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Autore: demrees    23/01/2017    0 recensioni
Durante quella retata gli agenti Carter e Harris hanno rischiato di fare una brutta fine... la stessa che era toccata ai loro colleghi.
Entrambi avevano riconsegnato i loro distintivi: Jackson Harris a causa delle lesioni subite, Savannah a causa di ciò che era successo dopo.
I due colleghi decisero di rimanere insieme e aprire un negozio di apparecchiature informatiche. Un lavoro più sicuro rispetto a quello che avevano abbandonato.
A due anni dall'incidente, Harris chiede a Savannah un favore: scoprire cosa sta succedendo nell'azienda vinicola di suo cognato.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo Undici  
Dicembre 2014
Savannah 
Mi affacciai alla sua stanza e rimasi ad osservarla. Nell’ultimo mese Sam era diventata più chiusa e taciturna del solito. Man mano che si avvicinava la data di ritorno di Cris, lei aveva iniziato ad essere sempre più ansiosa e solitaria, a volte spariva per ore e quando ricompariva aveva sempre un’aria triste.
Le feste erano un periodo troppo doloroso per lei; nonostante questo cercava di mostrarsi sempre serena e pacata, si faceva coinvolgere allegramente nei preparativi e nelle varie compere, scherzava e rideva allegramente. Chi non la conosceva non si sarebbe minimante accorto dello sforzo che impiegava per far finta di stare bene, ma noi sapevamo come stava realmente.
«Sei pronta?» fermò la mano sopra al ciondolo  e mi guardò attraverso lo specchio
«La valigia è già pronta, devo solo prendere il beautycase dal bagno» si voltò verso di me  mi fece un sorriso falsamente allegro
«Intendevo dire se TU sei pronta» il suo sguardo mutò improvvisamente, come se fosse troppo stanca per far finta che andava tutto bene
«Non ci voglio andare … » mi avvicinai a lei e la strinsi forte, sperando di riuscire a incutergli un po’ di coraggio. Lei si lasciò andare e ricambiò l’abbraccio
«Sam non sei più quella ragazzina che si faceva mettere i piedi in testa da tutti e poi è il migliore amico di tuo fratello e di Elli quindi prima o poi sarai costretta a rincontrarlo. Non puoi continuare a evitarlo»
«Sarà il primo natale che non passiamo tutte e tre insieme. Non riesco a credere che Elli non sia riuscita a convincerti» sorrisi ripensando alla disperazione di Elli quando avevo chiarito di non poter assolutamente partire con loro
«Sarebbe troppo complicato allontanarmi da Londra per così tanto tempo»
Il telefono di Samantha emise un leggero rumore. Ci staccammo e afferrò il telefono e iniziò a leggere qualcosa. La vidi sorridere dolcemente, poi mi porse il cellulare  
 
«Ehi, leggi cos’ha scritto Cris» presi il suo telefono e lessi il breve messaggio.   
 
«Che carino. Appena lo rivedrò lo abbraccerò così forte da toglierli il respiro» Lo avrei strangolato per essere stato cos’ tanto tempo lontano da Londra. Restituii il telefono a Sam e le posai un braccio sulle spalle «Non vedo l’ora che torniate»
Sam sorrise, prese il telefono e infilò in borsa. Mi andai a sedere sul suo letto e mi lascia cadere distesa. Poco dopo Sam fece lo stesso.
Entrambe ci ritrovammo a guardare il soffitto. Nella stanza aleggiava un profumo delicato che riconobbi dubito. Chiusi gli occhi e respirai profondamente, cercando di incanalarne il più possibile.
Poi mi voltai verso Sam. Aveva il viso rivolto verso il soffitto e una lacrima le scendeva lungo la tempia. Mi girai di fianco    
«Andrò da Sophie tutti i giorni Sam, non ti devi preoccupare» le asciugai le tempie con la mano. si coprì gli occhi con una mano e iniziò a singhiozzare.
Dicono che col tempo il dolore passa, ma non è vero, è solo una delle tante bugie che le persone dicono per cercare i confortarti.  

Parcheggia la moto non molto distante dalla casa, in modo che se ce ne fosse stato bisogno sarei potuta scappare senza problemi, ma se fosse arrivato qualcuno non sarebbe stata notata. Mi avvicinai silenziosamente osservando la struttura.
Avevo visto Mr Flagg andar via poco più di quindici minuti prima, avevo atteso per essere sicura di avere via libera. Mi avvicinai alla porta sul retro afferrai la maniglia e l’abbassai. Chiusa. Presi i ferri dalla tasca del giacchetto di pelle e forzai la serratura.
Una volta dentro rimasi in attesa pochi secondi per essere sicura di essere sola. La cucina era un disastro, c’erano piatti sporchi dappertutto, il pavimento non veniva spazzato da un bel po’ e nell’aria si sentiva un odore di marcio.
Attraversai la cucina ed entrai nel soggiorno. Il gatto che sonnecchiava sul divano, mi lanciò uno sguardo e si girò dall’altra parte. Vidi delle foto incorniciate sulla parete, così mi avvicinai e inizia a guardarle. Erano tutto foto in bianco e nero che ritraevano un bambino di 7-8 anni e una bambina di 11-12 anni. mi guardai un po’ intorno stando attenta a non spostare niente.
Dopo una ventina di minuti salii al secondo piano. Evitai di entrare in bagno e mi diressi perso la prima stanza da letto. Il letto era sfatto e c’erano dei vestiti ammucchiati sul pavimento, aprii i cassetti del comò e trovai solo vestiti e lenzuola pulite; poi passai a controllare quelli del comodino e trovai alcune lettere gialle e sgualcite provenienti da Madrid. Ne presi una e la lessi: una certa Amy, raccontava a Mr Flagg com’era vivere in una nuova città, delle sue paure per un futuro incerto e della speranza per il futuro.
La rimisi a posto e passai alla seconda stanza, sporca ma più in ordine della prima. Almeno il letto era rifatto. Feci ciò che avevo fatto nella precedente, solo che questa volta trovai i cassetti del comò completamente vuoti. Sul comodino invece c’era una foto incorniciata di un adolescente e una ragazza di circa vent’anni. Presi la foto in mano e osservai attentamente i volti e finalmente la riconobbi. Aprii la cornice e presi la foto, poi presi il cellulare e scattai una foto alla fotografia. Rimisi tutto a posto e uscii dalla casa.         
 
David   
Guardai l’ora per l’ennesima volta. Ero lì da circa un’ora, avevo suonato più volte ma nessuno aveva aperto. Ci avevo messo un po’, ma alla fine avevo capito. Avevo ripensato a tutto a ciò che mi avevo detto prima di andarsene, al modo in cui si comportava con me e poi mi ero ricordato quello che mi aveva detto Samantha.
L’ascensore fece un bip e le porte si aprirono. Vidi una ragazza uscirne. Camminava sicura con il telefono in mano, aveva un paio di stivali bassi, pantaloni e giacchetto di pelle, i capelli raccolti in una coda. Non appena rialzo lo sguardo si bloccò e mi studiò attentamente
«Questo abbigliamento ti si addice di più» mise via il telefono e ricominciò ad avvicinarsi
«È un po’ tardi per una visita» si fermò davanti a me ed estrasse le chiavi dalla tasca del giacchetto.
«Dovevo farti un paio di domande» incrociò le braccia sul petto
«Potevi chiamarmi»
«Preferisco chiedertelo di persona» feci un passo avanti, eravamo faccia a faccia a pochi centimetri l’uno dall’altra. Inclinò la testa un pò all’indietro per mantenere il contatto visivo
«Dove sono le tue coinquiline»
«Sono andate in vacanza. Perché?»    
«Lavori con lo Zio John?» aggrottò le sopraciglia e rimase in silenzio  
«Hai indagato sottocopertura per scoprire chi sta cercando di annientare l’azienda della mia famiglia?»
«David …»
«Lascia perdere non mi interessano queste risposta. L’unica cosa che voglio sapere è se pensavi davvero quello che hai detto l’ultima volta o se …» lei fece un passo indietro
«Mi sono spinta troppo oltre con te. Mi dispiace di essermi lasciata andare» feci un altro passo verso di lei
«Non era questa la domanda Savannah»
«No. Non le pensavo»
Le presi il viso tra le mani e la bacia. Non oppose resistenza. Ci strusciammo l’uno contro l’altra, incapaci di fermarci. Quella notte esistevamo solo noi.        
   
 
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