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Autore: Sospiri_amore    18/01/2017    1 recensioni
Nico porta sulle spalle un ricordo doloroso che condiziona ogni singolo giorno della sua vita. La ribellione e il menefreghismo sembrano l'unica soluzione al male che sente dentro.
Rassegnato a vivere la vita che la società gli impone, si ritroverà a dover abbassare la testa e accettare il lavoro che gli viene imposto presso la Fabbrica dei Sogni.
Insieme ai suoi migliori amici, Lola e Ahmed, vivrà avventure a cavallo tra la fantasia e il reale, tra il sogno e la realtà, tra la finzione e la verità.
Chi sono gli Onironauti?
Cosa deciderà di fare Nico?
Chi è la misteriosa ragazza con gli occhi tristi?
Chi lo tradirà?
Scoprirà segreti su suo fratello Alex?
Troverà l'amore?
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Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una giornata come le altre
 
A quest'ora dovrei essere in cucina a fare la colazione. 
Sento mamma che sta cucinando le uova, l'odore di bruciacchiato arriva fin qui. Papà le mangia solo ben cotte, non ha mai sopportato quando sono viscide e gelatinose. Me lo immagino leggere concentrato il giornale in attesa di andare in officina mentre divora le sue uova carbonizzate. 

Ogni giorno la solita routine. 

Nessuno di loro bada più a me. Mamma a volte ha gli occhi lucidi, mi vorrebbe diverso, mi vorrebbe come Alex. Lo so io e lo sanno anche loro. Come se fosse colpa mia. Mio fratello si è buttato in quel fottutissimo strapiombo, io non ho potuto fare niente per fermarlo, ma loro non sembrano capirlo. Nessuno sembra capirlo. A scuola, per strada, nei negozi. Io sono quello sbagliato, quello che ha permesso ad Alex di buttarsi giù. Per tutti la colpa è mia, me lo sento dire da così tanti anni che quasi quasi inizio a crederci pure io.

Mi accendo una sigaretta.

A quest'ora dovrei essere in cucina con indosso la mia divisa e un sorriso stampato in faccia.
Credo che dovrei essere felice.
Oggi è l'ultimo giorno dei corsi. 
Oggi ho finito la scuola.
Oggi posso scegliere il mio futuro.

Papà non ci prova più a farmi alzare dal letto in orario, sa che sono un ritardatario cronico, uno con cui non vale la pena discutere. 
Sono un caso perso, uno che non ha niente da offrire.
Come posso dargli torto?
Voti pessimi, disinteressato su tutto, comportamento disdicevole che disattende le aspettative, dice sempre quella cornacchia di professoressa di Meccanica dei Sogni. Come se mi fregasse quello che spiega. Tra poco più di un anno mi daranno una moglie e tra meno di quattro ore avrò un lavoro adatto alle mie capacità. Svuota cestini, raccogli cartacce, se mi va bene. Altrimenti verrò allontanato dalla città e vivrò alla giornata come tutti quelli che non entrano nelle regole del sistema.

Vivrai come un reietto.
Strilla mamma.
Impegnati.
Dice papà.
Se continui così non ti daranno nemmeno una compagna.
Dicono gli altri.
Non mi importa nulla delle loro ansie, non mi importa di quello che pensano su di me.

Aspiro il fumo acre a pieni polmoni.

La porta d'ingresso sbatte. Papà è uscito per andare al lavoro, dalla cucina non arriva nessun suono, mamma si è chiusa in camera in attesa che io esca di casa. Non le va di parlarmi di prima mattina, mi dice che le rovino la giornata. Speriamo mi abbia lasciato qualcosa da mangiare, altrimenti mi comprerò un panino lungo la strada per la cerimonia a scuola.
A fatica infilo le scarpe della divisa scolastica, sbatto la giacca dalla polvere poi mi infilo i pantaloni sgualciti. Nello specchio osservo il mio riflesso cercando di coprire la cicatrice a forma di croce che parte dalla tempia e arriva fino a metà guancia con un ciuffo di capelli. È bianca, fredda. Sembra una crepa su un muro. Sembra una crepa impossibile da aggiustare. È semplicemente il regalo che i guardiani mi hanno lasciato cinque anni fa quando mi hanno riempito di botte vicino all'Onirocascata quando Alex si è buttato. Cose passate, meglio concentrarsi sul presente. 
Già, oggi devo essere perfetto anche se i miei capelli sembrano più ribelli del solito. Non fa nulla, mi prendo a piccoli schiaffi cercando di darmi la carica giusta per uscire di casa. 

Dai Nico.
Dai Nico.

Una foto di me e Alex è incastrata nella cornice dello specchio. La guardo sempre, tutti i giorni. Lì di fianco, su una mensola, un piccolo orso scolpito nel legno mi osserva. L'ha fatto mio fratello, era un asso a intagliare, è l'unica cosa che ho voluto tenere di lui, Alex lo considerava il suo portafortuna. Con me sembra non funzionare, la buona sorte gira al largo da tipi sbagliati come me.
Esco dalla mia stanza, un piccolo corridoio mi porta direttamente in sala, da una parte c'è la piccola cucina a gas su cui mamma si diverte a cucinare pranzi precotti e zuppe insipide.
Un toast e una mela sono in bella mostra sul tavolo.
Oggi ho la colazione pronta, si vede proprio che è un giorno di festa.

Il cellulare squilla.
È Lola.
Dalla finestra circondata da orrende tende in pizzo color miele la vedo seduta nella sua macchina mezza scassata. Mi infilo il toast in bocca e ficco la mela nella borsa, poi corro fuori di casa.
Il sole caldo mi investe di botto, mi metto gli occhiali da sole e a passo rapido entro nel rottame di Lola che con i capelli stranamente acconciati e trucco appariscente mi accoglie con un sorriso.

«Ciao Nico. Giornata splendida, non trovi?», cinguetta tutta pimpante.

«Perché sei così strana? Il tuo aspetto è inquietante», le dico con la bocca piena di formaggio e pane masticato osservandola stranito.

«Ciao Lola. Come sei bella Lola. Avrei preferito tu mi avessi accolta così. E comunque oggi è il giorno delle assegnazioni, finalmente avremo il nostro colloquio e sapremo che lavoro avremo. Non sto nella pelle per l'emozione». Sembra una di quelle oche che girano per scuola, delle bambole vuote e fastidiose. Non riconosco la mia amica.
Alzo le spalle annoiato e infastidito allo stesso tempo.

«Tanto non la bevo. So che non hai chiuso occhio, non sei curioso di sapere cosa ti dirà il colloquio? Metà delle scuole della comunità l'hanno già fatto. Ho incontrato una ragazza del quartiere 46, è la figlia di un'amica di mia mamma, mi ha detto che dopo il test ti portano in stanzette dove devi parlare con gli assegnatori. È...». La interrompo, Lola è capace di parlare per un'ora intera senza mai fermarsi, ma oggi sembra diversa, pare la versione perbene di se stessa, la versione perfettina.

«So cosa succederà e so cosa faremo. Cerimonia. Test. Colloqui. Faccio tutto questo solo per i miei genitori, se non lo facessi credo mi sbatterebbero fuori casa. Prima mi trovo un lavoro, poi me ne vado. Devo solo avere pazienza, appena avrò abbastanza crediti e razioni filerò via come il vento», le dico mentre giro la manovella cigolante del finestrino per far entrare un po' d'aria.

«Sei il solito pessimista, un disastro. Potevi metterti una divisa pulita e pettinare quella massa informe che hai sulla testa. Sembri uno spaventapasseri». Lola mi sgrida, fa sembra così quando la pungo sul vivo.

«Guarda che io sono sempre così, tutti i santissimi giorni. Tu invece sembri una gallina. Perché parli in quel modo e perché sei così truccata e tirata? Vorrei ricordarti che insieme abbiamo fatto quel casino a Onirologia e poi abbiamo manomesso i meccanismi nelle officine scolastiche. Tu non sei così... così...», le dico con la faccia schifata.

Lola frena di colpo.
La macchina dietro di noi strombazza.
L'indice minaccioso di Lola mi punta.

«Caro Nico Songus, sentimi bene. Oggi posso aiutarmi o boicottarmi. Io voglio un futuro migliore di quello di mia madre, non voglio lavorare nelle mense per le Onirocomparse per il resto della mia vita o spaccarmi la schiena come i miei fratelli in officina. No. Io ho progetti più grandi, vorrei... vorrei...», dice con occhi sognanti.

«Prima di tutto credo tu voglia vivere. Se non levi questo catorcio da in mezzo la strada finiremo per essere travolti». 

Una serie di vetture sparate a tutta velocità ci strombazzano infastiditi.
Grugnendo Lola riprende a guidare. Borbotta arrabbiata.
Con la faccia scura, lo sguardo torvo si immette nel flusso del traffico.

Questa è la mia migliore amica.
Adesso la riconosco.
Scontrosa.
Musona.
Testarda.

«Sei un idiota. Un grande idiota. Cosa c'è di male a voler essere diversi, migliori. Potrei... potrei...», Lola ha le lacrime agli occhi.

So benissimo dove vuole andare a parare, la conosco come le mie tasche. «Non sarai mai una Onironauta, toglitelo dalla testa. Hai una condotta pessima, certo i voti non sono male, ma per il corso di addestramento non bastano. Serve forza fisica, intelligenza e controllo. Soprattutto controllo. So benissimo che potresti prendere a pugni chiunque e che sei molto sveglia, ma detesti sentirti dire cosa devi fare, non ami essere comandata. Come potresti reggere lo stress?». Le mie parole sono dure e fredde. Sono cattivo, lo so, ma non deve farsi illusioni, lei non potrà mai aspirare ad un lavoro tanto prestigioso. 

«Guarda che non conta solo il rendimento scolastico, lo sai benissimo. Ho imparato dai miei fratelli a lottare e vivere nel bosco, non mi spavento facilmente e imparo alla svelta», mi dice mentre con una manovra brusca e improvvisa parcheggia fuori dalla scuola lasciando sull'asfalto strisce nere di pneumatici. Una sgommata degna di un pilota di Onirovetture.

«Lo vedi, un Onironauta non farebbe quello che hai fatto tu adesso. Guarda quelli lì», mentre scendo dalla macchina indico alla mia amica un gruppetto di studenti dell'ultimo anno tra cui Kurt Bishop, il ragazzo più popolare dell'istituto. Sono i più importanti della scuola, con i voti migliori, una condotta irreprensibile, campioni dello sport, addestrati fin dalla nascita per essere i migliori: «Se dovessero scegliere tra una come te e uno come loro per diventare Onironauta, chi mai prenderebbero?».

Lola si accascia sul cofano del suo rudere. Ha lo sguardo triste.
Inizia a mangiarsi le unghie.
Mi dispiace vederla in questo stato, ma penso sia controproducente per lei fingere di essere quello che non è. È una persona meravigliosa, deve solo farlo capire durante il colloquio. Capelli, trucco e vestiti non determinano la qualità e la sostanza di una persona.

«Che vadano tutti a quel paese. Kurt e i suoi amici sono solo delle scimmie ammaestrate. Guardali! Con il petto gonfio e tutta quell'arroganza che trasborda da ogni orifizio. Capre». Lola si toglie decine di forcine lasciando liberi i suoi lunghi capelli neri per poi intrecciarli di lato lasciando esposta la rasatura sul lato destro del cranio. Da una scatoletta estrae i suoi piercing che infila rapida nel naso e nel labbro. Con una salvietta umidificata si toglie il fondotinta dalle mani mettendo in luce i suoi tatuaggi per poi slacciare un paio di bottoni della camicia e allentare la cravatta. «Adesso possiamo andare», mi dice mentre si toglie il rossetto color rosa caramella e le ciglia finte.

«Sei più bella così. Fidati. Kurt e compagnia saranno i più popolari, ma nessuno è come te. Sei unica», gli sussurro divertito in un orecchio. Mi piace prenderla in giro.

«Stai zitto. Non sei il mio tipo, sei troppo strano Nico Songus». Lola appoggia la testa sulla mia spalla mentre mi cinge la vita. Ride.
Quando Lola è felice sono felice anche io.

La campanella suona.
È ora di andare.

Indifferente al fatto che questa sia l'ultima mattina che varcherò la soglia della scuola che per ben sette anni ho frequentato, osservo la maggior parte degli studenti dell'ultimo anno fremere. Oggi si deciderà il futuro di ognuno di loro. I voti, lo studio, i desideri sono nulla. Dopo la cerimonia di oggi ci saranno i test e i colloqui colloqui che delineeranno la nostra carriera. Un lavoro per far funzionare l'intero baraccone, un lavoro indispensabile per far sì che l'Onirocascata continui a cadere e produrre energia, un lavoro dal quale non si potrà più fuggire. Mai.

Ogni mio passo risuona grave, pesante.
Ogni mio gesto è fatica.
Non voglio dover scegliere, non voglio essere costretto a fare una cosa che non voglio fare. 
Mi sento così solo.
Ho paura, ma non voglio ammetterlo.
Ho paura, ma tanto tutto è già scritto.

   
 
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