
                -Mamma!- esclamò, con un largo sorriso sul muso. Era felice di sentirla dopo tanto tempo, ma sapeva che quello non era il momento adatto.
                -Ehi, Judy, piccola mia! Come stai, è tanto che non ci sentiamo- fece lei. Stranamente, per una volta non aveva cuccioli intorno.
                -Tutto... tutto bene, io e Nick stiamo lavorando ad un caso, sai... le solite cose- no, non le avrebbe detto di che caso si trattava, farla preoccupare sarebbe stato inutile –Voi come state?
                -Alla grande, te l’ho detto che abbiamo aperto un negozio in paese?
                -Ah sì? Ma è fantastico!
                -Sì, insieme a Gideon, nella stessa palazzina ha aperto una pasticceria-ristorante. Ci stiamo allargando!
                La coniglietta era davvero felice, l’essersi messi in società con Gideon aveva aperto ai suoi genitori tante strade.
                -Carotina?- la voce di Nick la fece trasalire e il telefono quasi le cadde in acqua.
                -Eh? Sì?
                -Vado in palestra da Butch, porto Ron Ron con me, va bene?
                -Sì, va benissimo. Divertiti!
                -Ma con chi parli?- chiese Bonnie corrugando le sopracciglia.
                -Con chi parli, Carotina?- chiese ancora la volpe da dietro la porta.
                -Mia madre- gridò lei, con un tono che sottintendeva una minaccia di morte se non avesse chiuso quella boccaccia. Ovviamente, Nick non la colse, o fece finta di non coglierla, molto più probabilmente, visto che quella dannata volpe non si lasciava mai sfuggire niente. E anzi, approfittò della situazione scomoda.
                -Oh, salve, signora Hopps! Come va l’attività?- fece infatti.
                -Ma dove sei?- domandò Bonnie, che iniziava a spazientirsi –Di chi è quella voce?
                -A dopo, Nick!- Judy si lasciò sfuggire quel nome e si coprì la bocca con una zampa, anche se troppo tardi per ritirarlo.
                -Nick?- ripeté Bonnie –Si può sapere dove sei?
                Judy sospirò, si massaggiò le palpebre e cedette: -Sono a casa di Nick, faccio un bagno.
                -Nick... Wilde? Quel Nick?
                -Conosci altri Nick, mamma?
                -E che ci fai nella sua vasca da bagno?- la coniglia più grande stava per avere una crisi di nervi, quindi Judy provò a spiegare velocemente: -Il caso a cui stiamo lavorando ci ha presi parecchio, siamo entrambi molto stressati e a Nick è pure venuta l’influenza, così gli ho preparato la zuppa alla Judy e per sdebitarsi mi ha preparato un bagno caldo.
                Dopo alcuni secondi di silenzio, durante i quali Bonnie squadrò Judy per nulla convinta mettendola in soggezione nonostante avesse detto la verità, la prima a riprendere la parola fu proprio la madre: -Solo per la tua zuppa?
                Solo? La sua zuppa era un dono del cielo, come poteva insinuare che ci fosse altro, oltre la zuppa alla Judy? Bastava e avanzava, per meritarsi un bagno caldo, no?
                No?
                -Solo per la zuppa, mamma- disse Judy, spostando lo sguardo –E... anche per un’altra cosa.
                -Oh, santo cielo!
                -No, no, no! Non è come pensi! Perché tu pensi a...- Judy rabbrividì, nonostante fosse immersa nell’acqua calda.
                -Non lo so, dimmelo tu, Judy- esclamò la madre poggiando una zampa sul fianco. Brutto segno.
                -Nick ha... ha un figlio.
                Di nuovo silenzio. La coniglietta non avrebbe permesso a sua madre di urlare, perciò riprese: -L’ha adottato. Cioè, non ufficialmente, una volta finito di lavorare al caso penseremo alla parte burocratica per l’adozione, ma se l’è trovato l’altro giorno davanti casa e abbiamo deciso di tenerlo.
                -Penseremo? Abbiamo? C’è dell’altro, signorina?
                Non ne poteva più. Prima il caso, poi Nick che si comportava come un cucciolo e ora sua madre che andava insinuando cose che non stavano né in cielo né in terra. Basta così.
                -Anche se fosse?- sbottò –Voi vi siete messi in affari con Gideon, che problemi ci sarebbero se avessi una relazione con Nick?- non sapeva se la sensazione che provò pronunciando quelle parole fosse stata piacevole o meno, accadde tutto così in fretta che non ebbe il tempo di rifletterci –Lavoriamo insieme, siamo amici e lo aiuterò col cucciolo, visto che lui è una frana. Tutto qua.
                -Tutto qua?
                -Tutto qua.
                -Tutto qua- Bonnie sospirò –Va bene, Judy, scusa. Devi essere molto presa da questi ultimi eventi.
                -È così. E anche voi. Siamo tutti molto stanchi. Ora vado, mamma.
                -Va bene, cucciola. Buon lavoro, salutami Nicholas. Ti voglio bene, fai attenzione.
                -Ti voglio bene anch’io.
                Posò il telefono e si immerse del tutto nell’acqua, sperando che come questa attutiva qualunque rumore potesse attutire tutti i sentimenti che ultimamente la stavano scombussolando.
 
                Butch era un vecchio rinoceronte proprietario della altrettanto vecchia palestra dove si allenava Nick. La volpe la preferiva a qualunque altra palestra frequentata da grossi mammiferi con i muscoli pompati e oliati, pieni come un uovo di steroidi e dal cervello grosso come una noce rinsecchita. Quando entrò vide Butch mezzo sdraiato su una sedia che lo reggeva per miracolo, le zampe posteriori stese su una scrivania mangiata dalle tarme.
                -Rosso, è da un pezzo che non ci si vede- lo apostrofò il rinoceronte –Dove hai lasciato la tua Honeybunny?- chiese, riferendosi a Judy. Aveva questa fissa di dare soprannomi a tutti ed era forse l’unico mammifero che in questo modo non infastidiva Nick, che era il primo ad affibbiare nomignoli odiosi.
                -Nella mia vasca da bagno- rispose sorridendo malizioso, sperando di solleticare la sua curiosità. Fallì miseramente, ma solo perché tale curiosità fu attirata dal passeggino rosa e ammaccato che aveva portato con sé.
                -Hai ripreso la vecchia attività?- Butch si sporse sul passeggino e, notando il cucciolo, indicandolo con un grosso dito chiese: -È tua, la caccola?

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Cabina del Capitano:
Ecco il nono, come promesso. Un po' meglio? Si spera... Ma siamo a quel punto critico della storia in cui tutto è sul punto di concludersi e va allo sfacelo. Spero di riuscire a mantenere alto il vostro livello di attenzione, posso farlo quando recito, quando scrivo ci sto ancora lavorando.
Alcuni appunti: l'EE del capitolo 7 che ho dimenticato di rivelare era il nome di Nike, la pipistrellina: è il nome del pipistrello della principessa Luxa della saga Gregor di Suzanne Collins. Leggete, ché fa bene (?); la zuppa alla Judy l'ho benevolmente rubata a Elis_06, mentre Butch è il personaggio che Redferne mi ha chiesto di inserire in qualche modo come ricompensa per aver indovinato un EE. I nomignoli, visto che brava? "Caccola" non è il migliore a cui potessi pensare, ma è stato il primo e l'unico che mi è venuto in mente, mi sono spremuta le meningi, ma era il solo che il mio cervello fuso riuscisse a partorire. Oh beh, peggio per Ron.
Non disperate, nei prossimi capitoli si avranno delle svolte, lo prometto.
BD
P.S. Alcuni di voi hanno riletto la scena del settimo capitolo di cui parlavo con la musica adatta? :3
  
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