Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: nikita82roma    13/01/2017    3 recensioni
Rick ha detto a Kate che non sarebbe stato a guardarla mentre buttava via la sua vita. È tornato a casa dopo la consegna del diploma di Alexis quando sente bussare alla porta del loft. Ma non è Kate, è Esposito che lo avvisa che Beckett è in ospedale gravemente ferita. Si parte da "Always" ma il percorso poi è completamente diverso.
FF nata da un'idea cristalskies e con il suo contributo.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rick Castle, William Bracken | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Castle era rimasto con Beckett tutto il giorno. Avevano camminato per i corridoi dell’ospedale sempre seguiti dalle due guardie di turno che, pur a distanza di qualche metro, non li lasciavano mai soli. Kate sembrava visibilmente a disagio dalla loro presenza, voltandosi spesso a guardare per controllarli e più di una volta aveva chiesto a Rick era proprio necessario che fossero lì ottenendo solo come risposta un “Assolutamente”: non era necessario chiedergli se fosse sì o no. I progressi di Kate erano lenti ma costanti, i medici erano contenti del suo decorso e di come si stava evolvendo il suo quadro clinico, soprattutto viste le condizioni iniziali nelle quali era arrivata. Un dottore non molto empatico, vicino alla pensione e con poca voglia di interagire con i pazienti, quel pomeriggio stanco di sentirsi chiedere da Beckett quando sarebbe stata dimessa, le disse che doveva ritenersi fortunata ad essere ancora in vita e che doveva fare poche storie. Glielo disse in modo così crudo che Rick vedendo Kate rimanere a bocca aperta senza capacità di replicare o dire altro, avrebbe voluto prendere l’uomo per il camice e sbatterlo al muro. Si limitò, invece a guardarlo uscire dalla stanza e poi ad abbracciarla più stretta che poteva senza causarle dolore, lasciando che sfogasse la sua frustrazione. Anche lui avrebbe voluto dirle che doveva essere paziente, ma sapeva che questo avrebbe creato in Kate solo maggiore avvilimento, così tutto quello che le ripeteva mentre le accarezzava la schiena e i capelli, era che non l’avrebbe lasciata sola e che avrebbero affrontato tutto insieme. 

Riuscì a renderla felice quando, durante una delle sue visite di controllo, uscì da lì e poi tornò con una tazza di caffè fumante preso alla caffetteria vicina l’ospedale: il sorriso che gli fece vedendole portare la sua bevanda preferita, che poteva assaporare dopo tanto tempo, era quanto di più bello vedeva da troppo tempo, così come la beatitudine che leggeva sul suo volto mentre ne beveva qualche sorso. Pochi, era già uno strappo alla regola, ma furono sufficienti per migliorare di molto la sua giornata e non era solo il caffè in se, era il caffè che lui le aveva portato, solo l’ennesimo di quegli anni per farla sorridere e c’era riuscito ancora. Rick fu scosso da un brivido quando Kate per ringraziarlo sfiorò le sue labbra con le proprie e potè sentire su di lei il sapore del caffè. Avrebbe voluto assaporare quel gusto più a fondo, ma lei si allontanò subito, appoggiandosi alla sua spalla e lasciandosi cullare da lui. Stava così bene tra le sue braccia che per qualche minuto riusciva a dimenticare tutto, dove si trovava, in quale situazione era e quei dolori che non la abbandonavano mai. Gli abbracci di Richard Castle li avrebbero dovuti brevettare se a tutti facevano l’effetto suo.

 

Rick l’aveva chiamata poi prima di uscire di casa. Era nervoso e non riusciva a nasconderglielo. Lei lo capì ma fece finta di nulla, anche se prima di chiudere la telefonata si raccomandò ancora di fare attenzione, qualunque cosa stesse per fare. Kate era rimasta a lungo con il telefono in mano stretto con la tentazione di chiamarlo ancora, nella speranza che fino a quando fosse stato al telefono con lei, sarebbe stato al sicuro. Qualcosa le diceva che stava facendo qualcosa di tremendamente stupido ed aveva una morsa allo stomaco che non era di certo legata alle ferite, era qualcosa di diverso, qualcosa che veniva dalla paura che gli potesse accadere qualcosa. Si morse il labbro pensando a quanto era già diventato importante nella sua vita. Era così, era importante, ma lo era sempre stato, solo adesso aveva il coraggio di ammetterselo senza trovare giustificazioni a se stessa sul perché e sul quanto. Ora non si poteva ingannare più, La paura provata quando era ostaggio nella banca ed il terrore al momento dell’esplosione fino a quando non aveva sentito la sua voce e visto i suoi occhi erano già allora molto di più di quello che ammetteva a se stessa. Ma adesso Kate era lì, in ospedale, senza poter fare nulla per lui, dovendosi fidare delle sue parole, sapendo però che le mentiva. Era questo quello che provava lui ogni volta per lei? Era questo il rovescio della medaglia di essere innamorati, la paura costante per l’altro?

 

 

Le 21 erano passate da qualche minuto. Castle controllava compulsivamente l’orario nel cellulare e lo schermo che si illuminava era l’unica luce in quel parcheggio oscuro con poche macchine ferme e tutte lontano da dove era lui, vicino ad un pilone non distante dalla luce verde dell’uscita d’emergenza.

Quel ritardo, anche se minimo, di Smith lo stava innervosendo. Ripensava alle parole di Kate, “non fare nulla di stupido”, e non sapeva se quello che faceva era stupido oppure no. Sussultava ad ogni rumore, anche quando un uomo di mezza età andò a riprendere la sua auto, trattenne il respiro quando gli sfilò vicino prima di uscire. Forse lo aveva scambiato per un maniaco o qualcosa del genere mentre camminava avanti e indietro con le mani sprofondate nelle tasche di quella giacca decisamente fuori stagione. Pensava ormai che Smith non sarebbe più arrivato, stava per andarsene, deluso e preoccupato di cosa potesse essere accaduto per avergli fatto saltare il loro incontro senza preavviso, sicuramente non era qualcosa di positivo, quando sentì il rumore di ruote che stridevano sull’asfalto e fu improvvisamente abbagliato dal faro di una moto che sfrecciava verso di lui ad alta velocità. Non fece nemmeno in tempo a mettersi le mani davanti agli occhi per evitare di essere accecato quando sentì il rumore di copi d’arma da fuoco: fu un attimo e ne fu investito. Sentì l’impatto dei proiettili addosso, perse l’equilibrio e cadde a terra, mentre percepiva altri colpi che venivano esplosi insieme ad altri rumori che non riusciva più a decifrare, gli fischiavano le orecchie e girava la testa. Poi sentì la moto allontanarsi e tutto tornò buio senza quel faro impazzito che squarciava la notte.

 

- Castle! Castle! - Esposito e Ryan stavano correndo verso di lui che era a terra confuso. Aveva sbattuto la testa quando aveva perso l’equilibrio. 

Per fortuna aveva indossato il giubbotto antiproiettile come suggerito da Javier, per scrupolo aveva detto lui ma gli aveva salvato la vita. Sentiva un gran dolore al petto mentre Kevin lo aiutava ad alzarsi. Provò a fare dei respiri profondi con scarso successo, appoggiato ad una delle auto ferme, mentre indolenzito si sfilava la giacca ed il giubbotto.

Esposito era poco distante da loro, chino a terra su quello che ora lo vedeva, era un corpo senza vita. Aveva già chiamato la centrale per avere una squadra lì, ma gli dissero che doveva aspettare, gli uomini erano fuori perché era andato pochi minuti prima, un appartamento a pochi isolati da dove si trovavano loro. 

Rick si teneva la testa tra le mani, indolenzita e non solo per la botta. Sembrava che girasse tutto il mondo intorno a lui e non riusciva a concentrarsi. Chi erano quei due? Chi era quello a terra, morto? Cosa era accaduto a Smith? Si avvicinò barcollando a Javier, chinandosi per vedere la vittima. Stavano illuminando tutto con i cellulari ma quel volto non diceva niente a nessuno e i documenti ovviamente non c’erano. La sua pistola era a poca distanza dal corpo, Esposito la osservò era un’arma usata nei corpi speciali, ma non gli diceva nulla di più.

- Pensi che Smith ti abbia teso una trappola? - Gli chiese Ryan, ma Castle scosse la testa fin troppo rapidamente e ricominciò a girare tutto.

- No, lo escludo, perché avrebbe dovuto? Smith voleva tirarsene fuori e lasciarmi i documenti, perché avrebbe dovuto uccidermi? Io non so niente di lui.

- Beh, magari ha deciso di lavorare per chi c’è dietro tutto questo ed eliminare te era il primo passo.

- No… non credo… - Non aveva un motivo specifico per non crederci, ma sentiva che quell’uomo non gli aveva mentito. - Però se c’è qualcuno che vuole far fuori me, sicuramente vuole far fare la stessa fine a Kate.

 

- Questa sera mi fate fare gli straordinari - Disse Lanie appena arrivata a Esposito e Ryan poi si chinò sul cadavere mentre due agenti illuminavano la zona. - Ah per fortuna solo colpi di arma da fuoco. Avete trovato l’arma del delitto? 

- La mia o quella di Ryan, o tutte e due - Disse Javier alla dottoressa che alzò lo sguardo e solo in quel momento vide Castle piuttosto malconcio appoggiato ad un’auto. 

- Ehy Castle! Cosa ci fai tu qui? 

- Una lunga storia Lanie… - tagliò corto lo scrittore

- Javier, gli avete sparato voi? - L’ispanico annuì mentre Lanie si rialzava - Ok, ragazzi, portatelo in obitorio insieme all’altro cotto a puntino. Come si chiama lo sapete? - Chiese di nuovo ai detective che però scossero la testa negando. - Allora questa sera abbiamo Mister X e Mister Smith.

- Come hai detto Lanie? Smith? - Disse Castle alzandosi velocemente ed andando verso di lei

- Sì… Michael Smith, perché? - Lo guardò perplessa

- Dai fratello, sarà un omonimo! - Cercò di tranquillizzarlo Esposito vedendo la sua agitazione.

- Non è un caso Javier! Non è una coincidenza! Dov’è l’appartamento di Smith? - Chiese a Lanie che guardò i due detective. Esposito e Ryan si scambiarono un’occhiata e poi un cenno di assenso. Kevin tirò fuori dalla tasca il taccuino e scrisse l’indirizzo che gli aveva dettato Lanie. 

- Andiamo Castle! - Disse Esposito e i tre salirono nell’auto dei detective

 

Arrivarono sotto al palazzo. Guardarono in alto e si vedeva ancora un filo di fumo nero uscire da dove ci dovevano essere le finestre. C’era un’agente  fuori che li aggiornò sulla situazione: c’era stata un’esplosione, nessun altro appartamento coinvolto, era stato tutto circoscritto all’abitazione di Smith. Castle pensò che doveva essere il lavoro di uno molto esperto per calcolare perfettamente la quantità di esplosivo per un’esplosione così distruttiva e circoscritta allo stesso tempo. Salirono fino al piano ed entrarono passando oltre i sigilli che avevano messo i loro colleghi. La puzza di bruciato rendeva difficile respirare lì dentro e si coprirono naso e bocca con della stoffa. Girarono per la varie stanze della casa dove ben poco era rimasto intatto, fino a quando Castle non vide in quello che poteva essere lo studio di Smith una cassaforte dietro i resti di quello che doveva essere un quadro dalla cornice molto importante. Richiamò a gran voce i due detective, aveva provato a toccare il metallo dello sportello ma era ancora caldo. Se Smith aveva in casa una copia dei documenti dovevano essere lì.

- Castle, lo sai che potrebbe essere uno Smith qualsiasi questo, vero? Oppure il tuo amico potrebbe averti dato un nome finto - Gli chiese Ryan

- Non è mio amico Kevin, ma questo non è un omonimo… Ne sono certo. - Rispose Rick sicuro. Lo sentiva che non era così. - Andiamo ragazzi, quante volte il mio sesto senso si è sbagliato?

I due detective lo guardarono perplessi aggrottando la fronte.

- Ok, è capitato che alcune volte mi sono sbagliato, ma questa volta sono sicuro che non è un caso. E lo sapete anche voi. - Concluse quindi serio. Era vero, anche loro credevano poco alla casualità.

La aprirono grazie all’aiuto della squadra dei vigili del fuoco che stava finendo di fare i rilievi nel palazzo e dentro trovarono una gran quantità di fogli, per lo più bruciati, ma i resti di una foto dell’omicidio di Johanna Beckett non lasciava dubbi su quale fosse il contenuto del resto di quei documenti per gran parte illeggibili. Rick si passò una mano tra i capelli scuotendo la testa.

- Kate è in pericolo. Non si fermeranno più adesso… Io… devo andare da lei… Metteteli voi al sicuro.

Lasciò Kevin e Javier con i documenti in mano e scese velocemente in strada fermando il primo taxi disponibile.

 

Arrivò in ospedale con il respiro affannato come se avesse corso dall’appartamento di Smith fino a lì. Arrivò fino al piano di Kate muovendosi con sicurezza e velocemente tra un corridoio e l’altro. Si tranquillizzò solo quando vide che le due guardie erano fuori dalla porta e tutto era normale, durante il tragitto la sua mente di scrittore di gialli aveva già ipotizzato tutti i peggiori scenari possibili, immaginandosi scene raccapriccianti in quel corridoio. Ebbe una discussione con le infermiere di turno che non volevano farlo entrare perché Kate stava riposando, ma la sua insistenza vinse anche sul buon senso delle due donne e entrò spalancando la porta e svegliandola all’improvviso.

- Per fortuna stai bene! - Le disse avvicinandosi ed abbracciandola. Aveva la necessità di sentirla viva. La tirò verso di se, affondò la testa tra i suoi capelli, la accarezzava come se toccasse qualcosa di estremamente fragile.

- Castle ma cosa… Puzzi di bruciato! - Esclamò Kate insonnolita mentre ancora la stringeva non capendo cosa stesse succedendo poi, quando la lasciò, lo fulminò con uno dei suoi sguardi. - Cosa hai combinato Rick?

- I documenti… Lui mi ha chiamato, qualche giorno fa. Smith voleva vedermi e darmi la sua copia, voleva uscire da questa storia e diceva che non poteva più proteggerti. Avevamo appuntamento questa sera, in un parcheggio. Ma lui non è venuto, sono venuti due su una moto, mi hanno sparato.

- Rick! - Kate lo chiamò ad alta voce in quello che era più di un rimprovero, era paura, terrore…

- Sto bene. Te l’ho detto che non avrei fatto nulla di stupido, avevo avvisato Ryan ed Esposito, sono andato con loro ed avevo un giubbotto antiproiettile, è stata un’idea di Javier… Se sono qui devi dare il merito o la colpa a lui, decidi tu.

- Non scherzare su questo Rick… Potevano ucciderti… - Gli disse accarezzandogli il volto. - Cosa altro è successo?

- Smith… è stato ucciso. Hanno fatto saltare in aria il suo appartamento. Abbiamo trovato una copia dei documenti ma è quasi del tutto bruciata o annerita, è praticamente illeggibile… - ammise Rick sconsolato: sentiva su di se il peso del fallimento per non aver recuperato quei documenti dai quali dipendeva la vita di Kate.

- Sai cosa vuol dire questo, Castle? - La voce di Beckett era preoccupata e triste allo stesso tempo.

- Sì, che appena starai bene ed uscirai da qui, ti porterò via, al sicuro - Le disse prendendole le mani.

- Non posso scappare per tutta la vita e soprattutto non posso coinvolgerti in questo.

- Non mi coinvolgi tu, mi coinvolgo da solo. Non mi importa per quanto tempo sarà, se ci sarai tu con me. Io non ho bisogno di un posto preciso per lavorare, posso farlo ovunque e non ho problemi economici per permettermi di spostarmi ovunque vogliamo.

- Rick… non posso chiederti questo, di lasciare la tua vita ed il tuo mondo.

- No, sono io che ti sto chiedendo di farti portare al sicuro. La mia vita ed il mio mondo sono ovunque ci sei tu.

Castle si tolse la giacca e Kate gli fece spazio per sdraiarsi nel letto vicino a lei, mandando al diavolo tutte le regole e le procedure dell’ospedale. Aveva bisogno di Rick tanto quanto lui ne aveva di lei. Si appoggiò sul suo petto, e si strinse a lui. Lo sentì sobbalzare quando gli toccò un punto sul torace, sbottonò la camicia e vide il livido che il proiettile gli aveva causato, era terribilmente vicino al cuore. Poggiò la mano sulla sua pelle, la sentiva calda, sentiva il cuore pulsare veloce. Pensava a tutto quello che le aveva appena detto ed aveva paura, non per lei, aveva paura per loro.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: nikita82roma