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Autore: Camipp    18/01/2017    2 recensioni
BELLARKE - POST 3x16
"Non era mai stata una persona che si faceva prendere dall’ansia, anzi, sapeva che molto spesso era stata accusata per la freddezza con cui prendeva le sue decisioni eppure, questa volta, era qualcosa di diverso.
«Ce la faremo anche questa volta.» disse con un bisbiglio Bellamy avvicinando la sua testa a Clarke.
Per l’ennesima volta si chiese come riuscisse Bellamy a leggerle dentro così bene. «Come fai sempre a capire quello che penso?» si lasciò sfuggire Clarke.
Sentì una lieve risatina provenire dal ragazzo. «Forse perché ti ho affidato la mia vita tante volte o forse perché solo con te riesco a venire a patti con i miei errori» rispose in un sussurro tornando serio.
Clarke si commosse a quelle parole perché le comprendeva e capiva, uno era lo specchio dell’altro eppure, lui, era riuscito ad andare oltre, a vederla veramente più di chiunque altro conoscesse o avesse conosciuto. Sentì fra le mani gli angoli smussati della scatola in alluminio che conteneva lo spirito di Lexa, nemmeno con lei era stato così."
Storia scritta da Avenal Alec e pubblicata con il permesso dell'autrice da Camipp.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Raven Reyes, Roan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 25

 

Roan camminava avanti e indietro nella camera che gli era stata assegnata da quando era ritornato a Polis. Respirava lentamente cercando di trovare la concentrazione per ciò che avrebbe dovuto fare, nella mente ripeteva movimenti, affondi, parate e finte. 

Conosceva Ilan fin troppo bene, l’aveva addestrato lui sin da piccolo e, per un certo periodo, era stato il suo secondo ma sapeva che questa volta sarebbe stato tutto diverso, Ilan era cambiato, ALIE gli aveva fatto qualcosa e il ragazzo ormai sembrava essere posseduto da una lucida follia e questo lo preoccupava come lo preoccupava la consapevolezza di non avere la freddezza di combattere, non dopo aver visto come si era comportato Ilan con Echo. 

Non aveva paura di morire, un guerriero cercava la morte, viveva per la morte e se quello sarebbe stato il suo destino l’avrebbe accettato ma, ora, aveva la brutta sensazione che, la sua rabbia per tutto ciò che Echo stava subendo, non gli avrebbe permesso di essere concentrato durante il combattimento e che la morte si sarebbe potuta abbattere su di lui prima del previsto

Il filo dei suoi pensieri fu interrotto da un sommesso bussare alla porta, guardò fuori dalla finestra, il sole era già alto, probabilmente lo stavano venendo a prendere per scortarlo all’arena dove si sarebbe svolto il duello. 

Aprì la porta sicuro di trovare uno dei suoi guerrieri venuto a chiamarlo invece vide di fronte a se il meccanico che si infilò dentro la stanza, il viso era segnato dalla stanchezza eppure ad essa si sovrapponeva l’immagine di lei alla sorgente

Roan si rese conto che non voleva averla lì in quel momento, non voleva pensare a lei, non quando la sua anima era lacerata dalle tragedie che si continuavano ad abbattere sulla sua vita e su quella della sua famiglia. Non ora che si sentiva così fragile. 

Si avvicinò alla poltrona dove aveva riposto le sue armi e cominciò ad indossarle, non voleva vederla, ammirare il suo profilo deciso e la sua bellezza che, di giorno in giorno, l’aveva affascinato sempre di più.

“Volevo ringraziarti per quello che stai facendo per noi” disse Raven.

Roan si girò “È il mio dovere e lo faccio anche per la mia tribù” disse solamente cercando di non mostrare quanto fosse turbato in quel momento.

“Grazie lo stesso” replicò Raven sembrava volesse aggiungere altro ma poi gli fece solo un cenno con il capo e si incamminò verso l’uscita. 

Arrivata alla porta si bloccò, la mano posata sulla maniglia, “Non morirai vero?” disse in un sussurro.

Roan la osservò sbalordito per alcuni istanti, non gli aveva mai parlato così.

“Sarà il destino a deciderlo” rispose.

Lei si voltò, uno sguardo che non le aveva mai visto negli occhi “Promettimi che non morirai” 

“Non posso farlo” rispose Roan “Perché me lo stai chiedendo? ” continuò poi facendo qualche passo nella sua direzione non voleva aggrapparsi a ciò che vedeva negli occhi della ragazza.

“Perché me lo stai chiedendo Raven?” ripeté il guerriero ma la ragazza sfuggì al suo sguardo.

Ormai il guerriero era vicino a lei, piegò di lato il capo.

“Perché?” chiese in un sussurro roco l’ Ice King.

“Tu non morirai” rispose Raven guardandolo fisso negli occhi.

Roan sentì un calore riempirgli il cuore, un sentimento che non aveva mai provato. Raven lo stava osservando con quell’ espressione fiera e decisa che solo la compagna di un guerriero possedeva. Sembrava gli stesse lanciando una fune nel momento in cui si sentiva più perduto.

Ciò che avvenne fu inevitabile.

Il guerriero accostò le sue mani al viso di Raven e la baciò. Un bacio feroce, di possesso. Un primordiale desiderio di marchiare quella donna,di assaporare una certezza ora che il suo futuro sembrava così incerto. Roan sentì la ragazza cedere, si aggrappò a lui per poter rendere più intimo quel contatto.

L’ uomo si lasciò sfuggire un sospiro di soddisfazione, lasciò il viso della ragazza per stringerle i fianchi e sollevarla contro di sé. La sentìaggrapparsi a lui circondandogli il collo con le sue braccia. 

Le loro labbra ancora sigillate in un bacio che li stava divorando e rappresentava il centro della loro stessa vita.

Entrambi sentirono la necessità di raggiungere una maggiore intimità. Roan appoggiò la schiena della ragazza contro la porta per rendere più stabile il loro contatto senza doversi separare. Le sue mani scivolarono sotto i glutei di Raven che a quel contatto mormorò soddisfatta poi lei gli cinse i fianchi con le sue gambe. Ora solo i vestiti li separavano. 

Continuarono a baciarsi, sfregandosi l’uno contro l’altro senza mostrare alcun pudore entrambi desiderosi di qualcosa di più ma, anche nella tempesta di ciò che provavano, entrambi sapevano che entro breve qualcuno avrebbe bussato alla porta e Roan avrebbe dovuto affrontare il suo destino

Raven fu la prima a staccarsi, sciogliendo l’abbraccio e lasciando che Roan la appoggiasse a terra  poi accostò il capo alla petto del guerrierostringendolo a se per sentire il battito affrettato del suo cuore a cui quello della ragazza faceva da contraltare. Entrambi avevano il fiatone, persi nel ricordo di ciò che era appena avvenuto.

“Promettimi che non morirai” le mormorò dopo alcuni minuti lei “Promettimi che non morirai e stanotte verrai da me” insistette spostandosi per poterlo guardare negli occhi. 

Roan si piegò verso di lei lasciando che le loro labbra si sfiorassero “Non morirò” disse in un sussurro guardandola negli occhi poi la baciò di nuovo sigillando una promessa che aveva tutta l’intenzione di mantenere.

Rimasero così, immobili, uno di fronte all’ altro, i loro sguardi incatenati come se il tempo non avesse più significato fino a quando un sommesso bussare alla porta lì risvegliò.

Il guerriero si riscosse frastornato e si allontanò dei lei, notò che Raven non riusciva più a guardarlo negli occhi, strofinava la mano sui pantaloni in un gesto nervoso entrambi consci di quanto avevano appena condiviso, frastornati dalla realtà che si era fatto largo nel loro momento.

“Là a sinistra” disse indicando con un cenno del capo la parete della stanza “dietro quella tenda c’è una porta se vuoi puoi uscire da lì” concluse spostandosi per farla passare ma Raven rimase immobile, lo guardò negli occhi. La ragazza si rese conto che si stavano dando la possibilità di nascondere quello che era avvenuto ma, comprese in un istante, non era ciò che voleva. Non sapevo cosa sarebbe successo della sua vita dopo quel combattimento. Voleva dimostrare a se stessa che aveva ancora la forza di stare accanto ad una persona per cui stava cominciando a provare qualcosa. 

Si spostò di un passo dalla porta poi l’aprì senza mai smettere di guardare Roan. Vide le sue labbra in un dolce sorriso appena accennato e in quel momento capì che aveva fatto la cosa giusta poi notò il suo sguardo aprirsi alla sorpresa.

Raven si girò verso la porta ormai aperta e vide Bellamy che li scrutava, passando dall’uno all’altro, un mezzo sorriso.

La ragazza abbassò gli occhi imbarazzata, fu solo un istante poi li rialzò di nuovo, guardò il guerriero “Vedi di non morire” disse solamente poi prese la strada per l’uscita. “Blake” mormorò in direzione di Bellamy “Reyes” ribattè di rimando, il mezzo sorriso non accennava a sparire dal suo viso. 

 

Bellamy seguì con lo sguardo il meccanico per un istante poi guardò il guerriero, avrebbe voluto dire qualcosa ma si bloccò. Lo sguardo di Roan aveva perso quell’accenno di dolcezza che aveva scorto per un istante quando si era aperta la porta, ora era tornato il guerriero che aveva conosciuto prima di quel viaggio, quello che aveva tentato di prendere la fiamma a Clarke. 

“Sei pronto?” chiese solamente avvicinandosi.

“Sì” rispose “Perché sei venuto tu? Dove sono i miei guerrieri?” chiese quindi scrutandolo. 

Bellamy scrollò le spalle “Quando ho detto loro che sarei venuto io non hanno osato contraddirmi” rispose con un mezzo sorriso. 

“Ti stai facendo strada eh” disse l’ Ice King con un cenno di rispetto negli occhi “così mi accompagnerà uno skypeople per un duello per il mio ruolo di Re e una donna degli skypeople è l’unica che mi è venuta a salutare” riflettè per un istante. “Strano il destino, ma gli spiriti me lo avevano detto” continuò poi tranquillo.

“Io non credo al destino ma che le persone possano cambiare sì” rispose Bellamy ricordandogli la battuta fatte solo pochi giorni prima quando erano ad Arkadia.

Roan annuì. “Ti prenderai cura di mia sorella qualunque cosa succeda?” chiese a quel punto il guerriero.

Bellamy sapeva che quella era una promessa difficile per lui, entrambi ne erano consapevoli ma, non ci pensò un’istante. Se sua sorella avesse mai avuto bisogno di qualcuno avrebbe voluto che nella sua strada incontrasse un guerriero come Roan. 

“Sì, mi prenderò cura di lei come fosse mia sorella.” Rispose quindi.

Il guerriero dell’ Ice Nation annuì a quelle parole conscio del peso che avessero per lo Skypeople.

 

 

Man mano che camminava lungo il corridoio che lo avrebbe condotto all’arena il rumore della folla diventava sempre più alto. Spettacoli del genere piacevano sempre alla gente, più importante era la posta in palio più alte sarebbero state le urla. Un mezzo sorriso passo sulle sue labbra quando si ricordò che poco più di un mese prima aveva fatto quello stesso percorso, all’epoca era il campione di sua madre, che all’ultimo aveva tradito e ora si trovava a combattere contro il campione della sua stessa sorella. Si chiese se quella follia sarebbe mai terminata. Un pensiero che mai gli sarebbe passato per la mente prima ma ora, dopo aver cominciato a conoscere gli Skypeople, si rese conto che lui era cambiato e vedeva le cose in maniera diversa. 

Finalmente giunsero all’interno dell’arena, Bellamy si era fermato accanto all’entrata, vide subito Clarke accanto a lui. Scrutò in mezzo alla folla nel tentativo di scorgere Raven e la individuò poco distante dagli altri, parlava con il medico e stava scuotendo la testa. I loro occhi si incrociarono un’istante poi Roan guardò di fronte a se. Il palco era gremito dai rappresentanti dei clan, fra loro vide anche sua sorella il suo viso era pallido alla luce del sole.

Sentì la sua mano stringersi attorno all’impugnatura della spada e a quel punto cercò Ilan. Si trovava a poca distanza da lui, era arrivato dalla parte opposta e come lui stava aspettando che il duello avesse inizio.

Fu Kane a prendere la parola, come l’aveva presa durante il conclave. Non si trovava sul palco ma ai suoi piedi, fece alcuni passi avanti fino a raggiungere i due contendenti al centro dell’arena.

“Non conosco le vostre regole” mormorò Kane scrutandoli attentamente ma poi alzando la voce e guardando la folla assiepata nell’arena urlò

“Il combattimento cominci finchè uno non muoia o chieda pietà”

Poi si spostò dall’area.

I due contendenti cominciarono a girarsi attorno, Roan scrutava ogni minimo cambio di espressione di Ilan, sapeva che dopo una frattura alla spalla destra aveva la tendenza a fare un doppio passo prima di fare un affondo, che preferiva muoversi in senso orario e scartare lateralmente dalla parte opposta prima di colpire. E infatti, il giovane guerriero provò subito con un primo affondo che Roan bloccò facilmente con una torsione della spada poi lo spinse via ma in quel momento, quando il campione delle sorella si era avvicinato a lui, aveva visto negli occhi una luce che non gli piaceva. 

Non ebbe tempo di pensare, il ragazzo lo attaccò di nuovo, un movimento scoordinato, Roan riuscì facilmente a schivarlo e prima che l’altro si mettesse in guardia riuscì a colpirlo con un fendente al fianco. La giubba di Ilan si stracciò ma il suo corpo rimase incolume. 

Da quel momento il ragazzo non smise più di attaccarlo, come se quel primo colpo che Roan aveva messo a segno fosse stata scintilla che aveva esplodere tutta la sua rabbia. 

Non era preciso, anzi, eppure era forte e agile e quello gli permetteva di farsi sotto un attacco dopo l’altro con una furia che aveva poco di umano e a cui Roan faceva fatica a star dietro. 

Ormai non sentiva più il rumoreggiare della folla, ogni cosa gli appariva ovattata, concentrato sugli attacchi del avversario. Più che il clangore delle spade il suo corpo percepiva il riverbero dei colpi quando bloccava un attacco o veniva bloccato. 

Le spade continuavano a mulinare senza sosta e Roan cominciava a sentire la fatica avanzare, le fastidiose ferite inferte dalla spada gli fecero capire che era stato colpito sin troppe volte. I suoi polmoni bruciavano per la fatica. Doveva agire immediatamente prima che fosse troppo tardi. Un unico colpo rischioso che doveva risolvere la questione, non oltre, non se lo poteva più permettere. 

Non poteva sbagliare altrimenti sarebbe morto. Il ragazzo sembrava avere lo spirito della morte in corpo.

Ilan gli era già sotto con un nuovo attacco, lo parò spingendolo via poi fece alcuni passi indietro prendendo le distanza dal suo avversario, voleva dare la sensazione che ormai fosse allo stremo delle forze e infatti il ragazzo partì nuovamente contro di lui. 

Roan lo aspettava, di colpo lasciò cadere la sua spada e quando Ilan gli fu sotto, si abbassò e scartò lievemente a destra. 

Con la sua mano sinistra bloccò il polso del ragazzo, deviando il fendente che per la forza riuscì comunque a scalfirgli la manica della giubba. Nello stesso istante fece partire un pugno che prese il ragazzo alla bocca dello stomaco, il colpo tolse il respiro al giovane che si piego per un istante su se stesso e allentò la presa sulla mano che impugnava la spada. Roan non aspettava altro, torse il polso e prima che l’altro potesse fare qualcosa usò il pomello dell’impugnatura per colpirlo al viso. Il colpo non fu violento quanto desiderava ma abbastanza per spaccargli la bocca e diversi denti. Il giovane barcollò indietro. 

Era ormai disarmato. 

Roan raccolse la spada che era rimasta ai suoi piedi e si avvicinò al ragazzo. I suoi occhi non avevano perso la loro scintilla di follia.

L’ Ice King lo guardò, rivide il giovane che era stato, esitò ma poi lo attaccò per l’ultima volta tranciandogli la giugulare. Ilan crollo a terra, le sue mani tentarono di tamponare il flusso di sangue che stava uscendo dal collo. 

In quel momento il ragazzo alzò gli occhi e lo strazio di ciò che vide si abbattè su di lui: la follia era sparita negli occhi di Ilan. Rivide lo sguardo del giovane guerriero che, un lontano giorno d’estate si era presentato a lui per cominciare l’addestramento, i suoi occhi brillavano all’idea di poter cominciare ad usare una spada vera e non solo un mero surrogato. Ben presto la scintilla di luce nei suoi occhi lasciò il posto all’opaco vuoto della morte. Il ragazzo morì lasciando che un’enorme pozza di sangue imbrattasse la sabbia bianca dell’arena. La folla era ammutolita durante la fase finale del combattimento e, anche durante la morte del giovane, il silenzio era calato sugli spettatori. 

Roan si guardò attorno, riuscì ad individuare subito Raven fra la folla, lo sguardo di orrore nei suoi occhi furono una pugnalata ma doveva concludere ciò che aveva cominciato.

“Io sono Roan Kom Azgheda” tuonò “Re dell’ Ice Nation, chiunque da questo momento si metterà contro di me o contro il conclave otterrà questo!” disse infilzando la spada sporca di sangue nella pozza che si era creata accanto al corpo di Ilan.

Poi si girò verso il palco dei rappresentati dove si trovava Echo ora in piedi, anche dalla distanza poteva vedere il pallore del suo viso e l’espressione di paura, prese un profondo respiro. Per chi guardava la scena sembrava solo un momento di teatrale impatto mentre lui stava tentando di tenere assieme i pezzi della sua anima per ciò che era costretto ancora a fare. 

“Echo, figlia di Marius e Nia” tuonò “Viene e inginocchiati di fronte al tuo re” nel silenzio le sue parole rimbombarono. L’immobilità sembrava regnare all’interno dell’ arena, lentamente la ragazza fece un passo verso di lui, poi un altro fino a quando non lo raggiunse. 

Quando ormai erano uno di fronte all’altro Roan potè vedere il dolore negli occhi della sorella poi lei piegò il viso e si inginocchiò, abbassò il capo lasciando scoperto il collo. 

“Echo kom Azgheda, per le nostre leggi dovrei ucciderti” cominciò l’ Ice King “ma non voglio cominciare il mio regno con le mani coperte dal sangue di mia sorella” la giovane a quelle parole alzò il viso e la folla cominciò a rumoreggiare. 

“Silenzio” urlò contro la folla Roan, la sua voce potente riuscì a sovrastare il mormorio della folla “Il conclave deciderà della vita o della morte di Echo Kom Azgheda.” A quelle parole la folla ricominciò a mormorare. Roan girò lo sguardo verso Bellamy che annuì e cominciò ad incamminarsi verso di lui, quando gli fu vicino Roan mormorò “Te l’affido, portala al sicuro fino a quando il conclave non deciderà” poi allungò il braccio verso la sorella facendola alzare. I suoi occhi erano sbarrati, terrorizzata forse di cadere nelle mani di colui che aveva tradito ma Roan le sussurrò “Vai con lui, ti terrà al sicuro fino a quando sarà deciso il tuo destino” alzò la mano per accarezzarle il viso ma si bloccò, non poteva farlo, non in quel luogo non in quel momento, Echo però annuì e si lasciò portare via da Blake.

Roan a quel punto si girò nuovamente verso la folla che sembrava non voler lasciare ancora l’arena ed era pronta a dire la sua su ciò che era appena accaduto. Prese un respirò e parlò nuovamente “Molte cose sono cambiata da quando gli Skypeople sono entrati nei territori dei clan. Il vecchio mondo non esiste più. Una nuova era sta per cominciare, da domani la costruiremo e gli spiriti dei vecchi commander veglieranno su di noi come hanno sempre fatto, un nuovo custode della Fiamma ci accompagnerà in questo viaggio” concluse, poi, nel silenzio successivo a quelle parole, uscì dall’arena. 

Passò accanto a Raven, non voleva guardarla, nella sua mente ancora l’immagine del viso contraffatto dall’orrore quando aveva ucciso Ilan ma il suo sguardo fu comunque attratto da lei, timoroso di vedere disgusto nei suoi occhi, lo stesso che in parte provava lui per se stesso per ciò che era stato costretto a fare. Il meccanico lo guardava, il suo viso era imperscrutabile, l’ Ice king volse lo sguardo di fronte a se chiedendosi se, quella sera, avrebbe avuto il coraggio di presentarsi nella sua stanza come le aveva promesso e se lei lo avrebbe fatto entrare.

 

Bellamy sentiva dietro di se il mormorio di Nathan e Brian, quando era uscito dall’ arena accompagnando Echo, aveva subito capito che aveva bisogno di un aiuto armato e li aveva chiamati. Non tutti aveva preso bene la scelta di Roan di lasciare in vita la sorella, era una scelta che aveva stupito lui per primo e non sapeva esattamente cosa pensare. L’aveva lasciata in vita per il legame di parentela, per senso di responsabilità oppure perché credeva fermamente che quel gesto, lasciare al conclave di decidere del destino di Echo, fosse la cosa giusta?. 

Scosse il capo al pensiero di ciò che lui aveva fatto per la sorella e forse era la persona meno adatta per giudicare le motivazioni del guerriero. Di certo, la sua scelta dava una profonda svolta ai rapporti con le tribù, una svolta che a loro serviva per affrontare il problema delle centrali.

“Avrebbe dovuto ucciderla!” sentì mormorare Brian a voce abbastanza alta da farsi sentire da lui ma soprattutto da Echo che camminava al suo fianco. Sentì la ragazza rabbrividire, sembrava il fantasma della ragazza che lo aveva aiutato dentro a Mount Weather. 

“Non è il momento Brian” lo apostrofò ad alta voce voltando la testa nella sua direzione. Vide Nathan accanto al compagno irrigidirsi, sapeva quanto fosse dura avere Echo così vicina ma, loro, non sapevano.. scorse dietro di loro Clarke. 

L’aveva chiamata appena entrati nel tunnel, era certo che Echo avrebbe avuto bisogno di qualcosa di forte per calmarsi dopo tutto quello che era accaduto. La ragazza lo stava fissando intensamente, non era certo di cosa le passasse per la testa se era confusa dal suo comportamento. Lui stesso si meravigliava della facilità con cui aveva accettato di farsi carico di Echo dopo ciò che aveva visto e le parole di Roan.

Sentì la ragazza accanto a se barcollare, la tensione delle ultime ore, forse giorni, cominciava a farsi sentire. Allungò un braccio per sostenerla “Siamo quasi arrivati” le mormorò.

La ragazza annuì ma non si scostò da lui. “Perché lo stai facendo?” chiese in un sussurro. Bellamy rimase in silenzio un istante “Non lo so..” rispose, ed era vero. 

“Cosa mi succederà?” chiese quindi la ragazza.

Il ragazzo scosse la testa, non poteva sapere cosa il conclave avrebbe deciso. “E tu” insistette Echo “Cosa vuoi?”. 

Bellamy la fissò nella penombra del corridoio poco illuminato, vedeva i suoi occhi cerchiati dalle occhiaie, la pelle ancora più pallida alla luce delle poche lampade appese, la sua paura e il suo tormento nello sguardo. “Che tu riesca a trovare la pace.” Disse con sincerità Bellamy, qualunque essa fosse. 

Era la stessa pace che avrebbe desiderato per sua sorella, la stessa che lui forse cercava ancora. La pace di chi ha superato i propri tormenti, il proprio senso di colpa ed era riuscito ad andare avanti. La ragazza annuì alle sue parole, un sorriso accennato sulle labbra.

Quando arrivarono di fronte ad una stanza che probabilmente in passato era uno ripostiglio per gli attrezzi, Bellamy fece entrare la ragazza. La prigione era piccola e buia, filtrava solo una lieve luce da una piccola bocca di lupo. Il ragazzo rabbrividì al pensiero di lasciare lì Echo, consapevole di ciò che aveva passato dentro Mount Weather. 

Volse lo sguardo verso la grounder ma sembrava indifferente a ciò che la circondava. Si accomodò pesantemente sulla piccola branda nella stanza, le mani giunte in grembo, il capo chino in avanti, era immobile, solo lievi singulti le scuotevano le spalle. Di nuovo nella mente di Bellamy rivide la fiera guerriera che dopo un anno di prigionia aveva avuto la prontezza di riflessi di trattenere la guardia.

Bellamy si girò verso Clarke “Dalle un calmante o un sonnifero, sta per crollare” la ragazza stava per aprire la bocca, le scorte di medicinali si stavano scarseggiando, non voleva usarle per quella donna che li aveva messi così in difficoltà, che era stata la causa di tutte quelle morti ma, allo sguardo del ragazzo, desistette e aprì la valigetta che aveva portato con se.

Bellamy era conscio di ogni pensiero passato nella mente di Clarke ma questo non gli fece cambiare idea. Il ragazzo si inginocchio di fronte a Echo “Adesso Clarke ti darà qualcosa per dormire, non avere paura, ti risveglierai.” Disse rassicurandola, aveva notato il suo sguardo smarrito. 

Clarke fece l’ iniezione poi Bellamy con cura fece distendere Echo. 

“Rimani con me fino a quando non chiuderò gli occhi?” chiese la giovane con voce tremante, sembrava una bambina impaurita, Bellamy sentì qualcosa spezzarsi dentro e riuscì solo ad annuire prendendole la mano.

Lentamente vide le sue palpebre farsi pesanti poi, poco prima di chiudere gli occhi, la ragazza lo guardò, un lieve sorriso sulle labbra, una scintilla di vita nello sguardo “Sai, quando gli incubi della prigionia a Mount Weather mi svegliavano di soprassalto, per addormentarmi pensavo a te, pensavo che sarei riuscita a venire nel vostro campo e tu mi avresti sempre tenuta con te, al sicuro,  ma la Regina non me l’ha permesso…” sussurrò mentre ormai l’effetto del sonnifero prendeva il sopravvento. 

Bellamy si sentì stordito da quelle confessione, si alzò, sentì Clarke appoggiargli una mano sul braccio ma la scostò, uscì senza guardare nessuno in viso, aveva bisogno di aria e della luce del sole per superare ciò che era appena successo. Maledetta Terra, maledetto mondo che li faceva soffrire in quel modo. Riusciva solo a pensare mentre guadagnava l’uscita. 

 

 

NOTA dell’autore: Salve a tutti, prima di tutto vi ringrazio delle vostre recensioni e dei complimenti che mi fate per questa storia che mi ha letteralmente tenuta impegnata notte e giorno!!....Camipp lo sa visto gli orari più assurdi in cui gli mandavo i miei scleri notturni. Comunque questa nota è per dirvi altro ossia che la mia mente macchiavellica ha in serbo per voi una ---rullo di tamburi---- TRACCIA FANTASMA ahaha….non dovrei svelarvi tutto ma sono buona per cui ve lo dico. Questa FF come sapete è a Rating arancione quindi leggibile anche dai minorenni ma Roan e Raven meritano uno spazio loro a rating rosso quindi, per NON cambiare il rating della storia io e Camipp abbiamo deciso per un “giochetto”: domani verrà pubblicata da Camipp una one shot a rating rosso dal titolo “L’anima di un guerriero” ….volete sapere se Roan andrà da Raven, se lei gli aprirà la porta e cosa succederà nelle buie ore della notte? ….ecco allora vi consiglio di non perdere quella lettura e spero sia all’altezza delle vostre aspettative. Per gli altri che non sono interessati, non cambierà nulla, dopo domani, come al solito pubblicheremo il 26 esimo capitolo della storia e, tranquilli, non perderete il senso della storia, solo i particolari più piccanti e beh quanto possono essere cuccioli assieme Roan e Raven :P

   
 
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