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Autore: floricienta    15/01/2017    0 recensioni
In una società governata dalla tecnologia più avanzata combinata alla forza del Mana, la divinità dell'oceano, Tangaroa, minaccia la sopravvivenza del genere umano, costringendolo a ritirarsi a vivere sulle aeronavi e obbligandolo a compiere sacrifici per beneficiare la propria benevolenza.
È in questo contesto che si intrecciano i destini e i sentimenti di due persone. Ari, un ragazzo timido e pauroso, che si è visto portar via tutto ciò che di più caro gli era al mondo, e con un potere dentro di lui che non può neanche immaginare; e Nael, un ladruncolo di strada che, per diverse vicissitudini, si è ritrovato a convivere proprio con Ari, aiutandolo giorno per giorno a diventare sempre più forte con la sua presenza.
Un insieme di turbamento, tristezza, felicità, disperazione, amore.
Sarà proprio la catena che li lega indissolubilmente a determinare la salvezza o la distruzione dell'umanità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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CAPITOLO 19
431


Maggio, anno 431 del XII periodo

Le giornate passavano tranquille e più spensierate nella fattoria dal giorno del suo compleanno.
Ari aveva provato in ogni modo a non piangersi più addosso per non far preoccupare ulteriormente Natanael, che continuava a prendersi cura di lui e che sentiva avvicinarsi sempre di più alla sua persona, riuscendo in qualche modo nel suo intento.
Non pensava che sarebbe rimasto a vivere con lui per così tanti mesi, eppure, quasi non gli staccava gli occhi di dosso. Passavano insieme tutte le giornate, erano rari i momenti dove stavano da soli e la cosa era estremamente piacevole.
Pensò più e più volte se fosse così il rapporto tra due amici, perché il loro aveva un qualcosa di strano a cui non riusciva a dare una spiegazione. Sicuramente non erano più semplici estranei, ma non era ancora arrivato al punto tale da fidarsi ciecamente di lui per qualsiasi cosa.
D'altronde, Natanael non faceva che mostrarsi sempre di più un ragazzo raggiante, che gli illuminava le giornate che altrimenti avrebbe passato nell'oscurità. Di questo ne era assolutamente convinto.
Però, non sapeva ancora molto sulla sua vita, così come Natanael non sapeva niente della propria. Non avevano mai raccontato più di tanto del loro passato, perché Ari si sentiva impacciato, e immaginò che il maggiore non volesse avere un rapporto così intimo con lui, quindi si limitò a prendere come venivano tutte quelle settimane.
Qualche volta, Natanael spariva per alcune ore senza dirgli dove andava, per poi tornare prima di cena con le tasche piene.
Lo stesso era accaduto quel giorno.

“Perché continui a rubare?” Ari cominciò a sparecchiare la tavola e a mettere i piatti nel lavandino.
“Che problema c'è?” Natanael fece un sorriso sarcastico, picchiettando le dita sul legno.
“Non dovresti averne più bisogno, dato che vivi qui.”
Non che gli desse fastidio, ma non voleva che fosse costretto a compiere un atto del genere perché non gli bastava quello che aveva da offrire in casa.
“Ari, mi diverte, do una mano alla mia vecchia banda e loro mi lasciano una parte del bottino, tutto qui.”
“Non dovrebbe divertirti rubare.” si piazzò di fronte a lui con le mani sui fianchi.
Da qualche tempo aveva preso a parlare con lui in maniera più diretta, lasciando da parte un minimo della propria goffaggine.
“Questo lo dici solamente perché non hai mai provato.”
Natanael fu sorpreso da quel discorso.
Sembrava come se Ari fosse diventato tutto d'un tratto sua madre e lo stesse sgridando di conseguenza. Provò una strana forma di gioia nel suo petto, per la preoccupazione che vide in quegli occhi cristallini che da qualche tempo non erano più sempre gonfi e arrossati.
“Inoltre non ne hai bisogno!” insistette, facendo finta di non ascoltarlo.
“Non ne ho più bisogno, infatti.” Natanael si alzò dalla sedia e gli si parò davanti, guardandolo dall'alto al basso. “Ora guadagno i soldi in maniera onesta, o sbaglio?”
Ari abbassò il capo.
Da quando non c'erano più i suoi genitori, era Natanael che aveva preso in mano la gestione degli affari della fattoria, contattando i vecchi clienti e facendo da tramite al suo posto. Lui non ne sarebbe mai stato in grado, però, non poteva permettere di non fare più da venditore, altrimenti non avrebbero avuto un'entrata di denaro per sopravvivere.
Natanael era stato ben propenso a prendere sotto braccio quella questione e non si era mai lamentato. Inoltre, se la sapeva davvero cavare con le parole, trattava tutti i compratori con riguardo e gli affari procedevano tranquillamente.
Era anche la persona che andava in città per le commissioni, su questo non c'era stato molto da discutere. Semplicemente, Ari, aveva scosso più volte la testa al sol pensiero di tornare in centro e rivedere quelle vie asfaltate. Non si sentiva ancora pronto e l'altro non aveva avuto problemi a prendersi anche quell'incarico.

Se vuole rimanere con le vecchie abitudini, forse non sono io il più adatto a fargli cambiare idea.

“Ari, hai forse paura per me?”
Il biondo sentì una piccola punta di scherno in quella frase.
Un'altra cosa che aveva preso l'abitudine di fare Natanael era quella di prenderlo in giro per qualsiasi sciocchezza e si divertiva nel vederlo ribattere imbarazzato. A dir la verità, non era un qualcosa che gli dispiaceva e stava diventando sempre più bravo a controbattere.
“Non ho paura...”
“Stai tranquillo. Non mi farò beccare dalla polizia, né da chiunque altro.” alzò il tono di voce, mettendosi le mani incrociate dietro al capo e girando i tacchi per andare a sdraiarsi sul divano. “Questa è casa mia e non ho intenzione di abbandonarla.” si lasciò cadere su di esso.
Ari sentì mancargli il fiato per un attimo.

Davvero considera questa la sua casa? Quindi siamo... una famiglia?

Si avvicinò con cautela al divano e affondò le unghie nel poggia-schiena, osservando l'altro che stava decidendo con accuratezza quale programma vedere per il resto della serata.
Sarebbero potuti diventare davvero una famiglia. Non c'era niente a impedirlo, quindi non vide il perché non sarebbe potuto accadere. Nonostante ciò, c'era ancora qualcosa che mancava per far quadrare tutto alla perfezione.

La mia famiglia sono i miei genitori.

Ari non considerava ancora così importante quel ragazzo da conferirgli un titolo del genere. Come avrebbe potuto tradire sua madre e suo padre per qualcuno di cui non sapeva nulla.
Strinse più forte la presa sulla stoffa del divano e si morse il labbro inferiore.
“Stai bene?”
Non sentì neanche quella domanda, troppo intento a riflettere su come fosse cambiata la sua vita e su come avrebbe voluto che diventasse in futuro. Purtroppo, non riusciva a pensare così lontano; tutto quello che esisteva al momento era la tristezza nel suo petto, l'allegria di Natanael e l'incertezza che gli appesantiva le gambe e gli bloccava la voce in gola.
“Ari?” provò di nuovo, mettendosi a sedere, e, finalmente, l'altro si riscosse. “A che pensi?”

Com'è possibile che sappia sempre che ho qualcosa che non va? Lo si legge così chiaramente sulla mia faccia?

“Niente.”
“Non dire caz-...” si interruppe. “...sciocchezze.”
Era stato più difficile di quanto aveva creduto trattenere le parolacce, però erano diminuite parecchio rispetto ai primi tempi.
“A te piace stare qui?” trovò la forza di domandare.
Natanael posò una mano sopra la sua e nuovamente percepì un senso di disagio nell'avere un contatto fisico con lui, non ci era abituato.
“Credi che non sia così?” gli rispose con un'altra domanda.
“Non lo so...”
Natanael vide in lui quel ragazzino fragile che stava penetrando lentamente nella sua anima, con la forte richiesta di salvarlo dal dolore e lui avrebbe risposto sicuramente a quella preghiera.
“Ho un letto, cibo, posso lavarmi tutte le volte che voglio e anche stare delle ore nella vasca. Per non parlare del fatto che guadagno soldi, sono attivo quando ce n'è bisogno e mi riposo allo stesso modo e ho un tenerissimo bambino a farmi compagnia.” lo guardò sornione, notando le pupille dell'altro ingrossarsi e la mano spostarsi dalla sua. “Secondo te posso stare male?”
Ari scosse il capo.

Davvero, quindi, a lui piace vivere con me..?

“Confidati con me se hai qualcosa che ti turba.” ad un tratto, Natanael si fece serio.

E a me piace vivere con lui?

Non ci aveva mai pensato per davvero, dando per scontato che quel periodo non sarebbe durato a lungo, ma, adesso, Natanael aveva affermato di voler abitare in quella casa insieme e non aveva esitato nel pronunciarlo. A volte avrebbe voluto essere come quel ragazzo che non aveva paura di dire quello che gli passava per la testa e che sicuramente non ragionava molto, affidandosi di più all'istinto.
“Per caso temi che possa abbandonarti?” lo guardò fisso negli occhi, domandando ancora.
I suoi erano così penetranti e così profondi che era impossibile evitare lo sguardo.
Ari sussultò e indietreggiò di un passo.

Temo di restare da solo o temo che lui rimanga?

Era un quesito difficile e sul quale non aveva mai rimuginato. Solo adesso aveva creato questo nuovo grattacapo fantasticando come al solito su infinite possibilità, una più negativa dell'altra.
“Io...” non seppe cosa rispondere e si allontanò dall'altro.

Non posso paragonare la solitudine con Natanael. Con la prima opzione morirei sicuro, con la seconda invece...

Si diresse alla finestra e si perse nel guardare verso lo steccato bianco, anche se ormai il buio predominava sulla campagna.
“Ari?”
Natanael era rimasto inebetito da quel comportamento, senza venire a capo di quello che stava inventando la mente di quel ragazzino. Quello di cui era sicuro era che non dovevano essere cose positive.
“Ti ho fatto una domanda, rispondimi.” si alzò dal divano, stringendo i pugni lungo i fianchi e marciò verso di lui. Era quasi arrabbiato, odiava essere ignorato a quel modo e, per un breve istante, pensò che non avrebbe mosso un dito se Ari si fosse di nuovo abbandonato alle lacrime, anche se non avrebbe mai obbedito a quell'ordine auto-imposto.
Ari non lo ascoltava più, ammirando le ombre che si venivano a creare a causa delle nuvole che ricoprivano la Luna e scappavano via dopo qualche secondo.
Fu in quel momento che vide qualcosa di strano attraversare le sbarre del recinto con agilità ed intrufolarsi all'interno della fattoria.

Una volpe!

Trasalì e subito la sua mente andò al fucile del padre.

Non posso... io non sono capace. Come posso usare un'arma per spaventare quella volpe? Io...

Si voltò con gli occhi sgranati e notò davanti a sé il volto di Natanael, infuriato come non l'aveva mai visto prima.
Doveva abbandonare una volta per tutte quello scudo che non gli permetteva di fidarsi delle persone e non permetteva a queste di avvicinarsi a lui. Gli serviva qualcuno che lo aiutasse in quel mondo malvagio, gli serviva qualcuno che gli avrebbe infuso coraggio e gli serviva qualcuno che lo allontanasse dalla solitudine e che gli facesse tornare il sorriso sul viso stando al suo fianco.

Natanael...

E Natanael era proprio al suo fianco.



“Cosa? Io?”
Natanael quasi non aveva creduto alle proprie orecchie quando Ari l'aveva implorato, con la voce tremante, di andare a prendere il fucile del padre per cacciare la volpe che si era intrufolata nella fattoria. Eppure, sembrava una faccenda seria.
“Non puoi semplicemente aspettare che se ne vada da sola?”
“No!” Ari urlò esagitato. “Potrebbe ammazzarci un sacco di galline e conigli e ferire le mucche e rovinare persino l'orto!”

È terribilmente agitato.

“Ma io non ho mai usato un'arma prima d'ora!”
Non che Natanael non lo fosse. Quella era ben più grande della richiesta di prendersi cura di lui, degli affari, della spesa e tutto quello che aveva imparato a gestire in quei mesi di convivenza.
“Neanche io...”
“Ah, quindi lasci il lavoro sporco agli altri? Non ti facevo così, sei estremamente furbo.” incrociò le braccia e lo guardò ironico, sperando di sortire un buon effetto su di lui.
In quel momento si sentì un rumore provenire da fuori.
“Natanael, ti prego!”
Si rese conto di quanto ci tenesse alla fattoria.

Di sicuro è così. Non può essere diverso, dato che è il luogo in cui ha vissuto tutta la sua vita con i suoi genitori... non vorrebbe mai che venisse distrutta.

Sospirò al cielo esageratamente.
“Va bene. Va bene. Ma dovrai ringraziarmi come si deve una volta che avrò finito.”
Ari annuì, rosso in viso dall'agitazione.

Tanto per cominciare, voglio mangiare un'enorme porzione di carne fresca...

Natanael corse nella camera dei genitori di Ari – che era rimasta intatta così come era stata lasciata il giorno della loro morte – e prese da un baule il fucile.
“Come si carica questo affare?”
Dopo qualche tentativo riuscì nell'intento e subito si scaraventò al piano di sotto, dove trovò Ari affacciato alla porta.
“Fai presto!”
“Stai calmo, ragazzino.”

Che cosa mi tocca fare, cazzo!

Uscì nel cortile con il fucile puntato verso il vuoto.

Che cosa dovrei fare? Devo ucciderla? Devo sparare? Che cosa?

Si avvicinò all'aia, dove sentiva provenire un piccolo rumore, come di unghie che grattavano alla porta.

E se mi uccide?

Scosse il capo e lo girò appena verso la casa, notando Ari che stava assistendo a tutta la scena attaccato alla maniglia della porta.
Ingoiò a vuoto e si avvicinò ancora di più.
“Ehi, volpe!” urlò. “Forse è meglio che te ne vai via se non vuoi una pallottola su per il...”

No, Natanael... che cosa stai dicendo?

In quel momento vide uscire fuori l'animale, che sembrava non aver preso nessun ricordino dal pollame, e se ne compiacque con un piccolo sorriso.
Quello che successe dopo, invece, fu confuso.
Senza sapere come era partito un colpo dalla canna e la volpe aveva preso a correre per scappar via, Natanael non aveva resistito al rinculo ed era caduto a terra con il fondo schiena e si era lamentato per la botta, portandosi una mano a massaggiare la parte lesa.
“Natanael?”
La voce del biondo gli arrivò alle orecchie, distante. Si voltò verso di lui e alzò il pollice per tranquillizzarlo. Successivamente, si rialzò da terra e andò a controllare che fosse tutto a posto, notando che c'erano dei graffi sul legno, ma, per fortuna, non era riuscita ad entrare per rubarsi una gallina come spuntino di mezzanotte.
Rientrò in casa trionfante, con un sorriso da orecchio a orecchio e il fucile in spalla come se avesse compiuto chissà quale eroica impresa.
“Ecco fatto, quella volpe adesso non ci stresserà più.”
Poggiò una mano sulla spalla di Ari e la riscoprì tremante. Dovette far un minimo di attenzione per rendersi conto che anche il resto del corpo tremava e sembrava sul punto di crollare.

Deve aver avuto paura per davvero...

Natanael si sentì colpito al petto. Possibile che fosse davvero così preoccupato per le galline? O forse c'era sotto qualcos'altro? Perché doveva sempre vedere quel ragazzino in quello stato?

Sono stufo e non perché mi dia noia il fatto di vederlo sempre così...

Lasciò che il fucile scivolasse sul pavimento e afferrò il mento di Ari per sollevarlo al suo viso.

...ma perché mi fa male il cuore ogni volta che si trova in queste condizioni e io non ho alcun potere per farlo sentire meglio.

“Va tutto bene, Ari.”
Si specchiò nelle sue iridi azzurre, ritrovando l'oscurità del suo occhio destro in esse.
Perché si sentiva opprimere lui stesso? Non afferrava la risposta, sentiva di esserci vicino, ma continuava a sfuggirgli.
L'unica cosa che gli era chiara e scolpita nella testa era che non avrebbe lasciato Ari da solo per nessun motivo al mondo.

 

Luglio, anno 431 del XII periodo

Natanael stava dormendo così beatamente quella notte, nonostante il caldo l'avesse costretto ad abbandonare le coperte e la maglietta da qualche parte della stanza, nella quale, ormai, dormiva da mesi, una delle camere degli ospiti che faceva parte di quella grande fattoria.
Ad un certo punto, però, fu svegliato di soprassalto da un urlo.
Riconobbe la voce all'istante.

Che cazzo sta succedendo?!

Rotolò giù dal materasso e corse nella camera adiacente dove vi dormiva Ari.
Aveva quasi il fiatone per quei pochi metri di corsa e il cuore gli batteva all'impazzata dall'ansia.
“Che succede, Ari?”
Si scaraventò contro il letto con gli occhi sgranati e si rese conto che l'altro stava ancora dormendo. Lo scosse appena per destarlo dal sonno.
“Ari!”
Era più agitato di quanto non lo fosse mai stato nella sua vita, tutto a causa di quel ragazzino.
Più passavano i mesi e più si era avvicinato ad Ari. Lo sentiva come un piccolo tesoro prezioso che doveva proteggere dall'avidità delle persone per reclamarlo solo per sé.
Non sapeva come fosse arrivato a quella conclusione, ma l'istinto di proteggerlo era così grande in lui, che ogni minima cosa lo riguardasse lo metteva all'erta. Era consapevole che quel suo comportamento fosse quasi anomalo e che, probabilmente, era lui stesso a spaventare Ari delle volte, però non riusciva a farne a meno.
Per questo era scattato come una molla non appena l'aveva sentito.

Se solo ti succedesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo.

Finalmente lo vide aprire gli occhi ed era spaventato all'inverosimile.
“Natanael...”
Cominciò a piangere, portandosi le mani davanti alla bocca per contenere i gemiti e bagnando tutto il cuscino in breve tempo.
Il maggiore si inginocchiò per terra e lo tenne per il braccio.
“Era solo un incubo.” gli sorrise dolcemente.
Ari annuì, incapace di arrestare le lacrime.
“Quello che hai sognato non è reale ed è già svanito.” continuò con fare gentile.
Lasciò scivolare la mano verso la sua guancia madida e l'accarezzò per togliere quelle piccole perle che continuavano ad uscire dai suoi bellissimi occhi.

Non piangere più...

Poi continuò ad accarezzarlo sfregando appena sugli zigomi e, infine, incastrò le dita in quell'ammasso di capelli biondo cenere che erano tutti scompigliati e ricadevano scomposti sul suo volto e il cuscino. Glieli spostò dalla faccia e continuò a dargli quelle piccole attenzioni, con il sorriso, per tranquillizzarlo.
“Andrà tutto bene.”
“Sì...” affermò Ari, poco convinto.
“Dico sul serio.” sorrise ancora, mentre la mano giocava con alcune ciocche morbide.
Era una sofferenza per Natanael, quasi gli si contorceva lo stomaco.
Ari tirò su con il naso e riprese a piangere, facendo scorrere nella sua mente le immagini terribili che l'avevano accompagnato dallo scorso Dicembre e che gli si erano ripresentate in maniera ancora peggiore quella notte in sogno.
Ringraziò che fosse corso a svegliarlo e che fosse rimasto con lui per calmarlo, anche se non riusciva a smettere di lacrimare. Era stanco di quelle visioni che lo tormentavano ed era stanco di sentirsi così uno strazio. Voleva solo andare avanti con la sua vita e per farlo aveva bisogno di un supporto di cui già conosceva il nome.
“Stai con me?” domandò ad un certo punto Ari.
Natanael non fu sicuro di aver ben compreso quella richiesta e sussultò appena, fermando il movimento della sua mano. Avvertì chiaramente le guance andare a fuoco e fu sollevato dal fatto che intorno a loro ci fosse solamente buio.
“Intendi dire questa notte?” fece incerto e imbarazzato. “Dormire con te?”
In quel momento gli vennero in mente pensieri che non avrebbe dovuto fare. Si diede dello scemo da solo per aver provato ad immaginare un qualcosa che non era di certo adatto a quella situazione.
Ari annuì e gli strinse il polso con forza, troppa rispetto a quella che aveva sempre mostrato.
Natanael sbatté le palpebre più volte, percependo il calore di quelle dita nivee contro la propria pelle ancora più accaldata.
Passarono pochi secondi che si distese al suo fianco, sopra al lenzuolo.

Siamo sicuri che vada bene così? In fondo, è solamente spaventato e vuole un po' di conforto...

Allungò di nuovo la mano sul viso del ragazzino e gli lambì le guance con il pollice, poi passò alle orecchie e fece lo stesso con il padiglione, infine, posò la mano sul suo collo e prese a giocare con l'attaccatura dei capelli.
Ari non si oppose e si concentrò su quelle piccole attenzioni dedicate unicamente a lui.
In quell'istante si persero l'uno nell'altro.
Si fissarono intensamente in volto, scrutandosi e cercando di capire i pensieri dell'altro. Le dita di Natanael non la smettevano di toccarlo e si muovevano quasi automaticamente, seguendo una danza sulle note di una musica che non esisteva, accompagnata dai loro respiri.
Il pianto di Ari si era calmato di parecchio e questo convinse il maggiore a continuare con quelle premure, assaporando la tenerezza di quella pelle liscia e la setosità dei capelli.
Ari si mosse appena, facendo sfrusciare le coperte e gli si gettò sul petto, abbracciandolo talmente forte che quasi perse il respiro.

Che..?

Natanael era confuso e ancora più imbarazzato di prima.
Era un ragazzo di sedici anni e si stava facendo mettere decisamente i piedi in testa da un bambino, a causa delle emozioni che non riusciva a controllare. Non gli era mai capitato con nessuno e non sapeva dare una definizione a quel sentimento.
Fu così che decise di smetterla di ragionarci su, poiché non sarebbe arrivato comunque a una conclusione.
Strinse forte gli occhi e ricambiò l'abbraccio con tutto il vigore che possedeva, incollando Ari al proprio corpo, stavolta sicuro che non sarebbe più stato in grado di respirare.
“Grazie...”
Sentì il suo sussurro scontrarsi contro il proprio petto nudo.
“...Nael.”
Lasciò appena la presa su quel corpicino, quanto bastava per poterlo guardare di nuovo negli occhi.

Nael?

Ari teneva le labbra socchiuse e gli occhi erano arrossati, nonostante ciò ripeté quella frase.
“Grazie, Nael.”
“Nael, eh?”
Avrebbe voluto ridere, si sentiva esplodere dentro e ancora non riusciva a cogliere il perché.
Tutto quello che fece fu sorridere e stringere di nuovo Ari, cullandolo contro di sé e accarezzandolo lungo la schiena.
“Ora puoi dormire tranquillo, Ari.”



Ari non aveva mai pensato che sarebbe stato così bene tra le braccia di qualcuno che non fossero i suoi genitori, ma, quella notte, si sentiva protetto come mai prima d'ora tra le braccia di Natanael.
Quando l'aveva visto entrare nella sua camera affannato a quel modo aveva capito che davvero non stava fingendo e che non provava semplice compassione, piuttosto forse...

Affetto..?

Sicuramente non era più un rapporto tra due sconosciuti che provavano una convivenza forzata, ma si era trasformato in qualcosa di più.

Credo di iniziare a voler bene a Nael...

Dovette ammettere di aver fantasticato anche su Natanael – così come era solito fare per tutte le persone che vedeva per strada quando andava in città con suo padre – e, nella sua immaginazione, aveva avuto un discorso con lui nel quale aveva deciso di trovare un soprannome perché Natanael era un nome fin troppo lungo e non si addiceva completamente al suo volto.
Nael.
Era decisamente meglio.
Era arrossito, colto dal suo solito imbarazzo, ciononostante era riuscito a chiamarlo in quel modo e non si era sentito rifiutato.
Adesso era ancora abbracciato a lui a ricevere tutte quelle carezze, che lo stavano facendo rilassare per cadere nel mondo dei sogni.
L'aveva stretto senza neanche riflettere e non l'avrebbe lasciato per tutta la notte, non importava del caldo pazzesco di quella sera e neanche avrebbe accettato che Nael si volesse staccare da lui. Tuttavia, considerata la sua reazione, non l'avrebbe fatto.

Nael, stai diventando quella persona di cui ho realmente bisogno. È forse normale?

Sfregò il muso contro il petto del ragazzo e affondò di più contro di lui, avvertendo un piccolo mugugno.
“Non riesci ancora a dormire?”
“Sto bene.”
“Mi fa piacere sentirtelo dire.” Nael aveva evidentemente la voce assonnata, ma aveva ripreso ad accarezzarlo appena al di sotto del collo.
“Posso chiamarti Nael?”
“Non l'hai forse già fatto?” gli diede un piccolo pugno in testa. “Di solito si chiede prima di agire.”
“Scusa.”
Natanael lo strinse bene con entrambe le braccia e Ari poté sentire il lieve sudore sul suo petto per causa sua.
“Mi piace.” ammise poi il moro. “Chiamami pure così tutte le volte che vuoi.”
Ari si ritrovò ad arrossire, cullato dalla sua voce pacata.
Inspirò ed espirò a fondo, percependo un pizzicore agrodolce al naso che veniva dalla pelle di Nael. Non se ne curò e portò le mani sulla sua schiena, incastrando la testa appena al di sotto del suo collo.
Avrebbe dovuto provare imbarazzo. Era un ragazzino di dodici anni avvinghiato ad uno di sedici così come non aveva neanche mai visto fare ai suoi genitori.
L'imbarazzo c'era, solo che la quiete generata da loro due così vicini aveva superato di molto quell'impaccio, tant'è che anche lui si mise ad accarezzarlo sulla schiena.
“Buonanotte, Nael.” sussurrò quasi impercettibilmente.
“Buonanotte.”
E quella lo era stata.
Quella notte dove Nael aveva capito di voler rimanere con Ari per essere la sua personale armatura, che l'avrebbe difeso da ogni singola malvagità del mondo in cui vivevano, e il suo coraggio, che gli avrebbe riportato la felicità nel cuore.
Quella notte dove Ari aveva capito di voler rimanere con Nael per essere una famiglia e sarebbero stati l'un l'altro il luogo in cui avrebbero dovuto sempre rincasare per non sentirsi più soli e dove lui avrebbe appreso l'importanza di amare ed essere amati per colmare il vuoto dentro di lui.



NOTA DELL'AUTRICE:
 

Buona domenica a tutti!
È un miracolo che riesca a pubblicare. Questa settimana terribile è finita nel peggior modo possibile, ma pensiamo ai nostri sposini.
Questo è un capitolo molto importante, dove c'è una delle scene che preferisco (dove lo chiama Nael per la prima volta)... Ricordo ancora quel pomeriggio in macchina dove l'ho pensata xD comunque, non divaghiamo. Questo capitolo è importante perché da qui ha inizio quel mondo dove esistono solo l'uno per l'altro. Partiamo da un Ari che non sa se può formare una famiglia con Nael, a quella volpe che ha dato una spinta ad entrambi per avvicinarsi (brava la volpe, probabilmente Nael ti voleva mangiare lol), a quella notte dove si sono scambiati reciproca fiducia. Nael è un pervertito, pedofilo u.u ma questa è un'altra questione u.u
Spero vi sia piaciuto, io perdo sempre un battito quando lo chiama Nael la prima volta! *-*
Ringrazio chi commenta, mi segue e legge e ci sentiamo domenica prossima (a questo punto lo spero, in caso contrario non saprei come avvisare su EFP) e un abbraccio a tutti!
Flor :3

  
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