T h R E E
Devo
ammetterlo. Dopo qualche tentennamento, accettare l’invito di Gallen si rivelò
una mossa azzeccata. Non tanto per la sua compagnia, sia chiaro, ma per il
semplice motivo che non vedevo l’ora di scoprire come funzionasse la base Beta.
E sì, anche per gli animali…
A
dire il vero mi stupii della velocità con la quale i miei genitori
acconsentirono a tale richiesta. Dopo tanti sermoni sulla sicurezza e sul fatto
che non potevo mettere piede fuori dall’area di competenza del Gamma, ora mi
stavano letteralmente gettando tra le braccia di Gallen. Forse perché avevo finalmente
trovato qualcosa con cui tenermi occupata invece di lamentarmi per tutto il
tempo, o forse perché pensavano…
Non
scherziamo. Tra me e Gallen non c’era più nulla. Ma forse potevo sfruttare la
gita fuori porta per indagare sul passato e lasciarmi questa storia alle spalle
una volta per tutte.
Gallen
venne a prendermi dopo colazione come pattuito ma, invece ci accompagnarmi
direttamente al Beta, mi fece fare un giro nei dintorni della base, dove era
stato allestito una specie di campo per la fauna del luogo.
Inutile
dire che quello spettacolo mi lasciò senza fiato.
Gli
animali erano liberi di muoversi a loro piacimento nelle varie aree dedite,
mentre i volontari si occupavano di quelli feriti o ammalati in postazioni
distinte. Gallen mi spiegò che la maggior parte degli ospiti erano solo di passaggio,
ma che alcuni rimanevano comunque nei paraggi, spinti dalla curiosità verso la
nostra specie e per gli spuntini gratis. Tutti gli esemplari che passavano dal
campo venivano muniti di microchip, un’operazione che rendeva più semplice
tenerli d’occhio e per studiare le loro abitudini.
Era
totalmente diverso dal lavoro che stavamo facendo al Gamma, così tanto che
quasi quasi avrei voluto chiedere un trasferimento. Pensiero che scacciai
subito quando mi resi conto che una base così affollata non era il massimo per
una ragazza.
Non
essendo solo una base scientifica, ma anche militare, le donne scarseggiavano
in proporzione al numero di soldati, per cui mi trovai parecchio a disagio
quando facemmo un rapido giro degli ambienti. Gallen dovette aver capito quello
che mi stava passando per la testa quando incrociammo l’ennesimo commilitone
che mi fece l’occhiolino, perché mi condusse verso la zona più esterna,
dedicata ai predatori.
In
uno dei box ritrovai la veterinaria dai capelli rossi, Hygeia, alle prese con
un Lycaon che conoscevo bene.
Zephyrus
fu il primo ad accorgersi del nostro arrivo. Incominciò a guaire e a scodinzolare,
mentre Hygeia stava finendo di controllare le sue condizioni sul suo datapad.
Quando alzò gli occhi verso di noi, ci rivolse un leggero sorriso.
«Ma
guarda, non riesce mai a stare fermo» sentenziò Gallen, avvicinandosi per
accarezzare il cucciolo, che ricambiò quelle attenzioni con delle generose
leccate alle sue dita.
«Forse
è per questo che è stato fortunato. La ferita si è rivelata superficiale e non
ha intaccato i nervi e il muscolo. Qualche giorno di riposo e sarà come nuovo.»
«Riposo?
Non credo che questo termine sia presente nel suo vocabolario» ridacchiò lui, prima
che Zephyrus lo caricasse facendolo finire al tappeto. Mi scappò una risatina.
«Sembrano
molto uniti» commentai, avvicinandomi alla donna mentre sterilizzava gli
strumenti posati sul tavolo chirurgico.
«Diciamo
che è così» mi spiegò. «In genere i Lycaon sono animali schivi e territoriali,
ma quando Eos è entrata in travaglio ci sono state delle complicazioni.
Dovevamo scegliere: rimanere a monitorare la situazione senza far nulla o
intervenire. Puoi immaginare su cosa sia ricaduta la scelta. Una squadra ha
dovuto tenere occupato Astreo e, fidati, non è stato un lavoro piacevole,
mentre l’altra ha portato Eos qui, dove Zephyrus e Borea sono nati. Sani come
pesci. Sono diventati le nostre mascotte, in poche parole. Anche se Astreo e
Eos preferiscono girarci alla larga, sanno che non siamo ostili nei loro
confronti e ci permettono di girare nel loro territorio come ospiti.»
«Credi
che si sentano in debito con voi?» chiesi, incuriosita dal loro strano rapporto.
«Certo.
Sono creature molto intelligenti. Tutto l’opposto dei Ferusus» commentò con un
sospiro, guardando oltre le mie spalle.
Mi
voltai e mi accorsi di un gruppo di quattro Ferusus che si rotolavano nel
fango, emettendo potenti grugniti dalle loro grandi narici. Assomigliavano a
dei comuni cinghiali, nonostante avessero un lungo e ispido manto verde e le
zanne molto più grosse e ricurve. All’improvviso, uno di loro si fermò,
puntando uno stormo di Padavo Gallus che beccava con zelo il terreno lì accanto.
Inutile accennare al disastro che avvenne subito dopo, con gli animali che
s’inseguivano nel cortile spandendo fango e penne ovunque.
«Dei,
a volte mi domando se siamo una base di ricerca o una fattoria» sospirò Hygeia,
ritornando alle sue occupazioni e ignorando i soldati di turno che tentavano
inutilmente di riportare l’ordine.
«Beh,
almeno non dovrete preoccuparvi per la cena» sentenziai. In fondo avevo già
provato la carne di Padavo ed era quasi come quella di un pollo normale, solo
più saporita e dal colore verdognolo.
Stavo per aggiungere altro quando Zephyrus mi venne incontro,
abbandonando sopra ai miei piedi un pollo di gomma tutto masticato.
«Ora
tocca a te badare a lui» sentenziò Gallen con il fiatone. «Devo un attimo
discutere con Hya e poi possiamo proseguire il nostro giro.»
«D’accordo.»
Annuii, prendendo in mano il giocattolo con una smorfia di disgusto a causa di
tutta la saliva di cui era impregnato.
Mi
spostai ai margini della radura, indecisa se lanciare o meno il giocattolo a
Zephyrus per paura di aggravare la ferita sulla sua zampa, ma quando alzai la
testa, mi accorsi che gli altri due avevano cambiato atteggiamento. Gallen
sembrava teso, mentre Hygeia gli mostrava le lastre che aveva fatto alla lesione
del Lycaon, spiegandogli qualcosa che non riuscivo a sentire. Si concentrarono
sulla linea della ferita e Gallen sembrò accigliarsi.
Un
guaito mi richiamò dai miei pensieri. Zephyrus mi diede un colpetto con il muso
e io gli accarezzai le piume.
«Sembra
che il tuo incidente abbia sollevato parecchie preoccupazioni» esclamai,
grattandogli un orecchio. «Certo che vedersela da solo con un Loricasauro… Che
cosa ti è saltato in mente?»
Mi
rabbuiai. Perché la scusa di Gallen improvvisamente mi sembrava priva di senso?
«Eccomi!»
Ma
perché doveva sempre cogliermi alla sprovvista? Sussultai e il pollo mi scivolò
dalle mani, per grande gioia di Zephyrus, che partì all’inseguimento della
preda.
«Scusa,
ti ho spaventata?» il sorriso impertinente di Gallen mi fece venire voglia di
tirargli una sberla.
«Per
nulla» bofonchiai. «Allora, qual è la prossima tappa?»
Il
luccichio che comparve nei suoi occhi non presagiva nulla di buono.
«Io
pensavo a un picnic…»
«Vuoi
dire un sopralluogo dell’area per vedere se ci sono nuovi problemi, non è così?»
Gallen
si azzittì. La nota scherzosa del suo sguardo si spense, lasciando posto alla
serietà che avevo intravisto poco prima. Incrociò le braccia al petto.
«Io
starò al tuo gioco, se tu starai al mio.» Era una frase che usavamo spesso in
passato, quando ci mettevamo nei guai e avevamo bisogno di un aiuto per non
farci beccare dai rispettivi genitori.
«Non
sarò un’esperta, ma non credo che un Loricasauro riesca a infierire una simile
ferita. Al massimo ti calpesta e ti frantuma le ossa. Inoltre, i bordi del
taglio di Zephyrus erano netti e leggermente cauterizzati, quindi direi che si
è trattata di una pisto…» Gallen mi mise una mano sulla bocca, guardandosi
attorno nervosamente.
«Zitta!
Non saltiamo subito a conclusioni affrettate!»
«Del
genere che uno dei tuoi ha il grilletto facile o ci sono dei contrabbandieri?»
Gallen
mi fulminò con lo sguardo. Si allontanò da me passandosi nervosamente una mano
nei capelli. Quando alla fine tornò a guardarmi, il suo viso era teso e
ombroso. «Secondo te perché le squadre di catalogazione faunistica sono sempre
affiancate da un reparto militare? Ogni volta che viene scoperto un nuovo
pianeta abitabile, c’è il rischio che gente priva di scrupoli voglia ampliare
il proprio monopolio al mercato nero. Ed è solo questione di tempo prima che
succeda anche qui. È una questione seria, Cay. In questi due anni abbiamo già
intercettato tre gruppi di noti contrabbandieri, ma non siamo onniscienti. Ho
spiegato a Malon i miei dubbi sulla situazione attuale, specialmente riguardo agli
insoliti spostamenti degli animali nell’ultimo periodo, ma senza nessuna prova
non possiamo fare nulla.» Sospirò, per un attimo mi resi conto di quanto fosse
stanco. «Ma come l’hai capito?»
«Sono
figlia di due scienziati, ricordi? So fare due più due» sentenziai, per poi
sorridergli comprensiva. «Comunque, ti darò volentieri una mano.»
«Non
credo che ci siamo capiti.» Si chinò verso di me, osservandomi scettico. «Non
ti ho portata qui per andare a caccia della feccia dell’universo.»
«E
allora perché… oh…»
Oh,
merda.
Il
silenzio che cadde tra noi si fece pesante.
Gallen
fu il primo a ricomporsi, lo sguardo ancora a disagio. «Ad ogni modo, niente
colpi di testa. Faremo un semplice giro, darò un’occhiata a Eos e a Borea e poi
ti riaccompagnerò al Gamma, intesi?»
«Sì,
signor Rovinadivertimento.»
«Oh,
fidati… so ancora come divertirmi.»
E
in effetti aveva ragione.
Il
buon vecchio Gallen non aveva perso del tutto il suo smalto all’Accademia.
L’area
di competenza del Beta era enorme, forse addirittura il doppio di quella del
Gamma, per cui fummo costretti a usare gli hoverboard per spostarci. E ne
adorai ogni singolo momento.
Nonostante
il mio fosse di una versione meno aggiornata rispetto a di quello di Gallen,
riuscii a stare al suo passo e mentre sfrecciavamo tra la vegetazione non
pensai a nulla. La sensazione del vento tra i capelli, l’adrenalina causata
dalla velocità, i sensi pronti e scattanti… Volare risultò così liberatorio che
mi ritrovai a ridere sul serio per la prima volta da quando ero approdata su
Viridis.
Gallen
era un pilota provetto, ma non era abbastanza agile. Lo distaccai in un tratto
intricato di liane, serpeggiando tra le piante con un’abilità frutto di anni di
pratica. Lui però mi ribeccò subito dopo in una radura, facendomi la linguaccia.
Ci divertimmo così, a superarci l’un l’altro e a mettere alla prova le nostre capacità
per buona parte del tempo. Nel giro di un’ora raggiungemmo l’alveo al di sotto
delle cascate Crenee. Era uno dei più grandi spazi aperti della vallata grazie
all’erosione costante dell’acqua ed era uno spettacolo mozzafiato.
Innumerevoli
arcobaleni scintillavano nell’aria e il fiume brillava di mille colori diversi
grazie alle pietre policrome sul fondale, sbattendo sulle rocce con schizzi vaporosi.
Dozzine di specie si abbeveravano in vari punti di secca, vivendo in armonia
tra loro. Passammo in mezzo a un branco di Stegodon Viris che faceva il bagno
tra i flutti. Erano creature colossali, tanto che non ci notarono nemmeno
quando zigzagammo tra loro. Eccetto un giovane esemplare che, infastidito dal
rumore delle nostre tavole, spruzzò dalla proboscide un potente getto d’acqua contro
Gallen, colpendolo di striscio. Con mio sommo divertimento, si ritrovò metà
corpo bagnato fradicio.
Mi
lanciò un’occhiataccia quando scoppiai a ridere in modo incontrollabile.
Dopo
esserci divertiti abbastanza con il volo libero, cambiammo rotta per ritornare
sui nostri passi. L’atmosfera allegra che ci aveva accompagnati per tutto il
percorso sembrava essersi spenta e a malincuore mi accorsi che Gallen aveva
ripreso a scrutare i dintorni con occhi vigili e diffidenti.
Non
mi ero accorta di quanto mi mancasse il vecchio lui fino a quel momento.
Eravamo
quasi a cinque chilometri dal Beta quando Gallen virò e incominciò a scendere.
Lo seguii in silenzio, attenta a non perderlo di vista.
Atterrammo
in mezzo al rigoglioso sottobosco e disattivammo gli hoverboard, dato che erano
pressoché inutili in quel luogo. Gallen aprì la strada e procedemmo per qualche
momento finché in mezzo agli alberi non comparve una formazione rocciosa dotata
di grotte. La tana di Astreo.
«Stai
dietro di me» mormorò lui, prendendo il fischietto dalla tasca della divisa.
«Loro non conoscono ancora il tuo odore e potrebbero considerarti un’intrusa.»
«Va
bene, me ne starò qui buona.» Per quanto possibile, aggiunsi mentalmente.
Gallen
mi rivolse un sorriso sghembo, per poi suonare una serie di fischi in rapida
successione. Attendemmo qualche momento, ma non accadde nulla.
Accigliato,
Gallen riprovò, venendo corrisposto solo dal silenzio.
«Forse
sono uscite» dissi, anche se nemmeno io suonavo molto convincente.
«I
Lycaon sono in grado di percepire i suoni da grandi distanze. Dovrebbero
rispondere se fossero nell’area.»
Il
suo tono preoccupato mi afflisse. Non sapevo come aiutarlo e purtroppo sapevo che
un Gallen angosciato equivaleva a un Gallen fuori controllo.
«Riprova,
magari con un altro segnale» proposi.
Lui
annuì senza guardarmi. Si mise in bocca il fischietto, ma s’interruppe a metà del
richiamo.
All’inizio
sembrò un semplice abbaglio, eppure avvertimmo qualcosa sfrecciare nella
vegetazione, puntando dritto nella nostra direzione; qualcosa d’incredibilmente
veloce e forse potenzialmente letale.
Gallen
si mise subito davanti a me, la mano pronta ad estrarre la pistola ad impulsi.
Dopo qualche secondo di pura tensione, da un cespuglio comparve un cucciolo di
Lycaon simile a Zephyrus, ma dal piumaggio meno vivace e le orecchie più corte.
Borea.
«Borea!»
esclamò Gallen, ma il Lycaon sembrava troppo spaventato per fare caso a lui.
Continuava a raspare il terreno e a guaire, la lunga coda arruffata che si
scuoteva come una frusta nell’aria.
«Calma,
calma bella!» Gallen si accucciò verso di lei e gemette quando il Lycaon lo
colpì per sbaglio con la propria estremità. Dopo qualche tentativo e molte
imprecazioni, riuscì a prenderla in braccio. Negli occhi dell’animale riuscii a
vedere la paura, il suo petto si alzava ed abbassava a un ritmo preoccupante.
«Dobbiamo
portarla al Beta» dichiarai, mentre Borea continuava a guaire.
«Hai
ragione. Tu l’accompagnerai al Beta. Io andrò in avanscoperta. Di’ a Cain e a
Hector di radunare gli uomini non attivi e di locali…»
«No!
Non se ne parla!» sbottai ad alta voce. Borea mi ringhiò contro per autodifesa,
ma non la badai. «Non ti lascerò andare da solo!»
«E
dimmi, che aiuto potresti mai darmi? Non sei qualificata per questo, Cay.»
Strinsi
i pugni, non riuscendo a ribattere. Aveva ragione, ma dimenticava che non ero una
che mollava al primo impedimento.
«Potrei
registrare gli eventi e fornire a tuo padre e al Comitato di Preservazione
Naturale abbastanza prove da incastrare chi c’è dietro a tutto questo. Ti
prometto che al minimo accenno di pericolo me ne andrò, ma devi farmi venire
con te. Altrimenti dirò a tuo padre che hai violato uno dei regolamenti.»
«Che
cosa intendi?» chiese lui accigliato.
«Sono
piuttosto sicura che in questi casi il regolamento preveda di contattare la
base in attesa dei rinforzi, di non saltare subito nella tana del lupo.»
Gallen
mi lanciò un’occhiataccia, ma alla fine si arrese.
Osservò
Borea, che nel suo abbraccio aveva iniziato a respirare normalmente e sospirò.
«Va
bene. Non farmene pentire Cay o giuro…»
«Cosa?
Mi denuncerai al tribunale militare?» chiesi, allargando le braccia.
«Dio,
con te non si può proprio discutere.»
Li
trovammo a circa una ventina di chilometri dal Beta.
L’aeronave
era stata ridipinta per essere difficilmente visibile nella vegetazione e, a
giudicare dalle dimensioni, doveva trattarsi di un cargo pesante. Lì accanto si
ergeva un prefabbricato abbastanza grande da ospitare comodamente cinque o sei
persone, anche se ne contammo almeno una dozzina, divise tra la navetta e
l’abitazione. Indossavano dei semplici abiti camo e imbracciavano fucili ad
impulsi provenienti dal mercato nero. Tipico pacchetto del contrabbandiere
perfetto. Uno di loro uscì dal prefabbricato parlando in una ricetrasmittente.
Aveva un forte accento ispanico, per cui non riuscii a decifrare quello che
diceva, ma non prometteva nulla di buono, dato che ordinò agli altri di
spostare le gabbie all’interno della navetta.
Qualcuno
aveva fretta di andarsene.
Tuttavia,
quello che veramente ci colpì furono proprio le innumerevoli gabbie che
contenevano diverse specie di animali. Eos era accasciata in una di quelle più
in fondo, ancora fuorigioco a causa dei tranquillanti che aveva in corpo. Di
fianco a lei si trovavano diversi esemplari di Ferusus, Orycoto, Paradisea, e
persino delle Iguanee. In una voliera, diversi Psittali dormivano a testa in
giù, probabilmente narcotizzati a causa del loro acuto verso.
Di
fianco a me, avvertii Gallen digrignare i denti, gli occhi offuscati per la
furia omicida che provava in quel momento. Gli posai una mano sul braccio,
cercando di calmarlo.
«Non
preoccuparti, li tireremo fuori» sussurrai, afferrando il mio datapad.
Lui
annuì, digitando qualcosa sul suo computer da polso. Non persi altro tempo. Mi
tolsi il sudore dagli occhi con il dorso della mano e incominciai a riprendere,
facendo attenzione a rimanere nascosta. Feci un primo piano della base, per poi
soffermarmi sui volti dei contrabbandieri che passavano davanti a noi.
Ma
c’era qualcosa che non quadrava. Sembravano troppo tranquilli, nonostante si
trovassero circondati da basi scientifiche monitorate costantemente. Una volta
ripreso l’insieme, mi concentrai sui dettagli, cercando di capire il motivo per
cui non erano ancora stati localizzati. La navetta era facile da eclissare, ma
un’intera base no. Eppure sembrava persino poco equipaggiata rispetto agli
standard. Sul tetto era fissata una rudimentale antenna parabolica, il che
voleva dire che erano collegati a un qualche satellite per le comunicazioni,
eppure…
Osservai
la piccola scatola fissata alla base dell’antenna. Che fosse…
In
quel preciso momento, il mio datapad iniziò a squillare, facendo prendere un
colpo sia a me che a Gallen. Sullo schermo comparve un nome che conoscevo bene.
Kley.
Mi
pentii immediatamente di averle scritto la sera prima.
Mi
protrassi a chiedere la chiamata, quando all’improvviso il segnale scomparì.
Non ci feci subito caso, dato che in quel momento avevo altre priorità. Eravamo
stati scoperti.
«Ehi!
Ehi!»
I
contrabbandieri spararono una raffica con i loro mitra nella nostra direzione,
facendo esplodere in una miriade di schegge la nostra copertura... Gallen mi
gettò a terra un’istante prima che finissi sulla traiettoria di un proiettile,
che andò a conficcarsi nel tronco dietro di me.
«Gal…»
«Riesi
a volare?» mi urlò, mentre rispondeva al fuoco.
«Certo!»
«Bene,
tieniti pronta!»
Aspettò
il momento della ricarica delle munizioni per fare la sua mossa. Mentre i
contrabbandieri erano impegnati, Gallen estrasse un ordigno fumogeno dalla
divisa e lo lanciò nella piazza che ci divideva. Tre secondi e scoppiò il caos.
La deflagrazione fu assordante e in pochi istanti l’aria si riempì di una spessa
nube di fumo. I contrabbandieri imprecarono sonoramente, iniziando a sparare
alla cieca mentre gli animali ancora svegli si agitavano nelle loro gabbie.
«Ora!»
mi urlò Gallen.
Azionai
il mio hoverboard e mi gettai nella boscaglia. I proiettili ci volavano
attorno, scalfendo la corteccia degli alberi e riempiendo l’aria di schegge.
Più volte rischiai di cadere dalla tavola per proteggermi il viso con le mani,
ma riuscii a mantenere una buona velocità.
Dopo
qualche minuto di fuga alla cieca, mi accorsi di essere rimasta sola.
Il
panico mi assalì.
«Gallen!»
urlai.
Mi
guardai attorno, ma udii solo la mia voce echeggiare tra gli alberi.
Mi
sentii mancare. In genere ero una persona razionale che sapeva controllare le
proprie emozioni nel momento del bisogno, ma all’idea che Gallen fosse ferito o
peggio mi s’ingarbugliarono le budella.
«Gallen!»
riprovai.
Dopo
qualche momento di silenzio, dalla boscaglia uscì una sagoma famigliare.
«Oh,
santa Hack! Non farmi mai più…»
«Zitta
e seguimi!» mi liquidò con un tono che mi lasciò senza parole. Era… era come
quella volta sulla Terra.
Feci
come mi aveva ordinato e lo seguì in silenzio per qualche chilometro, ma mi fu
subito chiaro che qualcosa non andava. La sua postura era sbagliata,
sbilanciata da un lato, come se...
Quando
scivolò dall’hoverboard dovetti fare una manovra improvvisa per riuscire a frenare
la sua caduta. Grugnii di dolore, mentre i muscoli delle mie braccia gridavano
nel trattenere il suo peso. L’hoverboard si schiantò a qualche metro da noi, ma
non m’importò. Mi abbassai di quel tanto che bastava e lo lasciai.
Fui
subito al suo fianco.
«Gallen!
Gallen!»
«Questa
proprio non ci voleva» grugnì. Allontanò la mano dal fianco e mi accorsi che
l’avevano colpito. «La tua amica ha scelto proprio un bel momento per
spettegolare.»
I
miei occhi si riempirono di lacrime. «Oddio, io…»
«Dopo»
mi ordinò. «Dobbiamo metterci al riparo. Sanno che li abbiamo visti e ci
daranno la caccia.» Osservò rapidamente il paesaggio attorno a noi. «Qui siamo
scoperti. Aiutami ad alzarmi, conosco un posto che potrebbe tornarci comodo.»
Cercai
di aiutarlo per quanto mi consentiva la mia statura e arrancammo per qualche
centinaia di metri nella boscaglia, fino a raggiungere un’insenatura scavata
nel terreno.
«Sei
certo che sia sicura?» chiesi titubante.
«Sì,
è una vecchia tana. Non ci vive più nessuno se è quello che ti preoccupa»
ansimò, crollando contro la parete argillosa. Provò ad allungare il braccio per
estrarre qualcosa da una tasca, ma con un gemito si bloccò.
«Faccio
io» mugugnai. Dopo qualche tentativo, riuscii a trovare un piccolo kit medico.
Con mosse rapide lo aiutai a togliersi la giacca e gli sollevai la maglietta.
Grazie al cielo quegli uomini avevano una pessima mira e non l’avevano colpito
di netto, ma l’abrasione causata dal colpo mi apparve improvvisamente oltre le
mie capacità. Incominciai a tremare, ma Gallen mi mise una mano sopra le mie.
«Respira»
mi disse, come se fossi io quella ferita.
Annuii
e montai la siringa, iniettandogli un mix di antidolorifici e antibiotici
vicino al taglio. Dopodiché lo bendai come meglio potevo con l’utilizzo della
piccola garza in dotazione.
«Andrà
tutto bene» provai a farmi coraggio, mentre lui sospirava chiudendo gli occhi.
Aspettai
qualche momento, poi mi alzai e andai a recuperare gli hoverboard prima che
qualcuno li vedesse. Ci misi un po' a ritrovare quello di Gallen. Era rimasto
incastrato nei cespugli, le eliche interne che ruotavano a vuoto sollevando una
miriade di foglie. Dopo qualche imprecazione, riuscii ad estrarlo e a spegnerlo.
Esaminandolo accuratamente fui sollevata dalla conferma che fosse ancora
integro.
Ritornai
alla tana e mi accorsi che Gallen mi stava fissando.
«Ho
recuperato le tavole» dissi, quasi come se dovessi giustificarmi.
«Ben
fatto. Hai ancora il tuo datapad?»
Annuii
e mi lasciai cadere accanto a lui.
Recuperai
l’oggetto e feci partire una chiamata alla base Beta, ma sullo schermo mi
comparve l’avviso della mancanza di campo.
«Ma
cosa?»
Esterrefatta,
riprovai. Cercai di mandare un messaggio a Hako, ma niente; sembrava essere in
una zona morta.
«Non
è possibile. Eppure prima Kley è riuscita a chiamarmi…»
Stavo
per avere un attacco isterico, quando Gallen mi afferrò il viso e mi costrinse
a guardarlo. «Calmati Cay. Respira.»
«Calmarmi?
Tu sei ferito, non possiamo chiamare i rinforzi, là fuori ci sono uomini armati
che non esiterebbero un attimo a spararci e tu mi dici di stare calma?»
Gallen
mi lanciò un’occhiata eloquente alla quale non servivano parole. Per poco non
gli ringhiai contro, ma chiusi gli occhi e feci dei respiri profondi.
«Meglio?»
mi chiese, quando recuperai il controllo di me.
«Sì,
credo di sì.»
«Molto
bene. Ora, fai il punto della situazione.»
Sgrana
gli occhi. «Io? Sei tu il militare!»
«Ma
tu sei la scienziata. Dimmi cosa possiamo fare.»
Oh,
la faceva facile. Gli avrei dato un pugno, ma mi avevano insegnato che non era
molto nobile picchiare gli invalidi, per cui cercai di concentrarmi, nonostante
il carico emotivo fosse un impiccio.
«Ragioniamo.
In qualche modo sono riusciti ad eliminare il segnale dall’area, ma se fosse
successo in tutta la vallata quelli dell’Epsilon se ne sarebbero accorti e sarebbe
partito in automatico un segnale di emergenza. Quindi, deve essere solo una
zona circoscritta, abbastanza grande da permettergli di spostarsi. A causa del
satellite è molto probabile che aspetteranno le tenebre per andarsene senza
essere localizzati, però… C’è qualcosa che non mi torna.»
«Cosa
intendi?» domandò Gallen.
Mi
massaggiai il mento. «Sul tetto del prefabbricato c’era un’antenna parabolica,
quindi dovrebbero essere in collegamento con un satellite per le comunicazioni.
Ma l’unico attualmente in orbita è…»
«Del
governo» finì lui per me.
«Esatto.
Quindi devono essere entrati nel sistema, operando in sordina.»
«È possibile?»
«Sì.
Se usate con parsimonia le comunicazioni non autorizzate potrebbero apparire
per semplici interferenze a causa dell’orbita. Però di per sé è un bene.»
Gallen
mi lanciò un’occhiataccia. «Come può essere un bene?»
«Se
sono riusciti a collegarsi, possiamo farlo anche noi con loro. Il sistema non è
mai a senso unico.» La mia mente stava già partendo in quarta. «Senza
comunicazioni, le squadre del Beta non arriveranno mai in tempo, ma possiamo
usare la loro parabola contro di loro. Il problema è che dovremmo arrivare
all’Epsilon per lanciare un segnare abbastanza potente da creare delle
interferenze, però…»
Mi
azzittii, osservando Gallen che nel frattempo si era fatto pensieroso. L’Epsilon
era situato tra i monti Ida, e non era uno dei luoghi più facili da
raggiungere, o nemmeno uno dei più ospitali. Arrivarci con un ferito a carico
era pressoché infattibile, figuriamoci a bordo di hoverboard.
Gemetti,
massaggiandomi le tempie. Come al solito avevo creato un gran casino.
«So
a cosa stai pensando.» Il tono della voce di Gallen mi costrinse a guardarlo
negli occhi, ma quando alzai il capo e lo vidi sorridere mi mancò il fiato.
«E
sai già qual è la risposta. Andrai tu all’Epsilon.»
Ansimai.
«Ma non posso lasciarti qui solo e ferito! E se…»
Gallen
si sporse con il lato buono del corpo e mi mise una mano sulla bocca, per poi
posare la fronte sulla mia con un sospiro. Mi si riempirono gli occhi di
lacrime.
«Ascolta,
so che ne abbiamo passate tante ed è stata solo colpa mia, ma devi fidarti di
me. Va bene? Ho un piano, anche se non mi piace per nulla, in cui ho bisogno
che tu vada all’Epsilon. Hai ragione sul fatto che il Beta non riuscirà mai a raggiungere
in tempo l’accampamento, per cui dobbiamo creare un diversivo… Con questo.»
Trafficò
un attimo con la giacca, dopo di che mi mise in mano il suo fischietto.
«Cosa…»
«Dall’Epsilon
potrai collegarti al loro sistema di comunicazione e trasmettere un messaggio.
Gli animali della zona risponderanno in massa al giusto richiamo, facendo
penare quei figli di buona stella.»
«Ma
io non so come…» Mi girava la testa. Era tutto assurdo.
«Ti
faccio vedere. Non sarà difficile per te memorizzare dei segnali base, per
cui…»
«Aspetta!»
lo bloccai, chiudendogli la mano che ancora teneva il fischietto. «Gallen, io
non posso farcela. Devi essere tu a farlo.»
Lo
sguardo che mi rivolse mi sciolse letteralmente il cuore. «No, CayCay. Sei tu
quella che ce l’ha sempre fatta, non io. Ogni volta che le cose si facevano
complicate mi davo alla fuga, esattamente come tre anni fa con il divorzio dei
miei genitori. Ma tu non ti sei arresa, non è nella tua natura. Lo so.»
«Quindi
era per quello che te ne sei andato?» mormorai.
«Sì,
e mi dispiace di averti ferita a causa della mia incompetenza. Per cui mi
assicurerò che non succeda mai più. Sei pronta, CayCay?» mi chiese alla fine,
lo sguardo apprensivo.
Cercai
di mandare giù il groppo che mi era salito alla gola e annuii.
Lui
mi sorrise di nuovo, dopo di che mi fece ascoltare una serie di fischi ben
precisi, che ripetei fino a memorizzarli sotto il suo sguardo fiero e
soddisfatto.
«Direi
che sei pronta» mormorò, accarezzandomi i capelli dopo l’ennesima ripetizione.
Annuii
senza guardarlo, stringendo il fischietto tra le mani fino a conficcarmelo
nella pelle.
«Cay,
c’è un’ultima cosa…»
«Che
altro c’è?» gemetti, sul punto di scoppiare.
«Non
raggiungerai l’Epsilon con quel rottame del tuo hoverboard» disse, in tono
scherzoso. Mi mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio e avvertii una
piccola pressione, come se mi avesse messo un orecchino a clip o… Il suo casco.
Sgranai
gli occhi. «Non ci credo» sussurrai, mentre mi offriva il suo hoverboard.
«Perché
no? Hai sempre voluto farci un giro, non è così?»
Eccoci qui con un nuovo
capitolo :3
Scusate il ritardo, ma sono
leggermente appestata XD
Come sempre ringrazio Sagas
per le recensioni e tutti quelli che hanno messo la storia nelle loro liste.
Ci rivediamo con l’ultimo
capitolo :)