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Autore: Dangerous_Mind    17/01/2017    1 recensioni
"Ben oltre le idee di giusto e sbagliato c’è un campo.
Ti aspetterò laggiù”.
La meravigliosa storia d'amore fra la Regina Anna e D'Artagnan vista con gli occhi di lei.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO QUINDICESIMO 
 

«Cosa hai combinato?!?!» D’Artagnan la stava strapazzando. Dopo l’avvelenamento di Madama Hautefort, Versailles era diventato un covo di oscura omertà e silenzio.
Era successo e nessuno voleva parlarne.
«Non sono stata io, per Dio!! Quante volte te lo devo dire?»
«Lo so, ma voglio che mi racconti di nuovo cosa è successo!»

«No, non lo ripeterò un’altra volta. Non sono stata io. Se credi che io sia capace di una cosa del genere puoi gentilmente andartene e non farti rivedere.» Anna sapeva che l’intero palazzo sospettava di lei. Quale moglie non desidererebbe la morte dell’amante del proprio marito? In realtà la gelosia c’entrava veramente poco e, in ogni caso, non era stata lei.
«Perché è stato ordinato ai Moschettieri di non indagare su questa storia? Perché c’è tutto questo silenzio?»
«Non lo so, Charles.»
«Come non lo sai? Come puoi non…»
«Basta!»
Anna lo fulminò con lo sguardo. Era successo tutto così in fretta che non aveva avuto neppure il tempo di assimilare bene gli accadimenti. Lei che entrava in quel salotto, poi le parole della Hautefort, il ricatto e infine quel corpo pallido sul pavimento. Prima di spiegarlo a lui aveva bisogno di riordinare il suo punto di vista e i tasselli che giacevano sparsi qui e lì nella sua mente.
«Questa storia è assurda, chi mai può aver fatto una cosa simile?»
Anna non rispose, era stanca. Chiuse gli occhi e si portò una mano alla fronte, le pulsava una tempia e le girava la testa. Lei e D’Artagnan erano nel loro solito corridoio, quello secondario e poco frequentato che collegava due aree del castello. Avevano discusso tutta la serata ed Anna aveva la netta sensazione che, nonostante il suo diniego, lui sospettasse ancora di lei. Probabilmente era solo una sua fisima ma lo odiava quando faceva così.
Rimasero in silenzio per un po’. Lei se ne stava in una rientranza del corridoio, con la schiena contro il marmo freddo del muro e le mani nascoste nelle pieghe della gonna. Lui era alla finestra, con i gomiti poggiati sul davanzale ed il capo chino a guardare i prati sotto di loro.
«Sono incinta.» Anna non seppe perché lo disse in quel modo, a bruciapelo.
D’Artagnan non si mosse, continuò a guardare fuori anche se in realtà ora osservava il proprio riflesso sul vetro.        
«E non ho dubbi su chi sia il padre.» Anna guardava il pavimento e seguiva distrattamente le  mattonelle nere incastonate in quelle bianche. D’Artagnan intanto si era voltato e ora la osservava dalla parete opposta. Anna ebbe la netta sensazione che la temperatura fosse improvvisamente scesa, tanto che un brivido improvviso ed incontrollabile la scosse le membra. La giornata era stata infinitamente lunga, erano successe troppe cose, molte delle quali era certa che avrebbero segnato in maniera sostanziale il suo futuro. Si sentiva come se fosse stata percossa e malmenata e ora, dolorante, aveva smesso persino di avere paura.
«Ah sì?» D’Artagnan finalmente parlò e Anna trovò la forza per alzare gli occhi dal pavimento.
Lui aveva sul viso il sorriso più tenero e dolce che si potesse immaginare. Era contento?  
«Ne sei felice, D’Artagnan?» Anna non si aspettava quella reazione e ne rimase dapprima stupita, poi infastidita.
«Perché non dovrei esserlo?»
«Incosciente.»

Com’è che si erano capovolte le cose? Prima era lui quello cauto, lei quella impulsiva. Prima era lei che proponeva folli fughe d’amore e lui quello che la riportava dolorosamente alla realtà.  
Anna non voleva illuderlo eppure, guardandolo ora, con quel meraviglioso sorriso disegnato in volto, lui era la quint’essenza di una gioia che non sarebbe mai potuta concretamente esistere. 
Anna sbottò. «Come fai ad essere felice sapendo che, se sarai fortunato e non morirai in guerra, vedrai crescere tuo figlio da lontano e lui nemmeno saprà mai che sei suo padre?»
Il sorriso di D’Artagnan non si spense ma si impregnò di tristezza. Anna si sentiva in dovere di non illuderlo ma fu doloroso per lei almeno quanto lo fu per lui.  
Lei si ritrovò con gli occhi gonfi di lacrime che non si preoccupò nemmeno di asciugare.
L’unica vittima di quell’enorme guaio era solo e soltanto D’Artagnan. Lei avrebbe avuto il bambino e lo avrebbe cresciuto con ogni agio e nel più completo benessere, lontana da ogni pericolo. La Regina Madre l’avrebbe finalmente lasciata in pace ed il Principe Luigi si sarebbe illuso che il figlio fosse il suo. E D’Artagnan? Lui sarebbe stato mandato sicuramente di nuovo al fronte o in missione con l’alta probabilità di non fare mai più ritorno. E nel caso in cui fosse tornato, sarebbe stato per sempre uno sconosciuto, un semplice soldato e mai sarebbe potuto arrivare a prendersi cura di suo figlio come avrebbe voluto e come la stessa Anna avrebbe desiderato. Era tutto così ingiusto e crudele.
«Anna, ti prego…non piangere…» Si ritrovò stretta a lui, a singhiozzare senza timore contro la sua spalla. Aveva bisogno di conforto perché, seppur non le importasse nulla della Hautefort, era stato comunque strazziante vederla morire. E poi le venne in mente del ricatto, del suo cedimento e di tutta la vergogna provata. Le tornarono alla mente quelle notti insonni in cui temeva che la cortigiana potesse rivelare il loro segreto alla Regina Madre e che lo scandalo potesse distruggere le loro vite. Poi pensò al bambino ed al fatto che di lì a pochi mesi sarebbe diventata madre. L’idea che quella nuova vita fosse frutto di un amore vero e profondo, piuttosto che di una imposizione voluta da terzi come nel caso di Luigi, le infuse un inaspettato senso di protezione.
Lui la strinse e le pose un piccolo bacio al centro della testa.
«Anna, stammi a sentire...» D’Artagnan continuò a tenerla stretta e, più la stringeva, più il pianto di lei si faceva disperato. Ogni lacrima era uno spillo conficcato nel cuore ma il moschettiere sapeva che lei ne aveva bisogno. Anna aveva bisogno di scrollarsi dalle spalle non solo quella giornata, ma tutti quei lunghi mesi di silenzio, solitudine e mite sopportazione.
«…Anna, quello che è accaduto è qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere. Questo bambino sarebbe dovuto essere del Principe Luigi, invece è mio. E per quanto tutto ciò sia sbagliato, pericoloso, frutto di pura incoscienza, io non posso che essere immensamente felice. Ho paura, sono terrorizzato al solo pensiero di cosa potrebbe accaderci se tutto ciò venisse alla luce. Verremo giustiziati in pubblica piazza, noi e le nostre famiglie verremmo marchiati della peggiore infamia ma io…io non posso farci nulla: io sono felice.» Anna aveva smesso di piangere ma non aveva mollato la presa. Se ne stava ancora avvinghiata a lui, con il viso poggiato sul suo petto e le braccia strette attorno alla sua vita.  «E non voglio che pensi che io sia come quegli uomini che spariscono o a cui non importa nulla dei figli. Tu lo sai, se le circostanze fossero state diverse, se le circostanze fossero state favorevoli io…io sarei stato un buon padre. Insomma, avrei fatto di tutto per esserlo. Io ti avrei sposata ed avrei ringraziato Dio ogni giorno per avermi concesso la gioia di poter provvedere a te ed a nostro figlio.»
Anna si era calmata e D’Artagnan la sentiva solo singhiozzare sommessamente. Tutto ciò che desiderava era portarla in camera sua, metterla a letto e stenderlesi accanto.  Lei si sarebbe addormentata in fretta, al caldo ed al sicuro. Lui avrebbe vegliato su di lei finché il sonno non avrebbe vinto anche lui. E invece erano lì, in quel corridoio buio e deserto a reggere il peso della disperazione comune. Era quella l’unica cosa positiva: erano insieme ed avevano il medesimo obiettivo.  
«Mi prometti che tornerai sempre? Dalla guerra intendo. Tornerai?»
D’Artagnan annuì ma entrambi sapevano bene quanto valore avesse quella promessa.
Si sciolsero dal loro abbraccio ed Anna ne approfittò per asciugarsi il viso con la manica del vestito.
Non parlarono più.
Lui la scortò in camera, si diedero la buona notte ed Anna poté finalmente abbandonarsi al sonno. Sapeva, però, che i pensieri non l’avrebbero lasciata dormire.
  
  
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