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Autore: WriteMary    20/01/2017    4 recensioni
Zootropolis, città varia di fauna quanto di problemi.
Una volpe e una coniglietta alle prese con i più vari casi criminali.
Nuovi personaggi, occasionali citazioni e comparse del mondo Disney.
Tutto nell'ombra di una minaccia che prepara a lasciare la sua impronta.
Genere: Azione, Comico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Judy Hopps, Nick Wilde, Un po' tutti
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Glacier Falls era la principale stazione ferroviaria di Tundratown, la seconda in Zootropolis per flusso di passeggeri dopo la Savana Central Station, nonché uno dei maggiori luoghi d’interesse turistico del distretto.
La stazione non aveva un’architettura definita, era infatti una miscela di diversi stili, in particolare Norse Art, uniti alla monumentalità dell'architettura estera di Hjärtaiga.
Appena scesa dal treno la coniglietta si perse nel rilucente ambiente pubblico; che a dispetto dell'apparente monumentalità era realizzato con economia di mezzi: le parti superiori delle pareti erano in vetro  smerigliato che imitava l’opacità del rivestimento brinato delle parti inferiori, mentre le grandi volte della galleria di testa non erano strutturali, ma appese e i fregi della biglietteria, come le statue animali erano di semplice ghiaccio.
L’intera struttura ruotava attorno a una cascata ghiacciata, che precipitava dai binari superiori fino alla fermata metropolitana attraverso un ampio traforo verticale percorribile curve scale mobili.
Judy non aveva mai avuto occasione di visitarla e il suo continuo soffermarsi sui dettagli costrinse la volpe a esortarla.
“Sono quasi le otto, non farmi perdere la prenotazione.”
“È colpa tua; in auto avremmo risparmiato tempo.”
“Ma così non avresti visto la stazione.”
Lei lasciò la ringhiera della balconata sorridendo, raggiungendo Nick che a gesti la invita a raggiungerlo.
 
Il centro di Thundratown aveva di che mostrare: gran parte dei palazzi terminava con una svettante ed elaborata cupola a cipolla, mentre le palazzine sprovviste erano ricoperte da ondulati strati di neve orami tutt’uno con gli edifici.
Le vetrate dei grattacieli erano incastonate in telai bianchi che occasionalmente imitavano in rosoni le geometrie di grossi di fiocchi di neve, riprendendo le sculture in ghiaccio che erano disseminate qua e là come pinnacoli ornamentali o statue di parchi e fontane.
Judy osservò passando per le vie le luci poste alla sommità di alcuni palazzi che coloravano la parte alta degli edifici con bande luminose di forme e colori rapidamente mutevoli in rosso, verde e azzurro;
simulando un ondeggiante aurora polare per tutto il centro.
Judy non si aspettava certo di cenare in uno dei costosi ristoranti della zona e non si sorprese quando lentamente la volpe la portò lontano dagli sfarzi.
“È la prima volta che ceno a Tundratown, com’è questo Koslov's Palace?”
“Si chiama Palace solo perché è al piano terra di un palazzo, non aspettarti il lusso.” Rispose Nick mettendo le zampe nelle tasche di una felpa blu a cui Judy non era abituata. “È modesto, dalla buona cucina tradizionale e decisamente generoso nei prezzi.”
Judy non volle indagare oltre, sia per non metterlo in imbarazzo, sia perché iniziava a sentirsi in imbarazzo lei stessa.
Come preannunciato, l’ingresso era semplice: una media porta di legno con un bassorilievo che riproduceva un ficco di neve, due piccole lanterne rosse ai lati e bassi corrimano di metallo.
L’insegna era forse troppo grande rispetto alla porta e il fatto che fosse illuminata da prepotenti neon rendeva ancora più eccessiva la composizione.
Appena entrati Judy fu travolta da risate e conversazioni, forse più consone a una birreria, ma sopratutto dal forte odore di barbabietola.
Un bianco ermellino svettò da sopra il piccolo podio all’ingresso, chiedendo ai due se avessero prenotato.
“Piberius Wilde.” Rispose la volpe confermando la prenotazione sul registro del ristorante.
“Piberius?” Chiese Judy in tono sarcastico.
“Che c’è? Ogni tanto mi piace darmi un tono.”
“Prego; il tavolo sedici.” Informò il cameriere.
Gli interni erano caldi, o per lo meno lo erano i colori: sotto ogni tavolo c’era un grande tappeto adornato di arabeschi e figure geometriche, di un rosso intenso quanto le tovaglie altrettanto decorate.
L’atmosfera era riverbera di luci arancio rosse, tanto da far sembrare la pelliccia dei chiassosi orsi polari parte dell’arredamento.
Una renna lasciò ai due il sottile menù, dove Judy non lesse molta scelta.
“Borscht cipolle e cetrioli, Borscht fagioli e cavoli, Borscht carote e patate, Borscht pomodori e funghi… Credo prenderò il Borscht.”
“Si?.” Rispose Nick fingendosi indeciso sul menù. “Penso ordinerò lo stesso.”
La renna portò loro in breve tempo due scodelle, contenenti la minestra a base di barbabietole di un ormai sempre più ricorrente rosso.
“Quindi…” Chiese la coniglietta visionando il pasto. “Come vanno le indagini?”
“Vuoi parlare di lavoro Carotina?”
“Sono solo curiosa, mi brucia ancora essere stata tagliata fuori.”
“Siamo a un punto morto; certo il ratto aveva precedenti penali ma come sospettavo era solo un pece piccolo, pagato unicamente per l’infrazione. Interrogarlo è stato inutile, non sapeva nulla di cosa contenesse il tubo ne per chi stesse lavorando; ora sarà in galera, mentre dell’orso non si hanno ancora tracce. Voi invece progressi?”
“Nulla. Spero nel tuo… contatto, credi sappia veramente qualcosa su Kepala?”
“Probabile, ma non aspettarti informazioni risolutive.”
Seguì un attimo di silenzio, dove Judy cerco di giustificarsi assaporando la zuppa, notando la volpe che ripetutamente faceva fuggire lo sguardo come in cerca di distrazione.
“I tuoi?” Chiese poi rompendo il silenzio. “Ti chiamano ancora fiscalmente ogni sera?”
Lei rise. “Si, inizio a pensare che inviargli la tabella degli orari non sia stata una buona idea.”
“Quindi anche…”
“Ovviamente, faccio appena in tempo a tornare a casa che mi squilla il telefono, prima che arrivassi ho dovuto tagliare corto dicendo che avevo impegni sul lavoro.”
Sul muso di Nick si tracciò un filo di sorriso, per poi far fuggire lo sguardo di nuovo oltre le spalle della coniglietta.
Judy pensò di non aver usato le parole giuste, ma sul momento non aveva alcuna voglia di vedere come suo padre avesse preso la sua serata: non era certo una cattiva persona, ma era cauto, con la tendenza a esagerare un po’ troppo le cose.
Parlarono del più e del meno, principalmente di quali modifiche Nick avrebbe apportato a dipartimento e di come queste apparissero insensate per Judy.
Tra i due i toni erano confidenziali e presto alla coniglietta si sentì a suo agio, permettendosi di infiorettare i commenti della volpe sulle conversazioni delle alci che avevano al tavolo a fianco.
Conclusa una battuta su come molti nella sua vita cercarono di fare la volpe con una volpe, Nick lanciò un’ennesima fugace occhiata dietro Judy, per poi alzarsi da tavola.
“Dammi un secondo Carotina, torno subito.”
Lei fece un rapido cenno del capo, distratta, in cerca ancora del senso della battuta e quando si rese conto di Nick, si voltò per seguirlo con gli occhi.
Si diresse al bancone del bar, o almeno qualcosa che lo ricordava; suppose volesse ordinare da bere.
La barista però attirò la sua attenzione.
Era una volpe artica, intenta ad allacciarsi il grembiule.
La distanza e le conversazioni sormontate non resero comprensibili le parole di Nick, ma Judy vide chiaramente come l’altra volpe si voltò di scatto, esprimendosi e guardandosi ripetutamente attorno.
Aggirò il bancone di fretta, afferrando il braccio di Nick trascinandolo di prepotenza oltre una porta dalle tende a perline.
Judy si guardò attorno confusa e apparentemente nessuno aveva notato nulla.
Si alzò da tavola e nell’atteggiamento più naturale possibile raggiunse il bancone, per poi costeggiarlo furtivamente passando oltre la porta.
Davanti a lei comparvero le scale di un seminterrato, troppo curate per portare a una cantina.
Scese i pochi gradini fino a un corridoio alla cui estremità destra c’era una modesta porta in legno, mentre alla sinistra si apriva un arco scavato nel ghiaccio.
Sentì rumore di risate assieme a un crescente odore di menta provenire da oltre l’arco e avvicinandosi con cautela la coniglietta vide che dava su una sala allestita.
L’interno era come una caverna scavata nel ghiaccio, con pareti ondulate e soffitto a volta.
Dei piccoli tavoli circolari erano disposti ai margini, con tappeti e tovaglie uguali al piano superiore con la sola aggiunta di divanetti a ferro di cavallo attorno.
Su di essi erano seduti, se non distesi, diversi felini.
Questi ridevano in modo confusionale, con atteggiamenti molto simili allo stato d’ebbrezza.
Un grosso leopardo delle nevi era pressoché straiato su un tavolo inebetito, due folte linci si strusciavano ripetutamente il capo l’uno contro l’altro e un puma rideva in solitaria.
Judy deglutì nell’incertezza per poi vedere un grosso orso polare passargli accanto, afferrare il leopardo delle nevi e trascinarlo tra proteste e insulti fuori dalla porta all’estremo del corridoio.
Judy capì che doveva trattarsi dell’ingresso di qualunque cosa fosse il posto in cui si trovava, sorprendendosi poi di come l’orso l’aveva ignorata completamente prima di risalire le scale.
Sentendosi pressoché legittimata, la coniglietta attraversò rapidamente la sala con le braccia tese lungo i fianchi e lo sguardo imbarazzato rivolto alla parete.
A un tratto il suo orecchio si tese, captando la voce di Nick provenire da dietro una porta.
Si avvicinò e poggiò l’orecchio.
“Stai tirando troppo la corda Nicholas, rischi di trovartela attorno al collo?”
“Ho già avuto un esperienza simile.”
“Non scherzare. Se Koslov ti trova qui…”
“Ho delle garanzie.”
“Garanzie? È solo per colpa delle tue garanzie se hai rischiato…”
“Lilja, mi serve solo…”
“No Nicholas. Problemi con Koslov significano problemi con Mr. Big e l’ultima cosa che voglio è…”
Judy apri la porta, l’ultimo dei nomi pronunciati era più che sufficiente per farla agire.
“Judy! Cosa ci fai qui.”
“Lo chiedi a me?” disse incrociando le braccia.
“Judy?” Chiese  la volpe artica inclinando il capo. “Quella Judy? Judy Hoops!” Esclamò affrettandosi per richiudere la porta a chiave. “No no Nicholas, tu sei tutto matto.”
“Lilja calmati.”
La volpe artica prese un profondo respiro, cercando di ricomporsi.
Era poco più bassa di Nick, ma abbastanza alta da guardare Judy dall’alto con fastidio.
Le piccole orecchie rotondeggianti erano leggermente reclinate all’indietro, folte come la bianca pelliccia stretta sotto una camicia nocciola e grembiule nero.
Judy distolse lo sguardo dalle due volpi, visionando l’interno di quello che sembrava un piccolo ufficio; la piccola scrivania non suscitava alcun interesse al contrario della scaffalatura che la coniglietta aveva a fianco.
“Che cosa vuoi?” Riprese Lilja rassegnata.
“Solo un’informazione” Rispose Nick. “Sai niente di Mor?”
Judy guardo col profilo la volpe, chiedendosi  chi ancora stesse tirando in ballo.
Tese le orecchie per ascoltare la conversazione, mentre prese dallo scaffale uno dei tanti barattolini in plastica impilati.
“Mor chi?” Chiese la volpe artica.
“Ma si Mor, l’orso polare.
“Ci sono un sacco di orsi polari a Tundratown.”
“Ma lui lo conosci, quello burbero che non gli importava cosa dovesse fare purché venisse pagato…”
“Morskim?”
“Si. Lui!” Escamò schioccando una zampa ricordandosi il suo nome.
Judy lesse l’etichetta sul lato della confezione, con i nome di quelli che sembravano essere gli ingredienti del contenuto: actinidia polygama e nepeta cataria.
Il primo nome l’era sconosciuto ma il secondo chiarì molte cose.
Fece per aprire il coperchio quando venne immediatamente interrotta.
“Ehy! Rimettilo a posto.” Escalmò Lilja. “Nicholas di alla tua amica di tenere le zampe a posto.”
“Questa è erba gatta.” Affermò severa mostrando a Nick lo spezzettato di foglie essiccate contenuto. “Questo è un locale di spaccio!”
“Judy per favore aspetta…”
“Spaccio?” Esclamò Lilja quasi offesa. “Ha forse l’aspetto di un posto illegale questo?”
“Lo hanno i felini qui fuori.”
“Non c’è nessuna legge che vieta il commercio della Gattària e della Silver vine.”
“Allora perché creare un locale come copertura.”
“Quanto si vede che non sei informata, non è qualcosa che puoi vendere al mercato agricolo.”
“Forse perché non è esattamente legale.”
“È contestata. Chi l’acquista la usa per esigenze molto personali, forse troppo spinte per la tua palese innocenza e comunque non causa alcun effetto collaterale.”
“Nessuno?” Si impose in crescente disappunto. “Contiene un analogo dei feromoni felini, agisce direttamente sul cervello e un abuso eccessivo può essere turbativo per l’equilibrio comportamentale.”
“Speculazioni da erborista.”
“Judy, non siamo qui per questo.” Intervenne Nick.
“Ma…”
“Per favore.”
La coniglietta incrociò le braccia, distogliendo lo sguardo.
Sul muso di Lilja si dipinse un sorriso soddisfatto, tanto palese che Nick le fece chiaro segno di smetterla.
“Non irritarmi Nicholas, non sei esattamente in una posizione di vantaggio, la tolleranza di Mr. Big ha un limite.”
Judy guardò Lilja serrando gli occhi, mandando anche lei un chiaro avvertimento.
“Mi stavi dicendo di Mor no?” Riprese la volpe assumendo un tono falsamente cordiale.
Lilja ruotò gli occhi e si appoggiò alla scrivania accavallando le zampe. “Non si fa vivo da quasi un mese ormai.”
“Un mese?”
“Sai com’è fatto, a lui importano solo i soldi non a mai creduto alla questione della famiglia” disse facendo virgolette sull’ultima parola. “È fuori dai giochi da troppo tempo, immagino abbia trovato un lavoro più redditizio.”
Nick apparve impensierito, rispondendo con vago cenno alla volpe artica.
D’improvviso il pomello della si mosse e tre pesanti colpi si sentirono da dietro la porta.
“Alopex, sei li dentro?”
Le pupille di Lilja si restrinsero quasi a scomparire e assumendo movimenti convulsi spinse rapidamente Nick e Judy dietro la scrivania.
“Alopex?”
“S-si si arrivo.”
Judy e Nick sentirono la porta aprirsi e a giudicare dal passo pesante era entrato sicuramente un grosso animale.
   
 
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