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Autore: Camipp    20/01/2017    3 recensioni
BELLARKE - POST 3x16
"Non era mai stata una persona che si faceva prendere dall’ansia, anzi, sapeva che molto spesso era stata accusata per la freddezza con cui prendeva le sue decisioni eppure, questa volta, era qualcosa di diverso.
«Ce la faremo anche questa volta.» disse con un bisbiglio Bellamy avvicinando la sua testa a Clarke.
Per l’ennesima volta si chiese come riuscisse Bellamy a leggerle dentro così bene. «Come fai sempre a capire quello che penso?» si lasciò sfuggire Clarke.
Sentì una lieve risatina provenire dal ragazzo. «Forse perché ti ho affidato la mia vita tante volte o forse perché solo con te riesco a venire a patti con i miei errori» rispose in un sussurro tornando serio.
Clarke si commosse a quelle parole perché le comprendeva e capiva, uno era lo specchio dell’altro eppure, lui, era riuscito ad andare oltre, a vederla veramente più di chiunque altro conoscesse o avesse conosciuto. Sentì fra le mani gli angoli smussati della scatola in alluminio che conteneva lo spirito di Lexa, nemmeno con lei era stato così."
Storia scritta da Avenal Alec e pubblicata con il permesso dell'autrice da Camipp.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Raven Reyes, Roan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 26

 

 

Bellamy osservava la festa dal suo angolo nascosto, la schiena contro il muro dietro di lui, l’ennesimo bicchiere riempito fra le mani e i suoi pensieri persi altrove. Ogni cosa si stava svolgendo come in ogni festa che si rispettasse, musica, balli e alcool. Spesso gli altri lo avevano chiamato per festeggiare con loro ma aveva sempre detto di No. Sapeva che Nathan e non solo lo stavano tenendo d’occhio preoccupati. Anche Clarke gli era venuta incontro un paio di volte, come lo aveva cercato anche nel pomeriggio ma lui aveva sempre svincolato da quando aveva lasciato Echo alla prigione e il suo umore si era fatto sempre più pesante e angosciato.

Aveva passato diverse ore a vagare nella città, fra la gente che cominciava a prepararsi per la festa poi era uscito. Inizialmente pensava fosse solo il tentativo di allontanarsi dal dolore che aveva letto negli occhi di Echo, il fatto che si sentisse assurdamente responsabile per ciò che le era capitato poi, mentre girava fra i vicoli di Polis, il suo sguardo aveva cominciato a scrutare fra la gente alla ricerca di una ragazza dai capelli scuri, con l’unico impossibile desiderio di rivedere sua sorella e avere la certezza che stesse bene. 

Se ne era reso quando, uscito dalla città, aveva cominciato a vagare senza meta fra i boschi nell’ insensato tentativo di cercarla, sentendosi colpevole per averla lasciata andare. Nuovamente colpevole per ciò che era accaduto a Lincoln. 

Nella sua mente un continuo caos di immagini lo stavano tormentavano. Pensava ai 300 uomini uccisi, i loro volti senza più luce mentre cercava i feriti, e pensava alle vite che aveva spezzato, agli occhi dei loro familiari che non li avrebbero più rivisti, a Nylah, alla sua forza, alla tragedia che doveva essere stata perdere suo padre e suo fratello per mano di uno skypeople. E poi il suo pensiero ritornava a Octavia, non si trattava più della scelta che aveva compiuto quando aveva ucciso Pike ma cosa sarebbe potuta diventare.

Per quanto assurdo fosse, non voleva pensare che sua sorella potesse trasformarsi in una nuova Echo, non voleva trovarsi nella situazione in cui si era trovato Roan e doverla fronteggiare sui lati opposti della barricata, senza la possibilità di parlare. 

Come se i suoi pensieri lo avessero fatto apparire, il nuovo Ice King sbucò dalla folla e si incamminò verso di lui. Bellamy tolse il piede che aveva appoggiato sulla sedia accanto a lui ma il guerriero scosse il capo.

“Nemmeno un bicchiere?, non abbiamo ancora festeggiato la tua vittoria” disse Bellamy con la voce impastata, consapevole quanto fosse di cattivo gusto quella battuta, il guerriero lo scrutò attentamente “Forse ti conviene andarci piano con quella bevanda” rispose.

Il ragazzo appoggiò la testa contro il muro dietro di se per poter guardare il guerriero più comodamente “E tu potresti farti i fatti tuoi” rispose infastidito. “Ero venuto a ringraziarti per mia sorella, ma non è il momento.” Disse poi volse le spalle per andarsene “Potevi andarla almeno a trovare” urlò Bellamy arrabbiato, la sua voce sovrastò la musica e alcune delle persone attorno si girarono nella loro direzione ma lo sguardo che lanciò loro l’ Ice King li fece subito voltare da un’altra parte. Il guerriero si avvicinò allo skypeople, la rabbia appena celata nei suoi occhi. “Sono l’ Ice King, non posso andare a trovare mia sorella, se vogliamo che ogni cosa funziona e ora” continuò con voce più bassa “ti conviene uscire di qua e prende un po’ di aria prima che tu possa combinare qualche danno, sei ubriaco” detto ciò si volse e se ne andò.

Bellamy sapeva che Roan aveva ragione, si era comportato come uno stupido, non poteva andare a trovare la sorella perché questo avrebbe significato aprire il fianco alle insinuazioni sui loro rapporti e il conclave doveva essere unito, credere in lui. L’ Ice Nation e il suo Re si trovavano in un posizione difficile, dover riguadagnare una fiducia persa da tempo e Roan doveva calibrare ogni suo gesto e scelta. 

Sentì un peso nel cuore al pensiero di come le loro vite fossero bloccate dalle responsabilità, da scelte che avevano ripercussioni più grandi di loro.

Scalciò la sedia lontano da lui poi si alzò, costeggiò il muro per uscire, la sala, come l’intera città, era in festa ed era difficile muoversi. Al centro la gente ballava al ritmo dei tamburi e a strani strumenti a fiato, il suo sguardo fu attratto da Clarke che, poco distante, da lui stava ballando. 

Uno stretto corpetto sopra una camiciola bianca le segnava i fianchi e una strana gonna tagliata a sbiego si allargava attorno alle sue gambe mentre seguiva il ritmo della musica. Stava tentando di eseguire gli strani passi di una danza grounder, il suo sorriso felice e privo di preoccupazioni fece breccia nella sua mente annebbiata dall’alcool, fece un passo nella sua direzione, voleva prenderla fra le sue braccia in quel momento e stringerla a se, immaginare i suoi occhi ridenti mentre la sollevava in aria come facevano alcuni dei ballerini con le loro partner, lasciarla scivolare contro il suo corpo poi… il nulla. Sapeva perfettamente cosa avrebbe voluto fare con lei ed era altrettanto sicuro che non sarebbe riuscito a trattenersi se gli fosse stata accanto. 

Certo, il modo in cui, solo il giorno prima, aveva scherzato con lei, come ormai lei gli sorridesse, i suoi occhi non più tormentati gli avevano fatto comprendere che qualcosa stava succedendo ma non era certo di cosa ciò significasse e averla fra le sue braccia in quel momento sarebbe stato troppo.

A malincuore voltò lo sguardo e si incamminò verso l’uscita, quella giornata era stata lunga e, come aveva detto Roan, non era in se. Alla luce del giorno forse i cupi pensieri che lo stavano assillando avrebbero avuto una prospettiva diversa. 

Si rese conto che, effettivamente aveva bevuto troppo, sorrise di se stesso, da quando era sceso sulla Terra aveva toccato pochissimo alcool mentre quella sera si era ritrovato sempre con una tazza in mano, anche quella un’ usanza grounder a quanto sembrava. 

Stava per imboccare il corridoio quando si scontrò con una persona che arrivava dall’altra parte. D’istinto allungò le mani per evitare che cadesse e per trovare lui stesso l’equilibrio. Era una giovane donna bionda. Alzò gli occhi verso di lui, un sorriso divertito fra le labbra, le gote rosse per il caldo o per il bere, lo guardò e poi gli disse qualcosa in una lingua che non riconosceva. Rispose ma, era chiaro che la ragazza non conoscesse la sua lingua e scosse il capo perplessa senza però smettere di sorridere, poi alzò la brocca che teneva in una mano e gli fece cenno di bere. 

Bellamy scosse il capo, le sue mani erano posate sui fianchi della ragazza e, anche attraverso il leggero tessuto che indossava, poteva sentire il calore di quel contatto, i fianchi torniti fra le sue mani. Senza accorgersene l’accostò a se, la grounder rimase un istante sorpresa poi gli sorrise, per un istante nella sua mente annebbiata dall’alcool un’altra ragazza bionda si sovrappose alla giovane che aveva di fronte a se. Alzò una mano verso i lunghi capelli biondi della grounder e gli e li scostò poi avvicinò il viso al suo e lasciò che le loro labbra si toccassero. 

Trascinò la ragazza contro il proprio corpo per rendere più intimo quel bacio, le sue mani corsero alla schiena per stringerla a se, la passione di quel momento che doveva trovare uno sfogo quando, di colpo, si rese conto che il corpo della giovane non aderiva al suo come doveva, si riscosse e si allontanò, di fronte a lui il viso di una sconosciuta. 

Lei aprì gli occhi , gli sorrise, un invito detto in un'altra lingua ma lui scosse il capo, respirò profondamente nel vago tentativo di riprendere il controllo della sua eccitazione, conscio dell’errore che stava commettendo, fece un passo indietro, mormorò una scusa, parole inutili ma che la ragazza comprese in qualche modo. Vide gli occhi incupirsi un’istante, forse stava per dire qualcosa ma Bellamy la superò, quella giornata doveva finire e subito. Superò i corridoi senza nemmeno vederli, il suo corpo in fiamme, la sua mente persa in qualche cupo pensiero. Scaricò un pugno contro il muro, la vana speranza che il dolore riuscisse a farlo tornare lucido, l’unica cosa che ottenne fu un immediato dolore, le nocche della mano sanguinanti e nient’altro. 

 

Clarke era riuscita finalmente a sedersi dopo l’ennesimo ballo, i piedi, chiusi in piccole scarpette di cuoio che le avevano imprestato, le facevano un male del diavolo, il corpetto le stringeva mozzandole il respiro e stava pensando di andarsi a cambiare. 

Un altro ragazzo la stava nuovamente invitando verso gli altri ballerini ma negò decisa, non ce la faceva, sentiva le guance in fiamme per il caldo e l’alcool che non smettevano mai di offrirle. 

Non aveva mai visto Polis così piena di vita e festosa e questo le faceva ben sperare per il futuro. Il suo sguardo corse verso l’angolo in cui Bellamy era seduto, sapeva ormai che era sparito, l’aveva visto uscire, l’aveva visto avvinghiato a  quella ragazza grounder. 

Sentì una fitta al petto al ricordo chiedendosi perché l’avesse fatto. Era conscia di quanto aver visto Echo in quello stato l’avesse turbato. Quando aveva tentato di parlare con lui l’aveva scansata e, forse questo, l’aveva ferita ancor di più che vederlo con quella ragazza. 

Scosse il capo infastidita, non voleva pensare a lui, in quel momento voleva solo divertirsi e per farlo doveva cambiarsi, con calma si avviò attraverso i corridoi, salutando qualcuno, accennando un passo di danza con qualcun altro, sorridendo a chi le sorrideva. 

Arrivata poco lontano alla stanza di Raven si fermò un istante, sapeva che era stanca ed era andata a dormire presto ma, nei suoi occhi aveva letto una certa angoscia e, con quel ricordo in mente,  si incamminò verso la sua porta, stava per bussare quando sentì un vago gemito seguito da una roca risata maschile, la sua mano rimase sospesa un istante di fronte al battente poi fece un passo indietro, un sorriso divertito fra le labbra, un rossore ancora più accentuato sulle gote. 

Continuò lungo il corridoio e girato l’angolo di fronte a lei vide, una decina di metri più avanti, una figura che conosceva perfettamente: Bellamy. Era appoggiato contro una colonna, il suo sguardo perso nel paesaggio oltre le finestre, si avvicinò fino a mettersi accanto a lui.

“Bella vista!” disse con una mezza risatina sciocca.

Bellamy non rispose, non si girò verso di lei. Rimasero così mentre i loro occhi si riempivano dell’infinito, il cielo terso era punteggiato da migliaia di stelle luminose, la via Lattea, da quell’altezza, sembrava ancora più vicina, una strada luminosa fatta di polvere di stelle. I boschi e le montagne macchie buie, solo i fuochi e la musica ai piedi della torre sembravano dare vita all’immobilità che sembrava permeare l’intera Terra. 

“Laggiù tutto appare così pericoloso” le parole di Bellamy interruppero il silenzio “Chissà se sta bene!” mormorò. 

Clarke non aveva bisogno di chiedere a chi si riferisse “È forte, una guerriera, sono certa che se la caverà!” rispose quindi.

“E se non fosse così, e se qualcuno le facesse male…” replicò il ragazzo.

“Vuoi andarla a cercare?” chiese quindi Clarke voltandosi verso di lui.

Bellamy scosse il viso “non posso!”

“Perché?”

“Gli altri, chi penserà a loro? C’è troppo da fare, non posso andarmene adesso!” 

Clarke volse di nuovo il viso verso la vista, non c’era nulla che poteva dire, Bellamy aveva ragione, c’era ancora tanto da fare eppure pensava che non fosse giusto che lui dovesse farsi carico di tutti loro, non sapeva cosa volesse dire avere un fratello ma conosceva i fratelli Blake e questo le bastava per capire che non era giusto. 

“La cercheremo” si ritrovò a dire Clarke ad alta voce guardando il suo profilo. 

Bellamy si girò verso di lei “Non hai sentito, non possiamo farlo!”

“Tu non hai sentito Blake, se questo è importante per te lo è anche per me e sono certa che vale anche per gli altri” ripose decisa Clarke. “Abbiamo ancora qualcosina da sistemare ma, se  i clan saranno dalla nostra, sarà più facile cercarla o sapere come sta, tu non credi?”

Bellamy fece un mezzo sorriso, che per un istante gli illuminò il volto “Hai ragione principessa, si potrebbe anche fare…” poi il suo s’incupì nuovamente e sfuggì quello di Clarke. 

“E meglio che tu vada ora” mormorò.

Clarke lo guardò perplessa senza capire perché, nuovamente, lui l’avesse esclusa. Voleva parlargli ma non trovava le parole, lui non era mai stato così, nemmeno prima che si chiarissero, nemmeno quando non erano arrabbiati, nemmeno quando si erano allontanati. 

Percepiva la tensione del suo corpo ma sembrava non voler condividere qualunque altro pensiero lo angustiasse, la giovane sospirò incapace di trovare un modo per abbattere quel muro che sembrava essersi alzato fra di loro. Non voleva vederlo così, non ora che ogni cosa sembrava andare per il verso giusto, non quando l’intera Polis sembrava festeggiare e il loro rapporto era così saldo. Gli sfiorò la mano in cerca di un contatto, ma lui la allontanò immediatamente, un sussulto poi niente.

Clarke alzò la mano, per appoggiarla sul suo braccio, ferita da quel gesto, quando alla fioca luce del corridoio notò il sangue sulle sue dita, confusa lo toccò cercando di capire quando si fosse fatta male, poi si rese conto che non era suo. 

“Fammi vedere la mano Bellamy” disse tentando di prendere il braccio. 

“Non è niente!” rispose lui scostandosi.

“Blake, non farmi arrabbiare” replicò Clarke strattonando il suo braccio, il ragazzo cedette e gli fece vedere la mano, le nocche erano escoriate  ma non sembrava ci fosse nulla di rotto, non sembrava nemmeno troppo gonfia “Dovresti smetterla di prendere a pugni le cose!” mormorò controllando i danni che si era fatto. 

“Vieni, ho del disinfettante in camera” disse quindi trascinandolo con se.

“Non serve” tentò Bellamy.

“Non rompere!” replicò decisa Clarke spingendolo verso la sua stanza poco distante. 

“Siediti là” indicando a Bellamy una sedia, dopo che furono entrati. Il ragazzo stava per ribattere quando Clarke lo bloccò di nuovo “zitto e non osare dire niente” a quel punto il giovane si sedette pesantemente sulla sedia. 

La ragazza trafficò un’ istante dentro al suo zaino poi si sedette sul letto accanto alla sedia e cominciò a medicarlo. Ogni tanto guardava Bellamy di sottecchi ma lui sembrava concentrato a guardare i graffiti sul muro di fronte a lui. Il silenzio fra di loro ormai imbarazzante, o per lo meno lo era per Clarke che non capiva cosa stesse succedendo poi l’immagine della ragazza grounder fece capolino nella sua mente, forse aveva tutta quella fretta di andarsene per poter tornare da lei. Rimuginò un’istante provando una fitta di gelosia all’idea che lui cercasse, in un momento così difficile per lui, la compagnia di un’estranea quando c’era lei. Non, beh, non in quel senso, pensò, o forse no. Scosse il capo confusa, mentre l’immagine di come sarebbe stato baciarlo le passò per la mente, l’alcool le stava giocando brutti scherzi quello era certo eppure non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine delle sue labbra. Lo guardò nuovamente di sfuggita ma avrebbe potuto anche fissarlo per come lui era concentrato a guardare il muro. Osservò il suo profilo alla luce fioca delle candele, ammirandone la perfezione, le sue labbra carnose, le sue lunghe ciglia e infine quel ricciolo ribelle, sentì il desiderio impellente di spostarlo da lì ma si trattenne. In quel momento Bellamy si girò verso di lei, la scrutò un istante e la ragazza sentì il rossore imporporagli le gote. 

“Se hai finito io andrei!” mormorò il ragazzo che appariva completamente indifferente al tumulto che in quel momento provava Clarke.

La ragazza annuì e cominciò a risistemare le medicazioni. Bellamy si alzò, la guardò un istante “Buon notte!” disse solamente e si voltò per raggiungere la porta. 

“Buon divertimento!” mormorò acida Clarke, parole buttate lì sottovoce, indecisa se sperare che sul viso del ragazzo apparisse la sua classica espressione strafottente pronta a prenderla in giro o se ne andasse e la lasciasse riflettere sul perché si sentiva così delusa da lui. 

Bellamy si fermò un istante, Clarke era certa che lui l’avesse sentita ma continuò ad avanzare verso la porta. 

“Mi hai deluso Bellamy Blake!” disse ad alta voce la ragazza alzandosi dal letto e avvicinandosi a lui. Ed era così, si sentiva delusa e ferita perché non riusciva a capire perché lui si stesse comportando in quel modo, perché la stesse tenendo fuori.

Bellamy non poteva far finta di non aver sentito quelle parole e, infatti, si girò verso di lei, negli occhi un’espressione minacciosa “E di grazia, in che modo avrei deluso la Brave Princess ?” disse lui accentuando proprio quelle ultime due parole. 

Clarke rivide per un istante l’uomo che aveva incontrato i primi giorni sulla terra, cosa stava succedendo, si chiese perplessa. Sapeva che entrambi avevano bevuto, che non erano in se, eppure, c’era qualcosa che proprio non riusciva a capire. 

Si avvicinò a lui, fronteggiandolo allo stesso modo con cui lo aveva fronteggiato in passato, quando si erano appena conosciuti.

“Mi hai deluso perché predichi bene ma razzoli male Blake” disse quindi senza smettere di fissarlo, senza farsi intimidire dall’altezza del ragazzo. 

“E questo cosa starebbe a significare?” chiese quindi lui. Eppure Clarke leggeva nei suoi occhi che aveva ben compreso di cosa si stesse parlando e di come si stesse comportando.

“Sto dicendo, Blake” disse quindi la ragazza “Che non hai mai perso occasione di farmi la paternale sul fatto che dovessimo dirci tutto, di come le cose si affrontano assieme e ora che c’è qualcosa che ti turba, e non è tua sorella, ti tiri indietro e questo mi fa arrabbiare, siamo amici, o almeno così credevo” terminò facendosi sempre più vicina, i loro petti quasi si sfioravano, il viso di Clarke alzato per poter vedere gli occhi di Bellamy.

Il ragazzo prese un profondo respiro, chiusi gli occhi un istante, le sue mani si serrarono a pugno diverse volte. “Clarke non siamo in grado di parlare di questo adesso, ho bevuto, hai bevuto, non capiresti…” mormorò ma non riuscì a dire altro “non capirei dici?” sputò fuori Clarke, ormai la rabbia negli occhi “io capisco solo che preferisci andare a perderti fra le braccia di una grounder piuttosto che dirmi cosa succede” poi fece qualche passo indietro “Vai, non mi interessa, fai quello che vuoi, io ora mi cambio e torno alla festa a divertirmi, non ho più alcuna intenzione di stare dietro alle tue stronzate!” terminò con il fiatone, dopo aver sputato l’ultima frase. 

Si girò per non vederlo in viso mentre usciva ma si sentì agguantare per il braccio, vide per un istante la stanza vorticare davanti ai suoi occhi e, prima che riuscisse a capire cosa fosse successo, sentì le mani di Bellamy sul suo sedere, il loro corpi attaccati. Clarke si accorse immediatamente dell’erezione che premeva contro di lei, sentì un brivido scorrerle lungo la schiena, “ecco perché è il caso che io me ne vada Principessa” mormorò  come un soffio Bellamy al suo orecchio poi, di colpo, Clarke fu di nuovo libera, immobile, il riverbero dell’eccitazione appena provata ancora in circolo. 

“ Ok, potevi dirlo subito invece di fare il muso, come se fosse successo chissà cosa! Potevi dirlo che dovevi fare solo del sesso!” disse Clarke piccata , infastidita dal comportamento di Bellamy, ancora eccitata dopo il modo con cui si erano toccati e a quello che sarebbe potuto succedere se solo.... 

Bellamy la scrutò un istante, poi scosse il capo deluso. Da quando si erano incontrati in corridoio e Clarke gli aveva parlato, riuscendo per l’ennesima volta a rasserenarlo, aveva dovuto controllarsi per non avvicinarsi troppo a lei, un desiderio sempre più impellente farsi strada, perfettamente conscio di ciò che desiderava, la consapevolezza che era l’alcool a farlo stare così, la vaga speranza che ciò che il suo corpo desiderava fosse ciò che anche Clarke voleva e invece, a quanto sembrava, la ragazza non era dello stesso avviso. Si chiese se per caso si fosse immaginato tutto e frainteso il modo in cui avevano scherzato in passato, “Non credevo avessi l’obbligo di raccontarti se o con chi ho voglia di fare sesso” rispose Bellamy chiedendosi allo stesso tempo come fosse possibile che si stessero perdendo su un discorso del genere, soprattutto partendo dal presupposto che lui doveva andare a dormire e di certo non era in cerca di una grounder visto che l’unica donna che desiderava a quanto sembrava non si era nemmeno resa conto di ciò che stava succedendo.

“Tu sai che non è quello!” ribattè lei.

“E allora cos’è?” chiese di rimando Bellamy che ormai cominciava ad essere confuso e, allo stesso tempo eccitato dalla vista di Clarke. Le sue gote arrossate, le labbra socchiuse, il respiro che ritmicamente faceva alzare e abbassare il seno, le iridi celesti dei suoi occhi segnati da un luce battagliera eppure, alla sua domanda, non rispose come se lui dovesse capire, capire qualcosa che sembrava non fosse chiaro nemmeno nella mente della ragazza.

“Dimmi Clarke” tentò quindi scandendo le parole “non ti capisco!”

“Perché lei?” mormorò, sviando poi lo sguardo da lui.

“Sei gelosa!” comprese poi in un istante.

“no, io no e che…avevo pensato che avessi chissà quale problema e, sì ero gelosa che volessi stare con lei piuttosto che parlare con me” ribattè Clarke

“Beh, volendo fare solo del sesso forse non era il caso venissi da te, o sì, principessa” la stuzzico Bellamy divertito a vedere Clarke così a disagio, era perfettamente conscio che stava giocando con il fuoco, che tutto quello era un assurdità, che non aveva la più pallida idea di ciò che stava facendo se non che adorava il modo in cui, senza riflettere Clarke, si era umettata le labbra quando aveva parlato di sesso e come il rossore sulle sue gote si era fatto più accentuato. 

“Ma se mi dici il contrario…potremmo anche provarci…” un mezzo sorriso invitante fra le labbra, si avvicinò di un paio di passi, lei ne fece alcuni indietro sviando lo sguardo. “Se fossi un’altra direi che l’idea ti piace, visto non riesci più a guardarmi in viso, stai pensando a ciò che ti piacerebbe che io ti facessi,” continuò imperterrito avvicinandosi a lei. Bellamy vide Clarke sgranare gli occhi a quelle parole e rise soddisfatto, allora non era solo lui ad essere eccitato da quella situazione assurda in cui si trovano, completamente assorbiti dal presente nessuno dei due sembrava nemmeno pensare al dopo, ma solo all’attimo come se altro non esistesse.

“Bellamy..” sussurrò Clarke, le sue spalle ormai contro il muro “io credo che tu abbia bevuto troppo” mormorò “forse è il caso che tu vada…”

ormai lui era di fronte a lei “forse hai ragione, ho bevuto troppo…” appoggiando una mano contro il muro “ma sai cosa” disse lasciando in sospeso la frase un istante, le sue labbra a pochi centimetri di distanza da quelle di Clarke “prima voglio rubarti un bacio” mormorò prima di sfiorare la bocca della ragazza poi si allontanò da lei, non seppe nemmeno con che forza riuscì a staccarsi dalle sue labbra, ma sapeva che era giusto così, non voleva che quella piccola fiammella che si era appena accesa si trasformasse in un fuoco che avrebbe distrutto entrambi quando, il giorno dopo, si fossero svegliati. Un bacio poteva essere accantonato come uno scherzo, altro no.

“Bell..” sussurrò Clarke allungando il braccio per prendergli la mano prima che si allontanasse, un gesto istintivo, un gesto che non era da lei, forse era l’alcool che parlava eppure l’idea che lui la lasciasse così, dopo il modo con cui si erano sfiorati, dopo aver letto l’eccitazione nei suoi occhi era…sbagliato. 

“Clarke..” mormorò Bellamy guardandola di sottecchi, il viso rigido, si stava trattenendo, pensò la ragazza e, stranamente, non voleva. “Sarebbe solo sesso..” continuò lui anticipando quelle che di certo sarebbero le parole di Clarke. “E se volessi solo sesso da te?” chiese la ragazza. 

Lui la scrutò un istante, la sua mente annebbiata dall’alcool, da quello che lei gli chiedeva. 

“Tu non vuoi questo” disse avvicinandosi a lei, sfiorando lentamente con le dita i suoi capelli, la clavicola scoperta e poi giù verso  la scollatura fra i seni. Clarke a quel leggero contatto si inarcò verso di lui. 

“Non vuoi questo” piegandosi e mordendo lievemente quell’unico punto in cui il suo collo si collegava alla cavicola. Clarke sussultò a quel contatto, la sua testa scattò all’indietro. 

“Tu non vuoi questo” continuò Bellamy accostandola di scatto verso di se, con tutta l’intenzione di farle sentire nuovamente la sua eccitazione, la sua bocca che non aveva smesso di mordere e baciare il collo di Clarke. 

La giovane si sentì avvolgere completamente da lui, un leggero sospiro eccitato sfuggì dalle sue labbra, le sue mani corsero ai fianchi di Bellamy per trattenerlo contro di se. “Voglio di più…” mormorò Clarke cercando la sua bocca “Non solo questo” sussurrò quando le loro labbra furono a pochi millimetri di distanza. 

Si guardarono negli occhi, la passione li offuscava, persi in quella vicinanza così diversa da tutto quello che avevano mai provato prima. La smania che si stava trasformando in un sospiro affrettato. Nessun dubbio nei loro occhi solo il desiderio, persi in un mondo che non aveva nulla a che fare con quello reale. 

“Voglio ogni parte di te” mormorò Clarke lasciando che il suo respiro solleticasse le labbra di Bellamy, il suo corpo che si strusciava contro quello di lui.

Il ragazzo rimase immobile un istante, un unico momento in cui la lucidità prese il sopravvento, la consapevolezza che il giorno dopo si sarebbero risvegliati e tutto sarebbe cambiato poi Clarke si umettò le labbra e lui non capì più nulla. Dovevano essere sue e le baciò, non aveva alcuna intenzione di pensare a cosa sarebbe successo l’indomani.

 

NOTA: Oibò! Cosa succederà ai nostri? Ehm, ehm …ehm…se siete maggiorenni consiglio di passare alla one shot a rating rosso che verrà pubblicata domani dal titolo “In Vino Veritas” sempre sul profilo di Camipp, scoprirete così come è andata a finire questa nottata sotto l’effetto dell’ alcool, chi non fosse interessato a saperlo o, per questioni di età, non può leggerla, beh..Lunedì 23, verrà pubblicato il 27 esimo capitolo e, tranquilli, senza entrare nello specifico darò degli indizi su come la nottata fra Clarke e Bellamy ha cambiato le carte in tavola fra i due J . Un bacio e non uccidetemi per questa scelta, Avenal Alec ;)  

 

   
 
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