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Autore: Cicciolgeiri    26/05/2009    3 recensioni
"Proprio nel momento in cui Kitty uscì, nella stanza si affacciò Logan. "Che cos'è questo baccano? C'è gente che cerca di dormire, qua!" disse, appoggiandosi allo stipite della porta a braccia conserte. La sua tipica mossa da fico. Steve aveva provato ad imitarlo un paio di volte, ma quando non sei alto due metri e non hai alcuna massa muscolare non susciti lo stesso effetto sulle ragazze."
Steve Mackenzie alias Idro è la più giovane recluta degli X-Men ed è un tipo piuttosto imbranato, ma simpatico e volenteroso. Tra avventure, amici e amori, la vita di questo ragazzo e di tutti quelli che gli stanno intorno cambierà per sempre. Tra gli altri personaggi: ALEX SUMMERS aka HAVOK e LAURA KINNEY aka X-23.
Ambientata più o meno tra i primi due film.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: X-men
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A FINE CAPITOLO IMPORTANTE ANNUNCIO

Capitolo dodici: jet, spazio aereo di Salem

L’ultimo componente della sua famiglia ancora in vita, suo fratello Alex, la persona che aveva cercato senza sosta per tutto quel tempo, ora se ne stava seduto sul sedile posteriore del jet. Era in salvo e sarebbe rimasto con lui alla scuola. Scott non poté fare a meno di sorridere, mentre vedeva sfrecciare davanti a sé le nubi. Probabilmente avrebbe dovuto dirgli qualcosa, ma non sapeva proprio cosa. Era da tantissimi anni che non si vedevano e, l’ultima volta che avevano trascorso del tempo assieme, lui era un ragazzino ed Alex poco più di un neonato. Era convinto che non si ricordasse nemmeno di avere un fratello maggiore eppure, prima, a New York aveva detto: “ lui è mio fratello, è quello della foto”, ciò voleva dire che sapeva e che aveva ancora la fotografia.
<< Quanto manca? >> la voce di Logan, distorta per via del mal d’aria, lo riportò alla realtà.
<< Quando staremo per arrivare non mancherà molto >> rispose Scott senza voltarsi. Logan gli mormorò qualcosa di rimando, ma lui non ci fece caso. Finalmente poteva prendersi una piccola rivincita.
<< Ehm … sei … sei bravo >> era Alex. Stavolta Scott si girò subito a guardarlo.
<< Sì, insomma, a pilotare. Sei molto bravo. Anch’io me la cavo, ma non so se sarei in grado di portare un bestione così >> sorrise timidamente. Aveva ancora quella fossetta sulla guancia sinistra, esattamente come quand’era piccolo.
<< Potrei insegnarti io >> gli disse Scott, sorridendo a sua volta, << il Blackbird non è tanto complicato, una volta che ti ci abitui >>
<< Sarebbe … sarebbe bello. I jet sono sempre stati la mia passione! >>
<< Davvero? >> Scott non poteva crederci, erano più simili di quanto sospettasse << Ne hai mai pilotato uno? >>
<< No >> Alex scosse il capo, << ho preso il brevetto da pilota da poco e ho avuto modo di pilotare solo un paio di aerei da turismo, e, una volta,
un idrovolante … >>
<< Lo sai che nostro padre era un maggiore dell’aviazione degli Stati Uniti, vero? >>
<< Sì lo so, ecco perché mi piace così tanto volare, entrare nell’aviazione come lui era il mio sogno. I miei genitori adottivi mi hanno sempre incoraggiato, ma adesso che anche loro non ci sono più credo che lascerò perdere … >> il dolore per quella nuova perdita trapelava da ogni sillaba che pronunciava. A Scott si strinse il cuore: Alex era così giovane, eppure era già rimasto orfano due volte. Aveva sofferto molto di più di quanto un ventiduenne qualsiasi dovesse soffrire, sembrava che la sorte si fosse accanita su di lui.
<< Scommetto che loro non vorrebbero così >> gli fece notare, << se fossero qui vorrebbero che tu seguissi i tuoi sogni >>
<< Ma loro non sono qui. E poi in questo momento ho altro a cui pensare. Adesso sono un fuggitivo >> aveva ragione, purtroppo non c’era tempo per badare ai sogni. Sfortunatamente suo fratello era dovuto crescere prima del tempo. Se lui fosse stato al suo fianco, forse quelle cose terribili non gli sarebbero mai accadute. Se fosse riuscito a trovarlo prima avrebbe potuto aiutarlo come un fratello maggiore dovrebbe fare. Era colpa sua.
Non pensare queste sciocchezze! Jean poggiò una mano sulla barra di comando, sopra la sua, e la strinse. Scott le sorrise tristemente e lei sospirò.
Non è colpa tua, come avresti potuto trovarlo prima che i suoi genitori adottivi venissero uccisi se neanche il professore c’è riuscito?
Lo so, Jean, ma non posso fare a meno di credere che se fossi stato con lui …
La colpa è di quegli assassini. Ed ora basta. Devi essere felice, non voglio che tu pensi queste cose.

<< Come vuoi tu, tesoro >> Scott le baciò la mano inguantata e lei gli sorrise dolcemente.
Bravo, così ti voglio, poi iniziò a controllare le coordinate che il professore stava inviando loro.
<< Prepararsi all’atterraggio >> annunciò Scott, armeggiando con leve e interruttori.
<< Era ora >> grugnì Logan.
<< Ehi, cerca di non rimettere qui dentro, ok? Ci ha già pensato Steve ad inaugurare i sedili! >> Scott rabbrividì al solo pensiero di dover ripulire di nuovo del vomito.
<< A proposito di Steve >> esclamò Jean, << lo sapete che stamattina è andato a trovare Violet nella camera di sicurezza? >>
<< Davvero? >> chiese Tempesta << E com’è andata? >>
<< Oh, benissimo: hanno letto un libro. Mentre la visitavo Violet mi ha detto che le ha fatto molto piacere >>
<< Sono contenta, prima o poi dovrà uscire da quella camera: è bene che inizi a fare amicizia con qualcuno e poi Steve è un ragazzo così buono … >> Tempesta annuì sorridendo.
Il jet scese di quota e, nel suo campo visivo, apparve la scuola. Scott si posizionò sopra il campo di basket e mise i motori al minimo, scendendo nell’hangar. Quando il campo si fu richiuso sopra di loro, fece aprire il portellone.
<< Siamo arrivati >> annunciò.

Xavier’s Institute for gifted youngsters, sotterranei

La prima cosa che notò subito Laura fu come tutto, nella scuola, fosse straordinariamente enorme: il jet, poi i sotterranei e la stanza chiamata Cerebro. Il professor Xavier aveva insistito per far vedere a lei e ad Alex quella che sarebbe stata la loro nuova casa, prima di farli mangiare. Infatti, aveva perfino fatto preparare una cena in loro onore e nessuno aveva mai fatto una cosa simile per lei. Mai.
<< … e queste sono le camere di sicurezza >> spiegò il professore, mentre passavano davanti ad una serie di porte di lucido acciaio. Erano tutte aperte, tranne una, quella di mezzo.
<< Perché quella è chiusa? >> chiese Laura.
<< Perché lì c’è un’ospite: Violet Baudelaire >>
<< L’avete rinchiusa: non mi sembra tanto ospitale! >> a Laura tornò in mente la camera dove la tenevano confinata e un brivido le corse giù lungo la schiena, ma non lo diede a vedere.
<< Non l’abbiamo rinchiusa: lei preferisce stare da sola. Il suo è un potere molto difficile da tenere sotto controllo, Violet è in grado di manipolare l’elettricità e ha avuto un terribile incidente che è costato la vita al suo ragazzo. Per questo si sente in colpa e non vuole uscire >>
Laura aggrottò la fronte, poi si rivolse ad Alex, che stava al suo fianco: << Se per caso io ti facessi del male non credo che riuscirei a sopportarlo >> rivelò. Povera Violet. Adesso capiva perché prima, sul jet, tutti fossero così felici che avesse fatto amicizia con quel certo Steve. Magari anche lei, dopo cena, sarebbe potuta andare a farle visita …

Xavier’s Institute for gifted youngsters, parco

Alex se ne stava seduto sulla panchina al bordo del campo da basket, lo sguardo perso nel vuoto e i capelli biondi mossi dalla brezza. Scott si bloccò vicino ad un albero: cosa doveva fare? Andare da lui? Farsi gli affari propri e lasciarlo in pace? Prendendo il coraggio a due mani, optò per la prima opzione e si avvicinò con cautela, calpestando con i mocassini l’erba bagnata dalla brina. Alex si voltò nella sua direzione: il bagliore prodotto dai suoi occhiali al quarzo doveva averlo fatto accorgere subito della sua presenza.
<< Ehi >> lo salutò Scott, sedendosi al suo fianco sulla panchina umida.
<< Ciao >> mormorò Alex, facendogli spazio. Tra i due fratelli calò un attimo di silenzio e il minore dei due tornò a rivolgere il suo sguardo azzurro verso la luna che splendeva alta nel cielo, illuminando le nubi scure circostanti di bagliori lattiginosi. Avevano lo stesso colore d’occhi, ma Alex non poteva saperlo; guardando in viso suo fratello avrebbe scorto solamente quel bagliore rosso. Anche Scott rivolse il suo sguardo alla luna. Nell’oscurità gli occhiali speciali lo rendevano quasi completamente ceco, poteva vedere solo indefinite sagome rossastre, ma con la luna era diverso. La vedeva bene, alta e maestosa contro il cielo buio, nonostante sapesse che quella che scorgeva lui non fosse la sua reale colorazione. Poteva vedere la luna, ma non sarebbe stata argentea e pallida. Poteva vedere il cielo, ma non sarebbe stato azzurro. Poteva vedere gli occhi della donna che amava, ma non sarebbero stati verdi. Il suo mondo era una distesa rossa.
<< Scott? >> Alex si voltò a guardarlo. Sembrava molto teso.
<< Sì? >>
<< Prima, a New York, Jean, per convincermi che eri davvero tu, mi ha … mi ha fatto vedere una cosa, mi ha mostrato una cosa nella testa >>
<< Lei è in grado di farlo >> spiegò Scott con un sorriso rassicurante, << non c’è da spaventarsi. Vedi, Jean è capace di … >> ma Alex lo interruppe.
<< No, non intendevo questo >> disse, << non ho avuto paura >>
<< E allora qual è il problema? >> Scott non riusciva a capire dove volesse arrivare.
Alex iniziò a tormentarsi le mani: << Volevo sapere se … se la cosa che mi ha fatto vedere è … è successa davvero >>
Il vento muoveva con delicatezza le fronde degli alberi, facendole frusciare. Scott aggrottò la fronte:
<< Dimmi >>
<< Era … eravamo in un grande salone e … e c’era un albero di Natale bellissimo in un angolo. Nostro padre stava attizzando il fuoco nel camino e nostra madre teneva in braccio un bambino piccolo che … mi sa che ero io a due anni o giù di lì. E poi c’eri anche tu >> Alex si bloccò e serrò la mascella, lottando contro le lacrime, << però non avevi gli occhiali. E … e nostro padre ad un certo punto ci ha fatti mettere insieme e ci ha scattato una foto … >> il ragazzo si frugò nella tasca dei jeans, estraendone subito dopo una fotografia tutta sgualcita. A Scott venne un groppo in gola: aprì e chiuse la bocca un paio di volte, ma da essa non scaturì alcun suono. La foto. La foto del loro ultimo Natale. Alex gliela porse e lui la prese con mano tremante. Indelebilmente impressi sulla carta c’erano un ragazzino magro che sorrideva felice e un bambino paffuto e biondo che gli stava abbarbicato addosso, le manine tra i suoi capelli. Scott sfiorò delicatamente la sagoma di suo fratello e poi la sua. Quanti anni erano passati, quante cose erano cambiate.
<< Questo è stato il nostro ultimo Natale tutti insieme, non è vero? >> domandò Alex. Scott annuì.
<< Sì, Jean ti ha fatto vedere un mio ricordo … il ricordo che ho io di quella sera >> spiegò con voce rotta, riconsegnando la foto a suo fratello, che permise a una lacrima di scendergli lungo il volto.
<< Io mi ricordo di te, Scott >> sussurrò con la voce incrinata dall’emozione, contemplando la fotografia. Scott si voltò a guardarlo.
<< Davvero? >>
<< Sì … tu … sei stato tu che mi hai insegnato a far volare l’aquilone, quel giorno, al parco. Io ero piccolissimo, però me lo ricordo … mi sono sempre ricordato di te e solo adesso mi rendo conto di quanto tu mi sia mancato >>
<< Anche tu mi sei mancato, Alex … io … >> non sapeva cosa dire, ma in quel momento non c’era proprio un bel niente da dire. I due fratelli, dopo troppo tempo, si abbracciarono di nuovo, mentre le nuvole viaggiavano piano, sospinte dal vento fresco. E Alex non poteva vederlo, ma gli occhi azzurri di Scott si riempirono di lacrime.

Xavier’s Institute for gifted youngsters, sotterranei

<< E’ inutile che si ostinino a portarmi da mangiare, tanto io non mangio! Tu di sicuro non mangi, dove sei ora, ovunque tu sia ora. Neanch’io mangerò più … >> la ragazza dentro la camera di sicurezza quelle cose le stava sussurrando appena, ma Laura poteva sentirle come se gliele stesse gridando in un orecchio. Dopo cena si era offerta volontaria per andarle a portare il cibo nella stanza, compito al quale, solitamente, assolveva la donna chiamata Jean. Quella Jean l’aveva fatta rimanere di sasso: nonostante, poche ore prima, avesse tentato di ucciderla, non aveva fatto una piega durante la cena, anzi. Le aveva anche sorriso. La chiamava tesoro. Era davvero gentile. Le ricordava la signora Marta Kinney, la zia di Alex, che l’aveva ospitata in casa sua quando era fuggita da Alkali Lake ed era stata la prima in assoluto a trattarla come una persona e non come un’arma, la prima in assoluto a dimostrarle affetto incondizionato. Ma quei ricordi erano troppo dolorosi da sopportare, così li scacciò via e bussò alla porta della camera di sicurezza. Da dentro si udì la voce di Violet:
<< Va’ via, Jean. Ti prego, non ho fame >>
Mentiva. Avrebbe potuto sentire il brontolio del suo stomaco anche ad un chilometro di distanza.
<< Non sono Jean, mi chiamo Laura >>
Da oltre la soglia provenne un lieve tramestio, poi Violet aprì la porta, un’espressione di sorpresa dipinta sul volto pallido. La situazione era più grave di quanto pensasse: a giudicare dall’aspetto non doveva mangiare da circa due giorni.
<< Dov’è Jean? >> domandò, spostando lo sguardo dal suo viso al vassoio di cibo che teneva in mano.
<< Jean oggi è andata in missione con gli altri, era molto stanca e ha mandato me >> Laura fece un grande sorriso, uno di quei sorrisi accattivanti che aveva visto fare alle ragazze simpatiche dei telefilm guardati a casa Kinney. Violet sembrò tranquillizzarsi e la lasciò entrare richiudendosi la porta alle spalle. Laura poggiò il vassoio sul tavolino al centro della stanza:
<< Vuoi che resti qui con te? O preferisci mangiare da sola? >> domandò.
<< Mangiare? >> ripeté l’altra sedendosi sul letto << Io non mangio, grazie >>
<< Morire di fame non lo riporterà in vita >> le fece notare Laura. Violet si irrigidì e iniziò a guardarla torvamente.
<< Sta zitta! >> sibilò << Chi diavolo sei tu per dirmi quello che devo fare? Chi sei tu per intrometterti? Tu non sai niente, è chiaro? Non sai un bel niente! >>
<< So abbastanza per dire che il tuo ragazzo non vorrebbe che tu ti riduca in questo stato >> proseguì Laura tranquillamente.
<< Finiscila! >> Violet schizzò in piedi: incominciava ad arrabbiarsi sul serio << Fuori di qui! >>
<< Promettimi che mangerai >> disse Laura.
<< Non ti prometto proprio un bel niente, io … >> la ragazza barcollò e ricadde sul letto << … io … >> si prese la testa tra le mani. Aveva avuto un calo di pressione dovuto alla mancanza di zuccheri.
<< Hai visto? Sei debolissima: devi mangiare qualcosa >> Laura prese il vassoio e si sedette di fianco a lei, << il roastbeef è buono, fidati >>
<< Non mi interessa … tu non lo sai che cosa … io sono un’ assassina … ho ucciso … >> Violet gemette, coprendosi il viso con le mani << Sono un mostro! >>
<< Ma davvero? E sentiamo, cos’è che ti rende tanto mostruosa? >> domandò Laura.
Violet la guardò con odio e si sfilò un guanto: << Questo! >> sibilò, mentre una serie di archi voltaici si arrampicavano sulla sua mano. Elettrocinesi.
Laura inarcò un sopracciglio:
<< Mhhh … vuoi vedere che cosa rende me mostruosa? >> detto questo sfoderò gli artigli della mano sinistra. Violet sussultò e per poco non cadde giù dal letto, mentre il sangue colava dalle nocche di Laura e poi giù lungo il braccio. La ragazza rinfoderò le lame.
<< Visto? Non sei l’unico mostro, qui. Anche io ho ucciso delle persone. Molte persone. Ti accorgi che sono davvero tante quando inizi a perdere il conto ed io ho smesso di contare da tanto tempo, ormai >>
Violet aprì e chiuse la bocca, ma da essa non scaturì alcun suono.
<< Scusa, non volevo spaventarti >> Laura iniziò a tagliare il roastbeef.
<< No, scusa tu … io non sapevo che … >> le parole le morirono in gola.
<< Già, nessuno lo sa fino a quando non li vede spuntare fuori >> le sorrise tristemente.
<< A te è mai capitato di fare male ad una persona a cui volevi bene? >> Violet le si avvicinò un po’. L’adrenalina che aveva prodotto per via dello spavento improvviso stava via via abbandonando il suo corpo. Laura annuì, serrando i pugni al ricordo: << Tante volte >> mormorò.
<< Io lo amavo >> sussurrò Violet.
<< E lui amava te. E non vorrebbe che tu rinunciassi alla tua vita per lui. Vorrebbe che tu andassi avanti e fossi felice con qualcun altro. Ormai lui non c’è più e non puoi farci niente, non cambierai questa cosa, ma puoi cambiare qualcos’altro. Sfrutta quello che sai fare per aiutare qualcun altro, non hai potuto salvare lui, ma potrai salvare altre persone. Potrai riscattarti >> così come aveva fatto lei.
<< Ryan è morto >> mormorò l’altra, guardandola con gli occhi castani gonfi di lacrime, << e sono stata io ad ucciderlo, non mi riscatterò mai! >>
<< Forse no, ma potrai renderti utile, avrai uno scopo >> Laura la guardò con un sorriso, mentre addentava un piccolo boccone di carne. Aveva iniziato a mangiare senza nemmeno rendersene conto. << E’ buono, no? >>
<< Già >> bofonchiò lei, asciugandosi gli occhi, << hai ragione >> e Laura capì che, probabilmente, non si stava riferendo al roastbeef.


Innanzitutto scusate l'immenso ritardo, ma trovare del tempo per scrivere sta diventando sempre più complicato ... meno male che la scuola è agli sgoccioli, uff! Non ce la faccio più! Comunque sia, come al solito, ringrazio tutti quelli che recensiscono, che stanno seguendo o che hanno messo nei preferiti la ficcy, anche se vi ricordo x l'ennesima volta che i commenti sono bene accetti!!! P.S. Tra di voi c'è qualcuno che potrebbe avere modo di fare un trailer per questa ficcy?? Io ne ho già preparato uno e se dovessi pubblicarlo vi farò sapere, l'unico problema è che sono una principiante e ci terrei se qualcuno di un po' più esperto ci potesse lavorare! Vi prego fatemi sapere e soprattutto continuate a seguire!! ALLA PROSSIMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!
  
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