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Autore: Luxanne A Blackheart    13/01/2017    1 recensioni
Costantinopoli, 1518, Sublime Stato Ottomano.
Ibrahim Pargali Pascià, il Gran Visir, giunge a Palazzo Topkapi con un regalo speciale per il suo sultano. Si tratta di Roxelana, una schiava dai lunghi capelli rossi e la pelle bianca come il latte. Roxelana è stata venduta ad Ibrahim in cambio di soldi. Verrà condotta nell'harem di concubine di Süleyman il Magnifico. Nonostante l'amore incondizionato e puro che il suo padrone le dimostra, la rossa non si sente a casa, poiché non vuole essere una semplice schiava del piacere. Ella non vuole essere la favorita del sultano, vuole la libertà. Il suo animo ribelle e combattivo non si fermerà davanti a nulla pur di raggiungere il suo scopo: il potere. Non si fermerà neanche davanti all'omicidio e alla morte. A tutto ciò si aggiunge l'odio viscerale e l'amore proibito che le accecano la vista, emozioni che non sono destinate a Süleyman . Sentimenti contrastanti che la faranno impazzire.
Cosa rimarrà della schiava dai capelli rossi quando il destino chiederà il conto?
STORIA IN REVISIONE.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Medioevo
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-Guardie! Guardie! - Chiamò a gran voce Roxelana, torturandosi le mani, nervosa. Gulbahar se n'era appena andata, dopo averla minacciata di spifferare tutto a Selim. Se lei fosse corsa a dirgli della sua relazione con Ibrahim, lei ed il Gran Visir sarebbero morti. Ma come diavolo aveva fatto a scoprirlo?
Doveva agire, battendola sul tempo.
Una delle guardie fedeli solamente a lei e al sultano, entrò nella camera, sbattendo la porta contro la parete. Stringeva una sciabola nella mano destra e si guardava intorno, allarmato. Aveva sicuramente pensato che la futura sultana fosse stata in pericolo.
-Mia signora, c'è qualche problema? Perché avete chiamato? - Chiese l'uomo, deponendo la sciabola nel fodero. Era giovane, probabilmente di qualche anno più grande di lei. Magro come una scopa e con capelli e occhi scuri.
-Non è successo nulla, Alih, non ti preoccupare. Ti ho chiamato perché mi serve un favore. - Gli disse, andando a chiudere la porta che il ragazzo aveva lasciato aperta.
-Qualsiasi vostro desiderio è un ordine per me, Hurrem Sultan. -
-Bene, mi fa molto piacere sentirtelo dire... A questo proposito, voglio che tu mi picchi, devi ridurmi male. Quanto vuoi per farlo? - Nello sguardo della rossa c'era una strana luce, una luce che per troppo tempo aveva cercato di nascondere, ma che adesso, per ogni circostanza, cercava di emergere.
-Come, scusate? Signora, non potete chiedermi una cosa del genere. Se il sultano dovesse venirlo a sapere, mi farebbe tagliare la testa. - Gli occhi scuri del ragazzo erano terrorizzati. - No, non posso farvi questo. -
-Io penso proprio che tu lo farai. Ti pagherò bene e Selim non lo verrà mai a sapere, sarà un segreto che mi porterò nella tomba. - Si diresse verso un piccolo baule che era poggiato sul letto, aprendolo ed estraendone due sacchetti rossi colmi di monete d'oro. Li porse al ragazzo che li afferrò con mani tremanti. Egli li pesò con sguardo pensieroso.
-Potrebbero sfamare la mia famiglia per mesi... -
-Dunque, mi sembra un ottimo affare, sono giusta con te. Quando ero nella tua condizione avrei ucciso per ricevere una simile ricompensa. - La rossa gli sorrise, incoraggiante. - Ti prometto sul mio onore che rimarrà un segreto. -
-Io non sono quel genere di uomo. Mia madre mi ha sempre insegnato a... -
-Lo so, lo so. - Liquidò le sue parole con un cenno della mano. - Ma devi pensare ai soldi, perché sono l'unica cosa per cui tu riesci a far vivere i componenti della tua famiglia. A volte ci sono cose che bisogna fare per proteggere le persone che si amano e noi stiamo facendo esattamente questo. -
L'uomo, convinto dalle parole della donna, sospirò. - Va bene, lo farò. -
-Saggia scelta. - Hurrem lo guardò, decisa. - Adesso agiamo nel modo più veloce e silenzioso possibile. - Chiuse gli occhi, stringendo i pugni lungo i fianco. Quando arrivò il primo schiaffo, trattenne un urletto di sorpresa. Non aveva provato dolore, ma pensava che avrebbe esitato prima di colpirla.
-Più forte, Alih, così mi fai solo il solletico. -
-Sì, scusatemi. - Quando il secondo e il terzo schiaffo arrivarono, Roxelana sentì il sapore metallico del sangue in bocca e la faccia pizzicarle per il dolore. Le lacrime minacciarono di uscirle dagli occhi, ma si trattenne. Erano notevolmente aumentati di intensità e forza, sembrava che Alih ci stesse prendendo gusto. Quando arrivò anche il quarto, fu talmente forte che la rossa stette per cadere per terra, se le braccia della guardia non l'avessero afferrata. - Posso fermarmi? State bene? -
-Sì, continua, ancora un po'. - Perse il conto di quanti schiaffi, sempre più potenti, ebbe; erano uno più doloroso degli altri. Nonostante ciò, la rossa non versò neanche una lacrima e le sue labbra non urlarono mai di dolore.
Staccò la mente dal corpo e ripensò ai giorni in cui doveva lavorare nei campi o in botteghe per cercare di portare qualcosa in casa, aiutare sua madre, suo padre e le sue sorelle. Era stata picchiata molte volte da quelli per cui lavorava, era stata chiamata in molti modi spregevoli e costretta a fare qualsiasi cosa pur di portare quello stipendio misero. Poi erano giunti quei maledetti mercenari al suo villaggio e Ibrahim, e lì ne aveva avute altre di botte e di insulti, ma quelle sarebbero state le ultime. Era un animale, prima di arrivare in quella terra sconosciuta che odorava di arance, era una schiava, una contadina, mentre adesso stava per diventare una potente sultana. Doveva sposare l'uomo più potente del mondo, tutti volevano essere lei. Aveva fatto tutta quella strada da sola e amava tutto il potere, il lusso e l'amore che aveva. Non vi avrebbe mai rinunciato.
Per il potere le persone riuscivano a venire corrotte, per il potere la adulavano, per il potere quella guardia la stava picchiando, per il potere comandava tutti a bacchetta.
Grazie al lusso aveva sempre un piatto differente mattino, pranzo e cena, per il lusso poteva avere tutti i gioielli che voleva, per il lusso indossava sempre vestiti differenti, per il lusso poteva comprare tutto ciò che voleva.
Aveva anche l'amore, per sua fortuna. Il suo cuore era diviso in due: una metà era di Ibrahim e l'altra era di Selim. Non sapeva dire chi amasse di più se l'uno o l'altro, ma sapeva che erano rimasti scolpiti nel suo cuore e per amore di entrambi stava architettando tutto ciò, per non farli litigare, per non guardare il volto deluso di Selim, per non veder morire Ibrahim.
Quando ritornò in sé, la guardia se n'era andata, lei era tutta dolorante e sanguinante, ma felice. Stava per sbarazzarsi di quella donna e finalmente era da un passo da avere tutto ciò che in quei mesi aveva faticato per conquistarsi.
-Amore, mi stai ascoltando? - Domandò Selim, guardandola divertito negli occhi. Era ritornato e fra le mani stringeva un vassoio con del cibo fumante, uova e formaggio di capra, e un bicchiere con del succo di arancia. Il sultano lo posò sul tavolo, facendola sedere e guardandola negli occhi.
-Cosa? Perdonami ero persa nei miei pensieri. - Roxelana ridacchiò, gettandogli le braccia al collo e abbracciandolo.
-E cosa stavi pensando di così importante? -
-A quanto io ti ami, Selim. Sei l'unica persona a cui io tenga veramente, oltre alla mia famiglia, ma quella non potrò mai rivederla... Ti amo e ti amerò per sempre, anche quando moriremo questo mio amore per te, varrà. Saremo due stelle, che resteranno sempre vicine, l'una all'altra. Le più belle e le più luminose. Il nostro amore verrà narrato a lungo ai posteri e daremo vita ad una stirpe di sultani potenti e buoni, proprio come te. -
-Certamente, mia stella, ne dubitavi? - Selim le sorrise. Gli occhi neri scintillarono nella semioscurità della stanza, le candele erano sul punto di spegnersi.
-Non ho mai dubitato di te dal primo momento in cui ti ho visto, mio bel marito. - Selim sorrise, chinandosi su di lui e baciandolo delicatamente sulle labbra. Hurrem gli sorrise, felice. Finalmente tutto stava per aggiustarsi.


*** ***


Quando Ibrahim entrò nelle sue stanze, Freya era con una serva, che le stava pettinando i lunghi capelli, indossava una camicia da notte bianca.
-Puoi andare, Aryah, ci vediamo domani mattina. - Freya le sorrise attraverso lo specchio della toeletta. Si inchinò ai due coniugi prima di andarsene.
Ibrahim la salutò con un sorriso spento, togliendosi le scarpe per poi sedersi sul letto. Il turbante non ricordava dove l'avesse poggiato, ma poco importava in quel momento. Freya, notando la sua espressione sconsolata, gli si sedette accanto. Persino da seduti era più alto di lei.
-Che cosa è successo, Ibrahim? - Gli domandò, afferrandogli la mano. La fede nuziale scintillava sotto il tremolio delle candele. Freya poggiò il capo sulla sua spalla, sentendo il suo respiro irregolare sulla fronte.
-Così tante cose da poter impazzire, mia cara Freya. Gulbahar e Mustafà verranno mandati a Manisa, sono stati banditi dal castello. Sembra che ella abbia picchiato selvaggiamente Hurrem Sultan. -
-Conosco Gulbahar e non sarebbe mai capace di fare una cosa del genere! -
-Lo so bene, questo. Ma Selim non ha voluto sentire ragioni. Il suo amore per la rossa è tale da oscurare tutti i suoi pensieri e ragionamenti. Ho cercato invano di poter fare qualcosa, ma non ha voluto sentire niente. Era già colpevole ai suoi occhi. - Ibrahim sospirò, sembrava veramente deluso. - E la cosa peggiore è che Mustafà crescerà lontano da suo padre e dal castello che gli spetta di diritto. Mi ero affezionato così tanto a lui! E' così buono... -
-Lo so, tutti lo siamo. -
-Ne sono consapevole, è impossibile non farlo. Ma non è tutto, c'è dell'altro. -
-So anche quello che stai per dirmi, Ibrahim. L'ho notato dalla prima settimana della mia permanenza qui. -
-Ma come fai ad accorgertene sempre? - Domandò l'uomo, sorpreso. Freya gli sorrise, accarezzandogli una guancia.
-Io ho semplicemente uno spirito di osservazione innato che mi permette di vedere le cose. Anche se, devo ammettere, sai nascondere bene i tuoi sentimenti. - Ibrahim la guardò, deglutendo. Aveva la gola secca. - Anche tu provi dei sentimenti per la rossa, non è vero? E per il tuo orgoglio è un duro colpo. Non oso immaginare come tu abbia preso tutta questa situazione, ma non devi essere troppo duro con te stesso. Per quanto noi esseri umani cercheremo di darci un freno, i sentimenti e le emozioni prevaleranno sempre. Purtroppo ciò che siamo e ciò che proviamo non possiamo cambiarlo, sarebbe un mondo migliore se ciò accadesse. Tu tieni alla rossa, non so se nello stesso modo di Selim o in maniera maggiore, ciò non ha molta importanza, alla fine dei conti. -
-Certo che ce l'ha! - Quasi urlò Ibrahim, alzandosi e sbuffando. La voce sembrava tremargli e il petto si alzava e abbassava velocemente. - Freya, io sono innamorato della donna del mio sultano, di colui che è come un fratello per me. L'ho convinta ad avere una relazione adultera con me! Sai che cosa accadrebbe se Selim dovesse venire a scoprirlo? Lei verrebbe lapidata, mentre a me taglierebbero la testa! Dovrei essere il suo migliore amico e lo sto pugnalando alle spalle. Sono un uomo vile ed orribile che non merita amore. Non riesco nemmeno a staccarmi da lei, a mettere fine a tutto ciò. Sono debole. -
-Non lo sei, non hai nemmeno rubato la ragazza a Selim. Lei ha scelto di avere questa relazione con te, tu non l'hai mica costretta! Se lei non provasse le stesse cose per te, in questo momento non ti vedrebbe di nascosto, rischiando la vita, e poi non avrebbe architettato tutto ciò per salvarvi. Gulbahar non è stupida, se ne sarà accorta e lo stava per riferire a mio cugino. Ma Hurrem l'ha battuta in astuzia. E anche io, Ibrahim, avrei agito in questo modo per salvare me e il mio amante, anzi l'ho già fatto. Quindi la capisco, ma provo empatia per Gulbahar. - Freya gli sorrise, abbracciandolo. - E poi, mio caro Gran Visir, non sei così difficile da amare. -
-Le persone non amano me. Solo il mio potere o il mio aspetto piacevole. -
-Beh, Ibrahim, su questo ti sbagli. Io e Hurem abbiamo tutto il potere del mondo, io come cugina del sultano e lei come futura moglie, ma ti amiamo comunque. C'è molto di più oltre il tuo bel viso, mio caro sposo, e se servirà te lo ripeterò. Hai un cuore grande come questo palazzo e per le persone a cui vuoi bene saresti capace di fare qualsiasi cosa. Hai sofferto, per questo motivo potresti risultare freddo agli occhi degli altri... ma non ai nostri. - Freya si alzò sulla punta dei piedi, dandogli un bacio sulla guancia, poi lo prese per mano. - Adesso basta complimenti e andiamo a dormire, altrimenti ti monti la testa. -
Il Gran Visir scosse la testa, dicendo: - Ah, mia bella moglie, se non esistessi, dovrebbero inventarti. Non so cosa farei senza di te. -
-Le amiche servono per questo, no? -


*** ***


Erano le sette del mattino, relativamente un orario mattiniero per gli abitanti di Palazzo Topkapi. Il sultano era già sveglio e vestito e, assieme al Gran Visir e a Hurrem, si stava recando a salutare Gulbahar e suo figlio, che apparentemente si stavano recando a Manisa per la formazione dell'erede al trono. Si vociferava che la futura sultana fosse stata picchiata da uno strano uomo incappucciato, un ladro abile che era riuscito ad aggirare la guardia per rubare alcuni dei gioielli; ella lo aveva colto il flagrante e dopo aver cercato di chiamare le guardie, era stata picchiata selvaggiamente dal brigante, il quale era stato giustiziato nelle segrete dal sultano in persona.
Ad accompagnarli sarebbero andati Iksander, Freya e l'esercito composto da eunuchi neri, personalmente addestrati da Iksander, per provvedere alla salute e all'incolumità di Mustafà, Gulbahar e Freya.
Era un giorno grigio; del clima calmo, sereno e soleggiato della capitale ottomana, non era rimasto nulla. Gli uccellini avevano smesso di canticchiare, mentre delle brutte ed enormi nuvole grige stavano per scagliare sul suolo turco, un brutto temporale fatto di vento gelido, pioggia accecante e fulmini distruttivi.
Si trovavano al portone d'ingresso del palazzo, lì dove tanto tempo prima, Roxelana era stata separata da Ibrahim e mandata in quella buia stanza ad aspettare di essere prelevata. I servi stavano preparando tutte le valigie nelle apposite carrozze, mentre Iksander dava chiare istruzioni alla scorta su come dovevano muoversi. I boschi che portavano a Manisa erano molto pericolosi, colmi di gente di malaffare, pronti a qualsiasi cosa pur di arricchirsi, persino rapire il figlio del sultano e uccidere tutta la sua scorta.
Hurrem si affiancò ad Hatice, che guardava preoccupata Iksander mentre parlava con un eunuco. Sembrava così serio e concentrato, ma i suoi occhi risultavano sempre gentili.
-Buongiorno, Hatice Sultan. Vi vedo preoccupata, c'è qualche problema? - Domandò la rossa, nascosta dietro un velo blu, che si intonava con il suo vestito. Hatice sussultò, come se non l'avesse sentita giungere.
-Buongiorno, Hurrem... State bene? Mi hanno detto cosa vi ha fatto quel brigante! - Hatice non guardava lei, ma il suo futuro marito. Sembrava pallida, quasi malata.
-Sì, non preoccupatevi, ho la pelle dura. Ma voi, piuttosto, perché avete questo aspetto? Siete preoccupata per qualcosa? - Hatice fece un sorriso triste. Indossava un abito viola, la corona di diamanti fra i capelli nerissimi e gli occhi scuri lucidi. Era una perfetta principessa, era nata per fare quello. Era talmente bella da rendere tutti gli altri insignificanti, pensò invidiosa la rossa.
-Ho fatto un brutto sogno, Hurrem. Ho sognato che Iksander morisse davanti ai miei occhi, c'era sangue ovunque. Non ho avuto modo di parlargli perché è stato occupato da quando ci siamo svegliati. Non voglio che parta, se lo dovessi perdere, io... - Non riuscì a terminare la frase, poiché Iksander li interruppe, toccandole la spalla. Il visir sorrise alla ragazza, inchinandosi ad Hurrem.
-Buongiorno Hurrem Sultan e buongiorno, mio amore. Non vorrei mancarvi di rispetto, Hurrem, ma vi chiedo di lasciarmi da solo con la mia fidanzata. Dobbiamo parlare. -
-Ma certo, non preoccupatevi, Iksander Pascià. - Roxelana sorrise alla cognata, distanziandosi e raggiungendo Selim che parlava con uno dei visir.
-Hatice, che succede? E' da tutta la mattinata che mi sento osservato. Se c'è qualche problema, dillo. - Iksander le afferrò le mani, baciandole sulle nocche. Hatice gli sorrise, non riuscendo ad evitare di stringerlo forte al petto. Il visir rimase spiazzato per qualche secondo, ma il momento dopo l'abbracciò nella stessa maniera. - Dovrei partire più spesso, sai? -
-Non farti uccidere, torna da me e se lo farai non ti lascerò più andare. - La voce le tremava per le lacrime trattenute. Mise fine al loro abbraccio, poggiando la fronte a quella dell'uomo. I suoi capelli odoravano di arance e lei amava le arance e amava lui. - Non morire. Torna da me, ho bisogno di te. -
-Tornerò da te, Hatice. Non saranno di certo due briganti a separarmi dalla donna che amo. -
-Sarà meglio per te. - Hatice rise, baciandolo un'ultima volta prima di lasciarlo andare.
Hurrem sorrise, intenerita. Era una delle coppie più belle che lei avesse mai visto, si meritavano a vicenda. Un po' più in là, anche Freya stava salutando il marito. La rossa nel vedere ciò, digrignò di denti, stringendo le braccia contro i fianchi, ma vedendo che Selim la stava guardando, sorrise.
-Non devi partire per forza, sai? Gulbahar se la caverà anche senza di te. - Disse Ibrahim, baciandola sulla fronte. Freya sorrise, scuotendo il capo. Aveva un tono di voce troppo basso, pensò Hurrem, perciò non riusciva a sentirla.
Quando arrivarono anche Gulbahar e Mustafà la situazione diventò un po' tesa. La ex favorita si inchinò davanti al sultano che la guardò in modo freddo, prima di passare a suo figlio, che sembrava parecchio contrariato.
-Padre, perché sono stato svegliato così presto? - Domandò il piccolo, con le guance paffute, le mani grassottelle contro i fianchi ed i capelli un groviglio indistinto sulla testa. Sembrava così buffo! Tuttavia Roxelana non riusciva più a provare ciò che sentiva qualche mese prima. Quando guardava il piccolo la rossa pensava a tutto ciò che i suoi figli non potevano avere per colpa sua, solo perché era nato per primo. E lo odiava; odiava lui e sua madre. Non provava più affetto nei suoi confronti, solo odio.
-Perché devi partire, piccolo mio. Dovete andare a Manisa e lì devi imparare a diventare un sultano. Più veloce imparerai, prima potrai ritornare qui. - Selim gli sorrise, sollevandolo da terra. Il piccolo lo guardò pensieroso, poi gli regalò un grosso sorriso.
-Va bene, allora! Diventerò bravissimo solo per venire e stare di nuovo qui... -
-Questo sì che è mio figlio! Io verrò a trovarti ogni mese e starò con te il più che posso, va bene? - Selim poggiò la fronte su quella del figlio. Un leggera lacrima gli scivolò furtivamente sulla guancia.
-Padre, non piangete. Passeranno presto questi anni! - Sussurrò il bambino, asciugandogliela con il ditino. Selim gli sorrise, baciandolo innumerevoli volte sul viso paffuto, facendo ridacchiare il bambino.
Gulbahar non piangeva; la sua bellezza di ghiaccio era perfetta. Guardava Mustafà e Selim salutarsi apatica, come se effettivamente lei non fosse lì, ma da qualche altra parte.
-Andiamo, Mustafà, facciamo tardi altrimenti. - Gulbahar staccò il figlio dal padre, che lo baciò un'ultima volta, prima di passarlo alla madre. La donna guardò prima il sultano, poi Roxelana. - Addio mio magnifico, addio Hurrem Sultan. -
-Addio, Gulbahar. - Roxelana sorrise, attraverso il velo. - Fate buon viaggio. -
-Addio, Gulbahar. Prenditi cura di mio figlio. - Disse Selim con voce tremante, mentre guardava entrare nella carrozza la donna, Mustafà, Freya e Iksander.
I cocchieri fecero partire le carrozze e gli eunuchi neri li seguirono con gli stalloni neri, uscendo dalla porta principale; quando essa si chiuse, Roxelana si sentì finalmente libera.


SPAZIO AUTRICE!!
Salve a tutti,
non riesco a credere di essere arrivata al capitolo ventisette. Mi sembra ieri quando ho cominciato a scrivere questa storia! E adesso mancano pochi capitoli, molto probabilmente cinque, prima della fine.
Comunque, che cosa ne pensate? Fatemi sapere con un piccolo commento, non vi mangio mica!
Spero che questa storia vi stia piacendo e grazie per tutto il supporto.
Al prossimo capitolo!


 
   
 
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