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Autore: MyDifferentFantasy    04/01/2017    2 recensioni
Il branco si ritrova rinchiuso in un vecchio castello, sotto la guida di una strana donna.
Ovvero come si evolve il rapporto tra Stiles e Derek grazie ad un desiderio particolare.
DAL TESTO:
Derek tirò un sospiro di sollievo.
“Si può sapere che bacio vuoi?” domandò Scott, esasperato.
“Hale… lui dovrà baciare qualcuno.” Derek posò i suoi occhi su quelli della donna e la guardò furioso, mentre aveva sempre più voglia di ucciderla. Se non ci fossero state le guardie armate nella stanza che potevano uccidere da un momento all’altro Stiles, lo avrebbe già fatto. “E il bacio che dovrà dare sarà quello che lui desidera di più.”
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NE VALE LA PENA

PREMESSA: Premetto che la prima parte della fanfiction è una rielaborazione di una scena tratta da “Città di Cenere” della saga Shadowhunters scritta da Cassandra Clare, però si può leggere tranquillamente senza nemmeno conoscere la saga perché l’unica cosa che hanno in comune è l’idea. Ci vediamo giù!



 

Come erano finiti lì, chiusi in una cella maleodorante ad aspettare una qualsiasi notizia?

C’erano tutti. Scott era seduto a terra, la schiena contro il muro freddo, ed accarezzava il viso di Kira poggiato sulla sua spalla. Lydia invece era seduta su una coperta che le era stata data per chissà quale motivo e parlottava a bassa voce con Malia, i cui occhi brillavano di rabbia.

E poi c’era Stiles che se ne stava solo in un angolo, con la testa fra le mani.

Per Derek era sempre stato difficile cercare di capire i pensieri del più piccolo perché, per quanto parlasse e scherzasse sempre con tutti, mostrava così poco di sé: per lo più parlava e parlava senza dire niente che riguardasse davvero lui. All’inizio il mannaro aveva pensato che era semplicemente stupido e non riusciva a stare zitto ad ascoltare, poi aveva notato che in realtà lo faceva solo quando era con gli altri mentre quando stava da solo poteva restare ore in silenzio. Così aveva capito il perché blaterava sempre: non voleva ricevere domande dagli altri. Non che lo avesse capito subito, anzi! Lo aveva osservato e studiato più volte prima di trovare un qualcosa di logico in quel ragazzino ma alla fine ci era riuscito. Ne era fiero, si ostinava nel pensare che era l’unica persona che fosse riuscito a capirlo, era così?

Stiles respirava lentamente o almeno ci provava fino a quando le spalle gli tremavano e allora doveva stringere le labbra e riprovarci.

Derek restò a guardarlo dal lurido letto in cui era confinato, affascinato, per un paio di minuti. Ad un tratto il ragazzino, sentendo lo sguardo del maggiore su di sé, alzò il viso verso di lui. Il suo intento era quello di sostenere il suo sguardo e mostrare che non era debole come il lupo stava pensando, ma andò tutto a monte quando vide Derek guardarlo con stima e allora puntò di nuovo gli occhi sul pavimento, imbarazzato.

Le cose si smossero quando un uomo si diresse verso la cella e, con un mazzo di chiavi enormi, la aprì.
Era un uomo grasso e pelato, indossava una camicia sgualcita e aveva un’aria divertita. Cosa c’era di divertente nel tenere chiusi un branco di lupi mannari –più una kitsune, una banshee e un umano– Derek proprio non riusciva a capirlo.

“Alzatevi, mocciosi. Il capo vuole vedervi” disse sghignazzando e se ne andò.

La porta era aperta ma c’erano più di dieci guardie con dei grandi fucili in mano che potevano sparare da un momento all’altro. Quello era il motivo per cui non erano scappati prima. Magari i lupi come Scott, Derek e Malia sarebbero anche riusciti ad essere più veloci, ma il fucile era costantemente puntato su Stiles e Lydia. Principalmente Stiles a dire il vero; questo perché Lydia insisteva nel guardarli in cagnesco, mentre Stiles li aveva guardati solo in un primo momento, totalmente spaventato, e poi aveva evitato di guardarli.

Insieme si alzarono e, cominciando da Scott, si avviarono verso l’unico corridoio illuminato di quel porcile.

Quando, dopo averli indeboliti con della strozzalupo, quei tizi loschi li avevano portati lì, Derek si era domandato che razza di posto fosse. Si trovava nel bel mezzo del bosco, molto lontano da Beacon Hills, e visto da fuori assomigliava a un castello in rovina ma entrandoci si poteva capire che, per quanto sporco e nauseabondo, molta gente veniva lì. Magari per lo stesso motivo per cui c’erano anche loro, ovvero il nulla.

Si ritrovarono in una stanza piuttosto piccola ma decorata in ogni angolo con ogni tipo di gingilli, da vasi in creta a tende di lino. Piccole sedie disposte in tutta la stanza erano occupate da piccole persone, con dei piccoli vestiti normali –almeno qualcosa di normale c’era–, che li guardavano ora incuriositi ora disgustati.
Sembrava tutto piccolo in confronto alla specie di trono che si trovava in fondo alla stanza. Su di esso c’era una donna con dei lunghi capelli scuri e un vestito blu notte; si divertiva a guardarli così smarriti, Derek lo poteva capire dal suo sinistro sorriso.

“Oh, ecco i piccoli lupi di Beacon Hills!” esclamò battendo le mani, eccitata.

“Si può sapere che vuoi da noi?” sputò Scott. Era l’Alpha e tutti si aspettavano che prendesse le redini della situazione, anche se non sapeva bene come trattarla. Derek avrebbe voluto tirargli uno schiaffo: fosse stato per lui avrebbe già spezzato il collo a tutti.

“Non vi state divertendo?” domandò ironica, continuando con quel sorrisino presuntuoso.

Quanto gli sarebbe piaciuto romperle i denti, a Derek.

“No che non ci stiamo divertendo. Sono giorni che stiamo qui e nemmeno riusciamo a capirne il motivo!”

Erano cinque giorni che si trovavano in quella… cosa. Si stavano allenando e si era fatto piuttosto tardi ma nessuno ci aveva fatto caso, quindi avevano continuato a farlo. Poi era successo tutto in fretta: l’effetto della strozzalupo, la caduta al suolo, il volto di Stiles che lo guardava preoccupato e le sue mani che cercavano di afferrarlo.

“Dovete scusarmi, ma mi sembrava ovvio il motivo!” e quando tutti la guardarono aspettando un chiarimento, aggiunse “Siete così curiosi che adoro guardarvi!” In quel momento Derek si ricordò delle telecamere che aveva visto nella cella il primo giorno; non ci aveva fatto molto caso, pensando che fossero vecchie ed inutilizzate come qualunque altra cosa che si trovasse lì dentro.

“Vuoi dire che siamo qui solo perché tu vuoi divertirti?!” sbottò Lydia al massimo della sua furia.

“Certo! Vi ho osservati in questi giorni e devo dire che siete davvero buffi. Ora però mi sono stancata di voi, come accade ogni volta. Tra l’altro sta già arrivando un nuovo gruppo e devo fare spazio.”

Stiles sbuffò una risata e si mise le braccia al petto. Era molto più rilassato ora, Derek poteva sentirlo. Tutti erano più rilassati.

“Allora ce ne andiamo” fece per dire Scott, prendendo la mano di Kira ma un gesto della donna del trono lo fermò.

“Non così in fretta… McCall, giusto?” e fece uno dei suoi sorrisi strafottenti. “Non così in fretta.”

“Cosa altro vuoi da noi?!” gridò Lydia, che stava perdendo la pazienza.

“Un bacio.”

“Vuoi che io ti baci?” chiese la ragazza strabuzzando gli occhi.

“Certo che no, non sono io la persona che deve ricevere il bacio” obbiettò quella.

“Allora non c’è problema, io posso baciare Kira” e detto questo, Scott si girò verso la kitsune e le schioccò un bacio sulle labbra. Kira, paralizzata dalla situazione, non fece in tempo a ricambiare il bacio che il ragazzo si era già girato verso la donna per darle la prova.

“No, neanche questo va bene” replicò poggiando un braccio sullo schienale del trono e guardandoli annoiata.

“Santo cielo, se proprio devo farlo bacerò Malia!” disse Lydia dirigendosi verso la coyote che però subito indietreggiò. “Quanto sei fifona, Malia. Ok allora Stiles: dopotutto l’ho già fatto, posso rifarlo.”

Qualcosa nel corpo di Derek scattò e lo fece mettere in allerta. Subito si girò verso l’umano che guardava la ragazza imbarazzato. È vero si erano già baciati, ma Stiles non provava più niente per lei e l’idea che dovesse baciarla non volendolo non andava giù a Derek. Non sarebbe stato a guardare mentre Stiles la baciava, proprio no.

“Mi dispiace ma non è neanche questo ciò che desidero” replicò la donna, che più che essere dispiaciuta sembrava compiaciuta per il modo in cui li stava mettendo tutti a disagio.
Derek tirò un sospiro di sollievo.

“Si può sapere che bacio vuoi?” domandò Scott, esasperato.

“Hale… lui dovrà baciare qualcuno.” Derek posò i suoi occhi su quelli della donna e la guardò furioso, mentre aveva sempre più voglia di ucciderla. Se non ci fossero state le guardie armate nella stanza che potevano uccidere da un momento all’altro Stiles, lo avrebbe già fatto. “E il bacio che dovrà dare sarà quello che lui desidera di più.”

Tutti lo guardarono sorpresi, non aspettandosi che il lupo volesse un bacio da uno di loro. Derek tenne lo sguardo fisso su lei, aveva capito il suo sporco giochetto ma non ci sarebbe stato. Quello era troppo per lui.

“Andiamo Hale, perché non lo dici a tutti?” sghignazzò.

“Non c’è proprio niente che devo dire” ribatté il lupo, convinto a non dargliela vinta.

“Ho visto come lo guardi: non mentirmi, Hale!”

Ancora tutti lo guardavano sorpresi, ora soprattutto Scott che credeva di essere il bacio che Derek voleva. Stiles, invece, manteneva lo sguardo basso, aveva troppa paura di ciò che stava accadendo.

“Ti sbagli.”

“Oh no, non mi sbaglio mai!”

“Forse stavolta l’hai fatto” disse con voce autoritaria.

“Si può sapere che problemi hai… donna? ESISTE INTERNET! Se ti sentivi così eccitata, potevi semplicemente metterti a guardare un porno gay, non era necessario rapirci! Senti, Derek, bacia chi devi baciare e facciamola finita!” concluse Lydia. “Non la sopporto più” mormorò dopo.

“Derek vuoi... vuoi… ba-baciarmi?” domandò Scott aggrottando la fronte.
 
“Ovvio che no, McCall, che diavolo ti vieni in mente?!” sbottò Derek, incredulo. Come se avesse potuto guardare lui quando c’era Stiles nella stanza! Come se avesse voluto baciare qualcun altro che non fosse Stiles! Che razza di idiota, pensò il lupo.

Ora restava solo Stiles come maschio, così tutti lo fissarono, ma Stiles si girò subito a guardare Derek, non potendo credere di essere lui il bacio desiderato dal mannaro.

“Non voglio baciare nemmeno lui” sentenziò sigillando il suo sguardo solo sulla donna. Non aveva voglia di guardare il ragazzino e trovarsi davanti la paura di essere disgustato da lui.

“Sì che lo vuoi, Hale!” Si stava divertendo sempre di più lei; mettere a disagio gli altri era la sua specialità.

“No, che non lo voglio.”

E Lydia capì che sarebbe andata avanti così per sempre se qualcuno non avesse smosso le acque. “Se si tratta solo di un bacio non potreste fare un piccolo sforzo e baciarvi? Credo che siamo tutti d’accordo nel voler tornarcene a casa.”

“Non mi piegherò ai capricci di qualcuno, tantomeno di una sconosciuta!” disse Derek che non voleva cedere. La stava combattendo, in realtà per Stiles: non voleva farsi baciare da lui se non voleva.

“Derek, non essere ipocrita. È un tuo desiderio e lo sappiamo entrambi. Qual è il problema? Anche lui lo vuole, non dirmi che non te ne sei accorto!”

Derek se ne era accorto, ma aveva cercato di ignorarlo perché lo riteneva impossibile. Da qualche tempo a quella parte, ogni volte che si trovavano insieme sentiva eccitazione emanata dal corpo di Stiles. All’inizio aveva trovato la causa nel pericolo, nel divertimento in tutto ciò che facevano; poi c’era stata quella volta in cui Derek aveva alzato lo sguardo ed aveva sorpreso il ragazzino a guardarlo, un misto di agitazione ed eccitazione ad attanagliargli lo stomaco.

Ed erano le stesse emozioni che stava provando ora e che lui poteva percepire.

“Non puoi obbligarlo a fare questo…” iniziò ma venne interrotto dalla mano che Stiles agitò in aria.

“Derek, se dobbiamo farlo va bene” disse Stiles sorridendogli.

Perché gli sorrideva? Non doveva farlo. Stava per fare qualcosa che non voleva ed era tutta colpa sua, e Stiles gli sorrideva. Quel ragazzo era strano, lo aveva sempre detto.

Derek lo vide avvicinarsi sempre di più, fino a quando ci furono solo pochi centimetri a dividerli. Il viso di Stiles era così bello illuminato dalla luce di quella lampadina al neon: gli occhi grandi e vispi che lo guardavano, i capelli che gli ricadevano morbidi sulla fronte sudata, le labbra che continuava a strizzare e a torturare. Stiles così vicino era anche più bello di quando lo guardava di sfuggita mentre era spontaneo. Poteva ancora sentire l’eccitazione fra di loro e l’ansia per ciò che stava per accadere.

Poi Stiles si leccò veloce le labbra e Derek non resistette più. Posò piano le sue labbra su quelle del ragazzino, constatando che erano morbide il doppio di quello che aveva sempre immaginato. Le staccò per un momento, poi andò di nuova alla ricerca di quel contatto e stavolta Stiles le aprì per accogliere quelle dell’altro. Si cercarono e ogni volta che uno si allontanava per un attimo, l’altro subito reclamava quelle labbra dalle quali non voleva staccarsi.

Poi quel contatto non fu più abbastanza, e Stiles posò delicatamente le sue mani sulle spalle del più grande per chiedere più e Derek lo baciò ancora più profondamente per fargli capire che poteva spingersi più in là. Così le braccia di Stiles si intrecciarono al suo collo mentre le sue si posarono prima sulla sua schiena e poi lo circondarono completamente.

Continuarono a baciarsi così, con Stiles che ne chiedeva di più e Derek che lo accontentava. Non riuscivano a staccarsi. All’inizio Derek aveva pensato che sarebbe stato difficile baciare Stiles in quel contesto, per accontentare una sconosciuta mentre tutti li guardavano, ma ora esisteva solo la lingua di Stiles che lo cercava e il suo corpo che era incollato al suo.

Fino a quando non sentì la risatina di Lydia prorompere nella sua bolla di felicità.

Staccò piano le sue mani dal corpo del ragazzino e, prendendolo per le spalle, lo allontanò delicatamente da sé. Stiles lo guardò prima deluso, poi si ricordò dove si trovava e fece qualche passo indietro per porre definitivamente fine a quel magico momento.

“Ora è contenta?” gracchiò Derek, ancora sconvolto dal calore di Stiles accanto a sè.

“Oh certo, molto!” disse, accompagnando le parole con il suo sorrisetto da presa in giro.

“Quindi possiamo andare?” parlò Lydia che non vedeva l’ora di andarsene e non tornare mai più.

“Sì. Sì, potete andare. Posso ritenermi soddisfatta da voi” e guardò Stiles e Derek con gioia, facendo l’occhiolino a quest’ultimo.

Furono condotti all’esterno attraverso un corridoio più cupo del precedente, ma l’unica cosa che importava ai ragazzi era di lasciarsi quei giorni alle spalle. Tranne per Stiles e Derek che, invece, non avrebbero mai dimenticato, specialmente quell’ultimo giorno. Non volevano dimenticarlo.

 

Le stesse guardie che li avevano controllati in quei giorni li riportarono esattamente nel posto in cui li avevano rapiti. Erano stati in silenzio per tutta la durata del cammino, chi troppo imbarazzato per dire qualcosa (come Stiles e Derek) chi aveva paura che non tutto era finito (come Lydia e Kira). Ma tutto fini lì: li scaricarono senza dire una parola e se ne tornarono da dove erano venuti.

“Che strana donna quella! Un castello così grande e tanti uomini come schiavi!” commentò Kira che finalmente, sicura della fine del pericolo, si decise ad aprire bocca.

“Sì, chissà chi era, spero di non scoprirlo mai…” aggiunse Malia che invece sembrava solo annoiata.

Un’idiota, avrebbe voluto dire Derek ma non aveva il coraggio di parlare dopo ciò che era successo nella stanza. Per quanto riguarda Stiles, se ne stava in disparte facendo il minor rumore possibile, come se volesse nascondere la sua presenza agli occhi degli altri.

“Credo che la cosa migliore sia andare ognuno a casa propria ora” disse Scott, tenendo però la mano di Kira fra le sue.

“Sì, sono d’accordo” e Lydia fece per muoversi ma poi sembrò ricordarsi di una cosa. “Oh, prima di essere… rapiti ci stavamo allenando e le mie cose sono ancora tutte al loft di Derek, compreso il cellulare. Mia madre sarà furiosa!”

“Sì, anche Melissa lo sarà” disse Scott, grattandosi la testa.

“Merda, mio padre…” mormorò Stiles, in preda all’ansia. Il suo piano di mimetizzarsi con la natura svanì non appena tutti lo sentirono pronunciare quelle parole, ma ormai in testa aveva solo lo sguardo del padre preoccupato e triste.

“Ora lo avvisiamo, non ti preoccupare” lo rassicurò il migliore amico.

Derek non era affatto contento. Dopo una giornata così movimentata aveva solo bisogno di una doccia fresca e di stare solo, e invece si ritrovava di nuovo quel gruppetto di adolescenti davanti ai piedi. Se ne sarebbero andati in fretta almeno… anche Stiles.

Ed infatti, arrivati al loft, corsero subito incontro ai loro cellulari, e borsette e zaini, ognuno ansioso di sapere cosa era successo mentre erano stati via.

“Cavolo, ottanta chiamate perse da mia madre. Mi brucerà vivo appena torno!” piagnucolò Scott, voltandosi a guardare Kira che gli confermò la medesima situazione con il suo cellulare.

“Anch’io: il mio telefono è impazzito!” sbuffò Lydia che cercava in tutti i modi di riprendere possesso del cellulare. All’ennesimo tentativo si stufò e si diresse subito verso la porta, per correre subito a casa a tranquillizzare la madre.

“Io vado. Ora. Non so se ci rivedremo mai più… in ogni caso, vi ho voluto bene ragazzi” disse con sarcasmo e l’attimo dopo si sentiva già il motore della sua auto sprizzare via.

“Anche mio padre credo sia impazzito” sentenziò Stiles, in colpa per aver fatto preoccupare il padre. Non meritava una cosa del genere, non dopo ciò che aveva già dovuto sopportare.

“Sì, credo sia meglio che andiamo. Vieni Stiles.”

Stiles si girò a guardare Derek che strinse le labbra, non pronto ad un contatto visivo con il ragazzino.

“Derek tu…” cominciò ma venne prontamente fermato dal mannaro.

“Ora vai Stiles, ne parliamo un’altra volta” concluse dando le spalle al gruppo.

Sentì i passi dei tre ragazzi farsi sempre più lontani, fino a scomparire.

“Allora vado anch’io Derek” disse Malia agitando un braccio in segno di saluto.

“Sì, vai” farfugliò con voce flebile.

Quando sentì l’ultima persona andarsene e chiudere la porta, poté finalmente accasciarsi sul divano e prendersi la testa fra le mani.
Pensò a tutti quei ragazzi, a quando sarebbero tornati a casa, al viso dei genitori pieno di lacrime, alle ramanzine che avrebbero dovuto subire, alle tentate spiegazioni fallite e agli abbracci confortanti. Pensò a come sarebbe dovuto essere bello per un figlio vedere finalmente i genitori davanti a sé e per un genitore vedere il figlio sano e salvo tornare a casa.

Lui aveva dimenticato com’era avere qualcuno che ti aspetta a casa.

 

Non vide né Stiles né nessun’altro del branco per più di una settimana –probabilmente l’incontro con i genitori era stato sì, felice ma la preoccupazione e la rabbia per una sparizione tanto improvvisa non erano state cancellate subito. Sicuramente in cui giorni tutti erano impegnati a stare con la propria famiglia ed era giustissimo; lo avrebbe fatto anche lui se avesse avuto una famiglia.

Ed invece nessuno lo era andato a trovare: Peter ormai non c’era più per lui e Cora, all’oscuro di tutto, lo aveva chiamato per sapere come stava e lui non aveva avuto il coraggio di dirle cosa era accaduto. Fu una chiamata normale, come le altre che si scambiavano, ma quando attaccarono Derek fu felice di averle parlato perché in fondo gli mancava e gli mancava parlare e stare con qualcuno. Ma davvero non poteva biasimare il branco, aveva semplicemente cose più importanti da fare che preoccuparsi di lui.

Un po’ ci rimase male nel non sentire Stiles per così tanto tempo ma era sicuro che stesse passando del tempo con il padre come entrambi volevano. Stiles era molto legato allo sceriffo, lo si poteva capire da come ne parlasse sempre e da come si preoccupasse ogni volta che non gli era vicino.

Per questo non si arrabbiò del disinteresse del branco, e soprattutto di Stiles, nei suoi confronti. D’altronde lui non si considerava una persona meritevole di attenzione da parte degli altri e neanche la voleva… beh, solo quella di un certo ragazzino.

 

Quando Derek sentì squillare il cellulare, pensò subito che qualcuno doveva aver spifferato a Cora ciò che era successo. Maledisse mentalmente chiunque lo aveva fatto perché davvero non era pronto a sentire una ramanzina da parte della sorella.

Con stizza prese il cellulare dal tavolo e si paralizzò notando che non era Cora a chiamarlo, bensì un’altra persona.

Stiles.

Si era finalmente ricordato di lui?
Non sapeva se sentirsi felice perché il ragazzo lo stava chiamando o infuriato perché lo stava facendo dopo tutto quel tempo. Dopotutto non voleva essere compatito da nessuno e men che meno da lui.

“Stiles…” soffiò irritato per il secondo pensiero.

“Ehi, Derek, come stai?” proferì Stiles entusiasta nel sentire la voce del maggiore.

“Come stavo in questi sette giorni che ho passato” rispose conciso e il suo piano dell’ ehi, sono Derek Hale e sono indifferente andò a farsi fottere. Non voleva fargli notare che aveva sbagliato nel non chiamarlo e che farlo ora era inutile, ma la delusione prese il sopravvento all’improvviso e quella risposta gli uscì spontanea.

“Cavolo, amico, mi dispiace non averti chiamato prima. È che…” provò a spiegare.

“Tanto non eri obbligato a farlo.”

“No, volevo farlo. Ti giuro che volevo chiamarti, lo volevo così tanto. Ma quando sono tornato papà mi ha sequestrato il cellulare, il computer, la play e tutte le mie cose ed ora sono tipo segregato in casa” disse sbuffando una risata. “Non ti scandalizzi se ti dico che ti sto chiamando di nascosto, vero?”

“Idiota!” soffiò ridendo anch’egli. Si sentiva sollevato al pensiero che forse Stiles non lo aveva dimenticato, semplicemente non aveva potuto chiamarlo.

“Lo so, lo so, ma avevo voglia di sentirti…” Derek immaginò il ragazzino mordersi il labbro e probabilmente lo fece perché era un tipico gesto da Stiles. “Ed ora mio padre è uscito per fare la spesa e oddio, sono stato mezz’ora a cercare il cellulare per chiamarti.”

“Hai sentito Scott o gli altri?”

“Oh no, papà non mi permette nemmeno di parlare con loro. Sai, credo che dia la colpa per ciò che è successo anche un po’ a loro. Non li sento da quel giorno…”

Il cuore di Derek si gonfiò di gioia nel sapere che, nonostante non sentisse gli amici da una settimana, avesse deciso di chiamare proprio lui. Di preoccuparsi di lui. Nessuno lo metteva come priorità da tanto tempo, ma ora Stiles aveva chiaramente detto di averlo voluto sentire. Il cuore di Derek stava per esplodere… Dio, come una scolaretta alle prime armi.

“Tu invece li hai sentiti?” continuò Stiles, inconsapevole del subbuglio nella mente del mannaro.

“No, nemmeno io.”

“E Cora cosa ha detto di tutto questo?”

“Cora non lo sa” ammise, accorgendosi solo ora di quanto sembrasse ingiusto.

“Cavolo Derek, dovevi dirglielo: è tua sorella!”

“Lo so, ma non volevo farla preoccupare inutilmente. In fondo è tutto finito ora, dubito che quella donna ci disturberà ancora.”

“Sì infatti, non la rivedremo mai più”

Derek sapeva che Stiles stava rivivendo il loro bacio in quella stanza sporca e piccola così come Stiles sapeva che anche Derek ci stava pensando. Ma d’altronde lo avrebbero sempre associato a quel ricordo, il che non era una cosa negativa ma solo strana.

“Derek per quanto riguarda il…” ma venne interrotto da un rumore. “Oddio, mio padre è qui. Devo chiudere! Facciamo che ti chiamo quando papà mi dà un po’ di tregua, d’accordo?”

“D’accordo” sussurrò Derek.

“Hm, Derek?” chiese esitando.

“Sì?”

Ancora qualche secondo di esitazione. Non troppi perché il padre era ormai vicino.

“Mi manchi” azzardò il più piccolo.

“Mi manchi anche tu” azzardò maggiormente il mannaro.

La conversazione si chiuse lì, con la voce dello sceriffo in sottofondo che chiamava il figlio. Era stata una conversazione breve, certo, ma Derek si sentiva così bene adesso.

Stiles aveva detto che voleva sentirlo. Stiles aveva detto che gli mancava.

In un momento aveva dimenticato la delusione per l’indifferenza, la rabbia per la riapparsa così inopportuna e la solitudine continua. Niente di tutto quello era più importante perché ora nella sua mente c’era solo Stiles che lo aveva chiamato e che aveva detto ‘mi manchi’. Forse non era poi così solo, vero?

 

“Derek, pronto?”

“Stiles ciao.”

Era passata un’altra settimana da quella telefonata ed era la quinta volta che Stiles lo chiamava –Derek non poteva che esserne felice. Ricevere attenzioni da quel ragazzino era la cosa più bella che gli fosse successa di recente e non sapeva quanto sarebbe durata (insomma un giorno si sarebbe stancato di chiamare lui) ma per adesso era bellissimo e valeva la pena goderselo.

“Ehi Derek, non sai che trambusto che ho fatto!” disse con affanno.

“Fammi indovinare: tuo padre è in bagno e tu mi stai chiamando mentre lui fa chissà cosa” lo stuzzicò.

“No, idiota! È andato un attimo in centrale.”

Lo sceriffo aveva chiesto poco più due settimane di ferie dal lavoro e, avendo visto in che stato era prima di trovare Stiles, gliele avevano concesse. Quindi aveva passato le ultime due settimane con il ragazzino a casa, fatto che non giovava alle chiamate tra lui e Stiles; il padre continuava a controllarlo e non gli aveva ancora restituito il cellulare, così Stiles approfittava dei momenti in cui il padre era lontano per parlare con lui.

“Diceva che doveva sistemare delle carte” continuò Stiles. “Solo che non trovavo il cellulare: credevo che lo avesse spostato ed invece era soltanto sotto un libro, sempre nello stesso posto.”

“Pensi che si accorgerà mai che hai scoperto il suo nascondiglio?”

“Spero di no, perché questo equivarrebbe a smettere di chiamarti ed io non voglio” esalò sincero, con tono impacciato.

Anche Derek si sentiva imbranato e timido in quel momento. Non sapeva cosa rispondere. Non sapeva se ricambiare le sue parole oppure non aprirsi, ma poi pensò a come ci sarebbe rimasto male Stiles se non avesse messo in chiaro che lui provava lo stesso.

Quindi disse “E io non voglio che tu smetta di chiamarmi.”

Silenzio.

“Tra quanto finirà questa prigionia?” domandò il mannaro per spezzare la tensione.

“Oh credo ci manchi poco. Sai, papà non può mica non tornare mai più a lavoro!” rise.

“E dopo potrai tornare a vedere Scott e gli altri?”

“Cavolo spero di sì! Mi mancano tutti, mi manca vederli: specialmente Scott… e te” azzardò per l’ennesima volta il ragazzino.

Il loro parlare era così: un azzardo dopo l’altro, un insieme di parole proibite che morivano dalla voglia di pronunciare, un rischiare senza alcuna certezza che non si sapeva dove avrebbe portato.
A Derek piaceva tutto questo; parlare con il ragazzino, sentire l’imbarazzo nella sua voce nel dire cose del genere.

“Sì, Stiles lo so.”

“Io ti manco?”

“…Sì.”

Prima del bacio non si sarebbero mai parlati così. Certo, si parlavano ed avevano fatto un bel passo in avanti da quando si odiavano (soprattutto grazie a Derek che si era interessato sempre di più a Stiles), ma erano normali conversazioni tra amici che non includevano mai nulla di romantico fra loro.
Adesso però qualcosa era uscito a galla. Derek desiderava Stiles e Stiles desiderava Derek e questo lo sapevano entrambi: che senso aveva continuare a nasconderlo?
Non che parlassero esplicitamente dei loro sentimenti –non ancora, non per telefono– ma se uno dei due voleva dire qualcosa o aveva bisogno di sentirsi dire qualcosa lo faceva semplicemente. Era un altro grande passo avanti per la loro relazione, considerando che Derek aveva pensato che le cose fra loro si sarebbero congelate dopo il bacio ed invece…

“Derek, per quanto riguarda il poter tornare a vedere i miei amici, volevo dirti che io vorrei… Stiles dove sei?” si sentì il padre irrompere nella casa.

“Cavolo perché papà mi rovina sempre tutti i piani?” imprecò Stiles sottovoce.

“Non fa niente. Ne parliamo un’altra volta, ok?”

“È sempre un’altra volta… Arrivo papà!” gridò. “Ok, ne riparliamo e se tutto va al meglio, anche presto. Ora devo proprio andare, ciao”

“Ciao Stiles” soffiò triste all’idea di un’altra telefonata finita.

 

Per Derek i giorni passavano scanditi dalle chiamate di Stiles. Non c’era un momento in cui mangiava, uno in cui si faceva una doccia, uno in cui usciva… c’erano soltanto i momenti in cui il cellulare squillava e lui correva a rispondere.
Era diventata una specie di ossessione questa, ma non di quelle malsane bensì positiva. Era positivo concentrarsi su qualcosa che non fosse la sua solitudine e la sua tristezza, e quando Stiles lo chiamava pensava solo a lui e una strana sensazione di benessere prendeva possesso del suo corpo.

Ricevette un’altra telefonata tre giorni dopo l’ultima, ma stavolta da Scott…

“Pronto?”

“Derek, sono Stiles.”

…che poi si scoprì essere sempre Stiles.

“Ehi Stiles, perché mi chiami con il cellulare di Scott?” domandò incuriosito.

“Sono a casa sua. Preparati per la bomba: ci credi che sono finalmente uscito da casa?” esclamò al settimo cielo.

“Tuo padre ti ha graziato?”

“Senti qui, ha detto ‘Stiles oggi ti porto da Scott’ e mi ha portato da Scott.”

“Beh, ha fatto bene: volevi vedere Scott e quindi…”

Si sentiva un completo egoista. Da un lato era sì, felice per Stiles perché poteva vedere di nuovo il suo migliore amico, ma dall’altro geloso perché lui non poteva avere lo stesso privilegio. Anche lui voleva vedere Stiles e invece se ne stava chiuso nel loft senza poter fare niente.

“Aspetta, non hai sentito la parte migliore! Non si è solo limitato ad accompagnarmi qui, ma ci è rimasto. Rimasto rimasto. Rimasto nel senso che mi scorta da casa a qui e da qui a casa. Ti rendi conto? È patetico!” sentenziò però ridendo fragorosamente ed insieme a lui un’altra persona che Derek individuò subito come Scott.

Derek non riusciva a ridere, divorato dalla gelosia.

“Ehi, Der, sei ancora lì?” domandò Stiles quando smise di ridere.

“Sì, ma ora vado.”

“Perché? Hai… qualcosa da fare?” e Derek lo poté percepire chiaramente che intendeva dire ‘Hai qualcosa di meglio da fare?’ ed in realtà no, non aveva niente di meglio da fare che non fosse ascoltare Stiles che parlava ma ora improvvisamente non ne aveva voglia. O forse non ne aveva la forza.

“Sei con Scott ora, non chiamare me. Ciao” concluse riattaccando, senza nemmeno dare la possibilità all’altro di dire una qualsiasi cosa.

 

Passò il resto della giornata sul divano a pensare a ciò che era successo fino a quando il cellulare squillò di nuovo e stavolta era il numero di Stiles.

“Stiles, sei tu?” chiese incerto.

“Sì, esattamente puoi spiegarmi che ti è preso prima, quando ti ho chiamato da Scott?” pronunciò piuttosto infuriato.

“Lascia perdere, Stiles. Hai chiamato solo per questo?”

“No che non lascio perdere. E smettila di comportarti da stronzo, Derek!” gli urlò.

“Che vuoi che ti dica allora?”

“Perché ti sei arrabbiato quando ti ho chiamato prima” rispose risoluto.

“Non ero arrabbiato, ero geloso, ok?” sbottò il mannaro.

“Geloso?” domandò ridendo il ragazzino che non stava capendo cosa il maggiore voleva dirgli.

“Sì, geloso. GELOSO. Perché tu eri con lui e non con me. Oddio, come sono patetico! È solo che mi manchi e vorrei vederti ma tu puoi vedere solo Scott…”

“Per il momento” precisò.

“Sì, per il momento.”

“Non te la saresti dovuta prendere per una simile sciocchezza.”

“Lo so, lo so” fece Derek imbarazzato e arrabbiato con sé stesso per essersi mostrato infantile.

“Dico davvero. Non avresti dovuto perché sai che anche tu mi manchi e vorrei vederti… ti assicuro che sto lì lì per convincere mio padre a farmi uscire da solo!”

“Oh, davvero? E che tecnica userai?” chiese, prendendolo in giro.

“Il mio fascino, ovviamente. No dico davvero, sono convincente: pensa che l’ho convinto a darmi il cellulare e a chiamarti.”

“Pensavo mi stessi chiamando di nascosto” disse allarmato.

“No, gliel’ho chiesto. Sono andato da lui e ho detto ‘Papà, posso avere il cellulare per chiamare Derek?’ e dopo un po’ di moine l’ho ottenuto.”

“Ha detto qualcosa su di me? Non so, sul fatto che è stata anche colpa mia quel rapimento…” domandò Derek curioso.

“Ah no. Credo che abbia cambiato idea su di te: ora ti vuole bene.”

“Davvero?” No, impossibile.

“Sì, parla sempre di te come una persona buona bisognosa di affetto!” insisté il più piccolo.

“Non so se è un complimento…”

“Beh, fattelo bastare!” disse Stiles ed entrambi scoppiarono a ridere.

Parlarono per più di mezz’ora, Stiles sdraiato sul suo letto e Derek seduto sul divano; vennero interrotti solo dallo sceriffo che chiamò il ragazzo per la cena ed allora furono costretti a chiudere.

“Quindi… ciao Derek” sussurrò Stiles con voce dolce.

“Ciao” ripeté il lupo spiazzato.

 

L’occasione di vedersi si presentò quattro giorni dopo, ma Derek non lo sapeva.
Non lo sapeva che Stiles sarebbe venuto da lui quella sera altrimenti avrebbe messo a posto la casa e avrebbe comprato qualcosa da mangiare e avrebbe indossato una camicia più elegante.
Il motore della Jeep lo spiazzò totalmente e quando aprì la porta si ritrovò ad ammirare uno Stiles goffo e quella visione, seppure inaspettata, fu bellissima.

“Ciao Derek” soffiò agitando una mano in segno di saluto, sebbene non fosse necessario dal momento che si trovavano molto vicini.

“Stiles, che ci fai qui?” chiese, però con voce dolce, per fargli capire che era una visita apprezzata.

“Ho convinto mio padre a farmi uscire solo adesso e… sei in compagnia?” e indagò guardando all’interno del loft.

“Oh no, è solo la televisione” spiegò e prese il telecomando per chiuderla. “Entra.”

Non ci furono grandi abbracci, né grandi dichiarazioni d’amore all’inizio; questo perché l’imbarazzo scaturiva da entrambi i ragazzi e non aiutava con le parole. Ci fu solo uno Stiles che si tolse la giacca appoggiandola su una sedia, e un Derek che lo fece accomodare sul divano facendo lo stesso.

“Tuo padre sa che sei qui?”

“In realtà no” ammise il ragazzino. “Gli ho detto che sarei stato un po’ con Scott ma a dire il vero non è con lui che volevo stare.”

A questo punto il lupo avrebbe dovuto dire qualcosa come ‘Anch’io volevo stare con te, Stiles’ oppure ‘Sono contento che tu sia venuto’ o ancora ‘Perché volevi stare con me?’. Invece disse solo:

“Capisco”

e la situazione si congelò lì.

Seguì un silenzio piuttosto teso: entrambi avrebbero voluto dire qualcosa, ma avevano paura di dirla oppure non sapevano se era la cosa giusta da dire.

Poi Derek, che tanto si era esposto già abbastanza durante gli altri giorni (che mi importa!, pensò), decise di parlare.

“Allora… tuo padre ti ha restituito il cellulare?”

“Non ancora ma ci sto lavorando. Diciamo che se voglio chiamare qualcuno, glielo chiedo e lui me lo dà. Poi però devo restituirglielo” fece scrollando le spalle.

“E quanto ci manca per ritornare alla tua vecchia vita?”

“Una settimana, credo. La prossima mio padre tornerà a lavorare ed allora non potrà più controllarmi sempre.”

“Bene” ma non era ciò che voleva dire, così continuò con “Riguardo la chiamata dell’altra volta, quando stavi con Scott, ti volevo chiedere scusa. Mi sono comportato da stupido.”

“È tutto passato, ok? Non pensiamoci più” lo tranquillizzò il ragazzino che ormai non era più arrabbiato. Anzi aveva provato una certa tenerezza quando Derek aveva ammesso che era geloso.

“Se lo dici tu.”

“E poi non credevo che ti saresti mai definito idiota” disse e rise.

“Sta’ zitto, idiota.”

“No dico davvero: è passato. E poi adesso sono qui con te, è questo che conta” esclamò Stiles, cercando il suo sguardo. Derek però era troppo pauroso per ricambiarlo.

“Oh andiamo Derek, è inutile fare i timidi dopo esserci detti quelle cose a telefono, non credi?”

“Sì, infatti”

“Allora perché non ci diciamo le cose come stanno?” ribadì.

“Hai ragione” mormorò il mannaro che alzò il volto per guardarlo.

Stiles era bellissimo, soprattutto quando le emozioni erano ben evidenti sul suo viso: quando era arrabbiato e gli compariva una ruga in mezzo alle sopracciglia, quando era triste ed aveva gli occhi spenti, quando era eccitato ed il sorriso occupava metà del volto.

“Perché non parli?” chiese titubante il minore.

“Credevo volessi cominciare tu” spiegò Derek.

“Ok, allora comincio io. Mi sei mancato in queste settimane ed in realtà mi mancavi anche prima. Prima di tutto: del rapimento, del bacio… Mi mancava non starti accanto in alcuni giorni.”

“Anche tu mi mancavi da prima.” Aveva deciso di dire la verità a Stiles perché non ne poteva più di stargli lontano e, se non aveva frainteso, era lo stesso per Stiles.

“Quindi è tutto vero?” fremette. “La donna ha detto ‘il bacio che lui desidera di più’. Desideravi baciarmi Derek?”

“Sì.”

La soddisfazione fu evidente sul volto di Stiles e fece sparire ogni dubbio.

“C’è un’altra cosa che voglio dirti” confessò, stringendosi nelle spalle e guardandolo fisso. “Prima di baciarci, c’è una cosa che hai pensato, vero? Che non volevi costringermi a farlo perché pensavi che io non volessi. Beh, Derek, diamine se lo volevo! Lo volevo con tutto me stesso!”

“Davvero?” fece il lupo meravigliato. Credeva che qualcosa c’era tra loro ma che era nato solo dopo il bacio, e scoprire ora che Stiles lo desiderava quanto lui anche prima… era sconvolgente.

“Sì! Quello che senti tu, Derek… lo sento anch’io.”

Si guardarono a lungo. Si erano detti implicitamente di provare qualcosa l’uno per altro perché nessuno dei due aveva il coraggio di dirlo apertamente; avevano entrambi paura che, nel momento in cui lo avessero specificato, l’altro avrebbe negato. Non era così, ovviamente, perché provavano esattamente lo stesse emozioni.

Fu Derek a parlare per primo. Era stato un codardo fino a quel momento: lo aveva sempre soltanto guardato senza mai parlargli davvero ma ora aveva capito che non sarebbe riuscito a continuare così per sempre.

“Stiles provo qualcosa per te” parlò velocemente, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento.

Poi sentì le dita di Stiles che gli prendevano il mento e lo facevano girare verso di lui, e la sua voce dolce.

“Anch’io Derek, provo qualcosa per te. Qualcosa che va oltre il semplice affetto… mi sa che mi sono innamorato di te” sussurrò mettendo in mostra il suo sorriso splendente.

“Sì, era questo che intendevo: sono innamorato di te, Stiles Stilinski.”

Stiles avvicinò lentamente le labbra a quelle di Derek e le poggiò. Fu un bacio casto, a cui seguirono altri piccoli baci posati delicatamente sulle labbra del mannaro, fino a quando Derek schiuse maggiormente le labbra e fece avvicinare il più piccolo. Era un bacio diverso dal loro primo, si ritrovò a pensare Derek, perché adesso erano entrambi consapevoli e non avevano paura di ammetterlo.

Stiles fece un ulteriore passo attorcigliando le dita nei suoi capelli e lui prese coraggio tirandoselo incontro e mettendoselo a cavalcioni su di lui; allora il contatto si intensificò, Stiles lo stringeva sempre di più con le sue braccia mentre Derek aveva posato le mani sui suoi fianchi e li portava a spingere ripetutamente verso il suo bacino.

All’ennesima spinta, un gemito lasciò la bocca del più piccolo e l’erezione di entrambi divenne sempre più evidente e impossibile da nascondere.
Gemendo, Derek si separò dalle labbra di Stiles e guardandole notò che si erano arrossate e che così erano anche più belle di quanto lo erano di solito.

Senza più alcun dubbio, Derek lo fece scendere da sopra di sé e lo condusse nella stanza da letto per mano. Lì si spogliarono; restarono a baciarsi un altro poco sul letto mentre stringevano sempre di più i loro corpi nudi; fecero l’amore con calma e senza alcuna pretesa, e fu bellissimo.

 

Guardare Stiles dormire al mattino presto gli aveva fatto capire una cosa. Stiles era bellissimo non solo quando una ruga faceva capolino sul viso, ma anche quando era totalmente tranquillo ed il viso era disteso e rilassato.

Stette a guardarlo per molto tempo, tanto sapeva che Stiles aveva il sonno pesante e non si sarebbe svegliato molto presto.

Infatti si svegliò dopo una buona mezz’ora e arrossì nel notare il modo in cui Derek lo stava guardando.

“Credevo avessimo detto che dobbiamo dirci le cose con franchezza, quindi posso anche guardarti liberamente” si giustificò il mannaro. “E questo mi piace molto.”

Per tutta risposta, Stiles gli posò un bacio sulle labbra.

“Diciamo che dobbiamo lavorarci” e scoppiarono a ridere.

“Come credi la prenderà tuo padre? Lo so che ha scoperto di volermi bene ecc. ecc. ma ecco, sapere che suo figlio ha una relazione con un lupo mannaro è un po’… terrificante, non trovi?”

Stiles scrollò le spalle. “Gli piacerai, vedrai.”

Poi, con espressione terrorizzata, si ricordò del padre.

“Cavolo Derek, non sono tornato a casa stanotte: mio padre sarà furioso!”

Andò in cerca del cellulare che aveva silenziato e quando lo trovò notò le 25 chiamate perse e si mise a piagnucolare.

“Ecco, adesso non mi farà uscire di casa per un anno!”

“Non fa niente, ti aspetterò” rispose sicuro Derek.

Stiles lo guardò incantato e tornò a sedersi accanto all’altro. “Dici davvero?” sussurrò.

“Certo, ho aspettato così tanto tempo prima di ora senza dire una parola che posso aspettare ancora un po’… per te ne vale la pena.”

E tirandoselo addosso, ripresero a baciarsi. E per una volta, a Derek non importò di sembrare imperfetto perché anche Stiles era imperfetto con le sue parole e la sua goffaggine ma era comunque bellissimo e la sola presenza di quel ragazzino lo calmava.

“Mi accompagni a casa? Non voglio che mio padre mi uccida: se ci prova devi fermarlo.”

“Oh, non credo che lo farò. Se serve a chiuderti la bocca, glielo lascerò fare” scherzò.

“Ehi! Non puoi parlare così ora che stiamo insieme e poi ti piace la mia bocca!”

“Solo quando è sulla mia” e, così detto, lo baciò di nuovo prima di alzarsi e vestirsi.

Guardò Stiles vestirsi e pensò a come sarebbe stato vedere quella scena dieci, venti, cinquanta volte. Non si sarebbe mai stancato di vederlo mettersi i boxer, alzarsi i pantaloni, restare impigliato –puntualmente– nella cintura, infilarsi la maglietta ed aggiustarsi i capelli.

Stiles si accorse di essere guardato e gli sorrise.

“Sei bellissimo” gli sussurrò Derek, facendolo arrossire.

“E tu sei pronto per incontrare un padre piuttosto furioso?” ribadì il ragazzino.

“Te l’ho detto: per te ne vale la pena.”

 

 

 

NOTE: Allora… parto con il dire che l’idea iniziale era di una storia molto meno romantica, ma la mia parte sentimentale (ne ho davvero una?) ha preso il sopravvento ed ecco qui questa fanfiction.
Come ho già detto non serve aver letto il libro per capire la scena (per chi è familiare con la saga è la scena in cui Clary e seguito vanno dalla Regina della Corte Seelie) perché solo alcuni pensieri e movimenti appartengono ad esso, mentre il resto è frutto della mia immaginazione contorta.
Inoltre ne approfitto per augurare un buon anno a tutti! Il 2016 –almeno per me– non è stato un bell’anno ma è stato l’anno in cui mi sono iscritta ad EFP e ne sono contenta. Non so come è andata a voi, ma spero che il 2017 sia ancora meglio di ciò che sperate!
Ora vado (ho delle serie tv da recuperare!) ma sarei molto contenta se voleste farmi sapere cosa ne pensate in una recensione –ne ho sempre bisogno, e come sempre alla prossima!

   
 
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