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Autore: erenaya29    02/01/2017    1 recensioni
[...] L'ansia era ormai diventata per lui una cara, vecchia e lamentosa amica. Con gli anni aveva imparato semplicemente ad accettarla, ad osservarla, e ad agire con essa. Nei momenti peggiori della sua vita era stata così presente in lui da avergli procurato fitte al petto, costringendolo ad innalzare un muro tra sè e il mondo. C'erano stati dei momenti quando era adolescente in cui era solo, nel letto, ad osservare con grande attenzione le terrificanti ombre che le tende della finestra riproducevano sul suo soffitto. E più di una volta aveva immaginato che sarebbe stato tutto molto più semplice se la sua ansia fosse stata semplicemente una di quelle forme scure, a volte buffe, e che fosse rintanata nella sua stanza. Sarebbe bastato cacciarla via, togliere quelle stupide tende color verde limone che sua madre tanto adorava.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed era ancora lì. Accanto a lui. Si era svegliato alle 5:06 ed erano trascorsi esattamente 3 minuti e 24 secondi in cui aveva fissato il poster attaccato sull'anta destra della sua stanza che ritraeva Victor Nikiforov sorridere. 5:09. E lei era ancora lì. Di solito prende forme diverse, ma quella volta aveva deciso di presentarsi come un masso gigantesco sul petto. Che gli impediva di alzarsi. Non ne aveva parlato mai con molte persone, forse solo con Celestino, ma aveva rifiutato ogni suggerimento di parlare con qualche specialista, forse perchè non voleva effettivamente concepire la situazione come un vero e proprio problema. È normale per gli atleti provare ansia, a volte si ripeteva. Era un ritornello che probabilmente aveva sentito più di 100 volte. A volte capitava che a bordo pista, mentre si riscaldava prima di una competizione, fissasse i suoi avversari senza farsi notare, chiedendosi se anche loro provassero lo stesso. Altre volte bastavano gli incoraggiamenti delle persone prima di una performance ad agitarlo: riusciva chiaramente a sentire il peso delle aspettative, delle pretese, spesso riusciva ad immaginare le loro facce davanti allo schermo se li avesse delusi. C'era stata una volta, prima della sua performance nel Campionato giapponese, in cui aveva chiaramente detto a Celestino di non volersi esibire: ancora una volta l'ansia aveva parlato per lui. Il suo coach alla fine l'aveva obbligato, dopo un'accesa discussione.
Era anche spesso successo che gli avessero chiesto di uscire, ma la sola idea di incontrare persone e trovare argomenti di conversazione lo agitava infinitamente; e puntualmente si ritrovava a rifiutare. Forse era anche per questo che fin da adolescente non aveva mai avuto la fama di avere molti amici. Le uniche persone con cui si sentiva davvero a suo agio erano la sua famiglia, Minako-sensei e Yuu-chan. Nessun'altro, probabilmente. 
C'era stata una volta in cui l'ansia non aveva solo parlato al posto suo, ma aveva anche pattinato al posto suo: la finale del Gran Prix. A bordo pista, prima di eseguire il suo programma, Celestino gli disse qualcosa, ma improvvisamente si bloccò per stringergli la mano. Aveva imparato a conoscerlo e senza che parlasse aveva percepito benissimo che qualcosa non andava. Yuuri era andato in pista, e prima che la musica potesse partire, sentì che ciò che provava non era solo ansia, ma angoscia. Improvvisamente era diventato inconscio di ogni cosa, il flusso di pensieri e della sua coscienza si era interrotto. Ogni pensiero legato a quell'esibizione a volte gli saliva alla testa spontaneo, e lui cercava di allontanarlo puntualmente. Era diventato scuro. Opprimente.
L'ansia era ormai diventata per lui una cara, vecchia e lamentosa amica. Con gli anni aveva imparato semplicemente ad accettarla, ad osservarla, e ad agire con essa. Nei momenti peggiori della sua vita era stata così presente in lui da avergli procurato fitte al petto, costringendolo ad innalzare un muro tra sè e il mondo. C'erano stati dei momenti quando era adolescente in cui era solo, nel letto, ad osservare con grande attenzione le terrificanti ombre che le tende della finestra riproducevano sul suo soffitto. E più di una volta aveva immaginato che sarebbe stato tutto molto più semplice se la sua ansia fosse stata semplicemente una di quelle forme scure, a volte buffe, e che fosse rintanata nella sua stanza. Sarebbe bastato cacciarla via, togliere quelle stupide tende color verde limone che sua madre tanto adorava. Sei un ansioso per costituzione. Una volta gliel'aveva detto Phitchit. Se l'ansia fosse stata un parametro fisico, probabilmente lui si sarebbe potuto definire così. Aveva sempre apprezzato il modo dolce del suo amico di dirgli le cose.
Da quando Victor è entrato nella sua vita non sa dire quanto effettivamente sia cambiata. A volte si alza ancora alle 5:06, perchè ancora una volta non riesce ad assopirsi, ma sa sicuramente che si alzerà perchè alle 8:58 si troverà in pista, pronto per l'allenamento. Anche se le prime volte la consapevolezza della sua incapacità l'aveva portato alle cattive abitudini, a rintanarsi nella sua stanza per giorni e a necessitare di una chiusura categorica tra sè, il mondo, e Victor. Durante la Coppa di Cina, per l'ennesima volta gli auguri dei suoi amici l'avevano spaventato a morte obbligandolo a passare un'altra notte in bianco. Complimenti, Yuuri. Eravamo tutti al settimo cielo! Non ti abbiamo mai visto pattinare così bene! Continua così anche nel libero! In bocca al lupo! Le voci gli risuonavano nella testa mentre la teneva stretta sotto al cuscino, come se stessero uscendo ancora dal telefono. Eppure quella notte la figura di Victor, dolcemente adagiata sul letto accanto al suo, lo incoraggiò silenziosamente. 
Più di una volta si era ritrovato a pensare all'inesperienza di Victor come suo coach. La sua instabilità non era certo migliorata col tempo, e aveva notato che l'altro spesso non sapeva come reagire. Alla Coppa di Cina voleva incoraggiarlo, con l'unico effetto di averlo fatto piangere. 
Tuttavia Victor gli aveva fatto realizzare inconsciamente che la sua ansia non influenzava la sua competitività, anzi, magari la alimentava. La paura di non soddisfare il suo coach si trasformava inevitabilmente nel giocarsi il tutto per tutto pur di soddisfarlo e di essere il migliore.
L'ansia lo aveva stretto nella sua morsa anche dopo la realizzazione di ciò che Victor provava per lui. L'abbraccio, il loro primo bacio, e poi gli anelli. Gli sembrò come tornare indietro, come quando cominciava a chiedersi il motivo per cui Victor fosse interessato a lui, e del perchè trovasse ispirazione in lui. 
Non è mai stato semplice. E la sua ansia per costituzione non lo aveva aiutato la prima volta con Victor. Si era sentito costantemente fuori luogo, improvvisamente consapevole del suo corpo forse troppo morbido e dei suoi capelli trasandati. Aveva cominciato a chiedersi se davvero fosse stato in grado, se davvero gli andasse bene. Gli aveva detto che era bellissimo prima di spingersi in lui. Cosa vedi in me, Victor? In che modo ti ispiro?
Sono le 5:06 ancora una volta. Ha imparato a capire che a San Pietroburgo la notte è lunga e l'alba tarda, e che la temperatura non va quasi mai sopra dei 0°. Dalla finestra dell'appartamento di Victor si vedono palazzi, milioni di palazzi, che a Yuuri senza occhiali sembrano solo piccoli pacchetti rettangolari. Tra questi riesce a distinguere l'Ermitage, un importante galleria d'arte, solo perchè Victor gliel'ha indicata il giorno prima.
I suoi occhi si soffermano sulle rigide linee del mento del suo compagno, che dorme accanto a lui, le gambe intrecciate nelle sue. La sua schiena viene delineata dolcemente da una linea rigorosa, che si ferma al bacino, scolpendo perfettamente i glutei. Chiude gli occhi per un attimo ma il respiro caldo di Victor, divenuto leggermente irregolare, lo avverte che si è svegliato. Le iridi chiare si proiettano su di lui.
«Tutto bene?» - gli chiede Victor, la voce leggermente impastata dal sonno.
Annuisce silenziosamente, senza aggiungere altro.
«Domani facciamo una passeggiata vicino il mare» - suggerisce Victor, in un sussurro - «Come quando eravamo ad Hasetsu.»
Cosa vedi in me, Victor? In che modo ti ispiro?
I pensieri muoiono prima di poterli formulare. «Ma se non andiamo agli allenamenti, Yakov ci farà una grande lavata di capo» - dice, sorridendo appena.
Victor sorride di risposta. 
Forse la sua cara, vecchia e lamentosa amica non potrà mai essere curata, ma la realizzazione di qualcosa di più importante può forse medicarla in parte.
«Voglio solo stare con te.»

   
 
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