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Autore: Girasoleh    18/01/2017    1 recensioni
Quando ad Inuyasha viene proposto un lavoro nel centro esatto di Tokyo, quasi stenta a crederci.
Dall'altra parte del mondo, una promettente studentessa londinese, sta per fare la scelta più importante della sua vita.
Decisioni che si intrecciano.
Un amore che sboccia improvvisamente per la giovane Kagome e che non è destinato a durare; un trasferimento ed un addio che però segnerà un nuovo inizio.
Buona lettura!
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Kagome/Sesshoumaru, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sango era una ragazza semplice, senza troppe pretese nei confronti della vita.
Aveva un fare sempre molto cortese, difficilmente alterava il suo tono e questo la rendeva ben vista da tutti, sia nell'azienda che al di fuori.
Lavorava al fianco di Inuyasha fin da quando la sede ad Osaka aveva aperto: cercavano una segretaria da formare, anche alla prima esperienza quindi, e lei, che aveva appena terminato un lavoro poco soddisfacente, si propose immediatamente.
All'epoca avevano entrambi 21 anni e se da prima erano diffidenti l'uno con l'altra, dopo qualche mese avevano cominciato a spalleggiarsi senza problemi.
Sango non era una semplice segretaria, lo sapeva bene: da circa due anni avevano questo 'tira e molla' amoroso, in cui lei si ritrovava difficilmente; una donna seria e composta come lei non poteva certo dire in casa o tra gli amici che aveva dei flirt e che veniva lasciata e ripresa ogni tot dallo stesso uomo.
Per questo motivo i due non abitavano insieme, non avevano atteggiamenti compromettenti sul posto di lavoro e organizzavano le loro uscite in zone distanti da quelle in cui sapevano di poter trovare occhi indiscreti.
Quella mattina Inuyasha le aveva lasciato un messaggio sulla segreteria, chiedendole di badare per mezza giornata all'azienda e poi di chiudere, intorno alle 13.
I clienti entravano ed uscivano, lei rimaneva seduta nell'ufficio con le tapparelle appena alzate per poter vedere i vari movimenti della clientela e nel frattempo si lisciava i capelli lunghi e castani fra due dita.
'Chissà cosa starà facendo. A Tokyo, poi.' se lo domandava e nel frattempo sbuffava, quasi le sarebbe dispiaciuto se il ragazzo si fosse allontanato da lei. Eppure non erano niente, fondamentalmente.
Il padre di Sango era morto in un incidente d'auto quando la ragazza aveva appena 16 anni.
Quella perdita fu talmente dolorosa per la giovane che da quel momento in poi ricercava negli uomini dei punti fermi, delle sicurezze, una casa sicura in cui rintanarsi nei momenti di solitudine. In Inuyasha, Sango, aveva trovato tutto questo ma il fatto che la cosa non venisse ufficializzata le creava non pochi problemi: forse lui aveva anche altre donne?
Spostò lo sguardo sulla scrivania e trovò la penna stilografica che lei le aveva regalato l'anno prima, per il suo compleanno. Conservava ogni regalo, ogni anno della sua vita da quando si conoscevano era rintracciabile attraverso oggetti sparsi qua e là per l'ufficio.
Li ritrovò tutti spostando lo sguardo in vari punti.
- Non ne porti nessuno a casa, perché Inuyasha... - disse sospirando.
Più volte i due si erano detti 'ti amo', Inuyasha più che altro aveva acconsentito esprimendosi in un 'anche io', ma anche quello era amore in fin dei conti, no?
L'una del pomeriggio arrivò in un attimo, sentì il rintoccare delle campane di una scuola non molto distante e indicò ad uno degli impiegati dell'azienda di chiudere i battenti e di ritirarsi a casa; dalla sua borsa tirò fuori il suo bentō e cominciò a mangiare gli onigiri.
Il ristorante da cui aveva ordinato il pranzo era uno dei suoi preferiti, si trovava all'angolo alla fine della strada, aveva una selezione di verdure cotte da rimanere a bocca aperta ed ogni volta che chiamava per scegliere cosa mangiare rimaneva ben cinque minuti al telefono a farsi elencare tutti i nuovi piatti del giorno per poi, puntualmente, scegliere sempre le solite alghe marinate accompagnate dallo zenzero in salamoia.
Terminò il pasto in un lampo e dopo essersi alzata cominciò a prendere tutte le sue cose per poter finalmente tornare a casa.
''La giornata si è svolta normalmente, tutto sotto controllo. A domani, Sango.''
Sms inviato.
Chiuse il suo smartphone e andò verso l'uscita dell'azienda.
Camminava con lo sguardo basso, aveva giusto notato che una calza le si era smagliata e già stava imprecando perchè avrebbe dovuto passare la giornata libera che le rimaneva al centro commerciale. Avrebbe solo voluto tornare a casa, mettersi dei vestiti comodi e guardare qualche serie tv.
- Nessun imprevisto? Allora sei brava come dirigente! -
Inuyasha era di fronte a lei, con un impeccabile camicia bianca e la giacca nera, la cravatta leggermente allentata e i suoi bellissimi capelli argentei a coprirgli appena l'occhio destro. Si spostò la ciocca fastidiosa e andò vicino alla ragazza.
- Volevo vederti, quindi dato che ero stanco ho chiesto a mio padre di mandarmi un jet privato per portarmi fin qui. -
Sango aprì la bocca in segno di stupore. Per lei, che di certo non era mai stata ricca e mai lo sarebbe stata, il fatto di prendere un aereo privato per semplice 'stanchezza' o, peggio, 'poca voglia', la lasciava allibita.
Era anche arrossita, ma tentava di nasconderlo sistemandosi nervosamente gli occhiali sul naso.
- Bentornato, hai letto il messaggio che ti ho inviato? - cominciò Sango. - Ho scritto che è tutto in ordine e tutto per...-
- Non mi interessa.- la fermò Inuyasha.
- C-cosa?-
- Vorrei passare del tempo con te, Sango. - disse lui mettendo le mani in tasca – ho una cosa importante da dirti... e da chiederti.-
La ragazza si trovò colta alla sprovvista, ma accettò l'invito.
- Mi accompagni prima a casa? Ho le calze rotte e vorrei mettermi comoda.-
- Certo. Andiamo, prendiamo una delle auto dello showroom.-
Casa di Sango si trovava in un appartamento nel quartiere di Kamagasaki., tipico posto ad Osaka in cui vivono principalmente i senzatetto e dove alloggiano i turisti attratti dai prezzi bassi.
Più volte Inuyasha le aveva chiesto di trasferirsi altrove, arrivando anche a dirle che avrebbe acquistato lui una casa dove farla vivere. Temeva che a Sango sarebbe potuto accadere qualcosa a forza di camminare ogni giorno tra quella gente, che potessero derubarla e nel farlo potessero farle male.
Ma Sango non cedeva, in quelle strade c'era nata e cresciuta, lì viveva anche suo fratello Kohaku e per evitare che finisse in guai seri doveva stargli dietro; questo Inuyasha non lo sapeva, non voleva la compassione di quello che ufficialmente era il suo datore di lavoro.
Avrebbe senza ombra di dubbio pensato che la sua era una famiglia di disadattati, 'Oh la povera Sango senza genitori e con il fratello delinquente', ecco cosa ad Inuyasha sarebbe venuto in mente.
Salirono le scale dell'appartamento e una volta nell'abitazione, la ragazza gli chiese di aspettarla in salone, avrebbe fatto subito.
Inuyasha sprofondò su quel divano in pelle logorata che conosceva bene, fece cadere la testa all'indietro e respirò profondamente. Non dormiva da molte ore, doveva darsi una calmata in generale con questi ritmi, non c'entrava il viaggio a Tokyo, ma di certo con questo nuovo progetto riguardante l'attività non poteva permettersi cedimenti.
Non certo di fronte a Sesshomaru.
Aveva pensato di far venire Sango con lui perché era l'unica di cui si fidasse veramente, aveva bisogno di qualcuno con cui condividere i suoi stati d'animo e le sue insicurezze. Non lo dava a vedere, ma i suoi sentimenti nei confroni della giovane erano puliti e sinceri, vedeva in lei un punto di riferimento a cui ancorarsi quando tutto intorno sembrava crollare.
'Ma amare... ' pensava spesso il ragazzo quando era da solo 'Amare è un'altra cosa. Non è l'amore che mi lega a Sango, eppure almeno una volta a settimana ci ritroviamo a condividere lo stesso letto.' e se lo ripeteva di continuo, come a voler giustificare il suo atteggiamento e il suo bisogno fisico di stare con qualcuno.
No, non era l'amore a tenerlo in quella situazione ma la sua debolezza di uomo, la stessa debolezza che gli faceva avvertire quel senso di solitudine nel petto in qualsiasi circostanza e momento della giornata eccetto gli attimi passati con Sango: quando condividevano un letto non pensava a nulla, solo a dare e a ricevere a sua volta piacere, mentre quando erano in ufficio lei era la sua distrazione preferita, qualcuna con cui scambiare due chiacchiere più 'intime' rispetto a quelle che scambiava con tutti gli altri.
Fra questi pensieri e lo scrosciare dell'acqua proveniente dal bagno di Sango, Inuyasha si addormentò.

Le x sul calendario erano sempre più rosse. Kagome le marcava e le rimarcava, come a voler sottolineare a quell'oggetto inanimato la sua fretta nel far arrivare quei giorni.
Al suo viaggio in Giappone mancavano due mesi esatti. Essendo metà Maggio, la scuola ormai era agli sgoccioli ed essendo una tra le studentesse più brave della sua sezione aveva deciso di andare in modo altalenante alle lezioni, in modo da non perderle proprio tutte.
Miroku da quel giorno non l'aveva più sentito: si incrociavano per i corridoi della scuola, si guardavano e poi andavano in direzioni opposte. Kagome avrebbe voluto parlargli e raccontargli quella sua gioia per il viaggio e la tristezza di non poter condividere con lui quegli attimi, proprio lui che da principio era stato come il suo migliore amico.
- Un'empatia del genere non si trova tutti i giorni...-
- Che dici Kagome? - Eri, Yuka e Ayumi la guardavano con aria interrogativa.
- Niente, niente!- disse subito la ragazza per paura che potessero scoprire qualcosa.
- Ti manca Miroku? - Yuka le si era avvicinata e le aveva posto la domanda con fare dolce, quasi fosse sua sorella.
- No.- iniziò Kagome, - solo a volte, in realtà. Penso che un'empatia come quella che avevamo io e lui sia difficile da trovare altrove, ma non lo amavo – confessò infine.
La campanella suonò la fine delle lezioni e le ragazze si alzarono e si incamminarono verso casa.
- KAGOME! KAGOME! - una voce affannata ma familiare la chiamava da lontano.
- Allora noi andiamo, abbiamo fretta! A domani!-
Le sue amiche se l'erano data a gambe e Kagome si voltò per capire il motivo di tanta fretta.
Miroku arrivò a dieci centimetri da lei flettendosi in avanti, con le mani appoggiate alle ginocchia; era affannato, aveva corso per tutto il cortile della scuola per riuscire a trovarla.
- M-Miroku, ma perché corri?-
Dopo tre settimane erano tornati a rivolgersi la parola.
Era strano, ma bello.
- Partirò con te. - ansimò lui.
- Cosa?! -
- Mi hai sentita. Partirò con te. -
Il vento soffiò forte, gli alberi tutto intorno causarono un gran rumore muovendo le proprie fronde; il sole splendeva talmente tanto da far male agli occhi se solo si provava a guardare in cielo, le nuvole quel giorno si erano date appuntamento altrove, non certo al SOAS di Londra.
Miroku si alzo in posizione eretta e puntò i suoi occhi azzurri in quelli nocciola di Kagome. Una goccia di sudore gli scendeva dalla tempia, era agitato, il respiro finalmente si era regolarizzato e lui prese un gran respiro e poi le sorrise.
Aveva la camicia bianca un po' stroppiciata, i capelli arruffati ed aveva un'espressione davvero buffa.
Kagome sorrise di rimando, ma poi si fece seria e abbassò lo sguardo.
- Scusa Miroku, ma che vuol dire che parti con me? Ci siamo lasciati.-
- Non importa. Le situazioni si recuperano, - Miroku sembrava davvero intenzionato a ricostruire un rapporto – e io sono stato uno stupido, per tenerti vicina rischiavo di farti perdere questo viaggio così importante! - lo disse quasi urlando.
- Sai, Kagome, tu mi hai insegnato a non essere egoista. Io non avevo mai avuto a che fare con le ragazze men che meno con una donna come te. Anche se sei giovane hai carattere e ti distingui dagli altri, sei unica in questo. Sai far sentire le persone al proprio posto, ed io ti sono immensamente grato per avermi fatto capire l'importanza dei sentimenti e delle scelte altrui. -
Prese una breve pausa, il cuore gli batteva all'impazzata nel petto, era visibilmente arrossato in volto; quelle parole gli stavano costando molto, Kagome se ne accorgeva ma non voleva interromperlo.
- Non avendo mai spartito niente con qualcuno a cui interessasse davvero condividere la propria vita con me, decidevo e facevo tutto in completa autonomia. Non ho mai chiesto pareri né li ho ascoltati se mi venivano dati. Invece tu sei diversa. E non ti sarò mai riconoscente abbastanza per avermi permesso di capire che, in qualsiasi momento della vita ci si trovi, si deve sempre avere qualcuno a cui prestare orecchio.-
Fu un attimo.
Kagome si ritrovò con le labbra di Miroku sulle sue, aveva gli occhi sgranati ma lentamente li socchiuse, abbandonandosi a quel bacio e concedendo al ragazzo anche un tenero abbraccio.
Avrebbe voluto spiegargli tante cose e la prima di tutte queste sarebbe senza dubbio stata il fatto che lei non lo amava. Ma come faceva a dirglielo?
Non poteva.
Si staccò lei per prima e le pose le mani sul petto.
- Grazie Miroku. Hai perfettamente capito il mio stato d'animo, ma... - le parole le si fermarono un attimo prima di esser pronunciate.
-... Ma? - la incalzò il ragazzo.
- Ma penso sia avventato ricominciare come se nulla fosse dopo tre settimane. Diamoci del tempo-
Il ragazzo annuì e senza dire altro i due si avviarono ognuno verso casa propria.
'Ad amare si impara. Chi sono io, a 18 anni, per decidere di non amare qualcuno?
Miroku è stato il primo ragazzo che si sia avvicinato così tanto a me, ho avuto storielle e baci di poco conto, e poi è arrivato lui a farmi sentire speciale. Quindi io non so in realtà cosa sia l'amore, se non l'ho mai provato forse è perché non so riconoscerlo.
Chi sono io per decidere di non amare? Se solo io mi impegnassi, se solo mi sforzassi, io potrei amarlo!'

Sdraiata sul letto, con questo pensiero fisso in testa. Erano appena le cinque del pomeriggio e la madre entrò in camera a portarle del thé.
- Tieni tesoro, ne vuoi? -
- Certo mamma, scendo a prenderlo con voi. -
Insieme scesero le scale e arrivarono in cucina.
Al tavolo c'era anche suo padre, che di solito non beveva thé e a quell'orario vedeva dei documentari sportivi.
- Come mai qui? Facciamo una riunione? - disse Kagome ridacchiando.
Prese dalla credenza lo zucchero e poi dal frigorifero del latte, compose il miscuglio e ripose tutto con cura.
Arrivò al tavolino con la sua tazza di thé fumante ed una volta messa a sedere annusò con soddisfazione la bevanda.
- Ecco Kagome, dobbiamo parlarti.-
Il sangue le si gelò nelle vene.
Che avessero deciso di non farla partire?
E cosa avrebbe fatto se così fosse stato deciso?
No, lei avrebbe spiegato l'importanza di tutto questo!
Senza dubbio!
I suoi genitori non potev...
- Vogliamo farti un regalo in anticipo, visto che non sarai qui per il tuo vero compleanno.-
Kagome si risvegliò dai suoi pensieri negativi, il suo volto assunse un'espressione tenera e dolce, non si aspettava un simile gesto dai suoi genitori in generale, men che meno da suo padre che, per la prima volta, aveva preso la parola senza che nessuno lo avesse costretto.
- E che regalo? E' già qui?!- cominciò a guardarsi intorno scrutando ogni angolo e anfratto in cui un dono potesse nascondersi, si alzò anche dalla sedia per controllare in posti ovvi come cassetti o ante di armadi.
- Bhè no, non è qui, ma è... -
- Oh caro, avanti! Faccio io! - la signora Higurashi, stanca dell'indecisione del marito aveva preso l'iniziativa, togliendogli da sotto il tavolo una busta.
- Questo è il regalo che io e tuo padre abbiamo deciso di farti!-
Sota, lì vicino, guardava incuriosito la scena.
Kagome aprì con cura la bustina rettangolare, dentro cui trovò un biglietto color cipria con sopra stampati dei graziosi cuoricini rossi.
'A conti fatti, il numero perfetto è il tre.' recitava il biglietto.
Kagome non capiva, fin quando, scuotendo bene sia la busta che il biglietto, da quest'ultimo cadde un altro pezzo di carta.
Un biglietto per Tokyo.
Datato 5 Giugno 2017. Un mese prima della sua partenza con la scuola.
Esattamente... fra due settimane?!
- Ma... Mamma, ma questo biglietto... io ho già i biglietti, la scuola, sai... - farfugliò parole alla rinfusa, in preda alla confusione e alla contentezza.
-Abbiamo avvertito la scuola che tu partirai prima, ma tornerai con loro. Questo è il nostro regalo, abbiamo voluto donarti la felicità del viaggiare verso una meta a cui aspiri da tanto. Per un mese esatto potrai vedere Tokyo da sola e per gli altri due potrai attenerti ai vari programmi stabiliti dal SOAS.-
La madre la guardava con gli occhi lucidi, probabilmente stava pensando che la sua bambina stava crescendo e che questo viaggio sanciva la sua libertà.
- Grazie. Grazie infinite!- urlò dalla gioia e si gettò tra le braccia dei suoi genitori, piangendo e singhiozzando e ripetendo 'grazie' ogni dieci secondi.
- Non ringraziarmi! Vai a fare le valige, altrimenti poi sull'aereo ti ricordi che ti manca questo o quello!-
- Corro! Vado ad avvertire tutti, volo a preparare le prime cose!-
Si affrettò verso le scale che portavano alla sua camera ma appena arrivata in cima scese di nuovo, lentamente, fino ad arrivare ad un'altezza dai quali potesse vedere i suoi genitori – ed essere vista –.
- Mamma, papà. - sibilò.
- Sì, tesoro? - tutti la guardavano.
- Vi voglio davvero bene. -
 

   
 
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