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Autore: Dangerous_Mind    24/01/2017    1 recensioni
"Ben oltre le idee di giusto e sbagliato c’è un campo.
Ti aspetterò laggiù”.
La meravigliosa storia d'amore fra la Regina Anna e D'Artagnan vista con gli occhi di lei.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO SEDICESIMO
 

«La domanda non è “chi”, ma “perché”.» D’Artagnan misurava a grandi passi l’ufficio mentre Porthos si dondolava pericolosamente sui piedi posteriori della sedia.

«Hm. E chi, oltre la Principessa Anna, avrebbe potuto desiderare la morte di quella cortigiana? Insomma, andava a letto con suo marito.»

«Signori, basta. Tréville ci ha chiesto di non immischiarci. Cerchiamo di seguire gli ordini.» Athos, come al solito, emerse a fare da diga ad ogni illecita considerazione. Strenuo difensore della Famiglia Reale, odiava che si facessero congetture che potessero anche solo lontanamente minare l’integrità della Casata.

«Chiunque sia, è stato veramente molto molto incauto.» Aramis, che si stava dedicando con solerzia alla pulizia della sua arma, era forse quello più preoccupato. «Ipotizzando che non sia stata la principessa Anna, chiunque sia stato ha rischiato di ammazzare anche lei. Pensate a cosa sarebbe successo se la Hautefort avesse offerto il tè alla principessa.»

«Per questo io dico che è stata proprio la principessa Anna. Insomma è tutto così semplice! Lei viene a sapere che il marito la tradisce, perde la testa e decide di fare fuori l’amante. Queste cose succedono da secoli nelle corti europee. Non sarebbe la prima volta e probabilmente non sarà neanche l’ultima.» Porthos sembrava convinto di ciò che diceva.

«Se fosse stata lei non si sarebbe fatta trovare lì, no?» Lo rimbeccò D’Artagnan.

«Suvvia Charles, è una ragazzina ingenua. Ti aspettavi che progettasse il delitto perfetto?»

«Porthos!» Athos era a disagio.

«E secondo te si sarebbe volutamente sottoposta alla visione di un essere umano che muore? Mi sembra davvero troppo. Ci vuole una certa dose di fegato e perversione per fare una cosa del genere.» D’Artagnan non voleva cedere di un passo nella strenua difesa di Anna. 

«Facciamo una supposizione…» La voce di Aramis era un sussurro e costrinse anche gli altri ad abbassare i toni. «…supponiamo che non sia stata la principessa Anna. Tréville ha tenuto i moschettieri fuori dalle indagini e pare non abbia interpellato nessun altro organo d’ordine. I casi sono due: o se ne sta occupando lui personalmente, cosa di cui dubito vista l’età, o sa esattamente cosa sta succedendo a Versailles.»
  


Anna non ne poteva più. Tutti avevano paura di lei e lei aveva paura di tutti.
Le dame di corte, seppur si sforzassero di sorriderle e di prostrarsi in gentili inchini, si dileguavano come gazzelle ogni qual volta avvertivano la volontà di Anna di fermarsi a chiacchierare. Sentiva le cameriere litigare poiché nessuna di loro voleva assumersi la responsabilità di servirle il pranzo, la cena o anche semplicemente il tè. Era chiaro che nessuno della corte gradiva intrattenersi con lei. Avevano tutti paura di rendersi complici o, peggio, di finire ammazzati.  
«Pensano che io sia una pazza omicida che si diverte ad avvelenare le bevande delle persone?»
Brigitte, l’unica seduta a tavola con lei, stava assaggiando la minestra di Anna prima che lei potesse mangiarla. Insomma, anche Anna aveva paura. Sapeva di non essere stata lei, quindi poteva dire con certezza che un assassino si aggirava per il castello. Chi le diceva che quell’assassino non volesse avvelenare anche lei?
Sospirò perplessa e sconfortata.
Mangiarono in silenzio mentre quel groviglio di sospetti e paure vorticava nella mente delle due donne. Anna, tuttavia, per quanto fosse sconvolta e demoralizzata, sperava che il suo segreto fosse oramai sepolto con la Hautefort. Decise che da quel momento in poi avrebbe ignorato il comportamento della servitù, che non avrebbe più pensato all’omicidio e che si sarebbe dedicata solo e soltanto alla sua gravidanza.

I giorni passarono ed il ritorno imminente del Principe Luigi tenne impegnati un po’ tutti. Anna si beò di quel clima un po’ più disteso ed ebbe modo anche di godersi un certo anonimato. Insomma, erano tutti così eccitati ed ansiosi che sembrarono dimenticare persino le aspirazioni da serial killer della principessa Anna.
Il giorno del ritorno del Principe finalmente arrivò e la carrozza dorata di Luigi apparve ai cancelli di Versailles. Era tardo pomeriggio e la sala reale brulicava di operosi inservienti che preparavano gli addobbi per il ricevimento serale. Era usanza che il ritorno del Principe venisse salutato da un sontuoso banchetto e da altrettanti rilevanti ospiti.
Anna  scorse velocemente la lunga lista degli invitati e fu felice di sapere che il duca e la duchessa di Chevreuse avrebbero partecipato.
«La duchessa rimarrà qui?» Chiese di sfuggita a Bernard, il maitre.
«Non sono state disposte camere per gli ospiti, ma se gradite Maestà…»
«Oh sì, vi prego!»

Aveva dei meravigliosi ricordi della duchessa e di quella estate trascorsa insieme, la prima a Versailles. Anna si sorprese a sorridere. Non vedeva l’ora di rivederla.
La sera giunse in fretta e tante carrozze splendenti iniziarono ad incolonnarsi sul sentiero principale della tenuta. C’era un gran vociare ed Anna era euforica.
Suo marito era passato velocemente a salutarla e, avendo appreso dalla madre la notizia della gravidanza, si era mostrato amorevole e gentile. Anna aveva apprezzato molto.
Pensò che quella gravidanza, dopotutto, la rendesse improvvisamente più importante sia agli occhi della Regina Madre che agli occhi di suo marito. Maggiore potere significava maggiore libertà, o almeno avrebbe dovuto.  
Si guardò per un’ultima volta allo specchio e si trovò più graziosa del solito. Sorrise.
Scese velocemente gli scaloni, salutò confusamente alcuni ospiti e finalmente la trovò.    
«Duchessa di Chevreuse!»
Si sorrisero a vicenda e, in altri luoghi ed in altri tempi, si sarebbero abbracciate. Com’erano cambiate. Appena tre anni prima erano state due pestifere ragazzine ed ora erano due donne adulte e sposate.
Anna rise tanto quella sera, bevve champagne, mangiò con gusto e si sentì socievole come mai le era capitato di essere. Danzò con suo marito, con il duca di Chevreuse e con qualcuno che probabilmente nemmeno conosceva. Persino la Regina Madre, solitamente poco amante del chiasso, sembrò trovare piacevole la festa.
D’Artagnan, che aveva passato tutta la sera a guardia della sala, ne fu felice e non osò farsi domande sul “quanto” e sul “se” tutto quello sarebbe durato.
Lo sperava tanto.
Aveva cercato spesso gli occhi di Anna ma lei, presa dalla festa e dagli ospiti, sembrava non averlo notato. Questo lo rendeva profondamente triste e decisamente frustrato.
Ma cos’era quel nodo alla bocca dello stomaco?
Sorrise amaramente perché si sentiva sciocco.
Non l’avrebbe mai ammesso ma era geloso.
 
Qualche ora dopo, Anna e Madame de Chevreuse si ritrovarono nelle stanze della Principessa. La terrazza era tutta per loro e decisero di dare fondo a quella bottiglia di buon vino francese che erano riuscite a trafugare dal banchetto.
Erano abbastanza adulte e audaci dal bere quel tanto che bastava a rimanere allegre e brille ma a non scadere nell’ubriachezza vera e propria. Ad Anna piaceva quello stato di semi coscienza che la faceva sentire libera e sciolta e che rendeva i problemi decisamente più leggeri da sopportare. 
«Ne vuoi ancora?» Chiese Madame de Chevreuse mentre allungava la bottiglia di vino per riempirle ancora il bicchiere.
«Oh sì, ti prego Marie!» Anna non si fece pregare.
«Non ti facevo così amante del vino!» La Chevreuse rise ma poi le colmò ancora il calice.
«Non capisco. Mio marito va a donne, mia suocera gioca d’azzardo e l’unica votata alla santità dovrei essere io?»
«Tuo marito va a donne?»

«Ti prego Marie, non prendermi in giro. Lo sanno tutti ed anche tu lo sai.»
La donna fece spallucce ed Anna rise. Il fatto che ne ridesse spinse la Chevreuse a tastare con più interesse quel terreno.  
«Davvero non ti importa? Insomma, se mio marito mi tradisse penso che gli staccherei…la testa!»
Era l’alchool che le spediva sul pericoloso filo che delimita il pettegolezzo dalla maldicenza. Quel discorso era rischioso e Anna lo sapeva, ma il vino le suggeriva che tutto andava bene.
«Sai Mary, Brigitte dice che gli uomini sono tutti così. Che hanno desideri che una moglie non può soddisfare e che bisogna solo rassegnarsi perché tanto tornano sempre.»
La Chevreuse mandò giù un sorso e fece una smorfia «Non lo so, Anna. Non tutti. Sono certa che mio marito non mi farebbe mai una cosa del genere né io lo permetterei. Si chiama amor proprio.»
Anna si sentì come se le avessero sferrato un destro improvviso alla bocca dello stomaco. Si sentì coperta di vergogna per il comportamento irrispettoso che il Principe, suo marito, teneva nei confronti di sua moglie, cioè lei. Eppure era un rospo che aveva già imparato ad ingoiare, anche alla luce della relazione con D’Artagnan.
«Non mi importa di quel che fa mio marito. Sappiamo entrambe perché mi ha sposata e perché io ho sposato lui.»
E D’Artagnan? Lui cosa faceva? Anna non riusciva proprio a figurarselo nelle abiette vesti di un uomo che usa una donna solo per placare istinti tanto lontani dalla razionalità. Anche lui, quando era lontano da Versailles e da lei, si lasciava tentare da certe passioni? Per quanto lei lo avesse idealizzato, lui era comunque un uomo. Doveva riflettere anche su quello.  
Rimasero entrambe in silenzio mentre un leggero e fresco venticello serale accarezzava le spalle nude delle due donne. In lontananza si udivano gli schiamazzi di coppie ancora brille e festanti che andavano via o che cercavano un po’ di privacy nei giardini.
«Tu lo tradisci?» Anna non era pronta ad una simile domanda e rimase immobile ad osservare le cime lontane degli alberi. Deglutì e non volle che l’attesa rispondesse per lei.
«No, io non...» La voce le uscì roca e mozzata.
Dov’era finita tutta la gioia di quella serata?
Dieci minuti prima era una bambina al parco giochi ed ora stava sprofondando nel pericoloso vortice dei pensieri. Sperava che quello stato di confusione dettato da vino passasse in fretta perché doveva riflettere. Era certa che, a mente fredda, quella brutta immagine di D’Artagnan con qualsiasi altra donna le sarebbe sembrata una sciocca costruzione della sua mente, eppure al momento la sconvolgeva. Doveva anche riflettere sul concetto che la corte aveva di lei, perché non le stava affatto bene che venisse additata come la moglie stupidotta di un marito che la riempie d’oro e di comodità ma che neppure si preoccupa di coprire le sue scappatelle. Voleva che, in quel rapporto malato, almeno la sua dignità di donna e moglie venisse preservata.
«Sai Marie, è successa una cosa.»
«Hm? Cosa?»

Anna sapeva che se ne sarebbe pentita. In primis perché stava infrangendo la promessa di non parlarne più e poi perché, conoscendo la Chevreuse, era certa che lei si sarebbe immischiata oltre il lecito.
«L’amante di mio marito è stata assassinata.» Come Anna aveva previsto, l’amica fu colta alla sprovvista. Non si aspettava una confessione del genere. Insomma, era già abbastanza sconvolta dal fatto che Anna permettesse al marito un simile stile di vita senza dirgli nulla. La vide strabuzzare gli occhi, tendere il collo e schiudere le labbra ancora imbellettate.
«Assassinata?»
  
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