Non
mi ero mai sentita così. Era una di quelle nuove e splendide sensazioni, che mi
facevano capire quanto la vita riservi molteplici sorprese, sia incantevoli
come quella, sia meno piacevoli, ma comunque costruttive ed utili per forgiare
il carattere. Non c’era spiegazione al fatto che sentissi ogni cosa attorno a
me perfetta, che il caldo, il sole e l’assenza di brezza mi risultassero
sopportabili. Ma ancor più strano era il
fatto che, a differenza di come facevo di solito, non osservavo. Difficile
spiegarsi. Attorno a me sentivo un clima d’appagamento completo, che, però, non
nasceva da qualcosa che vedevo. Scaturiva da qualcuno. O meglio dalla vicinanza
di qualcuno. Di lui. E chi altri sarebbe riuscito a provocare in me quell’ondata
di sorprendenti sensazioni?
Adesso
che ripensavo lucidamente al mio sogno e, soprattutto al risveglio, mi rendevo
conto di quanto stare con lui mi facesse enormemente piacere. Di quanto
l’essermi abbandonata sul suo petto mi avesse fatta rilassare istantaneamente.
Era stato così dolce, così perfetto. Non avevo mai incontrato una persona come
lui, una persona che fosse al tempo stesso familiare ed enigmatica, limpida e
misteriosa. Mi sentivo veramente esaltata.
Ripensai
al giorno prima. Sembrava che fossi un libro aperto per lui. Mi aveva
galantemente salvato dalla compagnia di Robert, che ultimamente mi risultava
insopportabile. Gliene ero grata, ma allo stesso tempo morivo di curiosità.
Possibile che sapesse l’intera faccenda? O forse aveva solo intuito che non avevo
voglia di stare in compagnia del mio ragazzo?
Sospirai.
“Sono
troppo silenzioso?”, mi chiese Matt, fraintendo.
Io
risi.
“Ma
no!”, esclamai, decisa. “Ero immersa nei miei pensieri, anzi. Scusa.”
Lui
scosse il capo.
“Sono
indiscreto se ti chiedo su cosa riflettevi?”, domandò poi, evidentemente
interessato.
Io
gli sorrisi. Pensavo a te, risposi mentalmente, fissandolo negli occhi. Feci
fatica a non perdermi di nuovo nell’emozioni che nascevano dal suo sguardo.
“Mi
chiedevo come avessi intuito, ieri, che non mi andava di stare con Robert.”,
annunciai, curiosa.
“Era
abbastanza chiaro.”, replicò, evasivo.
Rimasi
a guardarlo, ma lui non aggiunse altro. Sembrava che tra noi dovesse calare di
nuovo il solito silenzio ed io non riuscivo ad impedirlo. Contemplavo con
un’attenzione smisurata il suo viso, il suo profilo, il suo corpo, così
meravigliosamente statuari, così belli, così magici.
“Perché
stai con lui, se non vuoi?”, mi chiese all’improvviso, cogliendomi alla
sprovvista.
Io
arrossii.
Era
la domanda che avevo più temuto mi facesse, quella a cui neanche io riuscivo a
dare una risposta soddisfacente. Cercai di spiegarmi, pregando che non mi
giudicasse male. L’idea, anche solo il pensiero che avrei potuto indurlo a
farlo, mi distruggeva.
“Robert
sta attraversando un brutto periodo. Credo che, lasciandolo, lo farei soffrire
troppo, in un momento che è già critico di per sé.”
Lui
aggrottò le sopracciglia.
“Scusa
se te lo dico, ma tu, al suo posto, vorresti che lui fingesse come stai facendo
tu?”, domandò, serio.
Quelle
parole mi colpirono profondamente. Era così lampante la verità che cercavo di
nascondere a me stessa, che mi lasciò senza parole.
Realizzai
la realtà delle cose, in un instante. Per mezzo delle sue parole. Il mio
comportamento mi disgustava. Ero codarda. Ecco tutto. Non avevo il coraggio di
dirgli la verità, temevo di farlo soffrire ancora, ma così sarebbe stato
peggio, senz’ombra di dubbio. Ero abominevole.
Respirai
a fondo e quando ebbi raggiunto un giusto contegno, sussurrai, debole: “Hai
ragione.”
Con
mia grande sorpresa, s’incupì terribilmente.
“Mi
sono immischiato in faccende troppo personali. Mi spiace.”, si scusò, serio.
Sembrava che avesse intuito la mia confusione, letto i miei pensieri.
Io
scossi il capo, decisa.
“La
tua era una constatazione di fatto, peraltro giusta.”, risposi, guardandolo con
gli occhi ardenti.
Lui
abbozzò un mezzo sorriso.
Io
alzai gli occhi al cielo.
“Sai,
sei un ragazzo veramente strano. Conosci una ragazza assurda, che si addormenta
e fa incubi in una spiaggia affollata, ed invece di evitarla, le dai lezioni di
vita.”, dichiarai, con un’espressione scettica ben costruita.
Questa
volta, lui sorrise più apertamente. Aveva capito il mio impacciato tentativo di
risollevargli il morale.
“Ti
assicuro, Emily, che sei tutt’altro che assurda.”, replicò, convinto. “Anzi,
direi che forse un po’ lo sei. Insomma, te ne vai in giro con un ragazzo che
sta sempre zitto e grave, che è saccente e cerca di importi la sua visione
delle cose.”
“Forse
hai ragione. Io però sostituirei gli ultimi difetti elencati, con uno solo: la
paranoia.”, ribattei, alzando gli occhi al cielo.
Lui
sorrise.
La
conversazione su quell’argomento parve definitivamente conclusa ed io mi
abbandonai nel silenzio dell’ammirazione per l’effetto del sole sul suo viso e
sui suoi splendidi occhi. Il mio sguardo si mosse rapidamente sulla carnagione
scura, il torace appena scoperto dalla camicia, espressione di una perfezione
indescrivibile. Notai un ciondolo che portava al collo, che prima mi era
sfuggito.
Gli
chiesi cosa rappresentasse.
Il
suo viso s’illuminò, quando mi rispose.
“Me
lo ha regalato Sophie. È il simbolo di una promessa che ci siamo fatti due anni
fa. Di aiutarci a vicenda, sempre e comunque.”
I
miei occhi si animarono all’istante di piacevole sorpresa.
“Mi
piacerebbe tanto avere un fratello più grande. Qualcuno che possa guidarmi,
aiutarmi e volermi bene.”, dichiarai, con una punta d’invidia nei confronti
della mia nuova amica.
Matt
rise alla mia espressione, divertito.
“Eppure,
deduco che ti piace la realtà in cui vivi.”, affermò, d’un tratto pensieroso.
La
domanda mi colse di sorpresa, ma risposi ugualmente.
“Molto.”,
risposi, sorridendo. Poi soggiunsi, curiosa: “Da cosa lo deduci?”
Lui
rivolse lo sguardo verso il mio, sorridendo in modo indecifrabile, quasi amaro.
“L’hai
detto tu. Hai detto che non ti piacerebbe vivere in nessun altro posto.”, mi
ricordò, pensoso, quasi triste.
Io
abbozzai un’espressione serena, domandandomi cosa provocasse in lui una
reazione del genere.
“Già,
è vero.”, assentii, domandandomi come facesse a ricordare quello che avevo
detto. Quell’affermazione doveva averlo particolarmente colpito, a quanto
pareva.
“Non
vorresti stare neanche in un luogo magico, un mondo diverso, magari più bello,
più sincero, più intenso?”, mi domandò, fissandomi, inesplicabilmente avido di
conoscere la mia risposta.
Quelle
parole mi colpirono profondamente, risvegliando il mio più recondito desiderio,
o almeno quello che lo era stato. C’era stato un periodo della mia vita in cui
mi ero chiesta se ci fosse una realtà migliore, una fatta per me, a mia misura,
secondo le mie esigenze ed i miei ideali. Ma era passato tanto tempo. Adesso
avevo capito che non era quello che desideravo.
“Sono
le persone che fanno parte del mio mondo, ma anche gli oggetti, i profumi, le
immagini, che lo rendono perfetto, seppur non lo è.”, spiegai, pacata. “Questa
è la mia piccola, ma bella realtà. Se dovessi cambiarla, dovrei trovare
qualcosa di pari valore dall’altra parte.”
Lui
mi guardò, abbozzando un sorriso.
I
suoi occhi erano bellissimi. Mi fissava con un’espressione che non avevo mai visto,
e le emozioni che riuscivo a scorgere nell’universo scuro in cui ero immersa
erano nuove e fantastiche. Ero incatenata a lui e lui sembrava, strano a dirsi,
esserlo a me.
“Cosa
intendi per pari valore?”, sussurrò, avvicinandosi a me.
“Qualcosa
che non mi faccia mai avere rimpianti.”, replicai in un bisbiglio.
Inconsciamente
mi avvicinai a lui.
Non
sentivo il mio respiro, il battito del mio cuore. Scorgevo nei suoi occhi una
tempesta di desideri e il riflesso della mia unica, vera speranza in quel
momento.
E
poi, all’improvviso, tutto finì.
I
suoi occhi si riempirono di un’espressione inorridita e li abbassò.
Poi,
d’un tratto, alzò lo sguardo.
“Devo
andare.”, disse solo.
“Cosa…?”,
provai a domandargli.
Lui
scosse il capo.
“Mi
spiace, scusa.”, asserì guardandomi, tormentato.
Prima
che avessi il tempo di fargli altre domande, lui era già sparito dalla mia
vista. Osservai sbalordita il punto in cui era corso via.
Ma
cosa era successo?
Non
riuscivo a spiegarmi perché… Non poteva essere scappato così, solo per… E poi
quell’espressione… No, era tutto assurdo.
Respirai
a fondo, cercando di riprendermi.
Ero
passata da una dimensione di sogni e magia, alla realtà. Cercai di analizzare
lucidamente tutto, ma non mi era possibile.
Il
mio sguardo era inchiodato sul punto in cui era sparito. Perché era corso via
così? Senza un apparente motivo, una spiegazione logica. Non riuscivo a venire
a capo di nulla, mentre domande su domande mi sommergevano, sempre più confuse.
M’imposi
autocontrollo. Decisi di dirigermi verso casa e mi avviai a passo lento.
Ordinai
a me stessa di analizzare ogni cosa con cognizione, quindi mi addentrai nelle
mie riflessioni. Non mi sembrava di aver fatto qualcosa di sbagliato, quindi
non era a causa mia che era se ne era andato. Ma allora perché? Sembrava
veramente sconvolto, spaventato per qualcosa. Ma cosa? Per quale motivo?
Sospirai.
Non
sarei arrivata ad una spiegazione soddisfacente, seppur mi fossi tormentata per
tanto tempo. Era inutile continuare a fare congetture.
Mi
accasciai triste sulla mia panchina, a cui ero arrivata proprio in quel momento.
C’era
una parte di me, un luogo recondito della mia ragione, che mi urlava un
possibile chiarimento della faccenda. Cercavo d’ignorarlo, di reprimerlo dentro
di me, ma era impossibile. Mi chiedevo se non fosse sparito a causa del fatto
che noi- era difficile persino solo il pensiero- be’, eravamo sul punto di… Ma
forse mi sbagliavo io. Forse tra di noi non sarebbe successo nulla comunque.
Probabilmente mi ero immaginata tutto, così presa dai miei desideri. Ma anche
quello era difficile da accettare. Perché implicava qualcosa che non poteva,
non doveva essere vero. Qualcosa che avrebbe reso ancor più terribile quello
che stavo facendo a Robert.
Sospirai,
cercando, invano, di calmarmi.
Sollevai
lo sguardo e la luce del sole m’abbagliò. L’enorme stella ardeva rovente e solo
allora m’accorsi di quanto facesse caldo. Era insopportabile stare lì, sotto la
calura insostenibile. Terribile.
Guardai
dinanzi a me, cercando d’evitare la luce diretta del sole.
Notai
che dall’altra parte della strada c’era Sophie. Quando mi scorse, s’illuminò e
mi corse incontro.
“Ciao,
Emily.”, mi salutò. Sembrava preoccupata. “Hai per caso visto mio fratello?”
Quella
domanda mi trafisse e la confusione che avevo cercato di reprimere ritornò
nuovamente a opprimermi.
“Stavamo
insieme fino a poco fa, ma poi è corso via.”, annunciai, cercando di dare un
contegno alla mia voce.
Il
suo viso si fece serio, la sua espressione pensosa. Pareva concentrata su
qualcosa. Dopo alcuni istanti, però, si rilassò e sorrise. Si sedette accanto a
me.
“Come
va?”, mi domandò, allegra.
Io
sorrisi.
“Bene.”,
mentii, “E a te?”
Lei
mi guardò, alzando le sopracciglia .
“Potrebbe
andare meglio.”, rispose. Sembrava cercasse di apparire serena. “ Lizzy non ha
nessuna tortura in programma oggi, per te?”
Risi,
ripensando al nostro incontro.
“Spero
di no!”, commentai, con un’espressione di timore dipinta sul volto.
La
bruna sorrise, divertita. “Sai, la invidio.”, annunciò, cogliendomi di
sorpresa.
Io
la guardai, stupita. “Invidi Elizabeth?”
“Già.”,
replicò, seria. “Sembra che nulla possa scalfire il suo costante buonumore. Ha
un carattere splendido.”
La
fissai, presa alla sprovvista. “Anche tu sei molto solare, Sophie.”
Lei
sorrise, ma questa volta c’era qualcosa d’amaro nella sua espressione.
“Tento
di esserlo.”, ribatté, cupa.
Ricambiai il suo sorriso.
“Non
si può essere sempre felici, sempre spensierati.”, commentai, ripensando al
modo in cui io vedevo le cose fino a poco tempo prima. “A volte si rischia di
essere anche un po’ superficiali. E non è bello.”
La
mia nuova amica mi guardò, sorridendo.
“Sei
molto più saggia di quanto mi aspettassi.”, dichiarò, nuovamente allegra.
Io
alzai le sopracciglia.
“Non
ho detto niente di saggio.”
Lei
non volle sentire ragioni, anzi continuò a ribadirlo per tutto il cammino che
facemmo insieme, verso casa. Ma io sentivo di non esserlo affatto. Se fossi
stata veramente saggia, avrei saputo dare una spiegazione per quello che stavo
provando per Matt. Se fossi stata saggia non avrei mai fatto una cosa del
genere a Robert. Ma non lo ero. Decisamente, non lo ero.
Respirai
a fondo, lasciando che quell’inconfondibile profumo m’invadesse completamente.
Quell’odore tenue e dolce mi tranquillizzò, anche se per brevissimi istanti.
Accarezzai, con lo sguardo vacuo, i petali blu della pianta che, tra tutte in
quella serra, era in assoluto la mia preferita. Sfiorai lentamente il gambo
ricoperto di spine, le foglie acuminate e di nuovo i morbidi petali di quella
splendida rosa, quasi meccanicamente. Era una sensazione rasserenante, se non
quasi appagante. Una di quelle poche sensazioni di pace che ancora mi
rimanevano da provare. La mia vita era totalmente cambiata, dovevo ammetterlo,
da quando la famiglia Elliot era arrivata lì. Ma cosa stavo dicendo? Non ne
avevo abbastanza di mentire a me stessa? Ero completamente mutata da quando
avevo conosciuto Matt Elliot. Lui ed i suoi occhi scuri, ricolmi d’emozioni,
sempre più grandi, sempre più inondanti, lui ed il suo viso perfetto, che
m’appariva familiare, lui. Aveva rivoluzionato le poche certezze che avevo, non
sapevo neanche bene come. C’era solo una cosa di cui ero certa. Non ero più la
stessa Emily. Quella ragazza che amava la sua realtà, che amava il suo ragazzo,
che accettava che non esistesse un mondo d’eterna felicità. Adesso volevo di
più. Desideravo andare oltre, oltre ogni cosa, perché avevo provato cosa
volesse dire immergersi in un universo di luce profonda, di allegria subitanea,
di sorpresa continua. Non mi sentivo così da tanto, troppo tempo.
Sospirai.
E
così, ispirata da velleità fantasiose, avevo preso finalmente una sana, giusta
decisione finale. Ero determinata e non mi sarei tirata indietro. Ma non era
quello, stranamente, che temevo. La mia principale paura era -dovevo
ammetterlo- il dopo. C’era qualcosa che mi era difficile razionalizzare.
Qualcosa che, se dichiarato, anche solo a me stessa, sarebbe stato troppo
doloroso sopportare. E, poiché stavo per allontanare da me l’unica persona che
avrebbe potuto frenare anche solo gli accenni di una consapevolezza del genere,
temevo di non riuscire a sopportarla.
Sentendo
la porta aprirsi, mi riscossi e mi voltai.
Incrociai
il suo sguardo.
Chissà
perché avevo scelto proprio la serra. Forse perché era un luogo speciale per
me. Forse perché mi sembrava l’unico luogo in cui non avevamo condiviso
qualcosa. Né il nostro amore, né i nostri dissapori. Forse perché quella rosa
blu mi dava sicurezza. Qualunque fosse il motivo, in ogni caso, adesso lui era
lì. Ed io dovevo adempiere alla mia scelta.
“Ciao,
Robert.”, lo salutai, cauta.
Lui
mi sorrise, con un espressione vagamente sorpresa.
“Ciao,
amore.”, ricambiò, avvicinandosi. “Perché hai voluto che ci vedessimo poco
prima d’uscire? E perché proprio qui?”
Allontanai
il mio sguardo dai suoi occhi, la cui cieca fiducia mi trafiggeva.
“Non
saprei esattamente perché proprio qui.”, risposi calma, ripensando alle mie
precedenti riflessioni.
Robert
mi fissò, in attesa.
“In
quanto al motivo…”, ripresi, sentendomi stranamente tranquilla, “Be’, forse è
meglio che ci sediamo.”
Lui
incrociò i miei occhi, evidentemente stupito e con un lievissimo velo di
preoccupazione sugli occhi.
Ignorai
la sua espressione interrogativa e mi sedetti su una panca, vicino alla seconda
delle due rose blu presenti nella serra. Aspettai che lui s’accomodasse accanto
a me, poi, con un enorme sforzo di volontà, mi costrinsi a guardarlo negli
occhi.
“C’è
una cosa che ti devo dire.”, annunciai, seria.
Lui
abbozzò un sorriso. “Così terribile, eh?”, domandò, cercando di affievolire la
tensione creatasi fra di noi.
Annuii,
senza ricambiare il sorriso.
“Robert,
ascolta… io…”, esordii, ma era dura continuare.
Respirai
a fondo.
“Non
credo di poter stare ancora con te.”
Un
lampo di dolore attraversò i suoi occhi. Distolsi lo sguardo, dispiaciuta, ma
allo stesso tempo sollevata, di aver detto quello che sentivo. Non volevo che
soffrisse, non volevo che nessuno stesse male a causa mia, ma Matt aveva
perfettamente ragione, non era giusto mentire a quel modo.
Il
silenzio tra me e Robert durò alcuni istanti, che a me parvero ore
interminabili. Finalmente lui lo interruppe.
“Ce
l’hai ancora con me per quella storia?”, mi chiese ansioso, ma, chissà perché,
pareva desiderare una risposta affermativa.
Ancora
una volta lo delusi. Non m’interessava più che fosse andato con un’altra. Era
già stato perdonato. Scossi il capo.
“Io…
non credo di provare la stessa cosa che provi tu nei miei confronti.”, spiegai,
cercando di avere più tatto possibile. Non mi sembrava che un secco ‘non ti amo
più’ potesse andare bene.
Lui,
sorprendendomi, sollevò le sopracciglia, irato.
Rise
sguaiatamente, ma sentivo il suo rancore e lo osservavo sprizzare dai suoi
occhi.
Lo
fissai, sgranando gli occhi.
“Ti
sei innamorata di quello lì.”, sentenziò, quasi disgustato.
Ero
stupita, non riuscivo a capire cosa volesse dire.
Alla
mia espressione, lui sorrise, ma era un sorriso gelido, cattivo.
“Ti
sei innamorata di Matt Elliot.”
Rimasi
a bocca aperta, non in grado di proferir parola. Era forse quella la realtà che
faticosamente cercavo di nascondere a me stessa? Era così evidente? Ma, cosa
più importante, era la verità?
Cercai
disperatamente di riprendermi. Mi alzai e mi avvicinai piano alla mia rosa. Ne
toccai nuovamente i petali, tentando di rilassarmi.
Quando
fui sufficientemente certa d’aver raggiunto un contegno, mi voltai.
Lui
era lì, in attesa che io confermassi la tua teoria.
“Non
ho idea di cosa ti porti a pensare una cosa del genere.”, iniziai, fredda.
“Sinceramente, se la tua era una domanda, non saprei risponderti.”
Sospirai,
ma per fortuna lui non m’interruppe. “C’è una cosa che però ti posso
assicurare. Al di là di quello che potrei provare per Matt o per chiunque
altro, sta di fatto che per te io non nutro che un profondo affetto, dettato da
tutto il tempo che abbiamo passato insieme. Nient’altro. Non mi sembra giusto
continuare la nostra storia.”
Robert
mi fissò, come se fossi una crudele e spietata aguzzina. Sentii la tristezza
invadermi, ma non potevo rimproverarmi nulla.
“Quando
ti ho detto dei miei, mi hai consolato. Hai detto che l’amore esiste davvero. Tutte
quelle volte che mi hai detto di non poter stare senza di me…Erano tutte
bugie!”, esclamò, con rabbia.
Io
scossi il capo.
“Io
non ho mentito. Credevo di amarti e forse…”, era difficile spiegare, ma avrei
tentato comunque, sebbene riuscissi a malapena a controllare il tono della mia
voce. “Forse ero davvero innamorata di te. Ma il tempo cambia molte cose…”
Respirai
a fondo, ma lui non riprese la parola.
“Il
fatto che io non ti ricambi più, non vuol dire che l’amore non esista. Non sono
la persona giusta per te, ma sono sicura che…”, provai a fargli notare, ma lui
m’interruppe.
“Non
ho bisogno di te, Emily. Sei diversa da come credevo che fossi. Non voglio più
stare con te.”, dichiarò, rancoroso, lanciandomi uno sguardo fulminante, che mi
fece crollare. Poi mi voltò le spalle ed uscì, senza aggiungere altro.
Mi
accasciai sulla panca, sentendo piccole, calde lacrime che mi scendevano lungo
le guance. Il disgusto ed il rancore con cui mi aveva guardata, le sue parole,
la sua rabbia. Erano state terribili, ma non potevo biasimarlo. Lo capivo
perfettamente. Anch’io, quando lui mi aveva tradita, avrei voluto urlargli in
faccia che non era che un essere indescrivibile, che avrei fatto benissimo a
meno di lui. Era dura da sopportare, con i sensi di colpa che già mi sferzavano
brutalmente, ma ce l’avrei fatta. Forse, se gli avessi dato un po’ di tempo,
lui avrebbe capito. Avrebbe accettato ogni cosa. Cercai di rassicurare me
stessa, ma mi resi conto che era difficile calmarmi. Mi asciugai le lacrime con
un gesto veloce, e con un ultimo saluto alle mie rose, uscii dalla serra.
Respirai
a fondo l’aria circostante, lasciai che i miei capelli venissero mossi dal
vento e che la sensazione carezzevole della brezza m’attraversasse
completamente. Permisi ai miei occhi di vagare, catturando le sfumature del
terriccio, la molteplicità di riflessi sulle foglie e sull’acqua marina e
l’incantevole moto ondeggiante della sua spuma. Mi avviai pian piano, calma,
verso la casa dell’unica persona che avrebbe potuto consolarmi.
Cercavo
di rubare ogni cosa, ogni più piccolo oggetto del panorama sconfinato, con lo
sguardo,nel tentativo di distrarmi. Sapevo che non ci sarei riuscita, ma avevo
bisogno di essere lucida e di riflettere. Con il cuore offuscato dalla
tristezza non sarei riuscita a fare nulla.
Dopo
molti ed inutili tentativi di abbandonare quello stato di totale confusione, mi
arresi. Forse, sfogandomi, sarei riuscita nel mio intento.
Affrettai
il passo.
Giunsi
dinanzi al portone in pochi minuti, sebbene a me parvero ore interminabili. Mi
fermai, ripresi fiato e suonai decisa il campanello.
La
voce familiare della mia amica mi rassicurò e il mio cuore, che si dibatteva in
strane ed insopportabili, dolorose sensazioni, cominciò a rallentare il suo
battito. Salii velocemente le scale e mi fermai dinanzi alla porta socchiusa.
M’imposi un contegno, augurandomi che non si notasse che avevo pianto. Entrai
cauta e Lizzy m’accolse allegra, con i capelli avvolti in un asciugamano,
annodata sopra la testa. Non appena mi vide, trasalì.
“Cosa
ti è successo?”, mi domandò, sorpresa.
Mi
rimproverai il mio patetico tentativo di apparire serena.
“C’è
qualcun altro in casa?”, chiesi, impaziente.
Lei
scosse il capo.
Io
chiusi la porta e mi sedetti sul divano. Respirai a fondo, mentre lei si sedeva
accanto a me, guardandomi sbalordita.
“Devo
raccontarti una cosa.”, esordii, cercando di apparire quantomeno tranquilla. Fu
un penosissimo tentativo. Non appena la misi a parte dei sospetti di Robert e
dei suoi sguardi, ricolmi di rancore, che mi avevano dolorosamente sferzato,
come il vento freddo in una notte d’inverno, non potei trattenere le lacrime,
che sgorgarono incontrollate sulle mia guance.
Lei
stette ad ascoltare, senza interrompermi, finché non terminai.
Poi,
lanciandomi uno sguardo calmo, disse: “Non hai niente da rimproverarti. Hai
fatto la cosa giusta.”
Io
la fissai. Mi sentivo agitata e confusa ed era insopportabile.
“Forse
avrei dovuto aspettare, non avrei dovuto dirglielo a quel modo, forse…”,
proruppi, profondamente scossa.
Lei
m’interruppe, severa. “Sarebbe stato peggio se avessi aspettato e sei stata
quanto più gentile possibile. Non ci puoi fare nulla, se lui è un… Non mi fa
parlare!”
Scossi
il capo. “È normale che si sia comportato così, lo…”
Lei
mi frenò di nuovo, arrabbiata. “Normale? Oh, Emily, ma la finisci di
difenderlo?”
Notando
il mio sguardo, alzò gli occhi al cielo, esasperata.
“Quando
io ho lasciato Alex, lui non l’ha presa così!”, esclamò, guardandomi.
Per
un attimo la mia espressione rimase confusa, poi spalancai gli occhi.
“Lo
hai lasciato?”, domandai, stupita.
Non
me lo aspettavo. Era chiaro che Lizzy non lo amava davvero, ma sinceramente non
credevo che si sarebbe finalmente decisa a mettere fine alla sua relazione con
lui.
Lei
annuì, impaziente. “Non divagare!”, ordinò, aspramente.
Sospirai,
ritornando al mio stato d’inquietudine.
“Quello
che ha detto di Matt…”, iniziai, con voce malferma.
Lei
mi guardò, d’un tratto seria.
Io
studiai la sua espressione. “Credi che abbia ragione?”, domandai, stupita.
Lizzy
distolse lo sguardo.
“Non
sono io a poterlo stabilire, Emily.”, affermò, pacata. Poi si voltò verso di
me. “Tu cosa provi per lui?”
Abbassai
lo sguardo, pensierosa. Che cosa provavo per lui? Avrei voluto ammettere a me
stessa di non saperlo, ma mi era chiaro. E sebbene non volessi accettarlo, era
evidente in me stessa.
“Io…
penso d’amarlo.”, dichiari, in un sussurro flebile, che si perse nell’ondata di
angoscia che m’avvolse.
I
suoi occhi, del colore d’una foglia, fissarono pieni di tristezza quelli, d’un
castano scurissimo, quasi nero, che si posavano su di lei, pieni di rancore.
Ero
in un luogo pieno di piante d’ogni tipo, ricolmo di profumi, di dolcezza, ma la
cui atmosfera sembrava gelida, come il marmo. Guardavo cauta i due, nascosta in
un angolo, ma, chissà per quale motivo, sapevo che non mi avrebbero visto.
Studiai
con interesse i capelli ramati della ragazza, che ricadevano morbidi sulle
spalle, la sua carnagione cerea, il suo corpo magro, i suoi occhi,
dall’espressione smarrita. Ogni cosa mi era familiare di lei e sentivo,
inspiegabilmente, una sensazione di vuoto profondo nel cuore. Volevo
avvicinarmi alla ragazza, consolarla in qualche modo, ma temevo che lui mi
vedesse.
Studiai
i suoi interminabili occhi cupi, la sua freddezza, il suo corpo già ben
strutturato, sebbene ancora per certi tratti infantile, la sua espressione di
profondo odio. Rabbrividii, terrorizzata. Non osai avvicinarmi.
La
ragazza non sembrava temerlo, ma continua a fissarlo, preoccupata.
“Mi
spiace.”, sussurrò, una voce dolce e quieta.
Sentii
qualcosa risvegliarsi in me. Un suono confuso, indistinto, una voce melodiosa
che cantava. Sussurrava, parola su parola, una sinfonia meravigliosa, il dolce
suono dei tasti di un piano, nostalgico, ricolmo d’amore. Mi accorsi delle
lacrime che scorrevano sul mio viso, copiose e calde. Non capivo perché, non
avevo idea di cosa mi stesse succedendo, sentivo solo il bisogno di piangere.
Lui
la guardò, pieno d’odio.
Realizzai
che, qualunque cosa portasse lei a scusarsi, non sarebbe mai stata perdonata.
Lui
bisbigliò qualcosa, non riuscii a cogliere le parole. Lei scosse il capo,
distrutta.
I
suoi occhi si posarono sulla sua figura.
Un
odio, un odio profondo, incredibilmente inondante, pressante, terribile,
scaturì dalle profondità di quel colore così scuro. Uno sguardo terribile,
micidiale, crudele. La bellissima ragazza, dai capelli ramati e fluenti, cercò
di avvicinarsi a lui. Il suo sguardo era di ghiaccio. Sembrava volesse
fulminarla. Non doveva avvicinarsi. Dovevo impedirlo, dovevo proteggerla. Mi
sentivo in dovere di farlo. Ma non sapevo come. Lei gli era pericolosamente
vicina.
Urlai,
spaventata, con tutto il fiato che avevo in corpo.
Spalancai
gli occhi, terrorizzata, guardandomi intorno. Dinanzi a me si ridefinivano
lentamente i contorni di una stanza scura, di una finestra coperta da una lunga
ed allegra tenda, di una ringhiera ferrea di un letto. Per un istante faticai a
capire dove mi trovavo. Poi, sollevata, mi accasciai sul cuscino.
Era
stato solo un sogno. Un angosciante, cupo incubo, ma nient’altro che quello.
Respirai a fondo, cercando di cancellare l’immagine vivida di quegli occhi
crudeli, che mi balzava ancora dinanzi agli occhi. Avevo già visto un colore
come quello. Non ricordavo esattamente dove, ma ne ero assolutamente certa. Un
castano scurissimo, un nero sbiadito. M’imposi di non pensarci. Ero già
abbastanza spaventata così. Lentamente mi costrinsi a scendere dal letto.
Infilai le pantofole e mi diressi in cucina.
Le
9:30. Avevo fatto veramente una lunga dormita. Per fortuna i miei erano usciti.
Sicuramente le mie urla li avrebbero preoccupati.
Preparai
velocemente il caffè ed il latte, che bevvi in fretta. Avevo voglia d’uscire.
Speravo che l’aria fresca lavasse via ogni residuo di quel sogno. Mi vestii in
un lampo, rifeci il letto e, dopo aver preso le chiavi, mi diressi verso
l’uscita. In men che non si dica, mi ritrovai in strada.
Mi
avviai cauta, contenta che il clima della giornata si rivelasse meno afoso,
dirigendomi verso il lungo mare. Prestai un’attenzione smisurata ad ogni
aspetto del paesaggio, spiegandomi questo comportamento con la volontà di non
ricordare il mio sogno. Ma c’era una consapevolezza nascosta, sepolta da una
miriade di pensieri, che m’imponevo d’avere, che se avessi accettato, sarebbe
stata causa di non poca sofferenza. Il fatto che fosse stata il mio primo pensiero,
mentre lentamente mi riprendevo dal sogno e facevo colazione, doveva
assolutamente essere dimenticato. Ero, tra l’altro, anche molto in ansia. Non
riuscivo ancora a spiegarmi per quale motivo fosse sparito a quel modo, senza
spiegare nulla. Adesso che mi ero resa conto di ciò che provavo, be’… Temevo
che l’avesse notato anche lui. Forse era per quello che…? Ammettere una
possibilità del genere era insopportabile. Mi sforzai di pensare ad altro.
Poiché, tra le mie molteplici riflessioni, se decidevo di scartare l’argomento
Matt, si faceva strada lo sguardo ricolmo d’odio che mi aveva tanto
terrorizzata, mi arresi a quest’ultima opzione. Cercai di riuscire a scoprire,
rispolverando insistentemente i miei ricordi-fui accurata nel tenere lontana
quelli che lo coinvolgevano- dove li avessi già visti. Non ebbi buoni risultai,
ma almeno riuscii a distrarmi.
Arrivata
sul lungo mare fui sorpresa di scorgere una sagoma conosciuta, che, appoggiata
al muretto, osserva le acque cristalline, che scintillavano al sole quasi
fossero composte di diamanti, e la sabbia, il cui inondante odore mi invadeva
completamente i polmoni.
Mi
avvicinai, piano e mi sistemai accanto a lui.
Sobbalzò.
Mi guardò e s’illuminò con un grande sorriso.
“Da
quanto tempo…”, esordì, allegro.
Io
ricambiai, con pari gioia.
“Eh,
già. Come stai, Charlie?”, domandai, cercando di scacciare le domande che mi
sorgevano spontanee in mente. Anche se lui abitava nella stessa casa degli
Elliot, non voleva dire che sapesse… Dovevo smetterla di pensare a Matt.
“Bene,
e tu? Mi sembri un po’… uhm, non saprei definire la tua espressione…
preoccupata?”, domandò, senza, però, perdere il suo buon umore.
“Ehm,
forse, un po’…”, dichiarai, evasiva. Poi, controllata da chissà quale istinto:
“Ehm, sai come sta Matt?”, balbettai velocemente, rimproverandomi
immediatamente la mia debolezza.
Lui,
inaspettatamente, sorrise.
“Mi
aspettavo questa domanda. Ti stai chiedendo perché ieri è sparito così, non è
vero?”, chiese, con una punta, impercettibile -pensai quasi di averla solo
immaginata-, di malinconia.
Annuii,
sorpresa che lui ne fosse a conoscenza.
“Te
lo spiegherà lui non appena v’incontrerete, ma se vuoi posso anticipartelo
io.”, affermò, guardandomi.
“Credo
che qualche spoiler non farà male.”, replicai, la curiosità alle stelle.
“L’ho
chiamato io. Avevo un bisogno impellente della sua presenza.”, chiarì, sereno.
Io
lo guardai attentamente. Mentiva. Era più che evidente. Era una bugia bella e
buona. Matt non aveva ricevuto la chiamata di nessuno. Ma non feci altre
domande. Non volevo risposte da lui. Era qualcun altro che doveva fornirmi
spiegazioni, pensai arrabbiata. E poi, avevo una scusa per rivederlo, pensai,
un po’ più sincera con me stessa. Sospirai, cercando di allontanare quella
strana sensazione d’ansia che m’avvolgeva.
Lui
mi osservava, curioso. Sembrava sorpreso che avessi accettato le sue
dichiarazioni senza batter ciglio. Forse si aspettava che controbattessi. Era
chiaro che come scusa era abbastanza penosa. Alzai gli occhi al cielo.
“Be’,
che mi racconti?”, chiesi, cercando di mostrarmi tranquilla.
Seguitò
a fissarmi, ancora stupito, poi si riprese. Sorridendo, disse: “Nulla di
particolare. Solite cose. E tu?”
Io
scossi il capo.
“Credo
che qualche spirito maligno mi perseguiti.”, annunciai, falsamente seria.
Sollevò
le sopracciglia. “Spirito maligno?”, ripeté, confuso.
“Non
faccio che fare strani incubi.”, risposi, in tono leggero.
Lui
si fece serio. Sembrava averla presa molto peggio di quanto non mi aspettassi.
In fondo la faccenda dello spirito era solo uno scherzo.
“Che
tipo di incubi?”, mi domandò, ansioso.
Ripensai
alla donna con i capelli ramati, evidentemente la stessa persona in entrambi i
sogni, al suo compagno in quel luogo pieno di fiori, con gli occhi scuri e
cattivi. Stavo per raccontarglielo, quando fui colta da un’illuminazione
improvvisa. Sollevai lo sguardo, per incrociare il suo.
Lui
mi fisso, interrogativo.
Aveva occhi scurissimi, profondi e freddi. Quegli occhi. Ne ero certa. Erano identici. C’era un’unica cosa che li differenziava da quelli del sogno… Al posto del terribile odio, che avevo visto animarsi contro la ragazza, c’era una dolce sfumatura di bontà.
Salve a tutti!
Che piacere rivedervi! (sì, certo, come se io potessi vedervi!) Eccomi qui, con un nuovo cap della storia. Innanzitutto vorrei ringraziare le mie due lettrici accanite, Padme Undomiel e Mistery Anakin: sappiate che ricevere le vostre recensioni mi rende molto felice, ma anche tutti i lettori e tutti quelli che seguono la mia storia! Vi ringrazio di averla notata e spero che vi sia piaciuta!
In questo nuovo capitolo, con somma felicità di qualcuno, Robert sparisce definitivamente, mentre Emily si accorge del ruolo importante che ha Matt nella sua vita. Spero di aver reso bene la situazione e spero di non aver deluso tutti coloro che vorranno leggere qst cap!
Grazie ancora,