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Autore: KukakuShiba    23/01/2017    12 recensioni
DESTIEL teen AU
Il mondo del giovane Dean Winchester incontrerà inevitabilmente quello di Castiel Novak, nuovo vicino di casa, affetto da un handicap invisibile. Insieme, i due impareranno qualcosa di prezioso sull'amicizia, sull'amore e sulla vita.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Fanart di Naenihl

 
CAPITOLO DICIANNOVE
 
Dentro ad un abbraccio puoi fare di tutto:
sorridere e piangere,
rinascere e morire.
Oppure, fermarti e tremarci dentro, come se fosse l’ultimo
 
Charles Bukowsky
 
 
 
 
“Hai intenzione di rimanere qui a guardarlo ancora per molto?” – disse Benny, affiancandosi a Charlie, all’inizio del corridoio.
“Maledizione, Benny!” – sussultò a voce bassa la giovane, mettendosi una mano sul petto.
“Che c’è?” – domandò lui, come se nulla fosse.
“Mi hai fatto prendere un colpo!” – lo rimproverò lei – “Smettila di comparire così alle spalle delle persone!”
Benny la guardò, ridacchiando.
“Nervosetta, eh?” – la pungolò poi.
“No”.
“Oh, andiamo…” – disse lui – “È da quando sei arrivata che ti guardi in giro, come se avessi paura di vedere qualcosa…o qualcuno” – specificò, indicando con un gesto del capo gli armadietti lungo il corridoio.
Alcuni metri più in là, Dean stava sistemando dei libri nel suo zaino.
La rossa sospirò pesantemente, facendo una smorfia.
“Credo che voglia uccidermi” – pigolò piano, stringendo la spallina della tracolla tra le dita.
Benny alzò gli occhi al cielo.
“Non ti vuole uccidere” – la tranquillizzò.
“E invece sì” – ribatté lei, affranta – “Per colpa mia lui e Castiel si sono messi a litigare, per poi sparire chissà dove e non tornare più…”
La giovane riportò la mente alla sera prima, quando tra Dean e Castiel si era accesa un’animata discussione, che si era poi bruscamente interrotta nel momento stesso in cui Dean aveva preso l’altro per un braccio e lo aveva portato via con sé. In seguito, non vedendoli più tornare, la ragazza aveva provato a contattarli, ma invano.
“Charlie, non è colpa tua” – puntualizzò lui, richiamandola dai suoi pensieri.
“Ho sbagliato…non avrei dovuto portare Castiel sulla ruota panoramica…e ho anche mentito a Dean sulla vertigine che ha avuto…” – insisté la ragazza.
“Beh, da quello che mi ha detto Dean, è probabile che Castiel ci sarebbe salito comunque, anche senza di te” – ribadì l’altro – “Charlie, quei due avevano già dei problemi, tu non c’entri nulla”.
“Ma mi sento in colpa…” – mormorò lei, mordendosi un labbro.
“Lo so, ma non devi, davvero” – disse Benny – “Dai, andiamo” – la incoraggiò poi, invitandola a seguirlo e a raggiungere Dean.
 
“Ehi, amico” – disse Benny, una volta avvicinatosi a Dean.
Il biondo si voltò un istante verso i due, per poi distogliere lo sguardo e tornare a sistemare i libri nello zaino, prendendoli dall’armadietto aperto di fronte a lui.
Benny si scambiò un’occhiata veloce con Charlie, di fianco a lui.
“Che cos’hai alla prima ora?” – domandò poi, col chiaro intento di tastare il terreno prima di fare domande inopportune.
Dean smise di fare quello che stava facendo per un attimo, come se stesse pensando alla risposta da dare.
“Storia, credo…” – mormorò infine.
“Ah, ok…”
Benny non disse più nulla e si limitò ad osservare l’amico, sospirando.
Il giovane Winchester chiuse l’antina dell’armadietto e si voltò iniziando ad allontanarsi, senza nessun cenno di saluto.
“Dean?” – lo richiamò Benny, d’istinto.
Dean si fermò, ma senza voltarsi, come se fosse indeciso su cosa fare. Dopo qualche secondo si girò piano.
“Che c’è?” – domandò, piatto.
“Ci vediamo in mensa per l’ora di pranzo?”
Il ragazzo rimase a guardare l’altro per qualche secondo, anche se Benny giurò di vedere i suoi occhi persi nel vuoto.
“Non lo so…” – rispose, per poi voltarsi di nuovo e dileguarsi lungo il corridoio.
 
Nei giorni seguenti, Dean si isolò sempre di più, sotto l’occhio attento e preoccupato di amici e familiari.
Durante le cene a casa Winchester, Mary non mancava di esternare la sua apprensione per il comportamento del giovane. Il figlio maggiore, infatti, non solo era di poche parole a tavola, ma addirittura lasciava gran parte della cena nel piatto e, cosa ancora più strana, aveva rifiutato la sua crostata preferita in più di un’occasione.
A scuola, la situazione non era certo delle migliori. Charlie e Benny, con l’aiuto e la complicità di Chuck, facevano in modo di cercare il più possibile un contatto con lui, ma Dean non rendeva loro le cose facili, per niente. Spesso non si presentava nemmeno a mensa e a nulla valevano i loro sforzi di chiamarlo o mandargli dei messaggi o, ancora, di fermarlo lungo i corridoi, quando lo incontravano. Dean era silenzioso e sfuggente, come l’acqua che scivola tra le dita di una mano. E l’unica cosa che i ragazzi potevano fare era rimanere a guardare, impotenti.
 
Dean chiuse la portiera dell’Impala e strinse le chiavi in un pugno, rimanendo a fissare un punto indistinto oltre il parabrezza, di fronte a lui. Le lezioni erano finite da un po’ e il parcheggio della scuola era deserto. Il biondo sprofondò nel sedile del guidatore e portò la testa all’indietro, chiudendo gli occhi.
Negli ultimi giorni aveva preso l’abitudine di rimanere nell’edificio scolastico oltre l’orario consueto e di lasciare che la moltitudine di studenti scemasse a poco a poco, prima di uscire anche lui e rifugiarsi in macchina, dove poi trascorreva la maggior parte del pomeriggio. Spesso rimaneva seduto in macchina per ore, ad ascoltare musica. A volte, invece, vagava semplicemente per le strade di Lawrence finché, stanco di girare a vuoto, accostava l’Impala presso l’entrata di qualche parco, dove rimaneva fino all’ora di cena. In un certo senso, la tranquillità di quei momenti lo cullava, dandogli l’illusione di stare bene, anche se in realtà non era affatto così.
 
“mi dispiace”
 
Dean spalancò gli occhi e chiuse le labbra, come se gli mancasse l’aria. La sola immagine di Castiel che gli voltava le spalle, e che si allontanava da lui, scottava esattamente con la stessa intensità di quella sera. Ma la cosa che faceva più male, che bruciava in un modo insopportabile, erano state proprio quelle due parole pronunciate dal ragazzo con gli occhi blu.
 
“mi dispiace”
 
Cosa voleva dire? Perché Castiel lo aveva detto? Era una risposta al suo ti amo? O era stato solo un modo per guadagnare tempo? Ma tempo per cosa? E perché avrebbe dovuto farlo? Forse Castiel non ricambiava? Non lo amava? Quel pensiero lo schiacciò con forza, impedendogli di respirare. Com’era possibile che Cas non ricambiasse? Eppure, Dean era sicuro che anche l’altro provasse il suo stesso sentimento per lui, che il suo amore fosse corrisposto. Tuttavia, questa sua certezza si era infranta senza pietà contro il muro della realtà: Castiel non aveva risposto al suo ti amo con la sola e unica parola che avrebbe immortalato quel momento, rendendolo pura magia.
All’improvviso, un cigolio lo fece sussultare, facendolo voltare, in tempo per vedere Benny entrare nell’abitacolo e prendere posto sul sedile del passeggero.
“Ma che diavolo…”
Un nuovo cigolio giunse alle spalle, attirando la sua attenzione su Charlie e Chuck che, a quanto pare, si erano già accomodati sui sedili posteriori. Dean fece scattare gli occhi su Benny, mentre la rabbia montava dentro di lui per quell’irruzione non prevista e soprattutto non desiderata.
“Beh, e questo cosa significa?” – chiese duramente.
“Non lo so, Dean, dimmelo tu” – ribatté Benny, sostenendo il suo sguardo, con calma.
“Benny, non sto scherzando”.
“Nemmeno io”.
Dean ricambiò lo sguardo.
“Al diavolo” – smozzicò, mettendo mano alla maniglia dello sportello, per aprirlo.
“Non ti azzardare a scendere dalla macchina!” – lo richiamò Benny, trattenendolo per un braccio.
“Si può sapere cosa diavolo volete?”  ringhiò il biondo, rivolgendosi anche agli altri due, con un’occhiata fugace attraverso lo specchietto retrovisore.
“Vogliamo che parli un po’ con noi” – rispose Charlie.
“Non ho proprio niente da dire”.
“Io invece credo di sì” – replicò Benny.
“Ah, sì? E sentiamo, perché dovrei parlare con voi?” – sibilò l’altro, sardonico.
“Perché è evidente che ne hai bisogno”.
Dean serrò la mascella e distolse lo sguardo, cercando di fuggire da quella situazione almeno con gli occhi.
“Andiamo, Dean! Sono giorni che te stai per i fatti tuoi ed eviti tutto e tutti, soprattutto noi. E non credere che non sappiamo il motivo”.
Benny attese che l’altro dicesse qualcosa, invano.
“Cos’è successo quella sera, dopo che tu e Castiel vi siete allontanati?” – disse poi, decidendo di andare subito al nocciolo della questione.
Dean non rispose, ostinandosi a guardare altrove.
“Dean, confidati con noi” – lo sollecitò dolcemente la ragazza.
Il giovane Winchester si passò una mano sul viso e si sistemò meglio sul sedile, visibilmente a disagio.
“Non mi va di parlarne” – smozzicò poi.
“E invece dovresti” – intervenne Chuck, finora rimasto in silenzio – “Magari possiamo aiutarti”.
Il ragazzo strinse le palpebre, per poi sollevarle piano, come se quel piccolo movimento fosse motivo di un dolore intenso.
“Non credo che possiate farlo” – sussurrò infine.
Il silenzio calò improvviso nell’abitacolo, imponendosi in maniera prepotente tra gli occupanti.
“In…in che senso?” – chiese flebile Charlie dopo un po’, con una punta di apprensione nella voce – “Cos’è successo?”
Dean indugiò, guardandosi le mani, indeciso se confessare tutto oppure no. Certo, avrebbe potuto non dire nulla e continuare a tenersi tutto dentro, ma a cosa sarebbe servito? Di certo non avrebbe cambiato quello che era successo. Anzi, se possibile, tutti i pensieri che lo avevano tormentato non avrebbero fatto altro che scavare dentro di lui ancora di più.
Dean indugiò ancora e poi sospirò forte.
“Io…non lo so, non so più niente…” – mormorò.
“Hai parlato con Castiel?” – domandò Benny.
Il biondo annuì impercettibilmente.
“E…?” – continuò l’altro, incitandolo ad andare avanti.
“E lui…se n’è andato”.
Benny aggrottò la fronte, perplesso, e fece per dire qualcosa, ma Charlie lo anticipò.
“Come sarebbe a dire che se n’è andato? Perché? Cioè, voglio dire…cosa gli hai detto?” –
Dean si irrigidì e strinse le mani in un pugno.
“Io…” – arrancò, deglutendo rumorosamente – “Gli ho detto delle cose, gli ho chiesto scusa per avergli mentito…”
“Non capisco…se gli hai chiesto scusa, perché se ne sarebbe andato?” – riuscì a dire Benny.
“Forse era ancora arrabbiato…” – suggerì Chuck.
“Uhm, però è strano…andarsene così…” – intervenne Charlie, pensierosa – “Hai parlato di cose” – proseguì poi, mimando le virgolette con le dita – “Quali cose?”
Dean si prese un momento, chiedendosi se fosse il caso di rivelare proprio tutto. Una parte di lui non voleva farlo, forse perché si vergognava o forse perché non avrebbe sopportato la compassione dei suoi amici. Un’altra parte, invece, sapeva bene che gli altri non avrebbero mollato così facilmente e che, alla fine, lo avrebbero costretto comunque a confessare tutto.
Il ragazzo abbassò le spalle, affranto.
“Io…” – iniziò, attirando l’attenzione degli altri su di sé – “Gli ho detto che lo amo…”
I tre ragazzi spalancarono gli occhi e, mentre Charlie soffocava un gridolino mettendosi entrambe le mani sulla bocca, Benny e Chuck si guardarono con un misto di terrore e di meraviglia insieme.
“Oddio, Dean!” – squittì la giovane – “Ma è bellissimo!”
L’entusiasmo della giovane, però, fu subito raggelato dal velo di dolore che intravide negli occhi di Dean, riflessi nello specchietto retrovisore.
“Oh” – si lasciò sfuggire lei – “Oddio, non dirmelo…” – pigolò poi, incredula – “Non può essersene andato per questo…”
Dean non proferì parola e questa muta ammissione fu più che sufficiente per i ragazzi.
“Non…non ti ha detto niente? Prima di andarsene, intendo” – riprese Benny, con cautela.
Il giovane Winchester fece una smorfia.
“Ha detto che gli dispiaceva…”
“E nient’altro?”
Dean scrollò la testa, piano.
“Cazzo…” – smozzicò l’altro.
“Beh, ma magari ti ha detto così perché in quel momento non sapeva cosa dire” – si intromise Charlie.
“Charlie…” – la richiamò Chuck.
“Che c’è? Ci deve essere per forza una spiegazione, non è da lui andarsene in questo modo, Castiel non è così” – replicò la giovane.
“Sì, però…” – tentò il ragazzo.
“Magari Castiel voleva ricambiare, ma era ancora arrabbiato per la litigata che avevano appena avuto, o forse-”
“Charlie” – la interruppe Benny.
“Oh, insomma!” – sbottò lei, risentita – “Potrebbe essere benissimo andata così!”
“Non dico che non sia possibile, ma…” – disse Chuck.
“…rimane il fatto che Castiel non ha ricambiato” – concluse Benny per lui.
 
“Cos’hai intenzione di fare?” – domandò Benny, dopo un po’.
Dean sospirò pesantemente.
“Non lo so…” – ammise poi.
“Vai da lui” – suggerì Charlie – “Provaci ancora, dagli un’altra possibilità. Non lasciare le cose così, ti prego…”
Dean sollevò gli occhi e incontrò quelli dell’amica, che lo guardavano, supplichevoli.
All’improvviso il cellulare vibrò contro la sua gamba. Il giovane sollevò leggermente i fianchi e sfilò il telefono dalla tasca dei jeans. E quando sbloccò lo schermo, smise quasi di respirare: era un messaggio di Castiel.
 
 
°°°
 
 
Castiel si alzò dalla sedia e posò la tazza, ancora piena di cereali, sul bancone della cucina, accanto al lavello, per poi uscire dalla stanza e dirigersi sulle scale, senza dire una parola.
Amelia lo seguì con lo sguardo e sospirò.
“Cos’ha?” – chiese, rivolgendosi al figlio maggiore seduto a tavola, accanto a lei.
Balth guardò di sfuggita prima la tazza di cereali sul bancone e poi le scale, ma non rispose.
Da quando era andato a prendere Castiel, quel sabato sera, Balthazar aveva tenuto d’occhio il fratello. Aveva capito subito che qualcosa non andava e, il fatto che Cassie si fosse rifiutato più volte di confidarsi con lui, non faceva altro che alimentare la sua preoccupazione per il più piccolo. In un certo senso, il maggiore aveva intuito che, in tutto questo, Dean doveva c’entrare qualcosa. E questa teoria era stata confermata la sera prima, quando Castiel gli aveva chiesto di accompagnarlo al luna park, e di farsi poi venire a prendere. Richiesta più unica che rara, dal momento che, quando il minore usciva, lo faceva sempre e solo con Dean.
“Balthe” – lo richiamò Amelia.
Il ragazzo incrociò gli occhi della madre che lo guardavano, in attesa.
“Non lo so” – ammise.
“Non ti ha detto nulla?” – incalzò lei.
Balth scollò la testa, mentre il senso di colpa gli intorpidiva il petto. Sebbene avesse una teoria per il comportamento del fratello, di certo non poteva dirlo ai genitori, e questo metteva a disagio il più grande perché, in quel modo, era costretto a mentire.
“Non capisco…” – riprese la donna – “È da qualche giorno che mi sembra turbato…”
“Hai provato a parlare con lui?” – intervenne James.
“Sì, ma…mi risponde sempre che non ha niente. È per questo che speravo che avesse detto qualcosa almeno a te” – disse lei, rivolgendosi al maggiore.
“No, mi dispiace…” – rispose Balthazar.
“Magari è solo stanco, in fondo non manca molto al diploma” – tentò il padre – “Come sta andando con le lezioni? Naomi ti ha detto qualcosa?”
Amelia scrollò la testa.
“Lei dice che va tutto bene, che Cassie si impegna e che ottiene ottimi punteggi ai test”.
Per qualche istante nessuno dei tre disse nulla.
“Sono preoccupata…” – ammise infine la donna.
“Lo so, tesoro, lo so” – disse James, posando delicatamente una mano su quella della moglie – “Ma non saltiamo a strane conclusioni. Aspettiamo ancora un po’ e vediamo. E se questa cosa dovesse andare avanti, allora interverremo, ok?” – la tranquillizzò poi.
La donna incrociò gli occhi blu dell’altro, ricambiando la stretta, e annuì, poco convinta.
 
Nei giorni successivi, la preoccupazione di Amelia per il figlio più piccolo non si placò affatto, anzi, se possibile, crebbe di intensità, alimentata dall’atteggiamento stesso di Castiel. Il giovane, infatti, parlava solo lo stretto necessario, e mai spontaneamente. Inoltre, la madre lo sorprese più volte con lo sguardo perso nel vuoto e questo fu doloroso per lei. Infatti, oltre alla difficoltà di comunicazione fisica con lui, si era aggiunta anche quella emotiva, che Amelia conosceva fin troppo bene, dal momento che aveva lottato contro di essa sin da quando Castiel era diventato sordo. E come se questo non bastasse, ad aggravare la situazione e a rendere la donna ancora più inquieta, era il fatto che nemmeno il figlio maggiore riusciva a creare un contatto con lui, e questo era strano perché, in un modo o nell’altro, con Castiel, Balthazar riusciva sempre ad arrivare dove né lei né James riuscivano.
 
Castiel aprì il cassetto della scrivania e prese il block notes, rigirandoselo poi tra le mani. Con il pollice ne percorse l’altezza, percependo la ruvidezza dello spessore delle pagine sul polpastrello. Con cautela lo aprì, vincendo con dolcezza la resistenza che alcune pagine offrivano. I suoi occhi blu si persero nella moltitudine di frasi e di parole, messe nero su bianco dalla sua grafia.
Negli ultimi giorni, per Castiel quello era diventato una specie di rito, durante il quale il giovane soppesava sulla bilancia del suo cuore i pensieri e le emozioni che contrastavano in lui.
Castiel fece scorrere l’indice sul nastro adesivo che teneva ancorato un foglio al successivo, e che riportava, impresso nella sua memoria, il nome di chi lo aveva usato per quel lavoro: Dean.
 
“ti amo”
 
Castiel chiuse gli occhi, mentre il cuore batteva veloce, vibrando in ogni angolo del suo corpo e della sua mente. Anche a distanza di giorni, quelle parole non avevano perso l’intensità di quella sera. Ormai facevano parte di lui, e Castiel le sentiva ogni volta infrangersi contro il suo animo, come le onde del mare che, instancabili, si infrangono sugli scogli. Ed era proprio in quei momenti che il ragazzo desiderava con tutto sé stesso abbandonarsi ad esse, lasciare che lo guidassero, fino a raggiungere il cuore di Dean e toccarlo con il proprio. In quegli istanti, Castiel sentiva il suo corpo fremere di impazienza, pronto a correre fuori casa e ad andare da Dean, per dirgli tutto di un fiato che anche lui provava lo stesso sentimento, che anche lui lo amava.
 
“mi dispiace”
 
Castiel sentì il corpo irrigidirsi, come se un impietoso e freddo interruttore avesse bruscamente spento tutto, fermando ogni cosa.
Perché aveva detto quelle parole? Perché se n’era andato? Ma, soprattutto, perché non aveva ricambiato l’amore che Dean gli aveva donato con il proprio?
Ancora una volta, come quella sera, in cuor suo Castiel conosceva la risposta a quelle domande, ma, di nuovo, l’entità delle conseguenze che avrebbero avuto sulla sua vita e su quella di Dean rendeva momentaneamente cieca la sua mente.
Se avesse detto a Dean che anche lui lo amava, cosa sarebbe successo? Indubbiamente, la loro relazione avrebbe fatto un salto di qualità, raggiungendo un livello superiore, nel quale entrambi sarebbero stati legati l’uno all’altro in maniera ancora più stretta. E questo che impatto avrebbe avuto sulle loro vite? Per Dean, rimanere accanto a Castiel, avrebbe comportato continuare a muoversi lungo il perimetro invisibile della sua sordità. I limiti che Castiel aveva si sarebbero estesi all’altro ancora di più, e di questo il ragazzo con gli occhi blu era certo, perché fino a quel momento, fino a quel ti amo, era stato così, e non poteva che essere così anche dopo. L’idea di incatenare ulteriormente il suo ragazzo nel proprio mondo e di impedirgli di vivere appieno la sua vita, costringendolo a fare delle rinunce per lui, sarebbe stata una sensazione opprimente e insopportabile per Castiel. E il suo sentirsi un peso per Dean avrebbe raggiunto livelli di concretizzazione laceranti.
 
“È mettere il bene di qualcun altro prima del tuo”
 
No, non poteva fare questo a Dean, non poteva essere così egoista. Dean aveva infinite possibilità davanti a sé e doveva prenderle in considerazione tutte, e il giovane Winchester avrebbe potuto farlo solo se…solo se fosse stato libero.
Castiel sentì una fitta al cuore, come se qualcosa lo avesse trapassato da parte a parte, pungente, implacabile, e con un’intensità tale da soffocarlo.
Lui senza Dean.
Quel pensiero, terribile e angosciante, scavò percorsi dolorosi, torturandolo e tormentandolo, fino a togliergli il respiro. Cosa sarebbe successo se Dean non fosse stato più al suo fianco? Quella mano che teneva la sua, sin da quando il biondo era entrato nel suo mondo di solitudine e silenzio, non ci sarebbe più stata, lasciando dietro di sé solo il ricordo del suo calore; quella sfumatura di verde dei suoi occhi, che dominava la tavolozza dei colori di Castiel, sarebbe scivolato via, concedendo a qualche piccola traccia di restare, a memoria del suo passaggio; quel profumo di bosco e di pulito, che riempiva la sua aria, si sarebbe dissolto, perdendosi per sempre.
 
“È mettere il bene di qualcun altro prima del tuo”
 
E Dean? Cosa avrebbe fatto senza Castiel? Il giovane non poteva negare di essere una persona importante per l’altro, e questo Dean glielo aveva dimostrato in ogni modo possibile, anche durante il duro scontro che avevano avuto al luna park.
 
“Se io faccio tutto questo è solo…è solo perché ti amo”
 
Castiel aprì gli occhi, mentre calde lacrime scendevano lungo il viso, brucianti di consapevolezza, la consapevolezza del fatto che l’amore di Dean non era tanto in quelle parole, bensì in tutto quello che il giovane Winchester aveva fatto e che continuava a fare per lui: nello stargli sempre vicino, nel suo continuo preoccuparsi, nelle rinunce che faceva.
Come poteva fargli una cosa simile? Come poteva ricambiare il suo amore con la sofferenza che avrebbe comportato la sua assenza nella vita di Dean?
 
“È mettere il bene di qualcun altro prima del tuo”
 
Qual era il bene di Dean? Qual era il vero bene, quello più giusto per lui?
Castiel lasciò andare la bilancia del suo cuore, permettendole così di esprimere liberamente il proprio giudizio, in accordo con le ragioni della mente.
Dean avrebbe sofferto per la sua mancanza, era vero, ma rimanere legato a Castiel, a lungo andare, sarebbe stato peggio. Il dolore per la sua assenza sarebbe stato forte, certo, ma con il tempo si sarebbe affievolito, fino a lasciare solo un tiepido torpore. Dean avrebbe vissuto appieno tutte le possibilità che il suo futuro gli avrebbe offerto e, magari, avrebbe incontrato qualcun’altro, con il quale sarebbe stato felice.
 
“È mettere il bene di qualcun altro prima del tuo”
 
Era questo il bene più giusto per Dean, e Castiel glielo avrebbe dato. Avrebbe messo il bene di Dean prima del suo. E questo sarebbe stato il suo modo di dimostrargli il proprio amore…il suo modo di dirgli ti amo.
Castiel si asciugò le lacrime con il dorso della mano e prese il cellulare dalla tasca dei jeans. Le dita tremavano, mentre digitava qualcosa sullo schermo, come se il suo corpo si stesse ribellando a quella situazione. Infine, ripose il telefono sulla scrivania, per poi portarsi le mani al viso e a iniziare a piangere di nuovo, in silenzio.
 
[17:45] Da Castiel a Dean
Dobbiamo parlare. Vediamoci al solito parco, tra mezz’ora
 
 
°°°
 
 
Dean si rigirò nervosamente il telefono tra le mani, guardandosi intorno con aria familiare. Si trovava nel parco vicino a casa, lo stesso parco in cui lui e Castiel erano soliti andare subito dopo essersi messi insieme. Lo stesso posto in cui era cominciata la loro storia. Gli occhi di Dean si persero a guardare un’altalena lì vicino, e il petto del giovane si scaldò teneramente, al ricordo di quella sera di Capodanno, quando lui e Castiel si erano dati il bacio che aveva dato inizio alla loro relazione. Nonostante fossero passati già quattro mesi, a Dean sembrava ancora di vedere il bianco della neve che copriva il terreno e le giostre; di sentire il suo cuore battere all’impazzata; di vedere gli occhi blu di Castiel che lo guardavano.
Dean sospirò pesantemente, per poi riportare la sua attenzione sul cellulare. Con un gesto del pollice sbloccò lo schermo, accedendo rapidamente all’applicazione dei messaggi e rileggendo ancora una volta l’ultimo che era arrivato.
 
[17:45] – Da Cas a Dean
Dobbiamo parlare. Vediamoci al solito parco, tra mezz’ora
 
Dean si morse un labbro.
 
Dobbiamo parlare.
 
Nel momento stesso in cui aveva visto il nome del suo ragazzo sul mittente del messaggio, Dean aveva sentito l’aria scivolargli via dai polmoni, senza però farvi ritorno. All’improvviso, tutto intorno a lui era diventato sfuocato e i rumori sembravano quasi scomparsi. Ma quando aveva letto quelle parole, l’aria aveva preso di nuovo possesso del suo petto, con forza, scuotendolo violentemente e facendogli riprendere contatto con la realtà.
 
Dobbiamo parlare.
 
Dean aveva sentito un senso di inquietudine accarezzarlo in maniera per nulla rassicurante, mentre un gelido presagio soffiava tra i suoi pensieri, già turbati da quel ti amo che non aveva ricevuto la risposta sperata.
Il giovane Winchester diede uno sguardo fugace all’orologio, per poi passarsi una mano sul viso. Era arrivato lì con un po’ di anticipo, non sapendo neanche lui come. L’unica cosa che ricordava con chiarezza era di aver liquidato in fretta Benny e gli altri, e di aver acceso il motore dell’Impala, per poi ritrovarsi lì, seduto sulla panchina. E per tutto il tempo, quel senso di inquietudine era rimasto con lui, facendosi sempre più pressante.
“Dean”.
A quel richiamo, Dean scattò in piedi, voltandosi e trattenendo il fiato. Di fronte a lui, Castiel lo stava guardando. In quell’istante, il blu dei suoi occhi sembrò sciogliere il turbamento che pervadeva Dean. Castiel era lì, a pochi passi da lui, e per Dean questo era più importante di qualsiasi altra cosa.
“Cas…”
Castiel si avvicinò, scandendo i passi con cautela, come se stesse cercando di imprimere il proprio controllo ai movimenti del suo corpo. Quando fu a poca distanza da Dean si fermò, incrociando le iridi verdi dell’altro.
Il biondo sostenne fermamente lo sguardo, come se ne valesse della sua vita, come se anche un solo battito di ciglia potesse far scomparire Castiel dalla sua vista.
“Ti…ti ho fatto venire qui perché ti devo parlare” – esordì il moro, spezzando il gravoso silenzio che si era formato tra loro.
Dean spostò il peso del corpo da un piede all’altro, mentre l’inquietudine riprendeva a stuzzicarlo.
“Sì…ho letto il messaggio” – riuscì a dire – “D-di…di cosa volevi parlarmi?” – chiese poi, pentendosene però subito dopo. Infatti, sebbene da una parte Dean volesse sapere, dall’altra aveva paura, come se avesse intuito a cosa sarebbe andato incontro e cercasse pertanto di evitarlo il più possibile.
Castiel indugiò un attimo.
“Di noi” – disse infine.
Dean sentì il terreno sotto di sé liquefarsi, assumendo una forma infida, che iniziò a richiamarlo a sé, artigliandosi alle sue caviglie e facendolo sprofondare lentamente. Il ragazzo deglutì un paio di volte, mentre l’angoscia si prendeva gioco di lui in maniera quasi dispotica.
“D-di noi?” – ripeté, quasi senza fiato.
Il ragazzo dagli occhi blu annuì.
“Quando…” – iniziò poi, esitando per un attimo – “Quando ci siamo messi insieme, io ti avevo detto che con me non avresti potuto fare molte cose…”
“E io ti ho risposto che non mi interessava” – ribatté prontamente l’altro, cercando di ignorare il proprio corpo inchiodato a terra.
“Lo so…ma più passa il tempo e più mi rendo conto che tu con me sei limitato…e che lo sarai sempre”.
“Io non mi sento limitato”.
“Dici così, ma questo non cambia il fatto che tu lo sia” – replicò il moro – “Ma non lo vedi, Dean? Quante rinunce hai fatto per me?”
“Le ho fatte perché volevo farle, per te. Amare qualcuno vuol dire anche questo”.
Di fronte a quelle parole Castiel rabbrividì.
“Non è mi è mai pesato” – continuò Dean.
“Ma pesa a me” – rispose l’altro, sviando accuratamente il discorso da quanto detto prima dal biondo.
Castiel abbassò lo sguardo, facendo una smorfia e combattendo contro l’impulso di fermarsi. Da quando aveva visto Dean, la sua determinazione aveva vacillato pericolosamente. In un certo senso Castiel se l’era aspettato, ma…era difficile, era dannatamente difficile.
“Dean, io non voglio questo. Non voglio che tu paghi il prezzo del mio non sentire”.
Dean sussultò, avvertendo la terra aggrapparsi a lui e risalire fino alle gambe, strattonandolo verso il basso.
“Non lo posso permettere” – continuò il giovane – “Non posso più lasciare che ti sacrifichi in questo modo per me”.
Il biondo serrò la mascella e strinse le mani in un pugno, lungo i fianchi, mentre il respiro si faceva più corto.
“Cas, che cazzo stai dicendo?” – sibilò, cercando di sganciarsi da quella forza che lo teneva prigioniero e facendo un passo avanti.
Castiel si prese un momento, mentre il blu dei suoi occhi diventava dolorosamente lucido.
“Sto dicendo che ti lascio andare, Dean…”
Dean spalancò gli occhi e all’improvviso tutto intorno a lui sembrò sparire, lasciando il posto ad una voragine, nella quale il ragazzo si rese conto di precipitare, senza che lui potesse fare nulla.
N-no…no, no, no!
La mente di Dean iniziò ad annaspare, ribellandosi alla caduta e cercando intorno a sé un appiglio immaginario.
“Quindi siamo arrivati a questo?” – trovò la forza di dire – “Vuoi lasciarmi dopo tutto quello che abbiamo passato insieme? Dopo tutto quello che ho fatto per te?” – iniziò a gridare, in preda alla disperazione – “Fantastico!”
Le labbra di Castiel tremarono, di fronte alla reazione dell’altro, mentre la sua mente riviveva passo dopo passo tutto quello che Dean aveva fatto per lui da quando si erano conosciuti: l’impegno e la pazienza con i quali l’altro lo aveva convinto a mettere piede fuori casa; la semplicità con cui gli aveva presentato i suoi amici; la mano che gli aveva teso quando gli aveva chiesto di insegnargli la lingua dei segni…la determinazione di farlo stare bene in ogni momento passato insieme.
“Io ho apprezzato tutto quello che hai fatto per me…”
“No, non è vero! Altrimenti ti renderesti conto delle stronzate che stai dicendo!”
“Ma non lo capisci che con me non sei libero?” – tentò il ragazzo – “È…è meglio così, credimi…”
“È così che butti via tutto quanto? Con un è meglio così? Sai che ti dico?” – continuò poi Dean – “È meglio così un cazzo! Tu non lasci andare un bel niente! E io non te lo permetterò, non vado da nessuna parte, chiaro?” – ringhiò, puntando un indice contro l’altro.
“No, Dean, tu non-”
“Troveremo un modo, insieme” – lo interruppe il biondo, facendo un altro passo verso di lui.
“Smettila!” – gridò il moro, esasperato.
Dean si ammutolì, davanti alla reazione del ragazzo.
Castiel sospirò pesantemente, facendo cadere le braccia lungo i fianchi.
“Io non ce la faccio più…”
Dean rimase ad osservarlo, in silenzio, mentre ormai il suo precipitare era diventato solo un’angosciante attesa dell’impatto finale. Ma nonostante ciò, in quel momento il giovane sentì il bisogno di sapere, di chiedere all’altro il perché non avesse risposto al suo ti amo. Tuttavia Dean non ebbe il coraggio di avanzare quella pretesa, non in maniera diretta almeno, perché ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi era già di per sé una conferma ai suoi timori.
“Dimmi una cosa” – disse, umettandosi le labbra – “Ti importa di me?”
Castiel spalancò gli occhi, preso in contropiede. Davvero Dean gli stava chiedendo una cosa smile?
“Certo che mi importa di te…sto facendo questo proprio per te”.
“No, lo stai facendo per te stesso. A me va bene tutto questo, così come siamo adesso. Ho deciso di prendermi cura di te tempo fa e non c’è stata una volta che mi sia sentito schiacciato da questa scelta… mai”.
Dean fece una pausa, per poi riprendere.
“Quindi non sono io il problema. Non dipende da me”.
“Infatti non dipende da te…” – disse Castiel – “Sono io che non voglio che continui a farlo”.
Il silenzio si insinuò tra di loro, esasperando la distanza emotiva che cresceva di minuto in minuto.
“Non se ne andrà mai, vero?” – mormorò Dean, dopo un po’.
Castiel incrociò i suoi occhi verdi.
“Questa cosa di sentirti un peso” – specificò l’altro.
Il moro distolse lo sguardo un attimo.
“No…”
Tra i due giovani calò di nuovo il silenzio, mentre il sole iniziava impercettibilmente a infuocare l’orizzonte con strisce rossastre, e a nutrire le ombre sul terreno. Dean si passò una mano sul viso e scrollò piano la testa. Lentamente, indietreggiò e si sedette sulla panchina, per poi abbassare lo sguardo a terra, mentre Castiel continuava a guardarlo.
Il ragazzo dagli occhi blu rimase immobile. Il suo corpo stava chiaramente opponendo resistenza a quello che invece la sua mente gli stava ordinando di fare: scappare, allontanarsi da lì e da Dean, prima che anche solo un’altra parola dell’altro potesse vanificare per magia la decisione che aveva faticosamente preso. Il giovane si morse un labbro, con la speranza che quello stimolo fosse sufficiente ad allentare la costrizione di cui era prigioniero.
Ora o mai più.
“Mi dispiace, Dean” – riuscì a dire, limitandosi a percepire le parole formarsi sulle sue labbra, come se fossero state pronunciate da qualcun altro e non da lui.
“Oh, ma fottiti, Cas!” – smozzicò il biondo tra i denti, tenendo la testa bassa.
Castiel attese che l’altro dicesse qualcosa, senza sapere che in realtà qualcosa era stato detto, ma che lui purtroppo non era riuscito a comprendere, per via della posizione delle labbra di Dean. E così Castiel capì che Dean non voleva più parlargli, e in cuor suo gli riconobbe quel diritto. Il ragazzo dagli occhi blu indietreggiò di un passo, per poi voltarsi e iniziare a camminare, facendo violenza sulle proprie gambe che sembravano incollate a terra, in un ultimo ed estremo tentativo di resistenza.
Nel momento in cui Castiel si allontanò, Dean sentì uno squarcio dentro di sé, come se l’aria gli fosse stata strappata dal petto con violenza, mentre i dettagli intorno a lui iniziarono ad appannarsi, distorcendosi in modo fluido. Era arrivato. Era arrivato alla fine della caduta e quello era l’impatto finale: disastroso, crudele e senza ritorno. Dean si trovò completamente stordito e isolato dalla realtà, ma nonostante questo i battiti del suo cuore tamburellavano dentro di lui, pompando forza motrice al suo corpo e incitandolo a muoversi. Dean si alzò e fece uno scatto in avanti, proseguendo alla cieca, finché all’improvviso non sentì il corpo di Castiel tra le sue braccia, e la sua schiena contro il proprio petto. Il giovane Winchester strinse l’altro a sé con la forza della disperazione, nascondendo il viso sulla spalla dell’altro. L’odore vanigliato di Castiel gli penetrò violentemente le narici, oscillando tra l’essere contemporaneamente una cura e un supplizio, perché quell’odore così familiare, che lui amava e di cui non poteva fare a meno, era lo stesso che in quel momento gli stava togliendo ossigeno, uccidendolo.
“Ho bisogno di te…”
Le parole risalirono la gola, graffianti e dolci allo stesso tempo, ma con un retrogusto amaro e torbido, perché Dean era consapevole che Castiel non potesse sentirle.
Castiel avvertì il corpo di Dean contro il suo, ancorandolo e mettendo a dura prova il suo intento. Il respiro tiepido dell’altro sulla sua spalla e il suo odore di bosco e di pulito, ormai inconfondibile, lo avvolgevano nelle loro spire. Dean era caldo e lo stringeva forte, e per un secondo Castiel fu sul punto di cedere, di abbandonarsi a lui, di dirgli che lo amava e che in realtà avrebbe voluto rimanere con lui per sempre. Il giovane chiuse gli occhi e sollevò una mano, avvicinandola a quella di Dean, sul suo petto. Ad un tratto però si bloccò, ritraendola, come scottato, e riaprì gli occhi. Doveva resistere, a tutti i costi. Doveva farlo, per il bene di Dean.
“Non rendere tutto più difficile…”
Castiel si rigirò nell’abbraccio dell’altro, per poi incontrare i suoi occhi.
“Cas, ti prego…”
“È finita, Dean”.
Il giovane Winchester sentì dentro di sé qualcosa tendersi, per poi rompersi con uno schiocco. La rabbia e la frustrazione che aveva provato fino a quel momento si dispersero, lasciando il posto ad una calma sottile, irreale, che faceva paura. Fortemente provato da quella sensazione, Dean strinse ancora di più Castiel a sé, non volendo lasciarlo andare.
Castiel si divincolò da lui, facendo leva con una mano e spingendolo via.
“È finita!”
La stretta di Dean si allentò in maniera dolorosa, scivolando via piano, insieme al suo calore e al suo odore.
Castiel fece un passo indietro e poi un altro, per poi girarsi e allontanarsi definitivamente, mentre la scia che ancora lo legava a Dean si assottigliava sempre di più, producendo spasmi e fitte insopportabili. E in quel momento, Castiel si rese conto che tale legame non sarebbe mai arrivato a dissolversi completamente, non finché avrebbe serbato dentro di sé l’amore che provava per Dean.
Dean rimase immobile, circondato dalle rovine del suo mondo crollato in pezzi. Intorno a lui i colori erano scomparsi, lasciando il loro posto a statiche sfumature di grigio. L’aria si era fatta anonima e completamente priva di odori, mente il gelo prendeva possesso della sua mente e del suo cuore. Il giovane si guardò intorno con sguardo assente e vide solo desolazione. Castiel non faceva più parte della sua vita e, in quel momento, Dean desiderò solo una cosa: chiudere gli occhi e non provare più nulla.
 
 
 

 
 
 
~ L’Angolo Dell’Autrice Disadattata ~
 
Ciao a tutti…
Prima di tutto vi prego di non odiarmi. L’andamento degli eventi è stato messo appunto proprio per arrivare a questo momento. Momento che, per quanto terribile, rappresenta un punto focale della storia, ed era assolutamente necessario, credetemi.
Ho sofferto molto nello scrivere questo capitolo, perché continuavo a piangere e non riuscivo ad andare avanti, e anche adesso non riesco a finire di leggerlo senza versare una lacrima.
Un’altra cosa che vorrei chiedervi è di non odiare Castiel. Per quanto la sua decisione sia ampiamente discutibile, quello che ha fatto lo ha fatto per amore di Dean, anche se il biondo non la pensa affatto così. Le due visioni dei ragazzi sono agli antipodi: per Dean le rinunce fatte sono un segno d’amore, per Castiel invece rappresentano un peso, che il moro non è più disposto a far gravare su Dean. Da qui, la sua decisione finale, presa a discapito della sua stessa felicità.
Il prossimo capitolo è venuto fuori più lungo del previsto e pertanto sono stata costretta a dividerlo in due parti, quindi la storia si è allungata di un altro capitolo, e di un’altra settimana.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questo momento critico, e avrei piacere anche a leggere di qualche vostra teoria sugli sviluppi successivi, quindi date libero sfogo alla mente…e sì, accetterò anche gli insulti che, arrivati a questo punto, credo proprio di essermi meritata.
Vi lascio all’angolo delle fan art, questa volta ho messo delle vignette divertenti, con la speranza di mitigare la vostra (nostra) tristezza.
Alla prossima!
Sara
 
 
 
 
~ Varie ed eventuali ~

                  
          
   
 
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