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Autore: Pluma    27/05/2009    1 recensioni
(Dal II° capitolo) “Molto piacere. Come ho già detto io sono Richard Heart. Questa bellissima donna è Sheril Water, il mio braccio destro. Il più vecchio tra noi è Asriel Stern. La ragazza che le ha recuperato la borsetta si chiama Savannah Runner; infine, lui è Jack Salvador, in realtà non si chiama così, ma il suo nome è per tutti noi impronunciabile perciò…Jack.” (...) “E ora che abbiamo fatto tutte le presentazioni, cosa volete dai Predators?” I Predators è un'agenzia tutto fare formata da cinque persone decisamente molto diverse tra loro... partendo dall'età, per continuare con la nazionalità, finendo con il loro carattere. Non disdegnano commissioni che li portano in giro per il mondo, sebbene siano lavori che hanno poco a che vedere con la legalità. Sinceramente non mi importa se li amerete o li odierete, dato che sono degli anti-eroi, la mia speranza è che non vi lascino indifferenti. Per questo spero tanto che recensirete, almeno un pochino...
Genere: Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IX ° CAPITOLO

PRENDI UN UOMO, TRATTALO MALE…

 

(*) Gli uomini sono come i serpenti.

L’idea che hanno di loro stessi supera di gran lunga la realtà.

Quasi tutti i serpenti sono privi di denti.

Certi hanno i denti ma sono privi di veleno.

E con i pochi provvisti di veleno devi essere un bravo incantatore.

Non è difficile.

Continua a muoverti e fai in modo che guardino dove vuoi tu.

Con il tempo sarai in grado di renderli innocui, con il tempo imparerai a muoverti così abilmente che non riusciranno mai a guardare dove non vuoi.

 

E’ vero che quando si rivela un segreto, protetto da una barriera molto spessa, ci si sente svuotati? Forse, ma questo non è ciò che senti Savannah quando chiuse le labbra, dopo aver concluso il racconto della morte dei suoi nonni. La confidenza che, per amore o per forza, fece ai suoi colleghi non ottenne altro risultato se non quello di risvegliare la rabbia e il rancore nei confronti di Bruce. Si sentiva umiliata; era difficile spiegarne il motivo, comunque aveva a che fare con l’accettazione di avere un parente a cui lei voleva bene come ad un fratello, che le aveva fatto del male, anteponendo la lealtà per una persona estranea, al bene della famiglia. Era sbagliato, quello che Bruce aveva fatto era scelta più sbagliata che potesse prendere, ma era ciò che aveva fatto e ora Savannah ne aveva parlato, per la prima volta dopo dieci anni di silenzio.

“Oh, ma che storia triste.” La schernì Asriel.

Savannah alzò i suoi occhi furenti sul tedesco; se lo sguardo potesse uccidere…

Asriel fu sicuramente molto indelicato a parlare in quel modo, ma in realtà aveva espresso il pensiero esatto di Richard e di Sheril. Fatta eccezione di Jack, al resto dei Predators non importava assolutamente nulla della tragedia che una giovane Savannah aveva dovuto vivere, esattamente come si stavano disinteressando della frustrazione che animava i pensieri dell’attuale Runner. Non è che fossero insensibili (o forse sì, lo erano), ognuno di loro aveva avuto, chi più chi meno, i loro problemi, ma mai nessuno aveva compromesso un lavoro per il passato, per quanto brutto e doloroso fosse.

“Mettiamola così Savannah” ruppe il silenzio Richard. “Se trovi un modo per sbloccare la situazione e farci ritornare a casa con il Trojan nella borsa, accetterò il tuo passato come attenuante.”

Non era il caso chiedere cosa sarebbe successo altrimenti; era un’eventualità che nessuno avrebbe voluto prendere in considerazione, nemmeno Richard, il quale non aveva ancora pensato realmente all’alternativa.

“Savannah pensa!” la incitò Jack, più calmo di prima, ma ancora in allerta. “Chi può sapere dov’è nascosto il Trojan?”

“Non molte persone. In realtà non sono del tutto sicura che persino Bruce lo sappia.”

“Potremmo comunque provarci” propose Asriel con un sorrisetto da pescecane.

“Non servirebbe a nulla” lo interruppe bruscamente Savannah. “Invece di prendermi per il culo e mancare una buona occasione per tenere la tua boccaccia chiusa, se vi avessi ascoltato sapresti che, ammesso e non concesso, mio zio sia a conoscenza del Trojan e del posto in cui il suo boss lo tenga, non dirà nulla. Nemmeno a te!”

“Allora cosa proponi?”

Savannah abbassò lo sguardo per pensare. Aveva gli occhi di tutti puntati addosso e questo la innervosiva, non le lasciava lavorare il cervello in santa pace. Cominciò a sfregarsi le mani appiccicaticce, visibilmente nervosa. Poi, l’illuminazione. Pericolosa, difficile, un altro datore di lavoro l’avrebbe scartata senza lasciarla finire di parlare ma, cavoli, lui era Richard Heart. Con la vittoria negli occhi, la ragazza rialzò la testa.

“L’unica persona che sa dove si trovi quel maledetto cavallino è Rizzo, giusto? Bene, allora chiederemo direttamente a lui. E’ vecchio e, sicuramente, risulterà un osso decisamente più malleabile di mio zio.”

“Ooh, ci hai pensato tutta la notte?” la ridicolizzò Asriel. “Sei veramente una fur…”

“Taci Asriel!” ordinò Sheril. “Lasciala finire di parlare.”

“Salvatore Rizzo ha la bella abitudine di passare i suoi venerdì sera in uno strip club non troppo lontano da casa sua. Una volta era di sua proprietà, dubito che lo sia tutt’ora, ma scommetto che per lui, come per tutti noi, le vecchie abitudini sono dure a morire.”

Richard si prese tra l’indice e il pollice il mento. Stava analizzando la proposta e, ora, lo sguardo dei presenti si era spostata su di lui. Al contrario di Savannah, però, Richard era abituato a stare al centro dell’attenzione, non ne era intimorito e nemmeno infastidito. Si prese tutto il tempo necessario per pensare e alla fine disse:

“Credo sia un’idea accettabile. Comunque sarebbe facile verificare quest’abitudine del signor Rizzo. Sheril?”

Il capo dei Predators si girò verso il suo vice.

“Sono d’accordo con te. Potrei farmi assumere e vedere che cosa dicono sul venerdì. L’unica pecca è che, prima di lasciarmi servire Rizzo, dovrò fare altre serate. Ma non è un così grosso problema.”

“Perché tu, Sheril?” chiese Asriel. “E’ Savannah che ha creato questa situazione.”

“Brutto bastardo!” urlò Jack, anticipando Savannah di qualche secondo.

Il ragazzo si avventò contro il tedesco, prendendolo per il bavero della maglia.

“Calmati Jack.” Intervenne Richard prima che la situazione degenerasse.

Il giovane sudamericano lasciò la presa, ubbidiente.

“Ti prego Richard, non prendere in considerazione Savannah per questo lavoro, non è per lei.”

“Ti turba, ragazzo, l’idea che altri uomini possano sbavare su un corpo che tu non hai avuto la possibilità nemmeno di sfiorare?” chiese ironico Richard.

Non ottenne risposta, ma del resto non la voleva.

“Al di là delle motivazioni dispettose, penso che non sia sbagliata la proposta di Asriel, almeno in parte. Sheril, Savannah andrete entrambe al colloquio e voglio che vi prendano insieme. Non ritengo prudente mandare solo una di voi due.”

 

“Salvatore, è sicuro di non volere nessuno nel privè?”

“Certo che sono sicuro, Bruce. Come ogni anno voglio godermi lo show delle pulzelle in privacy.”

“Normalmente non insisterei, ma dopo la visita di mia nipote e dei suoi amici non mi sento per nulla sicuro.”

“Ti preoccupi troppo, ma in fondo è per questo che ti tengo con me. Va bene, veniamoci incontro: vieni dentro, solo tu ovviamente; le ragazze arrivano; valuti la situazione e poi te ne vai senza fare storie.”

L’uomo non era molto convinto della nuova soluzione ma, del resto, era meglio di nulla. Bruce aprì la porta del privè con un sospiro, offrendo il passaggio al suo capo che entrò con un sorriso compiaciuto e contento stampato sul viso. La stanza non era molto grande, ma avendo solo un divanetto per al massimo due persone, lo spazio era sufficiente per ciò che doveva succedere lì dentro.

Salvatore fece appena in tempo ad accomodarsi che le luci si offuscarono, due ragazze entrarono nel privè, posizionandosi al centro, a qualche passo di distanza dal divanetto su cui era seduto il cliente della serata. Erano già pronte a cominciare lo spettacolo che Bruce le fermò:

“Aspettate, voglio controllarvi.”

“Ricordati che le hanno già perquisite e sono pulite, quindi vedi di non toccarle!”

La ragazza più alta stirò la bocca in un sorriso, allargando le braccia come un invito a fare ciò che volesse l’uomo si avvicinò loro, studiandole con circospezione e attenzione. Entrambe portavano sul viso una mascherina cosa, di per sé, poco sospetta dato che il mistero aiutava l’eccitazione, ma Bruce era poco convinto.

“Potrebbe chiedere di accendere le luci e di togliere le maschere, per favore?”

“Lasciale lavorare, Bruce. Non rovinarmi il compleanno” si lagnò Salvatore Rizzo, oramai stufo di aspettare. “Fai quello che devi, ma evita di rompere.”

Sconfitto, Bruce ritornò a guardare le donne, questa volta guardandole una alla volta.

La prima, la più alta portava una mascherina di colore rosso, lunga fino alle gote. La fessura dell’occhio sinistro era coperta dall’unico ciuffo di capelli lunghi che partiva dalla destra della fronte. Indossava un bustino nero con il profilo in pizzo bianco; sopra a questo portava una camicetta di tulle a maniche corte, lunga fino alla vita e leggermente arricciata sotto al seno. Il tubino di raso nero era lungo fino al polpaccio; dietro la gamba destra si apriva uno spacco, mentre su quella sinistra se ne apriva un secondo davanti, la cui generosità metteva in mostra una giarrettiera rosso a cui erano attaccate le calze a rete nere. Le decolté nere avevano un tacco 12 in alluminio. Sulla scapola destra faceva bella mostra di sé un caduceo, il simbolo di Ermes, messaggero degli dei: un bastone con in cima due ali piccole e poco curate nel dettaglio, a completare il tatuaggio due serpenti si intrecciavano tra loro intorno al bastone.

Le labbra rosse di rossetto erano accentuate dal tratto della matita color mattone; le unghie lunghe e ben curate erano tinte di viola chiaro che si scuriva verso la punta. Al collo portava una collana, quattro giri di catena dalla lunghezza diversa: il primo, il più corto, era quello che girava intorno al collo; il secondo si appoggiava sul seno ben proporzionato; il terzo arrivava alla vita; mentre l’ultimo fino all’inguine. Ai polsi aveva due bracciali, in quello sinistro c’era una fascia di brillanti, mentre nel destro c’era un polsino di pelle nera, poco più grande della fascia preziosa. Gli orecchini erano molto semplici, due brillanti al lobo e nulla di più.

La seconda ragazza, invece, era più sportiva. La mascherina nera copriva unicamente la zona degli occhi, ma c’era troppo buio per poter distinguere i tratti che erano rimasti esposti. Portava un gilet lucido di raso nero, con spalline sottili e quattro bottoni a gioiello. Il pinocchietto a vita bassa era di un tessuto nero che copriva solo la parte inguinale come una mutandine, mentre dal gluteo in giù era trasparente. I sandali neri non avevano il tacco ma una zeppa, segno che la ragazza era sicuramente meno pratica del mestiere. I lacci, stile schiava romana, erano allacciati sotto al ginocchio, nel punto dove terminava il tessuto del pantalone.

Il trucco era molto naturale, le labbra erano del loro colore, nonostante la loro morbidezza testimoniava almeno uno strato di rossetto. Le unghie corte e in alcuni punti mangiucchiate erano bianche. Solo gli orecchini erano ben in mostra, ma due anella d’oro, di quelle dimensioni, avrebbero attirato l’attenzione in qualsiasi caso.

Sembrava tutto quanto in disordine, quindi. Bruce stava per desistere dal cercare il particolare incriminante, quando notò i capelli della seconda ragazza: biondi, lisci, pettinati indietro come se fossero perennemente bagnati. Puntò i suoi occhi sul viso di lei, ma era troppo buio per poter essere completamente sicuri; se solo non ci fosse stata quella maledetta maschera. Bruce piegò le dita ad uncino, slanciando il braccio verso la seconda ragazza con l’intento di strapparle di forza quel pezzo di stoffa. Ce l’aveva quasi fatta, era riuscito ad afferrare la mascherina nera, ma i riflessi della giovane donna erano straordinariamente pronti e, grazie a quelli, gli bloccò il polso , impedendogli di strapparle dal viso il suo anonimato.

“Cosa diavolo pensi di fare?” urlò Salvatore Rizzo. “Lasciala subito e vattene!”

Bruce ubbidì all’istante, lasciando la presa dalla mascherina che la ragazza rimise immediatamente a posto. Le dita nodose di Rizzo lo afferrarono per una manica, strattonandolo con prepotenza e sospingendola verso la porta.

“Vatti a fare un giro! Ti chiamo io se ho bisogno” ringhiò il festeggiato, irritato, prima di sbattere la porta in faccia al suo braccio destro e chiudendola a chiave.

Con un sorrisetto ancora un po’ infastidito sulle labbra, Salvatore si voltò verso le donne, le quali per nulla spaventate dal comportamento dell’altro uomo, erano ancora al centro della stanza in attesa di poter cominciare lo spettacolo.

“Scusate signore” disse con una voce lievemente tremante. “Cominciate pure, ora nessuno vi disturberà.”

Le due si misero in posizione, molto vicine l’una all’altra. Ad un tratto la più alta schioccò le dita e la musica partì. Erano brave, ognuna a modo suo, però. La prima, quella che aveva dato l’ordine di attaccare la musica, aveva dei movimenti più invitanti, mentre l’altra si esibiva in acrobazie complicate ma, che di per sé, non avevano nulla di sensuale. L’esibizione del suo corpo, dei muscoli che si tendevano, delle membra che invitavano il cliente, rendevano tutto, comunque, abbastanza eccitante.

La ragazza con il ciuffo davanti all’occhio gli si avvicinò con passo strascicante, mentre le dita slacciavano i bottoni della camicetta trasparente che, ben presto, finì sul pavimento. Lei si piazzò davanti la faccia protesa di Salvatore, il cui sguardo era lucido dall’eccitazione; con una mezza piroetta gli diede le spalle, mostrando il sedere fasciato dal tubino. La mano di Salvatore si alzò a mezz’aria, protendendosi verso quella bellezza tonda, ma prima che potesse anche solo sfiorarla la donna si scostò, uscendo dal suo campo visivo. Al suo posto apparve la seconda ragazza che si avvicinò con sguardo serio e non propriamente accattivante, ma quando lei si inginocchiò sul divanetto, con le gambe di Salvatore in mezzo alle sue e il suo petto a pochi millimetri dal viso dell’uomo, lui non pensò più alle carenze della bionda che stava muovendo il bacino a tempo di musica, strusciando l’inguine sui suoi pantaloni.

Salvatore sentì le mani dell’altra showgirl che gli scivolavano lungo le spalle, intrufolando una mano nella camicia aperta, accarezzando il petto raggrinzito dall’età e dal peso. Il fiato di Rizzo diveniva sempre più corto e accelerato.

“Ragazze, se continuate così mi farete venire un infarto. Non vi posso pagare se mi uccidete.”

Per tutta risposta la donna alle sue spalle cominciò a ridere piano.

“Allora, per entrambi, sarà bene che tu risponda” disse continuando a ridere.

A quelle parole la ragazza seduta sulle gambe di lui si tolse la mascherina, interrompendo il suo movimento. Anche al buio riconobbe la ragazza e come avrebbe potuto fare il contrario? L’aveva vista nascere, crescere; era andato al funerale del padre e a quello dei nonni. Aveva assistito alla dimostrazione della sua pericolosità qualche giorno prima…         

 

 

(*) “L’alchimia del desiderio” di Tarun J. Tejipal

 

Leuconoe: Perdono ci ho messo un po’ per scrivere questo capitolo. Avevo solo dei flash di immagini, ma non sapevo come metterle insieme. Comunque ne è valsa la pena, dato che, da un capitolo solo ne sono nati due (il prossimo) che ho già scritto. Anche a me Savannah piace davvero tanto, anzi a dire il vero penso che sia la mia preferita, forse perché sotto alcuni punti di vista è più vicina a me rispetto agli altri. Per quanto riguardano i quesiti che ho creato se hai domande o curiosità chiedi pure, se potrò rispondere lo farò volentieri. Per ora ti ringrazio per la recensione e ti auguro una buona lettura. Baci, baci.

   
 
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