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Autore: FairyCleo    09/01/2017    3 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 19

L’incontro

 
“Ve-Vegeta?” - aveva balbettato Goku, incredulo.
“VEGETA!” – gli aveva fatto eco Gohan, ancora più stravolto del padre.
“Pa-papà! Papà!!” – Trunks non riusciva a crederci. Finalmente aveva trovato suo padre. Era così emozionato da continuare a pensare che in realtà stesse ancora sognando. Era contento come quando, la mattina di Natale, scendeva in salotto e cominciava a scartare i regali che Babbo Natale aveva lasciato per lui. Anzi: lo era molto di più, perché, finalmente, i suoi sforzi avevano dato i frutti sperati. Finalmente, aveva trovato chi aveva cercato con tanto ardore.
Non ci aveva pensato due volte, volando a gran velocità nella sua direzione, fermandosi proprio a pochi centimetri da lui. Il suo piccolo cuoricino batteva all’impazzata e i suoi occhi color del mare erano velati da lacrime di pura gioia. Per un istante, non si era reso conto che suo padre fluttuasse su una sorta di altare, privo di sensi. L’importante era che lui respirasse e che il suo cuore pompasse ancora sangue nelle vene. Il resto non contava più.
“Oh, papà…” – gli aveva posato una manina sul petto, cercando di trattenere i singhiozzi – “Svegliati… Dobbiamo andare via da qui… Dai…” – aveva provato a scuoterlo. Prima con delicatezza, poi con maggiore veemenza, ma era stato tutto inutile. Vegeta non aveva la benché minima intenzione di destarsi dal suo sonno – “Che cosa ti ha fatto quel mostro?”.
“Trunks, che cosa succede?” – Goku era stato il secondo ad avvicinarsi a Vegeta. In un primo momento, dopo aver soccorso Goten, che dall’impatto aveva perso i sensi, aveva deciso di lasciare Vegeta alle cure di suo figlio, ma quando si era concentrato per percepire la sua forza spirituale e si era reso conto che il principe dei saiyan non accennava a svegliarsi, aveva deciso di avvicinarsi a sua volta, nella speranza di fare luce in quella faccenda dai toni così oscuri.
“Non riesco a svegliarlo” – aveva ammesso Trunks, tra le lacrime – “Papà non apre gli occhi, Goku!”.
Il saiyan adulto non aveva osato rispondere. Non aveva il coraggio di dire a quel bambino così in pena che suo padre aveva effettivamente qualcosa che non andava, e che non accennava ad aprire gli occhi perché la sua aura si stava lentamente spegnendo.
“Coraggio Vegeta. Coraggio. Qualsiasi cosa ti abbiano fatto, non puoi permettere che vincano la guerra! Tu sei il principe dei saiyan! Non puoi permettere che Vickas vinca! Svegliati, Vegeta. SVEGLIATI!”.
Aveva parlato con voce sincera, mettendosi in contatto direttamente con lo spirito del suo più grande rivale. Era troppo agitato per leggere nella sua mente e carpirne i segreti, e non voleva rendere le cose così semplici! Non era il momento di abbattersi e lasciarsi morire. Vegeta avrebbe dovuto svegliarsi e raccontare loro ogni cosa con quel suo vocione imperioso e a volte fastidioso. Avevano un disperato bisogno di lui, a livello affettivo e di strategia: era un rivale e un amico, un fratello e uno stratega. Senza la sua sapiente guida, non sarebbero stati in grado di battere Vickas, e Bulma e Trunks non avrebbero retto il colpo conseguente alla sua perdita.
“MI HAI SENTITO O NO, ZUCCONE? VUOI SVEGLIARTI E LOTTARE O CONTINUARE A RIPOSARE? SVEGLIATI VEGETA, O GIURO CHE SE MORIRAI CHIEDERO’ A RE YAMMER DI SPEDIRTI IN UN GIRONE INFERNALE CON TANTO DI PRATI VERDI, ORSETTI DANZANTI E FATINE CANTERINE!”.
Se, in un primo momento, qualcuno avesse visto il cipiglio che aveva in volto, questo qualcuno avrebbe pensato che Goku stesse ragionando con intensità su un argomento ostico, di difficile decifrazione, e non che stesse pensando a orsetti e faine canterine. “Quando la smetterai di frugare tra i pensieri altrui, Kaharot?”.
Eppure, a quanto sembrava, la minaccia aveva sortito esattamente l’effetto sperato. Vegeta aveva parlato con un filo di voce, ma il suo tono era inconfondibile. Nonostante avesse continuato a tenere gli occhi fissi davanti a sé e fosse rimasto immobile, la sua forza spirituale era cresciuta, tornando a essere quella di un tempo, se non addirittura più grande e, per una ragione apparentemente inspiegabile, aveva persino smesso di levitare.
“URCA! Ce l’hai fatta razza di zuccone!”.
“PAPA’!” – aveva urlato Trunks, saltandogli al collo senza pensarci.
“Grazie a Dio si è svegliato” – era stato il commento di un Gohan che continuava a cullare tra le proprie braccia il fratellino ancora privo di sensi.
“Hai anche il coraggio di lamentarti? Allora stai veramente bene!” – lo aveva schernito Goku, dandogli la mano per aiutarsi a tirarsi su. Ma Vegeta, orgoglioso come sempre, l’aveva rifiutata dopo averla guardata con disprezzo, alzandosi con le sue sole forze per mettersi seduto. Però, per quanto avesse potuto fingere, c’era ancora in lui qualcosa che non andava. La testa gli doleva terribilmente, ed era stato costretto a coprirsi gli occhi con il palmo della mano destra e ad aggrapparsi forte con l’altra al bordo dell’altare per non rischiare di cadere in avanti.
Aveva mugugnato qualcosa, digrignando i denti con forza nella speranza di ricacciare indietro quella fitta lancinante.
“Papà…” – Trunks era preoccupatissimo, e lo stava aiutando a sorreggersi. Suo padre poteva anche rifiutare l’aiuto di Goku, ma non gli avrebbe permesso di rifiutare anche il suo – “Respira papà. E sta tranquillo: ci siamo noi qui con te”.
“Vegeta…”.
“Sto bene” – aveva tuonato un istante dopo, intimando ai presenti di lasciargli spazio – “Tsk! Ancora non aveva capito che dovete smetterla di preoccuparvi per me?”.
“Hai ragione papà… Scusaci” – il piccolo aveva ancora gli occhi lucidi, ma quella reazione era la prova più tangibile dello stato di salute più o meno ottimale del principe dei saiyan.
Principe dei saiyan.
Ma ecco che quell’appellativo ripetuto da tutti fino allo sfinimento per riferirsi a Vegeta aveva fatto scattare un interruttore nel piccolo Trunks, che finalmente si era reso conto di quanto fosse accaduto in quella stanza qualche minuto prima.
“No” – aveva detto, con voce tremante, indicando il capo di suo padre – “Tu non sei più il principe dei saiyan, papà”.
Dopo un attimo di confusione, Vegeta aveva sfiorato con le dita il punto indicatogli dal figlio, scoprendo, suo malgrado, che qualcosa di freddo e liscio lo circondava.
“Tsk! Ma che diamine…?”.
“Urca!”.
“Vegeta, ma quella… Quella è una corona!” – Gohan era talmente sconvolto da non essere stato in grado di controllare neppure il suo tono di voce, tono che aveva sfiorato i livelli di isteria di quello di sua madre.
Era una corona. Era realmente una corona. E Vegeta e gli altri avevano potuto appurarlo meglio quando era stata sfilata via dal suo capo e tenuta a mezz’aria dalle mani tremanti di colui che fino a poco prima l’aveva portata senza neanche saperlo.
“Io… Io non capisco… Io non ricordo… Ma cosa…”.
Era stravolto. Il cuore galoppava all’impazzata, e per un attimo aveva creduto di perdere i sensi. L’ultima volta che l’aveva vista, circondava il capo di qualcun altro, qualcuno che gli somigliava profondamente, più in aspetto che in carattere, a essere sinceri. L’ultima volta che l’aveva vista, era stato durante una cerimonia solenne, e brillava come i raggi di sole del mattino. L’ultima volta che l’aveva vista, aveva giurato a se stesso che un giorno l’avrebbe portata con onore, e che sarebbe stata il simbolo del potere saiyan sull’universo intero. L’ultima volta che l’aveva vista, aveva desiderato ardentemente di diventare al più presto il nuovo re del popolo saiyan.
“Vegeta, ma cos’è successo?”.
“Credo che dovremmo inchinarci” – era stata la voce tremante del piccolo Trunks a catturare l’attenzione di tutti – “Dopotutto, adesso non siamo più al cospetto di un principe”.
“Cosa?” – Gohan era stravolto.
“Io l’ho visto. Potete chiedere a Goten quando si sveglia, se preferite. Ho visto qualcuno porre la corona sul suo capo… Noi abbiamo assistito alla sua incoronazione”.
“URCA! QUESTO VUOL DIRE… VUOL DIRE… CHE TU SEI IL RE, ADESSO? IL RE DEI SAIYAN?”.
“A quanto pare sì, razza di idiota”.
Sarebbe stata quella la risposta che, in circostante normali, Vegeta avrebbe dato a Goku. Ma la notizia lo aveva stravolto a tal punto da avergli impedito di proferire parola. Re dei saiyan. Qualcuno lo aveva incoronato re dei saiyan. E se lui era re, questo voleva dire che… che…
“Trunks”.
In quell’istante, l’istante in cui aveva capito ogni cosa, il suo cuore aveva perso un battito, e non era stato più in grado né di respirare né di pensare lucidamente. Avrebbe voluto piangere, urlare, disperarsi, ma non trovava la forza di farlo. Ancora una volta, il destino aveva deciso di punire chi più amava al mondo. Ancora una volta, aveva deciso di far scontare i suoi peccati agli innocenti che erano stati così stolti da volergli bene. E, ancora una volta, lui non poteva fare niente per cambiare le cose.
“Io… Io non…No” – aveva lasciato cadere quella corona diventata più pesante che mai sul pavimento, stringendo il figlio al petto davanti a tutti senza il timore di essere deriso o additato. Non gli importava niente degli altri, non gli importava niente se non l’incolumità di chi stringeva forte tra le braccia. Trattenere le lacrime stava diventando impossibile, così come stava diventando impossibile trattenere la collera che montava come un toro imbizzarrito, placata solo dal dolore che attanagliava il suo cuore ferito.
“Vegeta…” – Goku non sapeva cosa dire. Nessuno sapeva cosa dire. Perché davanti a quell’evidenza così spaventosa, qualsiasi reazione sarebbe stata inutile, vana, e completamente, assolutamente fuori luogo.
Trunks si era lasciato abbracciare forte, ricambiando quella stretta con altrettanto ardore. Sentiva il dolore di suo padre, il senso di colpa e frustrazione che lo stavano consumando a una velocità impensabile, eppure, non poteva non gioire di quel momento così unico, speciale. Sembrava che Vegeta fosse in grado di dimostrargli affetto in modo più diretto solo in circostanze drammatiche e, nonostante la sua giovane età, aveva capito che momenti come quelli erano preziosi e andavano custoditi con gelosia. Ma non era solo quello che aveva capito il piccolo saiyan dai capelli lilla. Solo che non sapeva come spiegare al suo adorato papà che, nonostante la paura, aveva già accettato di percorrere il cammino che qualcuno aveva tracciato per lui.
“Non è colpa tua, papà” – gli aveva detto, cercando di trattenere le lacrime – “Non sono arrabbiato con te. Non voglio che stai male e piangi… Tu-tu devi prenderti cura della mamma, no?”.
Aveva cercato di usare le stesse parole che, in una circostanza non troppo lontana, Vegeta aveva rivolto a lui. Solo che suo padre aveva capito perfettamente quanto stava per accadere, perché lo aveva stretto con maggiore forza, quasi volesse inglobarlo in sé per proteggerlo e sottrarlo all’orrore che lo avrebbe atteso.
“Io non lascerò che tu muoia” – aveva asserito, cercando di trattenere il pianto dirompente che tra poco sarebbe affiorato in superficie – “Ti proteggerò fino alla fine. Fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia”.

Continua…
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Perdonatemi.
Non posso chiedervi altro. Sparire così e riapparire dopo tutto questo tempo non è un atteggiamento da persona seria, me ne rendo conto perfettamente. Ma credetemi se vi dico che la fine del 2016 è da dimenticare e lo stesso vale per questo inizio di 2017. Ho vissuto solo lutti e sciagure. I momenti belli sembra che rifuggano da me come le persone sane da un appestato, e la voglia di scrivere è andata via con essi.
Eppure, bisogna pur provare a rimettersi in piedi, no? Per questo, anche se con estremo ritardo, sono ancora qui e vi chiedo di perdonare questa vostra autrice un po’ sfortunata ma che vi stima e scrive per voi.
Un abbraccio
Cleo
   
 
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