[Chuck in “Chuck vs. the First Kill”]
Era in fuga da quasi due giorni, quaranta interminabili ore spese nel tentativo di far perdere le proprie tracce tra vicoli pieni di prostitute e bar ancora più squallidi, dove avrebbe potuto passare inosservata, incurante del proprio aspetto sporco e disordinato: la vanità l’aveva buttata nel cesso tanto tempo prima, assieme alla sua gelida compostezza da laureata di Stanford, entrambe perse durante il periodo di detenzione nel carcere federale, e adesso voleva solo dormire.
Un sospiro carico di stanchezza sfuggì alle sue labbra screpolate.
Con la CIA e l’NSA alle calcagna e FULCRUM che la voleva morta, non avrebbe avuto la minima possibilità di lasciare l’America senza dei documenti falsi e parecchi contanti; eppure ancora esitava a vendere quel fottuto anello.
Se lo fece scorrere lungo tutto il dito, assaporando quella sensazione su cui aveva fantasticato qualche volta, da bambina, mentre si soffermava sul diamante incastonato nel semplice cerchietto di oro bianco; se il suo fidanzamento non fosse stato solo una finzione, quello era proprio l’anello che avrebbe desiderato ricevere per un giorno tanto speciale.
Fece una smorfia che la invecchiò di parecchi anni, evidenziando le tracce di sporco e sudore sul suo volto esausto.
E Chuck era la persona.