Serie TV > The 100
Segui la storia  |       
Autore: Camipp    23/01/2017    1 recensioni
BELLARKE - POST 3x16
"Non era mai stata una persona che si faceva prendere dall’ansia, anzi, sapeva che molto spesso era stata accusata per la freddezza con cui prendeva le sue decisioni eppure, questa volta, era qualcosa di diverso.
«Ce la faremo anche questa volta.» disse con un bisbiglio Bellamy avvicinando la sua testa a Clarke.
Per l’ennesima volta si chiese come riuscisse Bellamy a leggerle dentro così bene. «Come fai sempre a capire quello che penso?» si lasciò sfuggire Clarke.
Sentì una lieve risatina provenire dal ragazzo. «Forse perché ti ho affidato la mia vita tante volte o forse perché solo con te riesco a venire a patti con i miei errori» rispose in un sussurro tornando serio.
Clarke si commosse a quelle parole perché le comprendeva e capiva, uno era lo specchio dell’altro eppure, lui, era riuscito ad andare oltre, a vederla veramente più di chiunque altro conoscesse o avesse conosciuto. Sentì fra le mani gli angoli smussati della scatola in alluminio che conteneva lo spirito di Lexa, nemmeno con lei era stato così."
Storia scritta da Avenal Alec e pubblicata con il permesso dell'autrice da Camipp.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Raven Reyes, Roan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 27

 

Clarke si risvegliò lentamente, sbattè gli occhi un paio di volte prima di aprirli, sentiva sul ventre il peso del braccio di Bellamy che non l’aveva lasciata un’istante da quando, con cura, l’aveva appoggiata nel letto dopo… arrossì un istante al pensiero di ciò che era successo durante quella notte, con la coda dell’occhio guardò gli abiti che erano rimasti a terra, nell’esatto punto in cui avevano fatto l’amore. 

Sorrise al pensiero che si era formato parlando di amore e istintivamente si accostò un po’ di più al corpo caldo  di Bellamy che dormiva accanto a lei di fianco, incuneando le sue gambe fra quelle di lui, sentendo la sua eccitazione mattutina contro la sua coscia, una vicinanza che la faceva sentire bene e protetta, nel posto giusto. 

Pensava che l’alcool avrebbe offuscato i suoi ricordi, i loro, eppure, dopo avergli chiesto di fermarsi, conscia di desiderarlo con ancora più intensitàdi quello che avrebbe mai pensato, ogni singolo momento di quello che era avvenuto dopo si era impresso nella sua mente. Come l’aveva guardata quando si erano uniti per la prima volta, quel mormorato “Guardaci”, la fece tremare di nuovo di piacere. 

Voltò il viso verso il ragazzo, perdendosi un istante ad ammirarne la perfezione. Il ricordo andò a tante mattine prima quando, appena svegliata dopo il bagno alla sorgente, lo aveva osservato, la serenità del suo sonno e quel ricciolo nero che gli era scivolato sugli occhi, come allora, anche in quel momento desiderò spostarlo. All’epoca si era trattenuta confusa dall’intimità di quel gesto, questa volta invece nulla la fermò, accostò la mano ai suoi capelli, si divertì a passare il dito sul quel singolo ricciolo, avvolgerlo fra le dita per poi lasciarlo libero, lo scostò ma, quel piccolo ribelle tornava al punto di partenza. 

Un gioco che durò alcuni minuti, Clarke era completamente persa da quel semplice movimento, dalla assurda normalità di ciò che stava facendo.

“Sai che stai giocando con il fuoco?” le parole di Bellamy mormorate con la voce ancora impastata dal sonno la bloccarono, quel tono roco, sembrava miele caldo sulla sua pelle, sentì subito la scintilla dell’eccitazione accedersi dentro di lei come una miccia, la sua pelle si increspò per il piacere. “Ho giocato con il fuoco e non mi sono bruciata” rispose Clarke girandosi di fianco e accostandosi ancora di più verso di lui.

Bellamy aprì gli occhi, un sorriso accennato sulle labbra, i loro sguardi si persero nuovamente l’uno nell’altro, conscio di ciò che Clarke aveva sottointeso con quelle parole, del significato che poteva avere per il loro rapporto. Il ragazzo la strinse a se, avvicinò le sue labbra a quelle di lei, un bacio, uno sfioramento, doveva essere qualcosa di dolce, caldo, confortante ma si trasformò subito in un fiamma che stava nuovamente divampando fra di loro come era accaduto quella notte. Un bacio che divenne subito intimo come le carezze che si scambiavano e che sfioravano i loro corpi. Bellamy trascinò Clarke sopra di se, senza smettere di baciarla, di toccarla. 

La ragazza si adeguò subito a quella posizione, si lasciò sfuggire unmormorio soddisfatto che ricordò a Bellamy le fuse di un felino, erano già pronti ad andare oltre con quel gioco quando un violento bussare alla porta li bloccò facendoli sobbalzare.

Griffin” era la voce di Murphy, quanto mai inopportuno in quel momento “Sveglia, ti stanno aspettando tutti per una riunione, ci sei?” 

“Arrivo!” urlò immediatamente Clarke spaventata dall’idea che lui potesse entrare se non avesse risposto. “Hai visto Blake?” la ragazza abbassò lo sguardo sotto di se, Bellamy aveva il capo reclinato all’indietro, una mano davanti agli occhi, un mormorato “Gesù” gli sfuggì dalle labbra. “No?” si lasciò sfuggire Clarke, una risposta che appariva più una domanda. “Maledetto Blake” sentì Murphy fuori dalla porta “non è nemmeno in camera sua, l’hai visto?” continuò il ragazzo. Bellamy aveva tolto la mano davanti e la scrutava serio “Non lo vedo da ieri” disse Clarke che stava cercando di raccapezzarsi. Ci fu un’istante di silenzio, come se John non fosse convinto delle sue parole poi alzò la voce per farsi sentire “Ok, tu muoviti però!”. 

Bellamy e Clarke rimasero immobili un istante, la ragazza guardava di sfuggita la porta poi si voltò verso di lui, negli occhi, una nota di rammarico, la realtà si era messa in mezzo. “Dobbiamo andare….noi..” le disse prendendola per i fianchi con l’intenzione di spostarla, chiaramente a disagio per la situazione. 

Ma Clarke non sembrava dello stesso avviso “Tu dici?” mormorò strusciandosi contro di lui. Bellamy si bloccò all’istante, i suoi occhi si fissarono sul suo viso. “che ne hai fatto della Clarke Griffin, quella che ripeteva sempre che aveva delle responsabilità” mormorò cominciando ad assecondare il movimento della ragazza. “Si è presa una vacanza” mormorò fra un gemito e l’altro Clarke, il suo capo reclinato indietro, mentre godeva di quel lento movimento. Bellamy non riuscì a trattenersi, la voleva di nuovo, con la stessa intensità con cui l’aveva voluta durante la notte. L’avvolse fra le sue braccia e la trascinò sotto di se. Entrò in lei in un unico movimento, che la  fece gemere di piacere. 

“tu non sei una Principessa” le mormorò all’orecchio “tu sei una Strega” disse aumentando poi il ritmo fino a quando entrambi non raggiunsero l’orgasmo.

 

Clarke ci mise 30 minuti per uscire dalla sua porta e avviarsi verso la sala della riunione. Tentava di contenere la gioia che provava in quel momento, non tanto per quel veloce amplesso che, beh, al solo pensiero la faceva arrossire eccitata, ma per ciò che era avvenuto dopo, quando entrambi si erano dovuti alzare per affrontare la realtà della loro vita. Per un istante aveva temuto che la magia che era avvenuta fra loro durante quella nottata sarebbe svanita appena fossero usciti da quel letto. Si era alzata, dando le spalle a Bellamy ancora disteso poi, il suo sguardo era stato calamitato dietro di se. Lui era lì, le pellicce gli coprivano appena i fianchi, un sorriso sornione sulle labbra. “Secondo round stasera Principessa?” una domanda leggera eppure c’era molto altro dietro. Entrambi lo sapevano. Clarke era rimasta immobile un istante, un turbine di pensieri della sua testa poi si era avvicinata a lui sedendosi sul letto “Secondo round stasera Blake” aveva risposto baciandolo. 

Nessuno dei due sapeva cosa sarebbe successo durante il corso di quella giornata ma una cosa era certa, ora, loro erano diversi. Quello che era avvenuto durante quelle ore era solo la continuazione di ciò che già erano. Forse dovevano dargli ancora un nome ma sapevano entrambi già cos’era e, la conferma Clarke l’aveva avuta quando dopo essersi baciati lei si era alzata, nuda di fronte a lui, senza alcun imbarazzo, con la naturalità di chi ormai conosce completamente l’altro. 

Bellamy l’aveva percepito e si era alzato anche lui. Dopo era successo qualcosa che non avrebbe mai immaginato e che tutt’ora la faceva sorridere divertita. Lui aveva insistito in tutti i modi per aiutarla a vestirsi, l’aveva presa in giro quando lei lo aveva guardato sbalordita, come se fosse difficile mettersi su una maglia, aveva persino mormorato un “puritana”. Quel semplice atto di vestirsi era diventato un gioco, con lo stesso affiatamento che c’era sempre stata fra loro, arrossì quando ripensò alla battuta che le aveva sussurrato all’orecchio quando ormai lei era completamente vestita “Ora sono obbligato a farmi una doccia fredda, Principessa”, una frase che raccontava di un intimità condivisa semplice eppure così importante. Ed infine lei era stata pronta per uscire, in quell’istante lui l’aveva bloccata contro la porta. Un bacio veloce quanto intenso. “Per ricordarti il mio sapore fino a stasera!” le aveva sussurrato roco poi aveva aperto leggermente il battente della porta e l’ aveva letteralmente cacciata fuori dalla sua stanza, una risatina divertita aveva accompagnato quel movimento. Clarke si era girata, sulle labbra ancora il sapore di Bellamy, la sua mente in subbuglio, sapeva solo che era in mezzo al corridoio quando un sorriso, probabilmente ebete, gli si era dipinto in viso. Il cuore che le batteva ad un ritmo più leggero di quanto le fosse mai capitato nell’intera sua vita, pronta comunque ad affrontare ogni cosa sarebbe successa. 

 

Arrivò alla sala che ormai erano già tutti lì.  “Alla buon ora!” l’apostrofò sorridendo Raven appena la vide “stavano già tentando di convincere Murphy a venirti a chiamare di nuovo” continuò dando uno sguardo dietro di se in direzione del ragazzo che, in quel momento, era appoggiato con il gomito  sul davanzale di una delle finestre, Emori accanto a lui silenziosa come sempre . “All’appello manca solo Bellamy che non siamo riusciti a trovare” disse mostrando una certa preoccupazione, “Sarà da qualche parte a smaltire la sbronza” replicò sarcastico John. 

. “Beh arriverà immagino!” rispose Clarke mentre si avvicinava al tavolo facendo finta di osservare con interesse le cose che erano state appoggiate sopra. “Parlavi di me Principessa?” si sentì chiedere da dietro le spalle. Non ebbe il tempo di voltarsi per vedere Bellamy che il ragazzo venneinvestito da una sequela di bonari insulti per il ritardo e per il modo in cui si era presentato. Alcuni fecero persino qualche allusiva battuta sul fatto che i suoi abiti erano quelli della sera prima, puzzasse di alcool e forse di una certa bionda. 

Clarke si bloccò a quelle parole. Tese l’orecchio per sentire cosa avrebbe detto ma lui rise alle battute dei ragazzi, mormorando con fare cospiratorio che quello era un segreto fra lui e una certa bionda e che loro non si dovevano impicciare. Pochi istanti dopo era accanto a lei, una vicinanza che in quel momento sembrava troppa e Clarke non riuscì a fare a meno di spostarsi di qualche passo. 

Bellamy la guardò di sottecchi poi lo vide fare un mezzo sorriso, se il calore che sentiva era pari al colore che avevano le sue guance, pensò Clarke, era chiaro come stesse in quel momento. 

 

“Cominciamo questa riunione?” chiese quindi Bellamy guardandosi in giro. Aveva tentato di non guardarla, se non di sfuggita da quando li aveva raggiunti direttamente dalla camera di Clarke, aveva avuto bisogno di diversi minuti per riuscire a mettere ordine a ciò che era successo durante quella lunga notte e quella mattina e, non ci era riuscito, non del tutto. Sapeva esattamente ciò che era avvenuto, cosa lui ormai provasse per lei ma, per quanto aver visto un inedita Clarke l’avesse stupito non osava credere che tutto fosse così bello o semplice. Non con i loro trascorsi, non con ciò che la terra aveva fatto loro. 

In quei pochi attimi in cui era rimasto solo aveva preso un'unica decisione, non si sarebbe fatto sfuggire Clarke e solo quella sera, quando ogni cosa si sarebbe risolta in un modo o nell’altro con i clan, avrebbero parlato, non avrebbe più vissuto un attimo in più senza sapere cosa stava succedendo fra loro. Troppo cose nella loro vita erano un incognita per lasciare morire qualunque cosa fosse accaduta fra loro quella notte. Se fosse stato solo sesso, tale sarebbe stato, se fosse stato altro, beh, lo avrebbe scoperto. 

“Bellamy, ci sei…” venne riscosso da Raven che lo stava fissando, in realtà lo stavano fissando tutti, compresa Clarke che, in quel momento lo stava scrutando con molta attenzione, uno scintillio malizioso negli occhi. Il ragazzo si schiarì un attimo la gola “si ci sono, ero solo un attimo distratto” “Da una bionda immagino” rimarcò Nathan per prenderlo in giro. 

“ragazzi basta!” li rimproverò quindi Clarke “altrimenti non andiamo più avanti!” bastarono quelle parole per riportare tutti all’ordine e permettere a Raven di continuare a parlare. “Come dicevo per chi non mi stava a sentire prima” disse il maccanico guardando Bellamy con un mezzo sorriso “Stamattina presto Monty e Harper sono riusciti a raggiungerci con tutto quello che avevo chiesto, ora sono a riposare. Anche Emori” lanciando un’ occhiata di riconoscenza alla grounder “è riuscita a recuperare tutto quello che le avevo chiesto quindi, ancora poche ore di lavoro, tutto sarà pronto” Terminò guardandoli tutti. 

Nessuno parlò per qualche secondo, consci di ciò che avrebbero dovuto fare, con la speranza che quel piano funzionasse come doveva. “io non ho nulla contro il vostro piano!” disse Kane guardandoli attentamente “ma siete sicuri di ciò che state facendo? La situazione è ancora delicata, l’ IceKing rimane ancora un incognita”. 

Roan, non è un incognita, lui, forse più di tutti noi vuole che questa cosa funzioni” si intromise Bellamy pensando a tutto quello che aveva passato il guerriero e ciò che desiderava per se e il suo popolo. 

“Perché non è qua allora?” chiese quindi Kane, guardandosi in giro. “Perché in questo momento si sta preparando ad  affrontare qualunque giudizio il conclave darà su sua sorella” ribattè Raven, i suoi occhi come schegge di ossidiana. Kane la osservò un istante cercando di capire quell’atteggiamento così battagliero poi sembrò lasciar perdere. “E come vorreste fare questa cosa?” chiese quindi

Raven alzò le spalle poi cominciò a spiegare cosa aveva in mente e nessuno di loro ebbe più nulla da obiettare. 

La riunione durò poco più di una mezz’ora poi lentamente tutti si dispersero, ognuno di loro aveva dei compiti ben precisi per essere certi che ogni cosa funzionasse. 

Bellamy e Clarke non si erano più guardati, era stato difficile ma entrambi, consci l’uno dell’altro, erano consapevoli che, in quel momento, avevano bisogno di focalizzare tutta la loro attenzione sui prossimi passi da compiere per la riuscita di quel piano. 

Era bastato un saluto, uno sguardo, un accenno del viso per capire che, sì, ciò che stava succedendo fra di loro poteva aspettare almeno poche ore ancora. Il ragazzo si stava incamminando verso l’uscita un obiettivo ben presente nella sua mente da quando Raven aveva nominato Echo ma, poco prima che potesse uscire, fu bloccato da Kane. 

Si voltò verso di lui, in quegli ultimi giorni c’era stata una certa tensione fra di loro, spesso di erano scontrati e non era certo di cosa altro volesse dirgli in quel momento. Aveva troppi pensieri per la mente per poteraffrontare lo sguardo di Kane che lo giudicava. 

“Dimmi?” chiese comunque, le mani poggiate sulla cintura dei pantaloni, un gesto che faceva sempre quando doveva affrontare qualcosa che non gli faceva piacere. 

“Sei certo di ciò che volete fare?”

“Si” rispose solamente Bellamy fronteggiandolo.

“Non hai paura delle conseguenze se i clan non accetteranno ciò che vedranno?” continuò Kane fissandolo negli occhi.

“Certo, ma non possiamo continuare a mentire o a nasconderci, le cose devono essere affrontare” gli rispose deciso, ricambiando lo sguardo di Marcus.

E Echo, cosa dovremmo fare di lei?” chiese quindi.

Bellamy non rispose subito, se avesse dovuto pensare solo a quello che Echo aveva fatto, la sua risposta sarebbe stata la morte immediata ma, sapendo ciò che lei aveva subito, sapeva che la sua risposta era un'altra. “Non merita l’esilio” cominciò, vide una luce strana negli occhi di Kane “ma nemmeno di morire, le sue mani sono sporche di sangue quanto le mie, le nostre. Questa gente, noi, non vogliamo più questa vita, non l’abbiamo mai voluta e non possiamo costruire ciò che vogliamo se cominciamo ad uccidere chi ha tentato di difendere la propria gente.” Concluse Bellamy.

“Lasciarla vivere significa mostrarsi deboli!” rispose Kane, una luce feroce nei suoi occhi.

Roan ha dimostrato che essere clementi non significa essere deboli, se dovremo alzare le armi contro qualcuno, le leveremo ma, ora, dobbiamo dimostrare che c’è un altro modo di vivere.” Ribattè Bellamy. 

“Eppure noi stavamo costruendo qualcosa quando hai scelto Pike” disse a quel punto Kane con un sorriso beffardo sulle labbra, ricordandogli ciò che lui aveva fatto e le conseguenze che aveva avuto.

Bellamy sorrise a quelle parole, un peso che avrebbe sempre portato ma una serenità che solo in quel momento aveva acquisito “Mi sono fatto trascinare da molte cose quando ho scelto di seguire Pike, sono perfettamente consapevole di ciò che ho fatto e il peso delle mie colpe solo io lo conosco ma..” disse avvicinandosi a Kane, il suo sguardo deciso quanto quello dell’uomo “Ho capito che agire come avete agito voi, non parlando, orchestrando le cose da Polis, abrogandovi il diritto di decidere senza prendere in considerazione la situazione, obbligando la gente a cose fatte, non è un buon modo di agire. Noi oggi mostreremo alle tribù chi siamo e cosa possiamo fare insieme e, ora, se hai finito ho un sacco di cose da fare” terminò prima di girarsi e andarsene. 

“ehi Bellamy” lo chiamò Kane.

Bellamy si fermò, prese un respiro profondo poi si girò pronto ad affrontarlo nuovamente.

Quando si voltò Kane gli stava sorridendo. “sono fiero di te” gli disse “finalmente sei diventato l’uomo che credevo tu potessi diventare”. 

Bellamy rimase bloccato un istante cercando di capire quelle parole, e metabolizzarle poi fecero breccia in quella parte di se stesso che aveva dovuto tenere in silenzio per anni, il figlio che non aveva più un padre. Ora Kane, con quelle parole, era riuscito in pochi istanti a riempire quel vuoto che lo aveva sempre accompagnato. “Grazie” riuscì solo a mormorare. Si guardarono solo pochi istanti, poi il ragazzo fece un cenno del capo a Marcus e si girò per uscire, non voleva mostrargli i suoi occhi lucidi. 

Una rinnovata forza gli scorreva nelle vene e, prima di portare a termine ciò che li avrebbe cambiati per sempre da quando erano scesi sulla Terra, un unico tassello da rimettere a posto: Octavia.

Raggiunse la sala al piano terra dove le guardie si riunivano a refettorio e dove venivano decisi i turni, era certo che lì avrebbe trovato Indra, l’unica persona che forse teneva a sua sorella quanto lui. Come si aspettava si trovava ad uno dei tavoli, stavano mangiando qualcosa con altri guerrieri, le si avvicinò. “Dobbiamo parlare!” disse solamente. La Trikru alzò gli occhi verso di lui, Bellamy la vide prendere un profondo respiro, entrambi sapevano perché fosse lì. Fece un cenno di saluto ai commensali e senza rivolgere parola al ragazzo si avviò verso l’uscita.

Bellamy la seguì, Indra lo portò ad un cortile interno poco frequentato e, dopo aver perlustrato con lo sguardo l’area si voltò vero il maggiore dei fratelli Blake.

“non è in grado di vederti in questo momento” gli disse Indra senza alcun preambolo. 

“Sta bene?” chiese, spaventato dal termine usato dalla guerriera.

“Sta bene quanto una persona che ha perso la sua strada!” rispose la donna.

Indra…” mormorò minaccioso Bellamy che non aveva voglia di quei giochetti da grounder “Dove si trova?”

La guerriera lo guardò un istante. “A qualche giorno di cavallo da qui, nei territori della tribù delle foreste dell’Est. Sta fisicamente bene, se è quello che mi stai chiedendo ma né io né te possiamo andare da lei ora”

“Perché?” chiese leggendo il dolore negli occhi della guerriera. Quel rifiuto era doloroso per lui quanto per lei. 

“Perché si sente tradita da entrambi e ha bisogno di trovare il suo nuovo equilibrio!” rispose Indra.

“Ho paura che lontana possa farsi avvelenare dal dolore e che facciaqualcosa di avventato…” mormorò Bellamy dando sfogo alle preoccupazioni. 

La guerriera gli si avvicinò posandogli una mano su braccio. “Octavia è forte alla fine capirà!” rispose. 

“Veglierai su di lei?” chiese quindi Bellamy consapevole che non poteva fare altro. 

“come se fosse mia figlia!” rispose decisa Indra

Il ragazzo osservò la donna, sapeva che la guerriera avrebbe mantenuto la sua promessa ma dalle sue labbra sfuggì l’ultima paura che non riusciva ad affrontare “non la metterai contro di me?” 

La guerriera lo osservò un istante, un lampo di dolore passò nei suoi occhi poi parlò “Non c’è nulla di più doloroso di due fratelli l’uno contro l’altro. Non lo farei mai, lo giuro sul mio onore” rispose Indra.

Bellamy comprese la sincerità in quelle parole. “Grazie” risposeannuendo “Mi avvertirai se avrà bisogno di me?” chiese, la donna fece un cenno di assenso. Bellamy sapeva di non poter ottenere di più, che doveva fare un passo indietro e aspettare, sarebbe stata difficile ma era pronto a seguire la volontà di sua sorella. 

Prese un profondo respiro, alzò gli occhi verso lo spicchio di cielo che si vedeva da quel piccolo cortile interno. Era terso, nemmeno una nuvola a macchiarlo, non sapeva ciò che gli avrebbe riservato il futuro ma, ora, era pronto ad affrontare ogni cosa gli sarebbe capita. Sapeva di essere diventato un uomo e non più il ragazzo che urlava sotto la pioggia

We do whatever the hell we want”.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The 100 / Vai alla pagina dell'autore: Camipp