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Autore: Sarah M Gloomy    04/01/2017    0 recensioni
Ultimo capitolo della serie The Exorcist.
Gli esorcisti sono tornati in vita e devono fare i conti con la loro nuova natura. Hanno un nuovo obiettivo, quello di distruggere il loro vecchio Ordine, ma qualcosa non va come dovrebbe.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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            Vaffanculo a tutti i libri che ho letto. Prima cosa: i vampiri escono dalla tomba belli freschi, con il desiderio di bere sangue. Bene. Io sono uscita dalla tomba, all’opposto di bella e fresca sono sì lurida, sebbene non sudata, e ho solo bisogno di acqua, in una maniera incredibile. Quello che nei libri non c’è scritto è che poi si deve andare in bagno. Beh, forse i vampiri non devono fare pipì, ma io sì! Ed Eliza è l’unica donna disponibile, quindi sono stata sollevata da terra da lei, quando è stato chiaro che strisciare fino al bagno non era pensabile. Mi ha sollevato con straordinaria facilità e mi ha schiaffato nel water. Da qui il secondo problema, ovvero avere lo stimolo della pipì e non riuscire a farla.
Eliza mi fissa, a braccia incrociate. Ho il leggero sospetto di avere quella definita “paura da prestazione”, perché è assurdo pensare che non sappia come si faccia la pipì. «Hai ancora molto?»
Rivolgo a Eliza un’occhiataccia. Quando finalmente sono riuscita a fare pace con il mio corpo e a sistemarmi alla meglio la gonna nera, che fino a quel momento non sapevo di indossare, sono stata trascinata nuovamente sul mio amato divano.
Da qui il terzo problema, e una nuova imprecazione contro tutti i libri fantasy che ho letto: i ricordi non sono così lineari. Ho flash-back della mia vita passata e di quella ancora più remota, come se le due vite si fossero fuse. Quindi, o mio fratello Edward giocava con il computer mentre al villaggio imperversava la peste, o qualcosa del mio cervello è andato in avaria. Devo aver avuto due fratelli, una sorella gemella stronza e cattiva come il diavolo, e un fratellino più piccolo, fissato con i dinosauri e che adoravo. Ho il leggero sospetto che non si conoscessero, quindi Malachite deve essere il mio passato remoto, Edward solo passato.
Guardo Julia, che invece di semplificare le cose me le sta complicando. Sono stata sua amica in entrambe le due vite, so che in una ha avuto una figlia, ma non so se è Lartia o Julia a essere diventata mamma. Eliza mi sfiora con un’altra bottiglietta d’acqua, mentre l’aroma del caffè si diffonde nella stanza.
Prendo la bottiglietta offerta. Valutiamo i pro: bere mi permette di ricordare e il mio stesso corpo ha bisogno di liquidi. Contro: ho già avuto i miei problemi nell’andare in bagno, vorrei posticipare il più possibile altre deficienze. Eliza imita il verso di bere. «Starai meglio. I ricordi poi iniziano a sistemarsi.»
   «Mm.» Non ne sono molto convinta. Però litigare con lei mi farebbe sprecare il già poco fiato che ho. Mi limito a bere. Philippe è ancora seduto, gli occhi spenti rivolti verso di me. Tra i quattro, sembro essere quella messa meglio. Ho già segnato un maxi punto andando in bagno, quando il corpo di Philippe sembra ancora non essersi ripreso. Julia ha iniziato a sedersi e a bere da sola, mentre Robert sta ancora mugugnando chi è. Ha gli occhi sbarrati e sta fissando la bottiglietta come fosse una stregoneria.
E poi sono incazzata per la quarta grande bugia sui vampiri: dove diavolo è il mio maestro, quello che mi spiega passo per passo cosa bisogna fare? Mi basterebbe anche solo Chase, visto che c’è passato prima di noi. Eliza interpreta la mia domanda silenziosa. «Chase e Warren sono andati a fare una perlustrazione in città. Di Jamar non ne ho la più pallida idea.»
Da un qualche punto emerge la sua voce. «Sono in camera tua. Sto fumando.»
Eliza alza gli occhi al cielo. «Sei troppo giovane per fumare.»
   «Che mi può succedere? Tanto sono già morto. Mica mi viene un cancro, no? E poi gli stronzi hanno parlato del tempo. Mah.»
Stronzi? Corruccio la fronte, al pensiero di un qualcosa che non fa parte di nessuno del mio passato. Eppure si aggancia a entrambi. Sorseggio un po’ di acqua, fissando Eliza. Sospira. «Abbiamo confrontato i nostri ricordi. Sembra che ci sia un punto in comune, ovvero un esorcista di fronte a un tribunale di spiriti. Io ho deciso di tornare indietro e mi è stato detto che mi avrebbero portato via il tempo, che avrei patito il senso dell’abbandono.» Mi suona stranamente familiare. E inquietante. Liscia una pieghetta sul divano, come per prendere tempo. «Una bella minaccia, no? Sembrerebbe quasi che da adesso in poi per noi potrebbe essere parecchio complicato. Ho dato un occhio alle tue ferite, e tutto sembrerebbe confermare la nostra tesi. Per noi il tempo si è fermato. Non rischiamo di morire come nel nostro passato, ma sarebbe da stupidi pensare che avremo una vita semplice, da adesso in poi.»
Ah ah. Vita semplice. Non me la ricordo così neppure da viva, figuriamoci adesso che sono uscita dalla tomba come uno zombie e mi attacco alla bottiglietta d’acqua come un vampiro al sangue. Ah. Vita semplice. Invece di scuotere la testa, bevo ancora. Eliza continua. Mi pare che le piace proprio avere un’ascoltatrice che non fa domande. «Io, Jamar e Warren siamo stati riportati in vita due giorni fa. Già il giorno dopo ci sembrava tutto più chiaro, quindi è normale che tu sia in confusione. Non avevo la minima idea di quali fossero i ricordi di Sura e quali di Eliza. Poi i tasselli si sono sistemati.»
Julia ha gli occhi neri puntati su di me ed Eliza. La vedo bisbigliare, poi la sua voce mi arriva come dall’altra parte della città. È molto, molto lontana. «Perlustrazione?»
Si vede che fa fatica nel riprendersi. Posso quasi sentire i tasselli del suo cervello sistemarsi piano piano, alla ricerca di un vero ordine. Eliza le lancia un’occhiata. «Già. Non abbiamo la certezza che Johannes, Malachite e l’Inquisitore sappiano che siamo morti.»
Che sia Amabel o Dalila, a sentire quei nomi sono molto incazzata. Eliza si alza in piedi, sedendosi poi sul tavolino. Gli occhi di tutti i neo risvegliati si concentrano su di lei. Anche Robert smette di biascicare la sua nenia, fissandola con degli occhi spenti quanto quelli di Philippe. «Allora, da dove iniziare? Beh, per prima cosa siamo morti a seguito di un incidente in auto. Siamo andati fuoristrada e finiti nell’Hudston. Morti annegati. Ci hanno tirato fuori dopo … non saprei. Comunque tutti morti. I nostri vizi hanno preso il controllo dei Medici Legali, quindi sul cartaceo ci hanno fatto l’autopsia, di fatto no. Non so i risultati, presumo che abbiano detto che i nostri organi avevano qualcosa che non andava, per evitare espianti.»
Oh, che divertente. Oltre ad avere una figlia morta, la mia famiglia ha dovuto sentirsi dire che il mio corpo faceva pure schifo. Deve essere stata una gran bella giornata. Eliza ha fatto un minuto di pausa, per farci metabolizzare tutte quelle notizie. Noi, morti, autopsia, possessione dei medici e corpi che non possono essere utilizzati. Ce ne vuole un po’ per digerire tutto. «Siamo stati seppelliti in due cimiteri, dall’altra parte della città. Voi quattro e noi tre. Per questo siamo stati divisi in due gruppi. Alla richiesta di Bel prima di morire, è stata data la priorità a noi. Forse sarebbe rimasta invariata la scelta, visto che riportare in vita Bel, Julia e Philippe, insieme, era come chiedere a Chase di morire.»
Philippe abbozza un sorriso. È il primo gesto del suo vecchio essere che fa. Nella mia mente sta sollevando due dita in segno di vittoria, perché l’invidia vede sempre i complimenti. Sempre. «Comunque, siamo stati riportati in vita, Chase era molto provato e i nostri vizi sono stati fondamentali per allontanarci dal cimitero. Siamo arrivati nel mio vecchio appartamento e ne abbiamo preso il possesso. Fortunatamente Johannes non sapeva i nostri nomi attuali, ed è anche una sfortuna. Anche se ha letto i necrologi, per lui sono morti sette ragazzi a seguito di un incidente. Warren e Chase stanno cercando di scoprire se i tizi che ci inseguivano hanno detto a Johannes che siamo morti. Se non l’hanno fatto … beh, probabilmente lo sapremo presto.»
   «Una bella notizia c’è.» Jamar compare nel campo visivo, reggendo in mano la moca e appoggiandola al sottopentola sulla tavola. Porta con sé l’odore stantio di nicotina. Si deve essere fatto la doccia, in un qualche momento in cui non ero pienamente in me, perché ha i capelli umidi e vestiti puliti. Probabilmente di Warren, visto che ci naviga dentro. «Almeno due degli stronzi sanno chi siamo. O almeno conoscono te e Julia.» Mi indica, e so a chi si riferisce. Malachite e Ridley. Entrambi mi conoscono, e in parte conoscono anche Julia. Quindi potrebbero fare due più due e intuire che l’incidente in auto dove sono morti sette ragazzi in realtà è stato il massacro degli esorcisti.
È esaltante sapere che l’unica bella notizia che abbiamo riguarda la nostra morte. Alzo un sopracciglio, ma è Robert che mormora. «Vaffanculo alla bella notizia.»
Jamar alza le spalle. «Sì, beh. Mica ho detto che la notizia era pure piacevole. Ora, belli addormentati, la notte sarà lunga e abbastanza penosa per voi. Abbiamo adibito la stanza da letto come … beh, stanza da letto per otto persone. Sette. Dubito che Chase si degnerà di stare con noi. In ogni modo, avete la priorità, e vi conviene usarla. Da domani ci litighiamo il letto.»
Io e Jamar dobbiamo discutere esattamente di quelle che devono essere le belle notizie. È chiaro che niente di quello che ha detto ha solleticato meno la mia felicità. All’opposto. Mi sento più arrabbiata che mai.
Con estrema lentezza Philippe si alza in piedi, Jamar gli infila un braccio sotto le spalle e lo aiuta a camminare. Li seguo, con le mani di Eliza così vicine al mio bacino che posso sentirne il calore. La pipì ha sbloccato qualcosa, perché indubbiamente adesso riesco a camminare. Sembro ubriaca, ma continuo a procedere per una linea ondeggiante tutta da sola. Mi butto per la lunghezza del letto, al fianco di Philippe che non ha neppure la forza di spostare la testa dal letto. Prima o poi morirà soffocato, nel tentativo di respirare il copriletto. Julia e Robert vengono accompagnati di peso. Il più giovane è messo in mezzo tra Philippe e Julia, come se temessero che durante la notte si movesse tanto da ruzzolare giù. Sono offesa, perché a me non è stata concessa la stessa premura. Sono già in bilico, al bordo del letto, gli occhi fissi sotto di me. Jamar si stende e mi fa la linguaccia. Sfortunatamente per lui, è sotto al mio centro di tiro e sputargli addosso mi costa davvero poco. Basta solo aprire la bocca e la forza di gravità fa il resto. E lo capisce. «Non ci provare neppure, sorellina. Sei ancora debole e non ti ho mai visto come una vera donna. Di conseguenza, nessun senso di colpa se ti picchio.»
   «Come vuoi tu, fratellino
Cerco di riversare tutti i sentimenti su quella parola, sapendo che lui odia essere chiamato così. Il suo volto si irrigidisce, girandosi su un fianco. «Dormi Bel. La notte sarà lunga.»
Chiudo gli occhi. Non so com’è morire. Ho ricordi contrastanti, che vanno dal nero assoluto al bianco. Niente luce che devo seguire, nessuna rivisitazione della mia esistenza. Non c’è stato neppure un’illuminazione, una spiegazione per tutto il male. Che ne so: perché le persone uccidono, perché Dio ha tanti nomi diversi, qual è la vera religione? Niente. Forse ai grandi quesiti dell’umanità, o meglio dire ai miei, non c’è spiegazione. Le persone uccidono perché hanno dei vizi che prendono il sopravvento in alcune situazioni. Noi esorcisti ne siamo l’esempio lampante. Dio ha tanti nomi diversi perché fa davvero schifo pensare che siamo buttati come carne da macello in questo mondo, senza una vera ragione. Quindi non importa come si chiami quell’Essere Superiore, se sia da solo, Trinità o un pantheon. Non importa. E sulla vera religione? Ha davvero importanza sapere se la mia è migliore della tua? Davvero? Allora la tua vita deve essere davvero molto triste se non hai di meglio da pensare.
Così, con gli occhi chiusi e i pensieri a briglia sciolta, inizio a sentire il russare dei miei compagni. Mi arriva un calcio nel sedere, che mi sposta ancora più in bilico sul letto. Emetto un gemito adirato, aprendo un poco gli occhi. È buio, e dalla finestra entra il leggero bagliore della luce del lampione. Jamar dorme scomposto, la maglia leggermente sollevata a mostrare la pancia, una mano appoggiata al ventre. Dalla bocca aperta emerge un rumore assordante. È lui, dannazione, che fa tutto il casino.
Vicino a lui una montagna di indumenti, che ronfa come se volesse batterlo in una gara. Warren è un ammasso di muscoli che, nel sonno, tenta di rannicchiarsi e sembrare un bambino. Stiamo scherzando? Il risultato è molto deludente.
Mi arriva un altro calcio, girandomi a fissare Philippe, profondamente addormentato, e il reo Robert, che deve fare un bell’incubo perché si muove come su il tapis roulant. Mi sollevo a sedere, spostando verso di me Philippe. Non si sveglia. È sorprendente, allora, che io sia così lucida da capire che devo allontanare i miei compagni dal centro tiro, prima che Robert colpisca qualcuno e gli faccia male.
Ho sistemato Philippe nella mia postazione, lo scavalco e spingo Julia verso la testiera del letto. Blocco un nuovo calcio di Robert con una mano, mettendo due cuscini per allontanarlo dagli altri. Benissimo. Ora non ho più un posto dove dormire.
Scivolo giù dal letto, scavalcando Eliza che dorme con la testa vicino a Jamar. Circumnavigo Warren ed esco dalla stanza. Solo uscendo, mi accorgo che lì l’aria era pesante: un miscuglio tra puzza di nicotina e di terra sepolcrale. Mi annuso i capelli e … beh, non profumo certo di rose.
Chase se ne sta seduto, con la schiena appoggiata allo stipite della porta. Stava leggendo grazie a una leggera luce, perché quando mi avvicino alza lo sguardo. «Ehi.»
Mi sorride. «Che ci fai sveglia?»
Arriccio il naso. «Robert mi dà i calci, Warren e Jamar fanno la gara a chi russa di più … e la stanza puzza di tomba e sigaretta.»
   «Capisco.» Appoggia i fogli al suo fianco. Mi accorgo solo in quel momento che ha la borsa che ho rubato al negromante quella fatidica notte in cui l’ho riportato in vita. E che adesso mi è un po’ più chiaro che diavolo ha fatto Dalila nel suo passato e cosa Amabel. È sconcertante sapere che non me ne frega poi tanto. Fino a qualche ora prima, mi sembrava dipendesse la mia vita.
Mi inumidisco le labbra, prendendo una di quelle dannate bottigliette d’acqua appoggiate al tavolo. Bevo qualche sorso. «Dalla perlustrazione avete scoperto qualcosa?»
   «Padre Samuel ha visto l’incidente. Johannes sembra credere proprio che siamo tutti morti.» Corruccio la fronte, la bottiglietta attaccata alle labbra. Chase alza una spalla. «Io e Warren siamo andati all’Ordine. Non ci ha visto nessuno e abbiamo ascoltato parte di una conversazione.»
   «Idioti. Se vi avessero visti?»
   «Prima o poi verranno a sapere che siamo ancora vivi. In ogni modo, nessuno ci ha visti. È una fortuna che abbiano ricreato il nostro vecchio edificio, perché lo conosciamo meglio delle nostre tasche. Sappiamo dove muoverci, in quali punti nasconderci e in quali attendere. Neppure Johannes conosce quel luogo come noi. Prima di riportarvi in vita ho scoperto un po’ di cose. O meglio, ho avuto la conferma su alcuni fatti.»
   «Cioè?»
Chase stende una gamba, appoggiando il braccio sul ginocchio di quella ancora sollevata. «Primo: effettivamente Johannes è il nostro vecchio mentore. Ho sentito una conversazione con Ridley, che è effettivamente la reincarnazione dell’Inquisitore, in cui diceva che non doveva andare così. Era convinto che avessimo veramente scoperto che lui è stato l’artefice della nostra precedente morte. Non ha usato tanti giri di parole.»
   «Johannes ci ha tradito.»
   «Ovviamente.»
Dovrebbe farmi sentire meglio ma, no. Per niente. In una parte del mio passato ho considerato quel uomo come un padre. Quando la mia famiglia è morta, nel momento in cui mi sono resa conto che non potevo appoggiarmi a Malachite perché era troppo malata e la sua mente non avrebbe retto, mi sono aggrappata all’Ordine. A ognuno dell’Ordine. Agli esorcisti e, sì, anche a Johannes. Okay, avevo pensato che fosse lui lo stronzo dietro a tutto, ma averne la certezza è un altro paio di maniche. Finito. Non saremmo più rientrati all’Ordine. Siamo senza famiglia, senza patria, senza una missione. Lo sento sospirare. «Ci sono stati dei discorsi, senza senso. Pare che Johannes sia convinto di poter insegnare anche al nuovo Ordine come esorcizzare gli spiriti. Al momento, questo non ha avuto gli effetti voluti. È un’amara consolazione. La parte più interessante dei pedinamenti è che abbiamo rotto il rituale dell’immortalità per quanto riguarda noi.»
In tutto quel discorso c’è un grande ma. Chase mi fissa, appoggiando la testa alla porta. Dovrebbe essere felice, perché abbiamo finalmente portato a termine quel compito. La sua espressione, però, è di rammarico. «Loro, però, possono ancora utilizzarlo. Di questo Johannes ne ha la certezza.»
   
 
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