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Autore: Girasoleh    24/01/2017    2 recensioni
Quando ad Inuyasha viene proposto un lavoro nel centro esatto di Tokyo, quasi stenta a crederci.
Dall'altra parte del mondo, una promettente studentessa londinese, sta per fare la scelta più importante della sua vita.
Decisioni che si intrecciano.
Un amore che sboccia improvvisamente per la giovane Kagome e che non è destinato a durare; un trasferimento ed un addio che però segnerà un nuovo inizio.
Buona lettura!
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Kagome/Sesshoumaru, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno della partenza arrivò in un attimo.
Per Kagome non era stato facile preparare tutto così velocemente ma, a conti fatti, aveva fatto subito una lista di cose che le sarebbero sicuramente servite: aveva creato due categorie, divise per importanza e all'interno di ognuna, di giorno in giorno, aggiungeva gli oggetti di cui si ricordava. Il giorno prima della partenza, con penna alla mano, la ragazza si era messa in piedi davanti a due valigie aperte ed enunciava ogni singola dicitura del foglio:
- Shampoo. - pronunciava.
- Shampoo, messo. - si faceva eco da sola, e così aveva continuato fino a riempire un'intera valigia, un beauty-case, una borsa da viaggio e uno zainetto per quando sarebbe uscita a visitare la città.
L'estate ancora non era ufficialmente entrata, era solo inizio Giugno, ma il clima faceva presagire una stagione abbastanza calda, per cui Kagome aveva riflettuto a lungo su quali abiti fosse giusto portare fino a che, semplicemente, non mise il suo armadio dentro una delle due valigie, quella destinata appunto agli abiti. Avrebbe voluto fare una cernita, ma non riusciva a decidersi né ad immaginare le occasioni che le si sarebbero potute presentare, per cui, per evitare di non avere 'il vestito giusto', portò tutto.
Quella sera dormì poco, si girava e si rigirava nel letto, era ansiosa ed eccitata, non sapeva decidere quale delle due emozioni prevaricasse sull'altra; in tutto questo Miroku era stato avvertito del cambio data della sua partenza, ma decise di andare con la scuola.
Fu grata al cielo per quella scelta: avrebbe voluto non dirglielo ma poi il rimorso di quell'atto cattivo aveva cominciato a fare capolino prima ancora che lei potesse realizzare la sua pensata. Per questo motivo lo prese da parte l'ultimo giorno di scuola, circa una settimana prima, e gli disse del regalo che i suoi genitori le avevano fatto.
Lui era rimasto perplesso ma poi, come se qualcuno gli avesse suggerito le parole, disse semplicemente che le avrebbe lasciato quel mese per riflettere e per capire se effettivamente lui le mancava, così che a Tokyo si sarebbero rincontrati come fidanzati, questa volta in modo ufficiale.
'Sono contenta che Miroku non parta con me, magari ha ragione lui, questa lontananza servirà ad entrambi e ci saprà svelare il nostro futuro.
Chissà che bella è Tokyo. I suoi colori, le case, i ciliegi in fiore... chissà se incontrerò qualcuno di interessante. Sarebbe bello se questo viaggio, con sé, porterà tante belle novità e cose buone...
E poi...'

Una tiepida luce, vagamente calda, entrava dalla finestra e si proiettava sulle sue gambe.
- Tesoro, alzati!- sua madre era entrata in camera.
L'ultima cosa che ricordava era di fantasticare su Tokyo e in generale sul viaggio, aveva anche degenerato pensando a qualche incontro interessante ma poi, alla fine, il sonno l'aveva vinta.
Si mise una mano davanti agli occhi, per coprirsi ed evitare che quella luce le entrasse dritta nelle iridi.
- Mamma, chiudi! - sbraitò portandosi le coperte sul capo.
- Oggi è il giorno... Ricordi? -
- Sì ma... - cominciò a dire Kagome e prima ancora di poter concludere la frase sgranò gli occhi e si girò in direzione della sveglia: segnava le 8:00.
- DIO, MAMMA! Ma ti pare questo l'orario a cui svegliarmi? Ho l'areo alle 11:00!- ormai era in piedi, aveva rifatto alla mala peggio il letto ed era volata in bagno per fare una bella doccia rinfrescante.
- Ah, questa figlia... - borbottò la madre mentre lei ormai era già lontana.
Per la prima volta in tutta la sua vita, Kagome era in anticipo. Era già perfettamente lavata e profumata, mancavano solo i suoi lunghi capelli neri da asciugare e poi avrebbe potuto vestirsi.
Con lo spazzolino in bocca, guardandosi allo specchio, ripeteva tutte le cose che avrebbe dovuto portare per la permanenza in Giappone, ma più ci pensava e più i vari elementi le sfuggivano, per cui dopo circa cinque minuti aveva perso la speranza.
Accese il phon e lisciò la sua chioma corvina.
Per raggiungere l'aeroporto non ci voleva molto, ma non voleva avere fretta, voleva che tutto andasse liscio come l'olio e che non si creassero intoppi o problemi di qualche tipo.
- Eccomi! Allora, quando usciamo? -
Erano le 8: 45, era in piedi davanti la porta della cucina e suo padre non era neanche vestito.
- Almeno tra un'ora... - bofonchiò il signor Higurashi bevendo il suo caffé.
Kagome cambiò faccia, il suo entusiasmo venne meno, ma non si perse d'animo.
- Bene! Userò questo tempo per una nutriente colazione. - disse avvicinandosi alla credenza, - la colazione è importante, altrimenti un lungo viaggio come mai si potrebbe affrontare? - prese quindi i suoi cereali preferiti in una ciotola più larga del solito, del latte, i pancakes che la mamma aveva preparato come ogni mattina, lo sciroppo d'acero e anche del cioccolato.
- Colazione nutriente, sì... ma attenta che ti senti male sull'aereo! - il padre rise e la madre gli fece eco dallo stanzino adiacente alla cucina.
Mangiò tutto di gusto, si sarebbe anche preparata un pasto per affrontare tutte le dodici ore di aereo se non fosse che il personale di bordo provvedeva autonomamente a servire da mangiare a tutti i passeggeri.
Aveva scelto un volo diretto, senza aver mai preso un aereo, la cosa un po' la spaventava ma dall'altra parte la voglia di arrivare a destinazione era talmente alta che l'ansia, messa a confronto, sembrava solamente una piccola briciola in una grande tavolata bella pulita.
Senza che se ne accorgesse, tra i saluti e la tv che passava programmi di cucina già di prima mattina, passò l'ora che era necessaria aspettare e quindi, armata di valigie – una per mano – passò la soglia dell'ingresso principale, fino ad arrivare al cancelletto del loro giardino privato, che li separava dalla strada.
Si voltò appena, a guardare la sua casa, la mamma e Sota erano lì a salutarla e a farle gli auguri per quel viaggio.
- Chiama appena l'aereo parte!-
- Mamma, ma non posso, il telefono si deve tenere spento durante il viaggio! -
- Ah... - sospirò perplessa la signora – e allora chiama poco prima di salire! -
- D'accordo! E anche quando arrivo e per qualsiasi spostamento! - disse Kagome precedendo le intenzioni della madre.
- Bravissima. Buon viaggio amore, divertiti! -
E con un ultimo gesto della mano, entrò in macchina e, insieme al padre, si avviò all'aeroporto dove sarebbe cominciata la sua avventura.
Fu un viaggio stranamente taciturno, arrivarono a destinazione senza aver detto nulla e solo quando Kagome raggiunse il suo gate il padre si lasciò scivolare una lacrima sul volto.
- Papà che hai, non ti senti bene? -
- Ma no piccola, sono solo contento che tu stia crescendo. - disse sicuro – tuttavia... -
- Tuttavia? - lo incalzò Kagome.
- Tuttavia mi mancano molto i tempi in cui per fare un passo ti serviva la mia mano, altrimenti avevi paura di cadere. -
La ragazza si lasciò cadere di mano l'unica borsa che le era rimasta, visto che le altre erano state imbarcate, si lanciò al collo del padre e pianse anche lei.
- Papà, è solo un viaggio...Avrò sempre bisogno di te, lo sai! -
Lo guardò sorridendo e gli accarezzò il volto. - Ti voglio bene, papà. - scandì bene le parole, come se volesse che gli rimanessero impresse e che non facesse più brutti pensieri.
- Ora vai, altrimenti sarà stato inutile prendere dei biglietti un mese prima! - disse il signor Higurashi pulendosi il viso con il dorso della mano.
- Sì, vado. Saluta di nuovo tutti a casa da parte mia, appena torni. E dì alla mamma che mi hai vista salire sull'aereo ed è per questo che non l'ho chiamata. -
Si avvicinò un po' al suo orecchio, - non dirgli che abbiamo avuto quest'attimo di tenerezza o ne sarà gelosa! - strizzò l'occhio e salì sulla rampa.
In un attimo era nella pancia dell'aereo, cercava il suo posto vedendo il biglietto.
- Ah, eccolo. C5. -
Notò con piacere che era una seduta accanto al finestrino.
'Potrò godermi tutto il paesaggio da qui, che bellezza!', infilò gli auricolari per la musica e si accomodò per bene, trovando la giusta posizione per la testa su quel cuscino così morbido.
- Attenzione, allacciarsi le cinture di sicurezza. Siamo in partenza.-
Una voce femminile, stranamente metallica, avvertiva tutti di prendere posto e di non alzarsi durante il volo se non per andare in bagno. Spiegava le uscite di sicurezza, gli orari in cui sarebbero stati serviti i pasti e poi, finalmente, augurò un buon viaggio.
Pochi secondi dopo l'areo si muoveva, prese circa 900 metri di rincorsa e poi si alzò in volo.
Fu un attimo, Kagome cominciò a vedere la sua città farsi sempre più piccola, sorrideva come una bambina con la faccia schiacciata al vetro del finestrino.
Le case si facevano sempre più lontane ma lei si sentiva sempre più vicina alla sua amata Tokyo.
- Tra dodici ore sarà fatta – sibilò.
- Primo viaggio? - le chiese il suo vicino di posto, sorridendo.
- Sì, ma non ho paura. - rispose decisa.
 

Inscatolare tutta la vita di Osaka non era stato facile.
Quel giorno di qualche settimana prima, quando si era addormentato a casa di Sango fu svegliato da un bacio di lei, che gli chiese cosa ci fosse che non andava.
Inuyasha le disse tutto d'un fiato, senza dar modo a sé stesso di capire se quella era davvero la scelta giusta da fare: portare Sango con sé.
Lei aveva pianto dalla gioia, Tokyo era il suo sogno, anche se le metropoli la spaventavano per la loro grandezza. La ragazza gli chiese più volte se fosse davvero convinto di volerla portare in questa nuova avventura.
- Certo, da quando ho cominciato a lavorare qui sei stata la mia spalla e la mia unica certezza. Ho bisogno di te a Tokyo, non saprei dove sbattere la testa altrimenti. -
A quella risposta la ragazza aveva abbassato gli occhi, sorridendo ed arrossendo.
'Forse non è poi così necessario ufficializzare sempre tutto', aveva pensato.
Passarono il pomeriggio sul divano del piccolo appartamento di Sango, mangiando gelato e guardando la tv.
- Verrai a casa mia ad aiutarmi con gli scatoloni, da solo sarebbe una noia mortale – le aveva detto togliendosi la camicia per mettersi più comodo.
E così era stato.
Per la prima volta Sango si trovava in casa di Inuyasha. Non l'aveva mai vista, quando passavano la notte insieme Inuyasha preferiva stare da lei o in un albergo e, puntualmente, dopo aver finito e aver mangiato qualcosa, lui preferiva tornarsene a casa.
La ragazza era talmente abituata a quel gesto che era diventato una cosa naturale e normale, non si poneva più domande e accettava che, forse, l'intimità di condividere il letto per un notte per qualcosa che non fosse fare l'amore ancora non era un'azione che apparteneva alla loro coppia.
- Prego, prima tu. - disse Inuyasha aprendo la porta del suo attico.
Sango rimane a bocca aperta.
La vetrata enorme che dava sulla città se l'era ritrovata di fronte non appena varcata la sogli di casa e, con tutte le tende, filtrava una luce assoluta e calda. Non c'era neanche bisogno di accendere alcuna lampada, tutta la casa veniva illuminata da quella grande finestra centrale.
- Wow, molto bella... - si sentiva quasi in imbarazzo e non capiva perché, con una casa del genere, Inuyasha si ostinasse ad incontrarla in quella topaia di appartamento che si era trovata per pochi yen al mese.
Non c'era polvere né qualcosa fuori posto. I pavimenti brillavano ed ogni cosa era messa in una posizione specifica, quasi come non si potesse fare altrimenti, come se, fin dal principio, il posto che le era stato assegnato fosse stato conservato per quell'oggetto in particolare.
C'era anche qualche foto, qua e là, di una signora molto bella, con un viso etereo e dei lunghi capelli neri. Aveva il corpo avvolto da un kimono e sembrava appartenere ad un'altra epoca.
Sango non osò chiedere chi fosse.
- Fai come se fossi a casa tua, in quell'angolo – disse indicando una parte della casa, - c'è la cucina. Invece lì, - continuò spostando in dito – si trova il bagno.
Detto ciò, Inuyasha prese degli scatoloni da una stanza e senza troppa voglia cominciò a mettere dentro le cose più importanti.
- E con questa casa cosa ne farai? - disse Sango a voce alta dalla cucina.
- Ovviamente rimarrà mia, infatti per ora porto solo le cose fondamentali a Tokyo. I vestiti li comprerò lì, ad esempio. Non posso sempre fare avanti e indietro.
- Mhm...- rispose Sango.
- E in ogni caso, - continuò Inuyasha, a voce bassa – tornerò preso ad Osaka. -
Aveva gli occhi tristi e le orecchie basse.
I suoi occhi ambrati celavano qualcosa che teneva nascosto anche a sé stesso, ma che presto, con la continua vicinanza al fratello, sarebbe emersa travolgendo tutti. E lui sarebbe rimasto annegando da quell'onda di sentimenti, ne era convinto.
- Inuyasha, ma, ora che ci penso... - Sango faceva capolino nella stanza dove il ragazzo riordinava le varie cose.
- Sì? -
- Io non posso permettermi un affitto a Tokyo, se il mio stipendio rimane quello di ora.- abbassò lo sguardo. - Non fraintendermi, 250.000 yen al mese sono molte, ma come sai a Tokyo costa tutto di più... una casa, anche se malandata, costa il triplo di quella che pago ora. -
- Ah sì, ho dimenticato di dirtelo. - rispose prontamente Inuyasha con una mano tra i capelli e il viso palesemente imbarazzato – Ti ho comprato un appartamento. -
Sango sgranò gli occhi.
- Inuyasha ma cos... -
- Sango, tu hai fatto molto per me in questi anni. Soprattutto, accettare il mio carattere evasivo. Permettimi di ricambiare, a me non costa nulla, lo sai. -
Seppur imbronciata la ragazza in realtà era molto felice di quel gesto così spontaneo, ogni piccola cosa con Inuyasha era un enorme passo avanti e il cuore le traboccava di gioia.
- Grazie, davvero. - gli occhi le si stavano per riempire di lacrime, ma il ragazzo per evitare una scena in cui non sapeva bene che ruolo svolgere, le diede una sonora pacca sulla spalla e la invitò a non poltrire e ad aiutarlo con gli scatoloni.
Si scambiarono un amorevole sorriso e ricominciarono a mettere dentro oggetti e libri vari.
Finirono con il cielo tinto di rosso e arancio.
- Ti faccio riaccompagnare a casa. Domani chiama il signore che ti affitta casa e digli che non ne hai più bisogno. Per bagagli e scatoloni ti faccio arrivare una macchina intorno alle 10 di mattina e ci incontreremo poi direttamente per salire sul jet privato. -
- Uhm, d'accordo. - rispose Sango poco sicura.
Lo salutò ed uscì di casa accompagnata dall'autista che il giovane aveva predisposto per lei.
Non appena Sango chiuse la porta dietro di sé, Inuyasha tirò un sospiro di sollievo per essere riuscito a fare e dire tutto nel modo più giusto e senza impelagarsi troppo.
Soprattutto, senza avere paura di un rifiuto.
Si spogliò velocemente, chiamò il ristorante vicino al suo showroom e ordinò qualcosa da mangiare.
Aspettava sul divano, guardando distrattamente la tv.
Con Sango andava tutto bene, eppure... eppure non riusciva a sentirsi totalmente bene.
Scosse la testa, nel tentativo di scacciare quei pensieri e prese in mano la cartina che il padre gli aveva dato come riferimento.
Ginza, chissà che aria tirava da quelle parti.
- Inutile farsi troppe domande ora, - si disse a voce alta – domani vedrò con i miei occhi. -

   
 
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