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Autore: Urban BlackWolf    16/01/2017    1 recensioni
“ Non ce la faccio...”
“ Ti prego salvala. Salva la mia Ruka....” Michiru trattenne a stento le lacrime puntando lo sguardo a terra mentre con le mani tremanti si stringeva la cornice al petto.
“ Ti prego.” E questa volta l'argine degli occhi crollò.
Il tempo in quell'appartamento di un centro città si era fermato. C'erano solo due giovani donne. Una con la fronte poggiata sul freddo acciaio di una porta, nelle orecchie i singulti composti di un pianto lacerante e un'altra, stretta all'immagine dell'ancora della sua vita, incapace di muoversi, di alzare la testa, di fare qualcosa che non fosse il piangere, aspettando solo il suono dello scatto di una serratura ed il chiudersi di una porta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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L'atto più grande

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

I pensieri dell'alba

 

 

Sei un'idiota! Si, sei proprio un'idiota. Ma che cosa diavolo ti è saltato in mente! Perchè ti sei andata ad impelagare in questo casino, Tenou!?

Haruka si rigirò tra le lenzuola per l'ennesima volta e per l'ennesima volta non potè che chiedersi del perchè, pur in preda ad una crisi, avesse composto il numero di telefono di quella donna e si fosse sfogata con lei. Continuava a ripetersi che nulla le legava, che il sangue che le univa era una pura e semplice questione biologica, che sarebbe stata in grado di fronteggiare quell'emergenza da sola, senza il bisogno di una "sorella maggiore", ma la verità delle cose era un'altra e stava nel fatto che Giovanna Aulis stesse dormendo beatamente nella sala da pranzo.

E tutto mi sarei immaginata tranne che vedermela comparire davanti. Neanche abitasse dietro l'angolo!

Tornando a fissare il bianco del soffitto la bionda si portò un avambraccio sotto la nuca. Da quando aveva reso partecipe Michiru del rapporto che aveva riallacciato con il padre e quello che quest'ultimo le aveva fatto credere sulla sorella, era vissuta in bilico tra la voglia d'incontrarla ed il sacro terrore di essere rifiutata. Haruka Tenou era forte. Haruka Tenou era impavida. Haruka Tenou era un’isola che permetteva solo ad una persona di avvicinarsi. Proprio così, perchè da anni erano solo lei e Michiru e solo alla compagna era riuscita ad aprire il cuore e a manifestarle il suo vero io. Mentre ora era bastata un'emergenza a farle saltare tutte le certezze consolidate negli anni.

Vero era che in quella notte Haruka fosse stata fuorviata a vedere il peggio dalle circostanze, ma aveva perso il controllo. Aveva assistito al riempirsi del pronto soccorso in poco meno di due ore, con casi appartenenti a tutti i livelli di criticità; da femori rotti per cadute ad incidenti stradali. Quello che aveva provato nel lasso di tempo intercorso tra l'aver sentito degli infermieri parlare di una donna dall'apparente età di Michiru estratta in gravissime condizioni da una macchina bianca ed il nome di colei che poi aveva perso la vita comunicato al marito seduto proprio accanto a lei, l'aveva colta totalmente impreparata. Per un anno era sempre stata lei quella bisognosa di cure, quella in pericolo di vita e la compagna invece quella in attesa, spesso lasciata per forza di cose fuori dalla porta, relegata al ruolo molto performante e logorante, di colei che ascolta, gestisce i ritmi, sopporta ed incassa. Ora che le parti si erano invertite di colpo, anche se per pochissimo tempo, Haruka aveva preso coscienza dell'ennesimo lato fragile del suo carattere. E questo la imbestialiva.

Non potevo darmi una controllata e prima di farmi esplodere il cervello, aspettare che fossero arrivati i dottori a ragguagliarmi? No... Io no! Io parto in quarta senza una meta, schiantandomi contro il primo muro utile! Bene. Brava Tenou.... sette più... Ora che cosa cazzo t'inventi?!

Per di più si era fatta difendere di fronte all'ignoranza di quel dottorino come se fosse stata incapace di farlo da sola.

Ho sempre combattuto questo tipo di battaglia senza l'aiuto di nessuno. Mi sono rammollita! Si toccò la cicatrice al braccio sinistro che le avrebbe sempre ricordato di non vergognarsi mai di esprimersi a modo suo.

Michiru lo avrebbe fronteggiato nello stesso modo. Ammise.

Nuovamente sul lato destro in cerca della sagoma mancante della sua dea. Le avranno dato tanta di quella roba da stendere un cavallo, pensò accarezzando il cuscino sapendo per esperienza quanto dolore provocassero le crinature alle costole.

E con Giovanna cosa faccio adesso? Non sono abituata ad avere gente per casa. Ad avere ospiti. Di queste cose se ne occupa Michi. O porcaccia di quella miseria schifa. Ferma con quelle dita! Dovevo stare ferma e pensare, invece che agire d'istinto come al mio solito...

Haruka afferrò con frustrazione la camicia da notte della compagna portandosela al viso. No, non era proprio abituata ad avere gente per casa. Una volta solcata la porta d'ingresso, se fosse stata da sola avrebbe sfogato tutta la tensione prendendo a pugni il muro per poi piangere sopra a tutto, dolore alla mano incluso e nell'immediatezza avrebbe sicuramente afferrato il sonno. Già fatto altre volte. Già vissuto. Ma con quella donna dietro alle spalle non aveva potuto far altro che togliersi giacca e scarpe, mettersi le pantofole e darle quelle di Michiru, prepararle il letto, indicarle il bagno e via, in camera sua. Sonno zero. Pensieri mesciati a caso. Tenou... persa.

Perchè non mi dai mai retta, amore mio!? Te l'avevo detto che saresti dovuta tornare questa mattina, ma tu niente. Sempre la solita.. - Rimproverò sentendosi un groppo alla gola. - No,... la colpa è mia! Avrei dovuto impormi. Essere irreprensibile. So come fare per farti desistere. Per farmi dare retta.

Haruka andò avantì così per un tempo indecifrato, rimuginando alternativamente su Michiru e Giovanna, fino a quando, all'alba, il corpo, mente inclusa, decise di spegnere l'interruttore e la bionda crollò per un paio d'ore.

 

 

Giovanna cacciò fuori la testa dalla trapunta guardando la struttura del caminetto spento davanti a lei. I lampioni del parcheggio condominiale donavano alla notte sufficiente luce da rendere tutta la sala da pranzo a tinte grigie, ma visibili. Non era riuscita ad addormentarsi subito e quando lo aveva fatto era stato per brevissimo tempo, presa dall'agitazione e da una fame atavica che la stava portando ora ad uscire dal guscio caldo delle coperte per rovistare nel suo zaino in cerca di viveri d'emergenza. Due pacchetti di cracker ed una banana che aveva afferrato gettandoli in mezzo ai cambi dopo aver abbandonato l'acqua per la pasta sui fornelli ormai spenti. Aveva ipotizzato che sul treno sarebbe riuscita a consumare la sua frugale cena, ma attaccata dall'ansia non ci aveva neanche pensato. Una volta arrivata alla stazione era stato tutto così veloce che francamente non aveva certo sentito la necessita' di riempirsi lo stomaco. Poi l’incontro con Haruka ed il sentirsi ancora frastornata. Una volta riuscite ad arrivare a casa sane e salve, l’altra le aveva indicato il bagno, dato gli asciugamani, preparato un letto di fortuna sul divano ed era andata stravolta in camera mollandola da sola.

Così Giovanna non aveva potuto far altro che spogliarsi, mettersi il sotto della tuta, la t-shirt, usufruire del bagno padronale, che poi era quello di Michiru e ficcarsi tra la flanella delle lenzuola sperando che la stanchezza facesse il resto. Ma che! Ora, mani dentro lo zaino, stava cercando ossigeno per alleviare i crampi di uno stomaco ormai vuoto da più di quindici ore.

“Ma che cavolo. Dov'è?” Disse a mezza voce squassata da un brivido di freddo. E si, ne avevano preso parecchio per tornare a casa.

Scusa, ma non posso mandare in circolo troppa aria calda. La macchina è stata ferma per mesi. Ho paura di sforzarla troppo e se dovesse abbandonarci ora... sarebbero guai.” Le aveva detto una bionda concentratissima salendo a passo d'uomo lungo la strada. Giovanna non aveva fatto altro che darle ragione non potendo non notare quanta padronanza nella guida stesse dimostrando.

Però, ci sai fare!”

Te l'ho detto; sono una pilota professionista.” Le aveva sorriso con imbarazzo.

Imbarazzo che era rimasto in Haruka e se possibile, si era dilatato esponenzialmente quando avevano lasciato il box per andare a prendere l'ascensore.

Vedrai, la casa è calda.” Aveva cercato di stemperare notando i vestiti poco pesanti dell'altra, puntando poi lo sguardo prima alla pulsantiera ed infine al linoleum grigio steso a terra. Chi l'avrebbe mai detto che la grande Tenou sarebbe rimasta in assenza di parole in presenza di una donna.

Ed in effetti Giovanna aveva trovato quella casa decisamente calda ed accogliente, accorgendosi subito che tutto all'interno di quelle quattro mura arredate con semplice eleganza parlava delle proprietarie. Dal casco di Haruka lasciato accanto alla porta, al paio di guanti di Michiru poggiati con ordine sopra la consolle dell’ingresso. Aveva sorriso iniziando a sbottonarsi la giacca mentre la bionda le porgeva le pantofole.

Prendi pure quelle di Michi. Ne abbiamo sicuramente un paio per gli ospiti, ma in tutta onestà non saprei dove cercare.” Riecheggiò nei vividi ricordi appena formatisi.

Sospirando Giovanna guardò la porta chiusa della camera da letto fermando per un istante la sua ricerca. Sei scappata da me alla velocità della luce., pensò con un pizzico di rammarico.

Che pretendevi Aulis? Momenti catartici fatti di baci e abbracci? Bella faccia tosta tu che per prima non hai fatto altro che fartela sotto da quando hai saputo di lei. E certo, ne avevi ben donde. Ma hai visto che tipo è? Che occhi ha? Quanto può essere figa? Ritieniti soddisfatta di essere riuscita a farla schiodare dalla sala d'aspetto e prega Dio che non abbia una ricaduta... E cerca sta benedetta banana o non arriverai alla prossima ora, si schernì sbuffando per tutta quella situazione che, come a sua insaputa aveva apostrofando anche la bionda, appariva in tutto e per tutto un gran guazzabuglio di liquame.

Michiru, benedetta ragazza. Appena ti vedrò te ne dirò talmente tante che sarai costretta ad offrirmi pizze per il resto dei tuoi giorni.

“Pizza...” Mugulò prima che la mano andasse a toccare qualcosa di freddo, viscido ed appiccicaticcio.

“Ma porca di quella puttana lurida schifa... Che casino!”

 

 

Aprì gli occhi infastidita dalla luce al neon, mentre una giovane donna vestita di blu scuro con un il camicie bianco le stava sorridendo.

“Bene signora Kaiou, vedo che si stà svegliando. Come si sente?”

In effetti non si sentiva male. Aveva solo un senso di vertigine ed un gran mal di testa.

“Sono la dottoressa Colarossi e sono il suo medico. E' stata ricoverata all'ospedale Regionale di San Giovanni, ieri sera, dopo che la sua macchina è stata coinvolta in un incidente.”

“Un... incidente?”

“Si. La Polizia Municipale ci ha riferito che mentre stava transitando ad un incrocio, un'altra auto scivolando sul ghiaccio, l'ha presa in pieno sul lato passeggero. Grazie al cielo, altrimenti non avrebbe solo... – diede una rapida occhiata alla cartella che stringeva al petto. - ... la clavicola sinistra e la settima ed ottava costola crinate.”

“Ho male alla testa.” Disse accorgendosi di stare leggermente farfugliando. Aveva la bocca impastata e le sembrava che dal corpo illuminante posto al centro del soffitto provenisse un fastidiosissimo ronzio.

“Ha riportato anche un leggero trauma cranico. Le abbiamo somministrato degli antidolorifici. Stia tranquilla. Voglio tenerla in osservazione, ma ritengo che tra due giorni al massimo potrà essere dimessa.”

“Haruka. Devo avvisare Haruka.” Ma quando fece per muoversi una fitta dolorosa le mozzò il fiato.

“Non cerchi di muoversi. Ha un ematoma sternale piuttosto vasto. Per almeno altre cinque o sei ore gradirei che provasse a stare ferma il più possibile. Posso chiederle che è Haruka?”

“La mia compagna.” Rispose riparandosi con la mano destra gli occhi del neon.

“Ho capito, allora credo di sapere come aiutarla.” Spento l'interruttore, la dottoressa lasciò che la luce del primo mattino entrasse nella stanza per poi tornare a guardarla indicando il comodino accanto a lei.

“Tra i suoi oggetti personali la polizia ha ritrovato anche il telefono, i documenti, il portafoglio e la sua borsa. Vede, sono tutti qui. Ed ecco il cellulare. Può usarlo per chiamare la sua compagna, anche se credo fosse qui questa notte. Nella sua scheda è stato registrato un parente.”

Come qui!, si disse prendendolo.

“Chiami se desidera sentirla, ma la prego di non sforzarsi.” Con l’aiuto di una cannuccia l’aiutò a bere qualche sorso d'acqua e congedandosi la lasciò sola.

Michiru controllò le telefonate ricevute, ed in effetti una di Haruka risalente alle 20 della sera precedente c'era. Come anche una in uscita. Non capisco. Si sentiva confusa. Poi andò ai messaggi e qui tutto le fu più chiaro.

Una quindicina di sms da parte di una Haruka prima disperata, poi solo agitata, poi più tranquilla, poi rassicurante sul fatto che era riuscita a tornare a casa nonostante le strade. Socchiudendo gli occhi Michiru innescò la telefonata come una delle sue solite bombe.

 

 

Io non ti capisco Haru. Non vedo perchè tutta questa confusione. Ammetti di volerla conoscere e falla finita.”

Mattias seduto sul pontile tornò a guardare le onde del lago dondolando i piedi nel vuoto.

Tu la fai sempre troppo facile Matty. Lo hai sempre fatto. Prima perchè eri un ragazzino, ora perchè sei... che cos'è che saresti poi?”

Chinando la testa da una parte sorrise lui dolcemente come sempre. “Se non me lo dici tu, io che ne so.

“Giusto. Con molta probabbilità un grillo parlante rompiballe.”

Allora essendo il tuo grillo debbo avvertirti che facendo così non arriverai a nulla. Lei se la sta facendo sotto quanto se non più di te e se non vuoi che scappi, datti un freno e stalla a sentire.”

Haruka si distese mani dietro la testa imitandolo nel lasciare le gambe penzolanti dal pontile. Perchè si ritrovassero sempre davanti a quel lago poi. Sentiva il legno scaldato dal sole emanarle tepore lungo tutta la schiena ed una pace ed una serenità sconvolgenti.

Che vuoi che debba dirmi una che neanche mi conosce?”

Tanto non ti conosce che era davanti a te in sala d'aspetto, accanto a te in macchina e ora sta dormendo a dieci metri dal tuo letto. Per non parlare che il midollo che non volevi Haru, è il suo.”

Lei sospirò sapendo che stava dicendo cose giuste, ma che era anche tutto più complicato di come lo facesse apparire lui. ”E che dovrei fare, sentiamo.”

Nulla di troppo difficile. Lei è più grande e prenderà l'iniziativa. Lasciala fare.”

Non sono brava in queste cose Mattias.”

E' per questo che ti ho detto di lasciare fare a lei, tonta. E poi ad aiutarvi ci sarà Michiru. A proposito Haru, è ora che ti svegli.”

Come?”

Svegliati...”

 

 

Haruka spalancò gli occhi perdendo momentaneamente il ricordo di quel sogno e tutti i buoni consigli che vi erano contenuti. Al riconoscere “this love”, la suoneria di Elizabeth Frazer e Craig Armstrong, che aveva scelto per Michiru, una botta di adrenalina le vergò le tempie facendola scattare a sedere. Afferrando il cellulare sul suo comodino rispose pregando che non fossero altre brutte notizie.

“Michi?”

Una voce flebile e calma. La sua. “Ruka.”

Inginocchiandosi sul materasso l'altra chiuse gli occhi beandosi di quel tono. “Amor mio, come stai?”

“Io bene, tu piuttosto.” Chiese lentamente facendo un po' fatica a tenere gli occhi aperti.

“Io? Non sono stata io a fare il botto con la macchina, sai?”

“Mi sono venuti addosso. Almeno così dicono, perché francamente... non ricordo nulla.”

“Tu non puoi immaginare che paura ho avuto. A causa del ghiaccio, ieri sera per la città c'è stato il delirio.”

“Ed è per questo che ti sei messa alla guida venendo all'ospedale?!” Bacchettò più inquietata che sorpresa.

“Allora hai letto i miei messaggi.”

“Pochi istanti fa e... devo dirti che sono... arrabbiatissima con te.” Borbottò stropicciandosi un occhio.

Inarcando le labbra l’altra si strinse nelle spalle provando una tenerezza infinita. “Michiru è mattina presto. Torna a riposare. Verso le dieci verrò a trovarti.”

“Non ci provare Ruka. Non voglio... E' pieno di germi... qui.”

“Si, Michi mia. Si... Come vuoi. Ma ora dormi un po'.”

“Mmmm. Mi stai... prendendo in giro.”

“Buon riposo amore.”

Michiru cedette ai farmaci tornando a sprofondare nel sonno mentre Haruka chiudeva la telefonata con un sorriso raggiante stampato sul viso.

Dio mio ti ringrazio, sta bene. Pensò scendendo dal letto infilandosi il sotto della tuta e le pantofole. Andò verso la porta non badando al fatto che Giovanna stesse dormendo nella sala da pranzo, anzi, non ricordando proprio che fosse in casa forzo’ con vigore sulla maniglia e quando uscendo come un treno se la vide in piedi davanti alla porta finestra, ci mancò poco che cacciasse un urlo. L'altra se ne stava ferma come una statua con il naso appiccicato al vetro della portafinestra ad osservare un qualcosa, come se avesse visto un miracolo, una magnificenza, una delle sette meraviglie del mondo.

La bionda le fissò per qualche secondo le spalle, poi la vide voltarsi verso di lei con lo sguardo incredulo. “Haruka.”

“S... Si?...”

“Nevica!”

E Tenou dovette arrendersi all'evidenza di un cuore ormai sanato. Fu in quel preciso istante, guardando quegli occhi pieni di stupore mediterraneo, quella cristallina sincerità tanto rara nelle persone della loro età, che accettò Giovanna nella sua vita, perdonando Sebastiano ed iniziando ad azzerare la paura ed il disagio che quel rocambolesco incontro le aveva gettato addosso. Mettendo le mani nelle tasche della tuta le andò vicino.

“E si. Ne sta facendo parecchia. Ti piace la neve?” Chiese a bruciapelo improvvisamente curiosa.

“Da morire, ma purtroppo da noi non nevica spesso. Giusto qualche spolveratina ogni tanto. Sai, credo che l’estate sia sopravvalutata, ma quando lo dico mi prendono per pazza.

“Non dirlo a me... Comunque anche qui a Bellinzona nevica poco, ma quando lo fa..., ne fa da goderne. - E si sentì stranamente contenta di quella prima affinità fraterna. Così continuò. - E sciare?”

Vedendola asserire convinta con la testa gonfiò il petto soddisfatta. “Le temperature devono essersi alzate di colpo. Se vuoi dopo ti porto a fare... un angelo di neve.”

“Un angelo di neve? - Inquisì Giovanna guardandola con sospetto prima di comprendere. - Ma che fai Tenou, prendi per il culo?”

L'altra scoppiò a ridere grattandosi la testa. “Va bene. Va bene.”

“Non è carino sai?” Continuò nello scherzo. Era bello vedere Haruka così, mentre la barriera d'imbarazzo e leggera ostilità l'abbandonava per far spazio ad una cordialità ed una serenità fino a quel momento sconosciute.

Di rimando la bionda si prese qualche secondo per osservarla meglio di quanto non avesse fatto la notte precedente, constatando quanto Giovanna assomigliasse al padre e quanto stranamente, non le desse fastidi di nessun tipo, poi dirigendosi verso la penisola con il preciso intento di preparare una buona colazione, l’aggiorno sulle condizioni della compagna. “Ho appena sentito Michiru.”

“Come sta?”

“Abbastanza bene. Solo un po’ frastornata, ma sufficientemente in forze per puntualizzare quanto la mossa di andare all’ospedale sia stata a suo dire, stupida.”

Giovanna strinse le labbra divertita, ma non si sentì di infierire.

“Ascolta, mi sono resa conto solamente all'alba di non averti offerto nulla da mangiare. Perdonami, ma non mi ci ritrovo a fare la padrona di casa. E se ti fossi chiesta del perché ti abbia fatto dormire su un divano che non è neanche un letto invece che nella camera la in fondo, sappì che è il laboratorio, nonché regno incontrastato, della dottoressa Kaiou.” Rivelò iniziando a rovistare tra i pensili.

“In realtà ero troppo stanca per chiedermi qualcosa, ma visto che è stato tirato in ballo il cibo... Credo che avrò bisogno di un aiuto, perché quello che avevo portato da casa è esploso suicidandosi sulle mie magliette pulite.” Giovanna prese lo zaino abbandonato accanto al camino ed avvicinandosi agli sgabelli della penisola lo aprì rivelando la banana maciullata in tutta la sua drammatica magnificenza intestina.

Aggrottando la fronte la bionda storpio’ le labbra alquanto schifata. “Ma che gli hai fatto? Ti ci sei seduta sopra?”

“Probabile...”

“Va bene, non è un problema. Ti presterò qualcosa di mio, anche se... Quanto porti di taglia?”

“La S.”

“Ti andrà decisamente grande. Visto il tuo stile non credo che i fronzoli di Michi siano di tuo gradimento, ma fai come credi.”

“Una tua felpa andrà benissimo, grazie.”

“Ok, questo lo posso fare tranquillamente. Poi ci penso io.”

Nel vederla tanto attiva Giovanna sorrise, perché in fondo Tenou non era affatto un dramma cosmico come padrona di casa e di contraltare, L’altra non le chiese del perché si fosse stampata in faccia quella strana espressione simil beota. Anzi, tornando a preparare la colazione la ragguagliò sulla decisione di fregarsene di tutte le raccomandazioni di Kurzh ed andare a trovare Michiru quella mattina stessa. E come il suo “grillo parlante” le aveva suggerito, lasciò che fosse la sorella maggiore a fare i primi passi, notando come fosse non soltanto molto socievole, ma anche benedettamente loquace quando i momenti di silenzio si facevano imbarazzanti. Non parlarono mai di Sebastiano, della sua menzogna o di dove fosse andato a finire dopo aver visto Haruka tagliare i ponti con lui e con quel legame che proprio la figlia aveva tanto insistentemente voluto.

Haruka aveva notato anche come Giovanna fosse molto attenta e rispettosa degli spazi altrui, intuendo ancor prima che lei disponesse le tovagliette a tavola, quale fosse il posto di Michiru ed il suo e sedendosi nell'ultimo rimasto senza dire una parola.

Mangiarono, riordinarono e si prepararono per uscire. Giovanna aiutò a suon di muscoli a spalare la neve davanti alla salita che portava dai box al parcheggio esterno e si misero in auto facendo solamente una sosta da un fioraio.

 

 

Michiru avvertì le labbra calde di Haruka premute sulle sue ed aprì gli occhi assaporandole lentamente. Come una novella Biancaneve guardò il suo bellissimo principe dall'armatura scintillante prima di mollargli uno scappellotto dietro l'orecchio.

" Ai!"

Si, Michi mia... Come vuoi!” Le fece il verso riprendendo l'ultima frase di senso compiuto che era riuscita ad afferrare prima che il sonno la travolgesse come un'onda.

La compagna sorrise massaggiandosi la nuca porgendole l'orchidea blu che aveva nascosta dietro la schiena.

“Eterno come il mio amore e blu come i tuoi occhi.” Le sussurrò perchè potesse sentire solo lei.

Dopo quattro anni quella sfacciata bionda sapeva ancora come farla arrossire.

“Ruka, se per queste tue alzate d’ingegno avrai una ricaduta... Basta, anche solo una linea di febbre e io...” Un altro bacio e le velleità d'attacco di Kaiou vennero del tutto disintegrate. Tenou sapeva sempre come svangarla con lei.

“Non mi verrà nessuna febbre. Come ti senti?”

“Meglio. La testa non mi fa più male e mi hanno assicurata che non mi daranno più nulla che mi offuschi la coscienza. Mi da solo un po' fastidio lo sterno.”

Haruka si sedette lentamente sul bordo del letto. “Mettila così; passerai molto più tempo in piscina a fare fisioterapia.”

“Magra consolazione. Mi hanno detto che il muso della mia povera macchina è distrutto. Costerà rimetterla su strada.

“Ci penserà l’assicurazione, stai tranquilla.

”Per non parlare della pala... Se per qualche settimana non potrò tornare a Roma, cosa dirà il Cardinal Berti?!”

Facendo spallucce l'altra ammise che visto che stava dimostrando di avere una predilezione per lei, lo avrebbe chiamato di persona per raccontargli tutto.

“Si, scherza tu.”

“Senti Michi, visto che stiamo parlando di preti, credo di doverti fare una confessione. Questa notte ero talmente agitata che ho finito per chiamarla. Ti chiedo scusa.” Si disse pentita godendo intimamente della faccia via via sempre più spaventata della sua dea. La sua ingenuità alle volte era disarmante.

“No Ruka. Non dirmi che hai chiamato...”

“Ebbene si.”

“MIA MADRE!”

Facendo una faccia da cane sorpreso in chiesa, la bionda tirò fuori dalla giacca il cellulare. Digitò rapidamente un nome e le passò l'apparecchio con la chiamata innescata.

“Sii carina, mi raccomando. M'è stata tanto vicina in queste ore.”

Michiru si ritrovò il telefono in mano indecisa se frullarlo fuori dalla stanza o cedere a quello che iniziava a sembrarle un'assurdità. Haruka e sua madre? Due persone di un'incompatibilità quasi mortale anche se non si erano mai viste, ne parlate

Un paio di squilli e Michiru parlò con titubanza. Quasi sotto voce. “Mamma?”

Haruka, con Giovanna dalla parte opposta della cornetta, risero all'unisono.

“Ma chi è?!”

“Mamma a chi, dottoressa Kaiou?!”

Nel riconoscere la voce dell'amica, Michiru sgranò gli occhi non credendo alle proprie orecchie. Guardò la serenità gioviale nello sguardo di Haruka e comprese il senso di quella messa in scena. Si erano sentite!

“Giovanna, non ci credo!”

“Beh credici. Quella frignona della tua donna mi ha tenuto sveglia per gran parte della notte.” Disse mentre Michiru accarezzava la guancia dell'altra ricordando il tono spaventato di gran parte dei suoi messaggi.

“Comunque, non mi ha fatto perdere solo una notte di sonno.”

“Cosa vuoi dire?”

“Vuol dire che mi ha anche offerto per colazione una di quelle piccole schifosissime marmellatine piene di vitamine che a te e al belloccio in camice bianco piace tanto farle mangiare e fatto spalare una montagna di neve giù per la rampa dei vostri box.”

Michiru avvertì la voce arrivare non più dal telefono, ma dalla porta. Un paio di secondi dopo la vide entrare sorridente salutarla con la mano.

 

 

Due giorni dopo Michiru era in dimissione. Seduta sul letto si guardò contrariata il tutore mentre Haruka le allacciava al petto il maglioncino pulito portatole da casa.

“Davvero il segretario del Cardinal Berti ha capito la situazione?” Chiese mentre l'altra le prendeva il cappotto.

“Perchè non avrebbe dovuto, scusa. E' un prete, non uno stupido. Appena pronto gli invierò anche il certificato dell’ospedale. Dai, ti aiuto ad alzarti. Fai piano, non c'è fretta.”

“La fretta c'è. Non mi piace che tu stia in posti tanto affollati. Avresti dovuto portare la mascherina." La sentì ridere mentre le porgeva il braccio libero dal tutore.

“Ho capito da molto tempo che vuoi questo schianto di donna solo per te, ma... Michi mia, il mondo è abitato da un'infinità di persone. Fattene una ragione.” Delicatamente le adagiò il cappotto sulla spalla sinistra.

“Haruka... Una sola linea di febbre e ti assicuro che te la faccio pag...” L'ennesima frase uccisale da un dolcissimo bacio.

“Basta ospedali! Parola d'onore. Ora andiamo. Giovanna è andata a ritirare la tua cartella clinica e ci aspetta al parcheggio.”

"Come ti sembra? Ti piace?"

"Non si può certo dire che non sia simpatica, ma ti confesso che e' cosi' strano averla avuta per casa."

“Avete parlato di Sebastiano?”

“No.” Disse piano continuando ad aggiustarle con maniacale precisione parte del colletto.

“Amore...”

“Mmmm...”

Alzandole il mento per costringerla a guardarla, Michiru piegò la testa da un lato sorridendo. “Andrà bene. Quando arriverà il momento ne parlerete.”

“E se non fosse necessario? Non si deve sempre parlare di tutto.”

“Di questo, si. Lo dovete ad entrambe. - E sentendola sospirare pesantemente continuò convinta. - Non sono una psicologa e non ho fratelli, ma in una situazione come la vostra credo sia perfettamente normale provare un certo imbarazzo. Ma vedrai amore, pian piano vi abituerete l'una all'altra e al fatto che siete parte l’una dell’altra." Michiru trovò il giusto passo per non provare troppo fastidio al costato ed uscì dalla stanza appoggiandosi alla compagna

"Michi..."

“Dimmi...”

“Io appartengo solo a te.” Soffiò stirando le labbra e tronfia alzò il mento al mondo un po’ più serena.

 

 

 

 

 

 

   
 
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