Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: Laylath    22/01/2017    5 recensioni
(Seguito di Un anno per crescere).
Da quel fatidico anno che unì in maniera indissolubile un gruppo di ragazzi così diversi tra di loro, le stagioni sono passate per ben cinque volte.
In quel piccolo angolo di mondo, così come nella grande città, ciascuno prosegue il suo percorso, tra sorprese, difficoltà, semplice vita quotidiana. Si continua a guardare al futuro, con aspettativa, timore, speranza, ma sempre con la certezza di avere il sostegno l'uno dell'altro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Capitolo 13. Il momento di decidere

 


 
Una cosa si poteva dire con certezza di Arthur Doyle: quando voleva sapeva essere un giovane davvero affascinante. A casa del notaio Fury, per la merenda organizzata da Riza, si stava comportando come il più garbato degli ospiti: aveva parlato con tutti quanti, trovando sempre l’argomento giusto, si era prodigato di complimenti con tutte le donne presenti, comprese Ellie e sua suocera, senza però risultare melenso ed infine aveva intavolato col notaio ed Heymans una discussione su alcune materie di giurisprudenza che dimostrava come fosse davvero ferrato in quella materia. A vederlo si sarebbe detto più che ovvio che seguisse le orme paterne, era palese che la dottrina forense catturava il suo interesse più del previsto.
“Non capisco come uno a modo come lui sia andato via di casa – commentò Riza, guardandolo parlare con suo nonno adottivo, comodamente seduto su una poltrona – eppure sembra così tranquillo”.
“Credimi, è pieno di sorprese – la corresse Roy, passandole il piatto per farsi mettere una nuova fetta di torta – il vero problema non è la giurisprudenza quanto suo padre. Arthur è molto indipendente mentre il giudice Doyle, a quanto si dice, è molto severo e pressante: ottima dote per un rappresentante della giustizia, ma non per il padre di uno come il nostro amico”.
“Insofferente alla disciplina? Mi ricorda un po’ le tue continue liti col capitano Falman”.
Il cadetto le lanciò un’occhiata indispettita per quella frecciatina, ma poi scosse il capo con un sorriso di scusa. All’inizio pure lui aveva fatto un simile parallelismo, ma aveva ben presto capito che si trattava di due cose molto differenti: il capitano Falman non l’aveva mai pressato a fare qualcosa che lui non voleva. L’aveva, più che altro, tenuto dentro il seminato quando ancora lui non capiva bene quali fossero i giusti confini della strada da seguire. Roy era abbastanza onesto da rendere merito al grande lavoro che l’uomo aveva fatto con lui e si rendeva conto che ad Arthur era mancata una guida simile, capace di incanalare un carattere difficile in un percorso produttivo.
“A proposito del capitano, mi dispiace che non sia venuto. Stasera passo a trovarlo: voglio chiedergli se lui e la signora vogliono venire alla cerimonia di fine Accademia”.
“Davvero? – Riza lo fissò con meraviglia – Saranno contenti di ricevere questo invito, ne sono sicura”.
“Ci ho pensato a lungo e alla fine sono arrivato alla conclusione che mi farebbe piacere se ci fossero. In fondo devo qualcosa al buon vecchio capitano Falman, no?” l’ultima frase fu detta in tono canzonatorio, quasi a nascondere l’estremo affetto dimostrato in precedenza.
“Lui è estremamente fiero di te: sono certa che si prenderà qualche giorno di ferie per assistere a questo grande evento – annuì la fidanzata con gioia – con tutta probabilità verrà pure Vato”.
“E tu?”
“Io? – Riza esitò, colta in flagrante, tanto che non poté fare a meno di sentirsi come un animale appena caduto nella trappola – Non ho ancora avuto occasione di parlarne con i miei genitori. Con tutta la storia di Rebecca ho avuto altro a cui pensare”.
“Capisco – commentò Roy, fissandola di sbieco. Poi un sorriso furbo gli comparve sulle labbra e gli occhi si accesero di malizia – allora approfittiamo della situazione: i tuoi sono entrambi qui e ci sono pure io con la mia grande persuasione. Guarda, proprio adesso non stanno parlando con nessuno: è il momento ideale”.
E presa per mano la ragazza si diresse dall’altra parte del grande salone, dove Ellie ed Andrew stavano chiacchierando tranquillamente tra di loro.
“No, Roy…” mormorò Riza, trovandosi con le spalle al muro. E’ vero che la situazione con Rebecca aveva occupato molto del suo tempo, ma aveva evitato di proposito di iniziare quel discorso con i suoi genitori. La solita paura di fare qualcosa di nuovo che la spingesse fuori dal paese l’aveva fatta da padrone e così aveva deciso di rimandare il più possibile.
Non si era minimamente immaginata che il suo fidanzato prendesse questo tipo d’iniziativa.
“Tutto bene, ragazzi?” chiese Andrew come si accostarono a loro.
“Certamente, signore – rispose prontamente Roy – siamo qui perché dobbiamo chiedervi un enorme favore e Riza mi ha chiesto di parlare perché si sentiva un po’ in imbarazzo”.
“Cielo, cara, ma quando mai ti devi sentire in imbarazzo con noi? – chiese Ellie, prendendo a braccetto la figlia adottiva – Non devi mai esitare a chiedere. Di che si tratta?”
“Ecco, io…” arrossì, Riza.
“A gennaio ci sarà la cerimonia di fine Accademia – proseguì il cadetto con disinvoltura – e ho invitato Riza a essere presente. Lei ovviamente voleva chiedervi prima il permesso, ma aveva timore che per voi fosse un problema”.
A quella richiesta ci fu qualche breve secondo di silenzio, durante il quale i due coniugi Fury si fissarono l’un l’altro con qualche perplessità. Poi lo sguardo di entrambi corse a Riza, la quale abbassò gli occhi con aria colpevole, arrossendo vistosamente.
“Non ce ne aveva accennato…” iniziò Ellie.
“Beh, gliene ho parlato solo alla festa nel capannone – annuì Roy – però sono delle cose che richiedono un certo preavviso, me ne rendo conto. Ho pensato che magari Riza potrebbe stare da suo nonno, del resto è parecchio tempo che non si vedono. Si tratterebbe solo di qualche giorno e a me farebbe molto piacere se la mia fidanzata fosse presente ad un traguardo così importante”.
Ci sapeva fare con la persuasione Roy Mustang, su questo non c’erano dubbi. Per quanto fosse sicuro di sé, a volte fino alla strafottenza, era capace di assumere le espressioni più miti e devote quando era l’occasione giusta. E non si trattava di finzione, per quanto certi atteggiamenti fossero strani da vedere in una personalità forte come la sua.
Tuttavia un conto era ammaliare i suoi docenti d’Accademia, un altro era aver a che fare con gli adulti che l’avevano seguito fin da quando era un adolescente scatenato che ancora non sapeva dominare questo suo modo di fare.
“E’ una proposta tutto sommato ragionevole – disse Andrew con tranquillità, accennando a Riza di andargli accanto – ma prima di dare il permesso, io e mia moglie vorremmo scambiare un paio di parole con la diretta interessata. Tu ci scuserai, vero Roy?”
Un lieve broncio apparve sul bel viso del bruno, ma sparì nell’arco di un secondo.
“Assolutamente – annuì – io torno a parlare con gli altri, fate pure con comodo. Ah, ovviamente vorrei precisare che l’invito è esteso anche a Kain: sono sicuro che gli farebbe davvero piacere farsi un viaggetto ad East City”.
“Ne terremo conto. Vieni, cara, andiamo nello studio di mio padre”.
 
L’animo di Riza era un misto di sollievo e di ansia mentre si allontanava da Roy assieme ai suoi genitori. Da una parte si sentiva grata per quella strana forma di salvataggio dalla troppa intraprendenza del suo fidanzato, dall’altra era in enorme imbarazzo perché quegli strani e scomodi altarini erano stati scoperti. E questo voleva dire tirar fuori con Andrew ed Ellie buona parte delle sue preoccupazioni.
Era stata poche volte nello studio del suo nonno adottivo, ma l’aveva sempre trovato imponente e affascinante. Sebbene in quegli anni fosse stata qualche volta ad East City e avesse visto i bellissimi ambienti della villa del generale Grumman, niente le aveva mai regalato lo stesso senso di conoscenza e giustizia che emanavano quelle pareti colme di pesanti libri di giurisprudenza. Le piaceva tantissimo la grande scrivania di legno di noce con le sedie che l’accompagnavano, così come le due poltrone di velluto rosso che stavano davanti al camino in pietra.
Era l’ambiente che rispecchiava appieno il vecchio notaio Fury, così solido e sicuro con la sua sola presenza. Proprio come lo studio di Andrew riusciva a rendere la sua personalità attenta e allo stesso tempo tranquilla.
Il suo studio invece riflette il caos che c’è dentro la sua anima…
Quel fastidioso rimando a Berthold fece rabbrividire leggermente la giovane. D’istinto il braccio che Andrew teneva attorno alle sue spalle la cinse con maggior dolcezza, quasi a volerla rassicurare.
“Accidenti, un invito ad East City – fece Ellie, iniziando l’argomento e distogliendola da quei pensieri – non è proprio come un invito ad andare a fare una passeggiata per le campagne”.
“Ve ne avrei parlato a tempo debito”.
“Non ne ho dubbi – la donna si accostò al camino acceso e si mise con le mani dietro la schiena. Il viso era illuminato da un sorriso particolarmente malizioso, come se fosse perfettamente consapevole del turbamento che quella proposta aveva provocato nella diretta interessata – però, come ha detto Roy, per organizzare certe cose ci vuole un certo preavviso. E la cosa che adesso mi importa è sapere che cosa ne pensi tu”.
“Veramente vorrei sapere cosa ne pensate voi – Riza sgranò gli occhi davanti a quella piega inattesa che aveva preso la discussione: aveva creduto che i suoi genitori le esponessero tutte le loro ragioni per farla o non farla andare. Non si aspettava di essere chiamata in causa – per andare ho chiaramente bisogno del vostro permesso”.
“Staresti da tuo nonno, persona di cui ci fidiamo dato che sei stata da lui più volte – continuò Ellie – e sono sicura che Roy ti tratterebbe nel modo dovuto quando starete assieme. Senza contare che ci sarà anche Heymans ad East City e questo ci tranquillizza non poco”.
“Suvvia, Ellie – sorrise con indulgenza Andrew – non mi pare il caso di proseguire”.
“Va bene, va bene – ridacchiò Ellie – è solo che mi fai ridere, tesoro: sembrava che ci dovessi dare chissà quale notizia a vedere la tua faccia. Come ti è venuto in mente che non ti dessimo il permesso per una cosa simile? Tu non hai idea di quanto sarei voluta andare alla laurea di Andrew, anni fa”.
“Basterà che tu scriva a tuo nonno, sono sicura che sarà davvero felice di ospitarti qualche giorno: è da quasi un anno che non vi vedete, ormai”.
Come sembrava tutto semplice e ovvio messo in quel modo: a vederla così anche tutto il tumulto che aveva nel suo cuore sembrava solo frutto di feroci paranoie. Però non poteva negare che c’era.
“Allora, dove sta il problema?” le chiese con gentilezza la madre adottiva.
“So che sembra sciocco – si convinse a confidare Riza – ma in qualche modo non mi sento pronta a venir presentata come fidanzata di Roy. Almeno non in un’occasione ufficiale come può essere la fine dell’Accademia… mi sembra un passo così ufficiale e così prematuro. Come se dovessi trasferirmi in città la mattina successiva”.
Terminò la frase e si fece silenzio. Aveva tenuto lo sguardo basso mentre esponeva i suoi timori, ma si arrischiò a sollevare gli occhi sui suoi genitori e notò come si fissassero con perplessità.
“Te l’ha detto Roy che dovrai trasferirti in città?” chiese Andrew.
“No, non ha accennato a niente di simile. Però è stupido negare che prima o poi dovrà succedere se un giorno ci sposeremo… e potrebbe essere addirittura Central City, ancora più lontana da qui. Ed io non mi sento assolutamente pronta ad andare via da casa, da questo posto – cercò di controllare il tremito della voce – in tutti questi anni mi sono sempre detta che tanto c’era ancora tempo, ma ora che sta terminando l’Accademia è come se tutto fosse diventato incredibilmente reale e vicino. Mentre io non sono maturata abbastanza per accettare la cosa”.
“Riza, nessuno ti obbliga ad andare in città se non lo vuoi”.
“Sono la sua fidanzata e lo amo – scosse il capo la ragazza – certo che prima o poi dovrò sposarlo, lo voglio sinceramente. E’ solo che… dannazione, non sapete quanto invidio Vato ed Elisa che sono tornati entrambi in paese e non hanno un simile problema. Io… io non voglio lasciarvi, non è come sposarmi ed andare ad abitare a nemmeno venti minuti di camminata. La città mi pare troppo grande e troppo caotica per me: un conto è andarci in gita per una settimana, ma viverci… santo cielo, mi sento così ingrata nei confronti di Roy”.
“Ehi, ragazzina – Andrew la abbracciò – guarda che il salto da paese a città non è mica uno scherzo. Sono stato ad East City per tre anni e ti assicuro che specie i primi tempi è stata dura. Non è assolutamente sciocco avere simili paure”.
“Però è sciocco pensare che un invito come quello ricevuto sia quasi un obbligo a trasferiti il giorno dopo – specificò Ellie – Tesoro, hai compiuto diciotto anni quest’estate e il tuo fidanzato sta terminando l’Accademia. Non credo che il matrimonio sia qualcosa che avverrà a breve, a meno che entrambi non lo vogliate come abbiamo fatto io e tuo padre anni fa. Ma la situazione mi pare estremamente diversa”.
“Dite quindi che dovrei accettare?”
“Dico che per noi non c’è nessun problema a far andare te e tuo fratello per qualche giorno ad East City – corresse Andrew – e sono sicuro che a Roy farà veramente piacere avervi lì in un momento così importante come la fine dell’Accademia. Oltre a voi ed Heymans ci sarà qualcun altro?”
“Roy vuole chiederlo anche al capitano Falman e a sua moglie, e penso che verrà anche Vato”.
“Con tutti loro ti sembra davvero un’occasione da evitare?”
Riza arrossì con imbarazzo, sentendosi davvero sciocca per aver proiettato tutte le sue paure in quell’avvenimento. Certo sarebbe stato un passo in avanti verso il loro futuro assieme e lontano dal paese, ma non quello definitivo. Forse, anzi, l’avrebbe aiutata a schiarirsi un po’ le idee.
“Sono così stupida…”
“Ma no – la consolò Ellie, prendendola per mano – adesso torniamo da Roy e gli diremo che, dopo tanto riflettere, abbiamo convenuto che possiamo darti il permesso per andare ad East City”.
 
“E così la tua fidanzata è la nipote del generale Grumman? Accidenti, una bella spinta in avanti per la tua carriera militare”.
Gli occhi chiari di Arthur si accesero di malizia mentre sollevava il bicchiere a mo’ di brindisi.
“Non ho intenzione di accettare favoritismi – scosse il capo Roy – sarebbe troppo semplice, ma comporterebbe anche una mancanza di rispetto da parte di tutto il resto dell’esercito: chi va avanti con queste spinte non ha mai una buona nomea”.
“Ma arriva più in fretta a Central City – scrollò le spalle l’altro – tutti gli altri gradi che ho conosciuto ai ricevimenti di mio padre avevano sempre cognomi conosciuti o mentori di una certa importanza. Semplice politica, amico mio, funziona così: se non accetti queste regole del gioco avrai difficoltà ad arrivare in cima… e tu mi sembri uno parecchio ambizioso”.
“Lo sono, infatti – il sorriso del cadetto si fece affascinante – ma voglio che la mia carriera si fondi su solide basi. Se non mi fondo sulle mie capacità sarò sempre in balia di chi mi ha portato in alto e questo, a lungo andare, si rivolterebbe contro di me. No, io voglio libertà di movimento: non voglio rendere conto a nessuno per mera riconoscenza. Finché si tratta di ordini da superiore a subordinato, ecco, quelle sono le regole del gioco che accetto, ma per il resto no”.
“Vuoi fare la mosca bianca nel mondo cupo delle raccomandazioni e del nepotismo – un altro brindisi, questa volta più lento – sta certo che seguirò i tuoi movimenti con grande interesse. Mi piacciono queste sfide contro il sistema”.
“Ti piacciono così tanto che tu stesso le fai – lo provocò Roy – immagino che tuo padre sarà livido di rabbia per quanto hai combinato. Chissà perché ho la netta impressione che tu non voglia diventare giudice”.
“Arthur Doyle junior, giudice degno erede di suo padre, Arthur Doyle senior… no, suona troppo banale e semplice, non penso faccia per me – c’era parecchia irriverenza in quell’affermazione, come se l’idea di provocare un simile scandalo non lo preoccupasse per niente – del resto siamo nel nuovo secolo ed i cambiamenti sono all’ordine del giorno. Persino quelli che spezzano una tradizione di cinque generazioni”.
“E cosa vuoi fare nella vita? Non mi sembri il tipo che farà qualcosa di sgradito solo per il gusto di dare un dispiacere al proprio vecchio”.
“Ho ancora un paio di anni all’Università per scegliere, non ho nessuna fretta. Oh, ma ecco che torna la nostra deliziosa signorina – salutò con galanteria, mentre Riza si faceva avanti – la lascio subito con il suo fidanzato, miss Riza, non vorrei mai essere di troppo”.
“Avrebbe un ottimo futuro come attore – sogghignò Roy, mentre osservava Arthur tornare verso il gruppo di altre persone – se lui seguirà il mio avvenire, anche io osserverò con interesse il suo. Allora, colombina, torniamo a noi: i tuoi ti hanno dato il permesso?”
“A me e a Kain – annuì Riza, stranamente con un sorriso più tranquillo rispetto a qualche minuto prima – anzi, è il caso di dargli la bella notizia. Kain! Vieni qui, ti devo dire una cosa”.
“Ne sono felice – Roy la guardò di sbieco, quasi a chiedersi cosa ci fosse dietro questo strano cambio d’umore – va tutto bene?”
“Certamente. Kain, ti devo dare una grande notizia: mamma e papà ci hanno dato il permesso per andare ad East City ad assistere alla cerimonia di fine Accademia di Roy”.
“Sul serio? – il ragazzino si illuminò in volto – Davvero possiamo andare? Oh, ma è una notizia meravigliosa! Non sapevo che ci avessi invitato, Roy! Grazie, grazie mille!”
“Volevo prima essere sicuro che i vostri genitori vi dessero il permesso, gnometto – sogghignò il moro, arruffando i capelli dritti del più piccolo – sei contento? Ti farò fare anche un giro in Accademia, ci sono un sacco di cose interessanti da vedere: sono certo che il reparto comunicazioni ti interesserà parecchio”.
“Le radio? – l’espressione di Kain era estasiata – Ma questo è un sogno che si realizza! Ho sempre desiderato vedere le apparecchiature dell’esercito: sono qualcosa di stupendo! E quando partiamo?”
“Ci vorrà più di un mesetto, quindi calma i tuoi bollenti spiriti – spiegò Riza – sarà verso il dieci gennaio. Noi andremo a stare da mio nonno”.
“Sarò felice di rivederlo! La sua villa mi piace un sacco: è piena di cose interessanti. E poi lui è davvero simpatico… credi che ci farà fare dei giri in macchina come l’altra volta? Mi ero davvero divertito tanto: l’autista mi aveva anche fatto sedere al suo posto quando eravamo fermi”.
“Quanto entusiasmo! Pensa a quando porterò la moto qui” sogghignò Roy.
 
La merenda si concluse in modo veramente piacevole ed i ragazzi si ritrovarono in strada, ciascuno diretto a casa propria. Roy decise di andare assieme a Vato per invitare ufficialmente il capitano Falman e sua moglie alla cerimonia di fine Accademia; Ellie ed Andrew decisero di accompagnare Heymans in modo da poter salutare Laura e portarle parte della torta che era avanzata dal rinfresco. Alla fine, dato che anche Elisa era tornata a casa sua ed Arthur era rientrato nel locale della zia di Roy, rimasero soltanto Jean, Riza e Kain.
Avendo un pezzo di strada da fare assieme si avviarono con tutta tranquillità verso l’uscita del paese, godendosi quegli ultimi sprazzi di luce prima che il buio iniziasse a diventare troppo pesto.
“Ho portato la torcia per sicurezza – disse Kain, tirando fuori dalla sua onnipresente tracolla il piccolo apparecchio – è quella che mi ha regalato Roy per il mio compleanno”.
“Me ne devo procurare una pure io – annuì Jean – tornano sempre utili”.
“E’ stata proprio una bella merenda – sorrise Riza, decisamente più serena rispetto agli ultimi giorni – e Arthur non mi dispiace come persona. Sebbene sotto certi punti di vista sia un vero e proprio mistero”.
“A me sta simpatico – commentò Kain – un po’ mi ricorda Roy”.
“Ah, l’hai notato pure tu – Jean si soffiò sulle mani infreddolite prima di cercare i guanti nella tasca del cappotto – comunque proprio non ce lo vedo a stare in campagna. Quello è fatto per la vita cittadina, non ci sono dubbi”.
“L’ho pensato pure io, in questo è molto diverso da noi”.
“Beh, del resto Roy è sempre voluto andare via da questo posto, sin da quando era ragazzo: è più che normale che abbiano dei punti in comune e…
“Eccoti qua, con tutta la tua faccia tosta!”
Il terzetto si fermò e si girò di lato.
Rebecca se ne stava ferma all’ingresso della via laterale che portava a casa sua. Doveva essere uscita di casa di corsa perché non indossava il cappotto ed il suo abito chiaro di certo non la proteggeva dal vento pungente di quella sera dicembrina. Ma sembrava che quello fosse un dettaglio del tutto secondario: se ne stava a gambe larghe e con le braccia conserte, anche se quello che spaventava di più era l’espressione.
Sicuramente aveva pianto parecchio in quei giorni, come dimostravano gli occhi gonfi e arrossati, però tutto quello che traspariva dai lineamenti era furente rabbia.
“Non mi sono mai nascosto – disse Jean con tutta la calma di cui era capace – se tua sorella ti ha riferito il messaggio, sai benissimo che sono più che disposto a parlare quando vuoi”.
“E di cosa vuoi parlare? Di come mi hai scaricata? – lei si fece avanti, i capelli scuri che venivano agitato dal vento – Di come ti sei presentato a casa mia e hai incaricato mia sorella di darmi una notizia simile?”
“Perché tu eri chiusa in camera tua e non volevi parlare con nessuno, nemmeno con la tua migliore amica che è venuta più volte a chiedere come stavi”.
“Non cambiare argomento, bestione! – adesso erano faccia a faccia, uno più irato dell’altro – Tu non hai idea di come mi hai umiliata in questi giorni. Prima con quella proposta assurda e insultate e poi con questo. Come ti permetti di lasciarmi? Sarei stata io a doverlo fare!”
“Sei arrabbiata perché ho preso io l’iniziativa? – Jean sogghignò con sarcasmo – Proprio bello da sentirselo dire. Sono stanco di venir trattato a pesci in faccia da te e dalla tua famiglia”.
“Mia madre aveva proprio ragione su di te!”
“Ma sentiti! Fino a qualche giorno fa non facevi altro che prendertela con lei, rivolgendole i peggio insulti. Ma adesso, siccome è cambiato il vento, fai come una banderuola e segui la nuova direzione… sei proprio pessima, degna figlia di tua madre”.
“Come osi? Sfrontato che non sei altro!”
“Dai, non fate così – intervenne Riza – Reby, sono sicura che tutto si possa risolvere. Jean avrà fatto anche degli errori, ma è stato in buona fede che ha cercato una soluzione…”
“Ah, adesso stai dalla sua parte e non dalla mia?” gli occhi furenti di Rebecca si rivolsero verso di lei.
“Io sto dalla parte di entrambi – corresse Riza – e riconosco che se Jean ha sbagliato l’hai fatto pure tu. Non è stato bello come ti sei comportata: ci hai impedito di parlarti in questi giorni, eravamo preoccupati per te, non capisci?”
“Eri preoccupata solo di riportarmi le mie cose! Adesso hai casa libera, sei felice?”
A quella frase, chiaramente detta sull’impeto della rabbia, fu come se il vento avesse deciso di fermarsi, lasciando i ragazzi in uno strano occhio del ciclone.
“Vai al diavolo, Rebecca – sbottò Jean, prendendo Riza per un braccio e tirandola indietro – sei veramente stronza a prendertela con lei, dopo tutto quello che ha fatto per te”.
Forse la mora si era anche pentita di quello che aveva detto, ma se ci fu indecisione nel suo sguardo durò solo per un millesimo di secondo. Scosse il capo con decisione e serrò le labbra con stizza.
“Attendo le tue scuse – mormorò Riza con voce piatta, profondamente offesa dopo tutto il disturbo che aveva provocato alla sua famiglia – me le devi dopo una frase simile”.
“Finché stai dalla sua parte non avrai nessuna scusa” disse con lo stesso tono Rebecca, accennando alla mano che Jean teneva ancora stretta sul braccio della bionda.
“Sei proprio una pessima amica – intervenne Kain con irritazione, guardando con rabbia la mora – Riza ha fatto tantissimo per te in questi giorni e anche la mia famiglia. L’abbiamo fatto con piacere, ma dopo una frase simile me ne sto pentendo”.
“Kain…” iniziò Riza.
“No – la bloccò Jean – ha detto delle cose sacrosante. Comunque la situazione è questa, Rebecca: ho deciso che, dati i nostri continui litigi e la scenata alla festa, non vale la pena di continuare la nostra relazione. Stai male tu e sto male io… e a quanto pare anche altra gente. Vuoi darmi uno schiaffo per sentirti meglio? Vuoi insultarmi? Fai pure… ma cerca di tenere a freno la bocca con le altre persone, specie dopo che hanno fatto molto per te”.
“Mi fai pure la paternale adesso?”
“Su certi argomenti penso di potermelo permettere – rispose piatto il ragazzo – non mi piace chi tratta gli amici in un simile modo. Venite, andiamo, si sta facendo buio e dobbiamo tornare a casa”.
Senza aspettare una replica da parte della sua antagonista, sospinse Riza verso l’uscita del paese e con la mano libera diede una lieve arruffata di capelli a Kain, in un gesto orgoglioso.
 
Fu solo quando furono ormai usciti dal centro abitato che Riza osò parlare.
“La detesto…” sibilò.
“Lasciala bollire nel suo brodo – le consigliò Jean – non ti merita”.
“Non me l’aspettavo da lei, sul serio. Capisco che fosse arrabbiata e che non si controllasse, ma certe frasi proprio se le poteva risparmiare”.
“Non pensarci, Riza – la consolò Kain – pensa che andremo ad East City a gennaio. Sarà grandioso, vedrai”.
“Sì, infatti – annuì il biondo – pensa alle cose positive. Quella ha il sangue di sua madre e sappiamo bene di che pasta è fatta. Dopo stasera non ho alcun dubbio di aver fatto la scelta giusta”.
Riza non rispose, troppo delusa dall’atteggiamento di Rebecca. Forse, come aveva detto Kain, era meglio pensare al viaggio ad East City: tutto sommato cambiare aria per qualche giorno le avrebbe fatto bene.
Per superare un’amarezza simile non c’era niente di meglio di un viaggio.
 
E così, circa una decina di giorni dopo, assieme ad un grosso pacco dove c’erano dei regali di natale per lei e per Kain, Riza ricevette la lettera con la risposta del generale Grumman.
 
Mia cara nipotina,
ho ricevuto con vero piacere la tua lettera e non c’è bisogno di dire che sarò lieto di ospitare te ed il giovane Kain nella mia villa.
East City è davvero splendida in questo periodo e sono sicuro che per te sarà davvero piacevole vederla nelle sue vesti invernali. Cercherò di organizzare le vostre giornate in modo da farvi divertire il più possibile e se c’è qualcosa che vorreste fare in particolare non c’è che da chiedere.
Purtroppo non potrò venir meno a determinati impegni lavorativi, ma sono sicuro che vi divertirete tantissimo.
Quanto all’evento che ti porta qui, sono lieto di sapere che il tuo giovane fidanzato sta terminando l’Accademia con tanto onore. L’ho già detto altre volte: quel ragazzo ha un grande futuro nell’esercito e sono certo che ci farà delle belle sorprese.
Non vedo l’ora di scambiare qualche parola con lui alla cerimonia.
Nel frattempo godetevi i regali che vi ho inviato, spero che vi piacciano.
Un abbraccio
Tuo nonno.





 
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Laylath