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Autore: Altair13Sirio    25/01/2017    2 recensioni
Sveglia. Corri. Ruba. Mangia. Menti. Dormi.
Ripeti.
Questa è la vita della quattordicenne Riley, scappata di casa a undici anni e diretta verso il Minnesota piena di speranze. Una volta arrivata lì, però, Riley si è resa conto che quel posto che chiamava "casa" non era più tanto accogliente e sicuro per lei, e non volendo arrendersi e tornare indietro, ha deciso di andare avanti e vivere la vita a modo suo.
Così Riley ha deciso di dimenticare il passato e di diventare una persona nuova, una persona che niente ha a che fare con la Riley del passato; quella bambina che adora giocare a hockey, sempre in vena di scherzare, non c'è più. Riley ormai non prova più emozioni, e si limita a vivere per strada come una delinquente, in attesa di qualche evento che dia una svolta alla sua vita.
Allo stesso modo vivono le sue emozioni, che rassegnate, incapaci di togliere dalla testa della ragazza quell'idea che la fece andare via, continuano a occuparsi di lei nella speranza di farle fare le scelte giuste.
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Riley Andersen, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Disgusto mosse in avanti la leva della console e Riley cominciò a mettere forza nelle gambe per rialzarsi; stavano tentando di testare la forza della ragazza dopo l'infortunio dell'altro giorno. Così, nel caso fossero riusciti a guadagnarsi la libertà da Andy, avrebbero saputo quanta autonomia gli sarebbe rimasta a causa del dolore alla caviglia.
<< Fai attenzione! >> Esclamò allarmato il ragazzo che si alzò di scatto e andò a sorreggere Riley. L'emozione verde pensava di avere tutto sotto controllo, ma un attimo prima che Andy afferrasse il corpo di Riley in caduta libera si rese conto di aver quasi perso il controllo.
<< Ma che combini? >> Sbottò Rabbia, che nonostante tutto l'aveva lasciata fare. Aveva detto che le avrebbe dato carta bianca per il resto della giornata, anche se dentro di sé era sicuro che non avrebbe funzionato per conquistarsi la libertà. Rischiavano solo di far scoprire Riley, per non parlare del fatto che i suoi genitori sarebbero quasi sicuramente già arrivati in città.
<< Non pensavo che fosse così debole. >> Si scusò Disgusto scostando lo sguardo dallo schermo per un attimo. Per la prima volta, tutte e tre le emozioni erano di nuovo unite a seguire con attenzione ogni mossa di Riley e non avevano intenzione di litigare: avevano messo da parte le ostilità e aveva compreso che per aiutare la loro protetta era necessario collaborare per raggiungere il loro obiettivo. Ma questa tregua non sarebbe potuta durare molto.
Così la pensava Gioia, che dall'oscurità della sua capanna osservava con i loro stessi occhi la scena e meditava. Si chiedeva cosa avrebbe fatto lei nella loro situazione, cercava di trovare una soluzione al problema di Riley pur non avendo tutti i dati a sua disposizione, ma poi si sentiva come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, di proibito, e tornava a seguire la scena come uno spettatore passivo. I suoi occhi si spostavano su Tristezza, di tanto in tanto, e in quei momenti non poteva non chiedersi cosa le passasse per la testa, che cosa stesse architettando rinchiusa nel suo cerchio della tristezza. Ogni tanto alzava lo sguardo e dava un'occhiata alla situazione nel Quartier Generale: guardava che facevano gli altri, fissava per qualche istante lo schermo e poi tornava ad abbassare la testa in modo passivo, a sonnecchiare nel suo silenzio. Una volta aveva anche beccato Gioia mentre la fissava, e in quel momento la stellina si era chiesta se ci fosse un modo per loro per comunicare attraverso la stanza senza aprire bocca. Forse era quello che Tristezza aveva cercato di fare per tutto quel tempo, oppure aveva semplicemente rinunciato all'idea d parlare con qualcuno…
<< Non possiamo restare qui tutto il giorno. Se non ci sbrighiamo Riley perderà la possibilità di andarsene dalla città. >> Disse Paura avvicinandosi a Disgusto. Lei annuì d'accordo.
<< E lo sbirro di prima potrebbe tornare e portare altri poliziotti con sé… >> Commentò dopo alcuni istanti.
La voce di Andy raggiunse le tre emozioni nel Quartier Generale:<< Non ce la fai proprio a startene ferma, eh? >>
Disgusto fece rivolgere lo sguardo di Riley a Andy e la ragazza sembrò quasi volerlo rimproverare. << Dobbiamo andarcene da qui. >> Detto questo tentò di avanzare, ma il ragazzo glielo impedì.
<< Non puoi muoverti! >> Cercò di farla ragionare.
<< E se non ci muoviamo, prima o poi ci troverà qualcuno! >> Ribatté infastidita Riley voltandosi verso di lui. Disgusto sperava che Andy non facesse altra pressione e li lasciasse fare, altrimenti non se lo sarebbero scrollato mai di dosso. << Non abbiamo più nemmeno un posto dove andare a passare la notte. Dobbiamo muoverci o rimarremo bloccati qui! >>
Questa volta il ragazzo non fece più resistenza e lasciò che Riley lo tirasse dietro di sé lungo la strada che portava all'uscita; in realtà non potevano uscire dalla porta principale, ovviamente, quindi Disgusto li guidò verso la finestra da cui erano entrati prima, durante la loro fuga. Una volta entrati nello stanzino dove si erano fermati a riprendere fiato, Riley si avvicinò alla finestra e disse a Andy di darle una mano ad uscire.
Il ragazzo si avvicinò e si preparò a spingerla su, ma quando Riley ebbe messo un piede sulle mani di lui, vide una cosa che le fece venire i brividi fuori dalla finestra: proprio di fronte al suo viso era comparso un ragazzo dal volto nascosto da una bandana mimetica e un cappuccio di un giubbotto verde scuro; i suoi occhi la scrutavano come se la stesse esaminando a fondo e sembrò quasi ghignare da sotto la bandana a un certo punto.
<< Vi ho trovati. >> Sussurrò con voce roca mentre Riley lanciava un urlo di spavento e indietreggiava. Andy rischiò quasi di cadere a terra, allarmato dalla reazione della ragazza. Quando le chiese spiegazioni si zittì istantaneamente vedendo la figura dall'altra parte del vetro.
Lo sconosciuto spinse la finestra con una mano guantata e scavalcò in pochi istanti per entrare nel locale. Quando fu nella loro stessa stanza, Andy e Riley cominciarono a sentire una grande pressione.
<< Che sta succedendo? Chi è quel tipo? >> Chiedeva Rabbia mentre Disgusto rimaneva impietrita a fissare lo sconosciuto appena entrato nella stanza. Inutilmente Paura provò a distoglierla dal suo stato di trance, e allo stesso modo Andy chiamò Riley nella stanza per dirle di scappare: la ragazza non si mosse.
Prima che lo sconosciuto potesse dire o fare qualcosa, Paura spostò con forza Disgusto e prese i comandi con frenesia: la ragazza ebbe una scossa di adrenalina e cominciò a muoversi rapidamente. Afferrò una delle scatole sulle mensole di acciaio e la scagliò contro il ragazzo appena entrato, sperando che questo gli desse un po' di vantaggio:<< Sbrigati! >> Urlò a Andy tirandolo da un braccio prima di mettersi a correre zoppicando fuori dalla stanza.
<< Dove andiamo? >> Le chiese lui restandole accanto.
Paura valutò tutte le loro opzioni in un attimo, prima di prendere una decisione. << Al diavolo la discrezione, sfondiamo la porta principale! >>
La porta principale era una grande porta a vetri piena di polvere e coperta con fogli di giornale appiccicati di sopra; probabilmente era stata chiusa dall'esterno, ma Riley era fiduciosa del fatto che fosse possibile aprirla con la giusta dose di forza bruta. Passarono rapidamente in mezzo ai tavoli restanti nella sala grande e si buttarono a sinistra per sfondare la porta con una spallata; non ci fu il bisogno di dirsi niente, Andy e Riley sapevano già cosa dovevano fare per uscire da lì.
Quando si schiantarono sulla porta, però, questa rimase bloccata. Sia Riley che Andy furono sbalzati indietro e caddero rovinosamente sul pavimento impolverato. La ragazza imprecò quando si rese conto di non essere riuscita ad aprire la porta e cercò di rialzarsi in fretta. Rabbia stava per prendere il controllo della situazione, ma Andy fu più veloce di lui e, una volta in piedi, si lanciò urlando contro la porta a vetri, puntando direttamente sul vetro.
Con una gomitata il ragazzo riuscì ad aprire una breccia nel vetro e a trascinarsi Riley dietro. Rovinarono sul marciapiedi illuminato dal sole del pomeriggio, mentre le schegge di vetro si sparpagliavano a terra tintinnando e i passanti scioccati si facevano da parte.
<< Bel lavoro, uomo di ferro! >> Riley gli diede una pacca sulla spalla e lo incitò a rialzarsi; lei era ancora barcollante per la caduta, ma non esitò a darsi una mossa e neanche il ragazzo fu da meno.
Andy si rimise in piedi in un batter d'occhio e prese in braccio Riley come aveva fatto prima per scappare. La ragazza fu un po' sorpresa dall'intraprendenza mostrata dal ragazzo in quel frangente, ma non nascose la propria ammirazione per quello e si limitò a tirarsi su il cappuccio della felpa, stringersi a lui il più forte possibile e a dargli le indicazioni necessarie per scappare.
Pochi secondi dopo essere usciti dal locale, Andy e Riley udirono alle proprie spalle un suono di vetri infranti e capirono che il loro inseguitore era tornato in strada. Era veloce, non li avrebbe lasciati andare tanto facilmente.
<< Quello non è un poliziotto! >> Riley ci tenne a informare Andy di ciò, pur non essendo pienamente convinta di quella sua affermazione. C'era qualcosa nel suo comportamento che non ricordava per niente un tutore dell'ordine.
Andy si limitò ad annuire e continuò a correre. Sfrecciò sul marciapiedi come non aveva mai fatto prima, spinto dalle urla e le indicazioni di Riley e dalla sensazione di essere braccato dall'uomo incappucciato, che continuava a stargli alle costole pur non riuscendo a raggiungerli. Il ragazzo seguiva tutte le indicazioni della ragazza, ma era lui che decideva come muoversi, che strava prendere per sfuggire, e il ragazzo avrebbe potuto giurare di non essere mai stato così lucido prima, di vedere tutto chiaramente e di riuscire a sentire ogni minimo suono o rumore della strada; i suoi sensi erano all'erta, i nervi talmente tesi da poter cedere in qualsiasi momento. Con il cuore in gola, Andy corse più forte che poté per salvare sé stesso e Riley da quello sconosciuto che non sembrava avere delle belle intenzioni.
Incredibilmente, nonostante il ragazzo incappucciato sembrasse più veloce di Andy in un primo momento, quando Riley gli disse di infilarsi in un vicolo per tagliare l'isolato non lo videro più comparire in fondo alla via; erano passati attraverso un giardino che Riley aveva detto di conoscere bene da dove ebbero potuto sfruttare un varco nella staccionata che li avrebbe fatti arrivare in un cortile spazioso dove erano parcheggiate diverse automobili; avevano poi attraversato il cortile a tutta velocità, sfrecciando in mezzo alle macchine e uscendo nuovamente in strada per poi attraversarla di corsa rischiando di farsi investire due o tre volte. Era stato dopo questa breve ma intensa successione di eventi che Riley aveva detto a Andy di infilarsi nel vicolo, e che quindi avevano visto sparire il loro inseguitore.
<< Sono diventato veloce… >> Mormorò esausto Andy mentre respirava affannosamente e Riley si faceva mettere giù.
<< Già… Strano che quel tizio abbia mollato così facilmente. >> Non era sicura che fosse finita ancora, però preferì scendere a terra e camminare con le proprie gambe. Avrebbe potuto trattarsi di una trappola per fargli abbassare la guardia e prenderli alla sprovvista dopo che avessero voltato le spalle, ma per qualche motivo Riley non prese in considerazione questa idea.
<< Deve essersi reso conto che contro di me non aveva speranze! >> Annunciò Andy con aria sognante mentre con una mano si sventolava l'aria sul viso, su cui stava dipinto un ghigno compiaciuto.
Riley gli lanciò una rapida occhiata di rimprovero:<< Smettila di pavoneggiarti e andiamo! >> Detto questo, la ragazza cominciò a camminare in silenzio lungo il vicoletto lasciando Andy spiazzato dalla sua improvvisa mancanza di umorismo. Quando raggiunse la fine della stradina, Riley si appoggiò a una parete e fissò un palazzo dall'altra parte della strada. << Eccoci di nuovo qua… >> Mormorò pensierosa mentre nella sua testa Paura esclamava:<< L'abbiamo trovata! Casa. >>
Andy seguì Riley fino alla fine del vicoletto e le chiese cosa avesse. Aveva uno strano sguardo dipinto sugli occhi, mentre fissava quel palazzo di mattoni rossi che il tempo aveva reso arancioni; Riley si voltò quasi indignata e scosse la testa per liberarsi dei pensieri che erano nati quando aveva rivisto casa sua.
<< Niente. >> Rispose inespressiva. Prese Andy per mano e cominciò a condurlo zoppicando per la strada. << Andiamo, quella è casa mia… >>
Il ragazzo sembrò molto più meravigliato quando capì che erano arrivati a destinazione; si lasciò tirare attraverso la strada fino a raggiungere l'entrata del palazzo: si trattava di un  normalissimo portone come tutti gli altri che si vedevano in città, simile a quello della casa di Lizzie, ma per qualche motivo emanava un'aura di mistero che Andy non aveva sentito mai prima di fronte a un semplice portone.
Riley si mise a frugare per un attimo con la mano sinistra in una tasca dei pantaloni quando furono arrivati di fronte al portone, disse ad Andy di attendere un attimo e si mise a lottare con la tasca. Alla fine ne estrasse un piccolo mazzo di chiavi da cui prese una grossa chiave che entrò perfettamente nel chiavistello del portone. Quando spinse in avanti il portone di ingresso fece segno al ragazzo di seguirla, e i due entrarono nel palazzo senza farsi vedere.
<< Dannate scale… >> Borbottò sconfortata la ragazza quando vide le rampe di scale che dovevano salire per raggiungere l'appartamento di Riley e Duncan. Era stufa di quell'infermità che le impediva di fare quello che aveva sempre fatto, voleva essere libera lei, non poteva farsi trasportare ancora!
<< Sei sicura che Duncan non sia in casa? >> Chiese Andy quando Riley ebbe cominciato a salire piano le scale.
La ragazza lasciò intendere di star scommettendo. << Se dovesse esserci, preparati a dargliele di santa ragione. >>
Andy rispose contrariato agitando l'indice ripetutamente a destra e a sinistra:<>
Riley si voltò ghignando per guardarlo dritto negli occhi mentre diceva quella cosa e simulò una risata di scherno. << Dillo allo sbirro che hai preso a mazzate! >> Quando lei gli rammentò quel frangente in cui il ragazzo aveva fatto l'azzardo di colpire in testa il poliziotto che li aveva inseguiti per la città nel pomeriggio passato, Andy non poté che ammutolirsi e lasciar fare tutto a Riley, sperando che non ci fosse nessuno in casa. << Fai attenzione al quinto scalino. >> Disse a un certo punto raggiungendo la metà di una rampa di scale. Andy non capì cosa volesse dire finché non ebbe inciampato su un gradino difettoso, rischiando di cadere in avanti e sbattere con la faccia sugli altri gradini.
Salirono le scale in silenzio, cercando di fare più velocemente possibile; non c’era molta vita nel palazzo, ma Riley preferiva evitare di indugiare lì per non incontrare qualche vicino per le scale che avrebbe potuto riconoscerla. Mentre lei avanzava spedita con lo sguardo fisso di fronte a sé, Andy si guardava intorno curioso, pur non rimanendo mai indietro; sapeva quanto fosse precaria la loro situazione lì, non voleva di certo essere di impiccio per Riley rallentandola in mezzo alle scale. Quando arrivarono di fronte alla porta di quello che doveva essere l’appartamento di Riley, la ragazza strinse di nuovo in mano il mazzo di chiavi che aveva estratto dalla tasca dei pantaloni e questa volta prese la chiave più piccola; la infilò senza problemi nella toppa della serratura e girò.
<< Tre scatti… >> Mormorò Paura fissando lo schermo con occhi spalancati, i nervi a fior di pelle mentre l’esserino stringeva con forza le cloche dei comandi, preparandosi a fuggire in caso di emergenza. << Dovrebbe essere sicuro… >> Dietro di lui, Disgusto e Rabbia pregavano che non ci fosse nessuno in casa.
Riley prese un gran respiro dopo aver ruotato la chiave nella serratura per l’ultima volta; rivolse uno sguardo preoccupato a Andy dietro di sé e si girò verso la porta per spingerla con delicatezza. Quella scorse parallela al pavimento senza alcun attrito e si fermò solo quando ebbe raggiunto la parete al lato. Riley esitò un attimo a entrare, ma quando varcò la soglia di casa incitò Andy ad affrettarsi per poter chiudere presto la porta.
<< Così questa è casa tua? >> Chiese il ragazzo guardandosi intorno con sguardo interessato. Sembrò essere compiaciuto da ciò che vide.
<< Qualcosa non va? >> Fece Andy poggiando la schiena alla porta. La sua attenzione fu attirata da un particolare mancante: quando Duncan usciva di casa lasciava sempre una scarpa all’angolo tra la porta e il muro per impedire che la porta si aprisse completamente e sapendo che Riley toglieva sempre la scarpa da lì quando rincasava, in questo modo poteva capire se in casa c’era qualcuno o no oltre a lei. Era un po’ paranoico, e nei primi periodi si era anche arrabbiato con Riley per non aver osservato quella regola, non si dimenticava mai di mettere quella scarpa… Ma la scarpa non era lì questa volta.
Riley cominciò a sudare copiosamente e per un attimo si sentì mancare l’aria. Fece segno a Andy di stare zitto e lo chiamò a sé. Prima di fare altro rumore dovevano accertarsi che non ci fosse davvero nessuno in casa.
<< Che c’è? >> Chiese il ragazzo a bassa voce, che era stato interrotto mentre rispondeva alla domanda di Riley. Ormai si era abituato a venire zittito, sapeva che quando Riley gli diceva di fare silenzio, era perché la situazione lo richiedeva.
<< Non sono sicura che siamo soli. >> Rispose a denti stretti lei tenendo d’occhio l’intera stanza. Oltre alla scarpa mancante, non c’erano altri segni che potevano suggerire la presenza di Duncan in casa; dovevano fare attenzione, avrebbe anche potuto trattarsi di una trappola.
<< Sul serio? >> Sbottò incredulo Andy cominciando a sua volta a guardarsi intorno con paranoia. Lui non sapeva per quale motivo Riley si fosse accorta che qualcosa non andava, per questo cominciò a esaminare la stanza a cominciare da un attaccapanni a muro vuoto, alla ricerca di qualche cosa che facesse pensare alla presenza di una persona in casa.
Dopo aver passato una ventina di secondi immobili ad osservare la stanza e il corridoietto che portava nelle altre stanze, Riley cominciò a sentire un po’ più di sicurezza e si mosse in avanti. Senza dire nulla a Andy, tirò la catena delle manette per fargli segno di seguirla; il ragazzo si mosse rapidamente e le rimase accanto, pronto ad agire in caso di necessità. Riley fece strada fino al corridoio dove dovette decidere se controllare il bagno o le camere da letto. Alla fine disse a Andy di infilare la testa nella porta della camera da letto di Duncan per controllare se ci fosse qualcuno mentre lei avrebbe controllato il bagno allo stesso modo: rimasero per alcuni secondi uno dal lato opposto dell’altra, con le braccia tese dietro la schiena per non farsi bloccare dalle manette; ostruirono completamente il passaggio nel corridoietto, ma nessuno dei due sembrò scovare niente alla fine.
Riley e Andy si voltarono richiudendo le porte dietro di sé e si guardarono negli occhi. << Trovato niente? >> Chiese lei temendo che il ragazzo non sapesse bene dove guardare per scovare qualcuno in quella stanza.
Andy scosse piano la testa. << Era buio, ma non ho visto né sentito niente. >>
<< Anche il bagno era vuoto. >> Rispose la ragazza distogliendo lo sguardo e posandolo sulla porta chiusa della sua camera da letto. << Quindi resta solo una stanza dove potrebbe essere. >>
<< Ne sei sicuro? >> Chiese Rabbia inarcando un sopracciglio. << A me la casa sembra completamente vuota. >>
Paura si voltò con saccenza verso l’amico rosso e gli rispose:<< Sai benissimo che Duncan non esce mai senza lasciare una scarpa dietro la porta. Devo assicurarmi che sia tutto a posto, prima di potermi rilassare! >>
Disgusto stava accanto a Paura e teneva d’occhio lo schermo, ansiosa di poter riprendere i comandi e guidare Riley. << Lascialo stare, Rabbia. >> Mormorò alzando una mano verso l’ometto rosso, che accennò un ringhio sommesso in risposta.
Paura mosse in avanti la cloche dei comandi e Riley avanzò lentamente nel corridoi etto fino a raggiungere la porta della sua camera da letto. Sentì il cuore accelerare pesantemente quando la raggiunse e mise la mano sulla maniglia; respirò a fondo alcuni istanti prima di alzare lo sguardo e aprire con decisione la porta.
Vuoto. Non c’era nessuno nella stanza di Riley, e il letto era rimasto immacolato come lo aveva lasciato l’ultima volta lei.
Nonostante non si sentisse ancora completamente al sicuro, Riley tirò un sospiro di sollievo e lasciò entrare Andy, che cominciò a guardare in giro per cercare qualcosa di insolito. La stanza era libera, come anche il resto della casa; Duncan doveva essere uscito di fretta, oppure aveva passato così tanto tempo fuori a distribuire volantini con le loro facce in giro per la città che ne era uscito completamente esausto.
<< Perché pensavi che ci fosse qualcuno? >> Chiese Andy voltandosi verso di lei, dopo essersi finalmente rilassato. Si tolse gli occhiali da sole dagli occhi e rivolse uno sguardo perplesso alla ragazza.
Riley abbassò lo sguardo e si cacciò il cappuccio della felpa dal viso. << Non lo so. >> Rispose in tono pensieroso con voce spezzata. Era troppo tesa, temeva che dietro ogni angolo ci fosse qualcuno pronto a saltarle addosso e legarla per portarla via, vedeva pericoli da ogni parte… E poi faceva queste figure. Doveva comunque tenere gli occhi aperti, ma si sentiva stupida per essersi preoccupata tanto in quel frangente.
Andy tornò a guardarsi intorno con più curiosità. << Quindi questa è la tua camera da letto… >> Mormorò sorridendo. Riley alzò subito lo sguardo e cercò di comunicargli con gli occhi di non cominciare a fare battute idiote per prenderla in giro. Ancora prima che il ragazzo potesse recepire il messaggio, alzò un dito verso la scrivania e vide uno zainetto blu dall’aspetto consumato. << Quello è un pupazzetto? >> Chiese adocchiando un piccolo pupazzetto attaccato a una cerniera. Riley se n'era dimenticata, da quanto tempo fosse passato: quel piccolo pupazzetto fatto di spago, che sembrava avere addosso un cappotto blu e un cappello di lana rosso, lo aveva attaccato al suo zainetto tre anni addietro, quando aveva incontrato Duncan. A quel tempo era ancora una bambina, una ragazzina innocente che voleva solo vedere il mondo. Non avrebbe dovuto più importarle di quel coso ora che era cresciuta, soprattutto in quella situazione, eppure si fermò a guardarlo con nostalgia per molto tempo. << Non pensavo che ti piacessero questi cosi… >>
Andy si avvicinò per osservare meglio il pupazzetto legato allo zaino di Riley mentre lei metteva le mani sulla scrivania e cominciava a cercare tra i cassetti. Dopo aver aperto un paio di cassetti pieni di carte, vecchi biglietti dell'autobus e foto ritagliate da giornali e riviste, la ragazza trovò quello che stava cercando: una macchina fotografica digitale dall'aria consunta, di colore grigio e con una minuscola striscia di carta gommata su cui era scritto il nome "Riley". Nel Quartier Generale tutte le emozioni, comprese Gioia e Tristezza nei loro angoli di solitudine, rimasero a fissare quella macchina per alcuni istanti, come rapite.
Andy alzò lo sguardo proprio mentre Riley soffermava il suo su quella macchina fotografica, e non si trattenne dal fare l'impiccione:<< Cosa c'è dentro di tanto importante? >>
Riley reagì di scatto e nascose subito la fotocamera prima di rivolgere un'occhiataccia al ragazzo accanto a lei. << Non te ne frega! >> Disse bruscamente afferrando lo zainetto con la mano sinistra e aprendo la cerniera con l'altra; vi infilò dentro la macchina fotografica e la richiuse, poi si mise lo zaino in spalla e cominciò ad avviarsi verso l'uscita. << Andiamo, non vorrei che tornasse qualcuno nel frattempo… >>
Ci volle un secondo per far realizzare a Riley che non stavano andando da nessuna parte. Andy era fisso sul posto e non sembrava intenzionato a schiodarsi da lì. << Aspetta… >> Mormorò quasi in ritardo, con un tono di chi sembrava aver abbandonato l'idea di farsi sentire.
Riley si voltò contrariata e gli chiese cosa avesse. Dovevano sbrigarsi, in quel momento erano nella situazione più precaria che potessero trovare, e continuare a indugiare in quella stanza li avrebbe solo intrappolati in caso fosse arrivato qualcuno. Andy però sembrò dover trovare il coraggio per dire ciò che stava per dire, e quando alla fine strinse i pugni con forza e sulla sua fronte si formarono delle rughe profonde riuscì a parlare:<< E' che… Volevo dirti una cosa, prima… >>
Riley sospirò rassegnata e incrociò le braccia. Disgusto sapeva che avrebbe dovuto assecondare Andy ancora un po' per convincerlo a fidarsi di lei. << E' un problema grave? >>
Andy alzò lo sguardo e agitò le mani come per rassicurare la ragazza. << No, è tutto a posto, sono solo io… Che volevo confidarti una cosa. Volevo ringraziarti. >> Per qualche motivo, Riley si stupì di sentire quelle parole. Quando spalancò la bocca stupita Andy sembrò farsi coraggio e cominciò a parlare:<< Volevo ringraziarti… Perché da quando sei entrata nella mia vita, me l'hai cambiata! >> Sorrise abbassando lo sguardo. << Da quando ci siamo incontrati in quel modo tanto assurdo, tanto da sembrare la scena di un film, ho pensato che avrei dovuto incontrarti di nuovo. C'era molto di più di quanto potesse sembrare! E quando ti ho rivista in quel vicolo ho pensato che fosse la mia occasione per poterti parlare veramente. Credevo che sarebbe stata una storia diversa, un'avventura nuova… Ma non pensavo che sarei arrivato a tanto, a cambiare me stesso e… >> Il ragazzo si arrestò un istante. Sembrò quasi rifiutarsi di andare avanti senza guardare negli occhi Riley, mentre le diceva quello; così alzò lo sguardo e cercò il viso della ragazza prima di riprendere a parlare. << Trovare una amica così. >>
Quelle ultime parole rimasero sospese nell'aria per alcuni minuti, quando Andy le pronunciò e Riley rimase ad ascoltare anche dopo che il ragazzo ebbe finito. Rimase ad ascoltare il silenzio perché non sapeva proprio cosa dire; non voleva rispondere per non dire qualcosa che avrebbe potuto deludere il ragazzo, ma non voleva semplicemente tagliare corto dimostrando la sua solita insensibilità. Disgusto rimase a lungo a fissare i comandi con sguardo perso, temendo di fare la scelta sbagliata; nel Quartier Generale nessuno avrebbe voluto trovarsi al suo posto in quel momento.
Andy ridacchiò, forse nel tentativo di spezzare quel muro che si era eretto tra lui e Riley quando aveva finito di parlare, e sospirò con gli occhi lucidi. << Insomma… Sono davvero felice che abbiamo vissuto questa avventura assieme, e visto che questa potrebbe essere l'ultima occasione per dirtelo, lo faccio ora… Grazie, Riley. >>
Erano alla fine, si poteva intuire che qualcosa stava cambiando. Andy era cambiato, ma era sempre lo stesso ragazzo sentimentale e delicato di prima; si era affezionato a Riley, ed era carino da parte sua. Riley si sentì malissimo a trattarlo a quel modo come aveva fatto prima, e dopo aver sfilato le braccia dalle bretelle dello zainetto tirò fuori la macchina fotografica; la strinse tra le mani per alcuni istanti prima di allungare le braccia verso Andy.
<< Qui dentro ci sono le foto di una vita… >> Mormorò porgendo al ragazzo la fotocamera. Senza dire nient'altro, Riley sorrise dolcemente e invitò Andy a prenderla con un cenno.
Il ragazzo prese in mano la macchina fotografica con molta cautela. La esaminò alcuni secondi prima di provare ad accenderla; dopo aver premuto il pulsante di accensione il piccolo schermo su cui venivano riprodotte le foto si illuminò, e dopo aver mostrato il logo della marca che aveva prodotto la fotocamera, comparve l'immagine di quello che riprendeva l'obiettivo. C'era la felpa di Riley, con la ragazza che teneva le mani in tasca e parte del suo mento che compariva da sopra l'inquadratura. Andy reagì con sorpresa e non seppe cosa fare per un istante; quando vide il cenno di incoraggiamento da parte della ragazza, trovò il coraggio di premere sul pulsante della galleria, e a quel punto comparve davanti ai suoi occhi un'immagine triste.
Era la foto di una ragazza dai capelli biondi lunghi fino alle spalle, era vestita di nero e i suoi occhi azzurri fissavano dritti l'obiettivo della fotocamera. Non mostrava alcuna espressione, nonostante sembrasse provarci: la sua fronte aveva i segni di un cipiglio appena allentatosi e negli occhi sembrava bruciare il fuoco di una rabbia repressa da molto, ma anche la paura di andare incontro all'ignoto, la paura di essere presa un giorno e riportata nella gabbia che aveva tanto odiato e temuto. Non mancava quell'accenno di sorrisetto superiore, anche se nella foto la ragazza sembrava starsi sforzando per non mostrare alcun sentimento. La ragazza nella foto era Riley, e la foto era datata poche settimane prima di quel giorno.
Andy alzò lo sguardo verso la vera Riley e la scrutò per un attimo: era cambiata. Il cipiglio sulla fronte sembrava essere sparito, come anche la paura negli occhi che veniva nascosta da quella stessa rabbia repressa, e le sue labbra si piegavano in un sorriso sincero e amichevole, non spocchioso e irritante.
Il ragazzo premette il pulsante con la freccia verso sinistra per andare indietro e scorrere tra le altre foto più vecchie: comparve una foto con Riley sorridente accanto a un cane randagio. Lei era seduta per terra, su un marciapiedi, aveva indosso dei vestiti estivi e sembrava essere contenta di stare dove stava; il cane era grande, un meticcio dalla testa bianca con qualche macchia color nocciola, e mostrava la lingua mentre i suoi occhi profondi fissavano un punto imprecisato oltre l'obiettivo. Quella foto era datata molto distante da quella precedente, più recente; sembrava che Riley avesse abbandonato quella macchina fotografica per un po' di tempo.
Andy andò avanti e vide comparire sullo schermo una foto di Riley e un ragazzo più grande dai capelli verdi che sarà stato Duncan; entrambi erano rossi in viso e non sembravano essere pienamente sobri, Duncan soprattutto era piegato in avanti con la faccia poggiata su un tavolo di legno mentre Riley rideva incontenibilmente. Sembravano felici…
Passò avanti con le foto e vide una foto di tre ragazzine messe in riga che salutavano alla fotocamera, mentre due di loro facevano delle facce buffe: quelle ragazze le vedeva ogni giorno, non c'era bisogno di chiedersi chi fossero. Sulla destra c'era la piccola Abigail, che si agitava in modo scomposto alla luce del sole, e a sinistra compariva Alexandra, che salutava con una mano mentre tirava fuori la lingua. Il braccio sinistro di Alexandra passava dietro le spalle della ragazza centrale, Lizzie, che diversamente dalle altre due fissava l'obiettivo con un leggero sorrisetto pieno di sé e manteneva la massima compostezza con le braccia conserte. Erano all'aperto, in un luogo piuttosto frequentato: Liz si appoggiava con i fianchi a una panchina in marmo e a quel punto Andy riconobbe una spiaggia alle loro spalle. Anche gli abiti che indossavano le tre ragazze suggeriva che fossero andate al mare, dato che avevano tutte e tre delle magliettine a maniche corte con un leggero pareo che dava loro un'aria più da "turiste". La piccola Abbie aveva anche un cappello di vimini sulla testa, e Alex aveva sugli occhi un paio di occhiali da soli stranamente familiari; erano gli stessi che Riley aveva preso di nascosto a Lizzie e che ora stava indossando Andy.
Passando oltre, il ragazzo vide un'altra foto delle ragazze, questa volta con l'aggiunta di Riley. Le quattro ragazze erano su un letto matrimoniale dall'aria molto estranea; dovevano trovarsi in una camera di albergo, perché anche le pareti sembravano suggerire quello. Era Riley ad aver scattato la foto; il suo viso era tagliato per metà dai bordi dello schermo, mentre dietro di lei sembrava avvenire una vera e propria lotta: Abbie ed Alex erano inginocchiate dall'altro lato del letto e si stavano colpendo con dei cuscini, mentre sulle loro facce erano dipinte espressioni di divertimento puro. Da dietro una spalla di Riley faceva capolino la faccia di Liz, e non sembrava per niente cupa come aveva sempre cercato di mostrarsi; sorrideva in modo genuino alla macchina e con il braccio sinistro abbracciava la vita dell'amica. Sembrava quasi di vedere delle foto da un universo parallelo…
Un'altra foto sembrava essere stata scattata di nascosto, una foto rubata mentre il soggetto era dolcemente appisolato davanti al finestrino di un treno: era Riley la protagonista della fotografia e se ne stava con la schiena piegata lateralmente verso un grande finestrino su cui poggiava la testa, mentre la mano sosteneva il mento poggiando con il gomito sul bracciolo del sedile. La foto era stata scattata dal posto accanto a quello della ragazza e Riley sembrava essere completamente assopita; fuori dal finestrino c'era una grande luce che inondava l'interno della carrozza, alla quale si aggiungevano delle figure mosse e indefinite.
La foto che venne dopo di quella mostrava di nuovo le tre ragazzine, questa volta sedute su un treno: Riley aveva rivolto la schiena al finestrino del treno per scattare la foto, e così aveva preso anche i sedili dall'altro lato del vagone, che erano risultati vuoti. Le ragazze erano disposte su due coppie di sedili, sulla destra c'erano Abigail e Alexandra, mentre a sinistra c'era Liz che guardava con un'espressione assonnata la ragazza che scattava la foto. Le due ragazze a destra erano molto più estatiche dell'amica a sinistra e sembravano fuori di sé per quel viaggio che stavano per intraprendere.
Andy andò ancora avanti con le foto e vide una foto che era stata scattata mentre Riley era di spalle: la ragazza rivolgeva il busto a uno spettacolare panorama montano e un po' nebbioso, mentre la testa sembrava essersi appena voltata per acciuffare la foto prima che le venisse scattata a tradimento. Riley sorrideva leggermente in quella foto, sembrava divertita e anche un po' stanca, ma soprattutto era serena. Il colore del cielo lasciava intendere che il sole fosse tramontato da un po' e gli abiti della ragazza facevano pensare a una sorta di escursione o gita.
La foto successiva era molto più buia ed era quasi impossibile intravedere qualsiasi cosa in quell'oscurità: Andy in un primo momento riuscì a capire solo che il soggetto non era Riley; più avanti riconobbe la pettinatura insolita di Duncan e capì che era il ragazzo ad essere stato immortalato questa volta. Duncan era sdraiato a pancia in giù su un materasso e sembrava pesantemente assopito; la testa piegata di lato si schiacciava con pesantezza sul materasso e l'unico occhio che si riusciva a intravedere era ben chiuso. La poca luce nella foto proveniva da dietro l'obiettivo, probabilmente una porta lasciata socchiusa mentre Riley era entrata di nascosto per rubare quello scatto all'amico…
Andy andò ancora indietro e scoprì che era passato un anno dalla prima foto che aveva visto, ovvero l'ultima che Riley aveva scattato con quella macchina fotografica; la nuova foto mostrava un primo piano della ragazza di allora tredici anni che rivolgeva uno sguardo languido all'obiettivo. Aveva una mano appena sotto la spalla e fissava intensamente la fotocamera con i suoi occhi scuri: il trucco che aveva addosso rendeva ancora più tetra la sua immagine; Riley aveva dei vestiti scuri addosso e sembrava estremamente pallida. Una ciocca dei suoi capelli biondi era colorata di verde, e questa scendeva fino al petto assieme agli altri capelli, più lunghi di quelli attuali della ragazza, sparendo dall'inquadratura. Guardando quella foto, Andy capì da dove fossero derivati i gusti nel vestire e lo stile delle sue compagne che frequentavano Riley.
Gli scappò un sorriso mentre passava oltre, immaginandosi una piccola Riley ancora nella sua fase di crescita, indecisa e ribelle, che vestiva in modo estremo e girava per le strade con quintali di trucco addosso; Riley lo notò, ma lasciò correre sapendo che nella memoria di quella macchina c'erano molte foto di cui si sarebbe vergognata. La foto che veniva dopo di quella appena vista mostrava i due visi molto ravvicinati di Duncan e Riley: il primo guardava la fotocamera e faceva una smorfia, tirando in fuori la lingua mentre incrociava i bulbi oculari, mentre la seconda non guardava nell'obiettivo. Rivolta verso il ragazzo, Riley stampava un bacio sulla guancia del suo amico, sorridendo e tenendo gli occhi chiusi come se stesse cercando di trattenere una risata. In quella foto sembrava che Riley e Duncan fossero fatti l'uno per l'altra; due ragazzi felici, uniti, che condividevano gli stessi gusti nel modo di vestire, perfino i loro capelli sembravano fare coppia. Sembravano essere all'aperto, di sera, perché la fotocamera era leggermente inclinata verso l'alto, e oltre ad alcune luci che assomigliavano a dei lampioni si poteva intravedere un cielo scuro. Per come erano vicini sembrava che fossero fidanzati, ma Andy non lo poteva sapere, non conosceva completamente la storia di Riley.
La foto seguente mostrava una Riley sorridente con alle spalle un mucchio di teste girate dall'altra parte che sembravano ignorare completamente il suo comportamento; era su un autobus, attaccata a uno dei sostegni per chi non trovava posto a sedere. Nonostante la luce rassicurante che filtrava dai finestrini del mezzo, la ragazza indossava abiti pesanti e sul giubbotto blu scuro si avvistavano diverse goccioline che riflettevano quella luce che, evidentemente, doveva essere la quiete dopo una tempesta.
Andy andò avanti con le foto e sullo schermo comparve una foto con una luce giallastra che illuminava la scena: Riley era seduta a un tavolo in quello che sembrava essere un bar in stile western, indossava un capello da cowboy e se ne stava stravaccata sulla panca mentre con una mano sollevava una bottiglia di birra da cui stava bevendo. La ragazza aveva dipinto in volto un leggero sorrisetto mentre beveva con le labbra che sfioravano il collo della bottiglia. I suoi occhi sereni sembravano quelli di una persona che la sapeva lunga. Aveva sempre il trucco scuro sugli occhi e sul viso, ma era più leggero delle altre foto; il suo modo di vestire invece non era del tutto sobrio, con una camicia di jeans strappata che le pendeva da una spalla, una magliettina nera e attillata con sopra disegnato un teschio definito e pieno di disegni incomprensibili, dei jeans scuri che non davano l'idea di essere molto comodi e un bracciale borchiato a completare l'opera posto sul polso sinistro. Andy provò ad immaginarsi una Riley come quella che aveva visto in foto, ma pensò che fosse quasi impossibile che la ragazza tornasse ad avere i gusti di quasi un anno addietro.
La foto dopo di questa faceva vedere un gruppo molto fornito di gente che si agitava e sorrideva; questa volta ad aver scattato la foto era stata la piccola Abigail: questo si poteva intuire dal fatto che il suo viso fosse il più vicino all'obiettivo, ma diversamente dalle foto scattate da Riley in quel modo, Abbie sembrava quasi non rendersi conto di dove fosse l'inquadratura e per questo il suo viso uscì tagliato per più di metà. Dietro di lei c'erano Riley, Duncan, Lizzie e Alexandra; le due ragazze più piccole stavano intorno a quello che sembrava un tavolo di legno e agitavano le braccia urlando qualcosa agli altri due ragazzi; Riley e Duncan erano seduti uno di fronte all'altra, si fissavano intensamente negli occhi mentre si sfidavano a braccio di ferro e cercavano di far cedere l'avversario in qualche modo con i loro sguardi. Andy non riuscì a capire se fossero in una casa oppure in un locale pubblico a causa della scarsa illuminazione, ma pensò che i quattro si fossero riuniti per qualche occasione speciale come una festa. Anche in questa occasione sembravano felici, un gruppo di amici che si divertiva a modo suo.
Passando avanti, Andy vide un'altra foto di un primo piano di Riley. La ragazza era seduta a un bar e fissava con scoramento l'obiettivo della macchina fotografica, mentre accanto a lei stava poggiata su un tavolo fuori dall'inquadratura una bottiglia di birra. I suoi occhi azzurri erano leggermente umidi, anche se non dava l'impressione di aver pianto, e le labbra della ragazza erano serrate in un broncio inespressivo. I suoi capelli, con la sua ciocca verde, erano più corti di alcune foto più recenti e non raggiungevano nemmeno le spalle della ragazza. La foto era datata solo ventiquattro ore prima di quella che Andy aveva appena visto, per questo non riuscì a spiegarsi quella differenza abissale tra una foto e l'altra.
Andy andò avanti sapendo di avere poco tempo e vide la foto seguente, che mostrava ancora una volta il viso della ragazza a distanza ravvicinata. Era stata di nuovo lei a scattarsi quella foto, e ancora una volta la sua espressione sembrava triste, ma questa volta la data era distante dall'altra foto e il motivo della tristezza della ragazza avrebbe potuto essere quel cerotto che aveva sulla fronte. Infatti il broncio di Riley sembrava alquanto ironico e nei suoi occhi si poteva leggere una certa vitalità che mancava nella foto di prima; sicuramente Riley aveva scattato quella foto solo per ricordare l'evento che le aveva procurato quella ferita nascosta dal cerotto.
Andando ancora avanti, Andy vide una foto di un letto bianco e apparentemente immacolato; guardando meglio poté scoprire che sotto le coperte ben pesanti si nascondeva il corpo raggomitolato della ragazza, il viso imbronciato e sofferente mentre chi aveva scattato la fotografia le mostrava un termometro che sbucava da sinistra nell'inquadratura. Fu strano vedere il letto di Riley con lei dentro mentre lui si trovava in quella stanza assieme a lei; non se lo era mai domandato, ma adesso si chiedeva come facesse quella ragazza a rimanere ferma a letto, data la sua natura turbolenta. E mentre si faceva queste domande, Riley notava che nel viso di Riley cominciavano a notarsi delle differenze che prima, nelle altre foto, non aveva notato; i lineamenti della faccia erano più delicati e anche lo sguardo di quella Riley del passato aveva una luce diversa: lentamente, Andy stava assistendo a una regressione in età di Riley.
Pur pensando che avrebbe potuto sembrare scortese a spulciare con così tanta attenzione quelle foto così personali, Andy andò avanti curioso di vedere altri aspetti della vita di quella ragazza che lui non conosceva. Era una persona normale, vivace, ma forse non era sempre stato così… Lo vide nella foto che si mostrò ai suoi occhi in quel momento, quando comparve sullo schermo una Riley dallo sguardo a metà tra l'adirato e il triste sotto la pioggia, accasciata a una parete di mattoni. La ragazza fissava con occhi di fuoco l'obiettivo della fotocamera e sembrava voler saltare fuori dallo schermo per prendere a morsi la faccia di Andy; che cosa l'aveva fatta reagire a quel modo, tanto da farla uscire per strada durante un temporale? I vestiti zuppi, i capelli appesantiti dall'acqua che le era piombata sulla testa, non facevano che rendere ancora più triste il suo aspetto nonostante lei sembrasse voler nascondere quel suo stato d'animo.
Passando oltre comparve un primissimo piano di Riley, ghignante e con i capelli davanti alla faccia. La ciocca verde spiccava sul suo colore chiaro, reso ancora più splendente dalla luce dorata del sole pomeridiano. La ragazza indossava un paio di occhiali da sole sugli occhi e mostrava i denti come se si stesse divertendo molto, mentre dietro di lei si intravedeva della sabbia dorata, un mare azzurro e un cielo infinito stagliarsi sopra il tutto. Riley era andata a mare, come avrebbe fatto un anno dopo circa assieme a Liz, Abbie ed Alex, ma questa volta Andy non sapeva se fosse da sola o no… La mancanza di altre foto sulla spiaggia gli fece pensare così.
In un'altra foto Riley era seduta ai piedi di un albero che si stagliava alto in mezzo a un grande prato verde. La ragazza era rivolta verso l'esterno dell'inquadratura e con occhi bassi e un sorriso delicato sfogliava un libro riposto in mezzo alle gambe, una distesa a terra e l'altra piegata verso l'altra. Indossava abiti leggeri e chiari e i suoi capelli erano più lunghi di quanto fossero ora. Decisamente, quella foto non poteva averla scattata da sola, doveva esserci stato per forza qualcun altro ad aiutarla vista l'inquadratura particolare che prendeva solo da un lato la figura di Riley mentre lasciava lo spazio libero sulla parte destra della foto, mostrando il resto del parco e un cielo terso da nubi. Anche quella Riley era diversa dalla "versione finale", per qualche motivo… Andy non riusciva a immaginarsi la ragazza che si metteva in posa per fare una foto dopo aver chiesto a un'altra persona di scattargliela.
La foto che seguiva era una foto di gruppo, dopo tanti scatti in solitaria. C'erano di nuovo le tre amiche di Riley che si stringevano forte, l'una accanto all'altra, con lei in mezzo al gruppo; sorridevano tutte quante e un paio di loro sembravano sul punto di perdere l'equilibrio e cadere a terra. Riley era nel centro assieme a Lizzie, che ghignava in tono di sfida alla macchina fotografica sorretta da Alexandra sulla sinistra; a destra c'era Abigail che sorrideva mentre la luce del sole la colpiva in pieno sul viso, dandole un aspetto quasi etereo. Le quattro ragazze erano vestite con abiti scuri, ma non avevano trucchi troppo pesanti addosso, ciò poteva significare che non si fossero preparate per andare da qualche parte. Erano in uno spiazzo di sterrato stranamente familiare; solo dopo alcuni secondi passati a scervellarsi, Andy riconobbe il "luogo segreto" di Riley, il cantiere abbandonato dove aveva portato anche lui alcuni giorni prima. In quella foto le ragazze sembravano un normalissimo gruppo di amiche, spensierate e piene di sogni, un'immagine lontana da quella che aveva visto il ragazzo negli ultimi giorni, con tutte le rivalità palesi tra Riley e Lizzie… Adesso invece sembravano due buone amiche, molto affiatate per come si stringevano nella foto, tanto che secondo lui avrebbero potuto definirsi "amiche del cuore". Gli venne da ridere quando notò, in alto a sinistra, un paio di dita forse appartenenti ad Abigail che facevano da corna ad Alex.
Una nuova foto mostrò la Riley di quasi due anni prima riflessa nello specchio di un bagno, mentre il flash della fotocamera accecava la vista e impediva di vedere parte del viso della ragazza, ma lasciava appena visibile un sorriso smagliate sulle sue labbra e i suoi capelli biondi con la ciocca verde che ricadevano dall'altro lato.
La foto che venne dopo di quella mostrava Riley seduta a un piccolo tavolo con in testa un cappellino da festa, ma con in volto un'espressione da galera. I capelli erano più corti del solito e la ciocca verde spiccava timidamente in mezzo al colore biondo; davanti a lei c'era una torta dall'aria non molto gustosa con sopra tredici candeline. Non sembrava per niente contenta di quella festa che stavano festeggiando lei e la persona che le aveva scattato la foto, ma sembrava stare bene nonostante quello. La data corrispondeva a quella della foto in cui Riley appariva sola e sconsolata in un bar ed era molto vicina alla foto che era scattata un giorno dopo assieme a Duncan e le amiche di Riley, quindi il ragazzo pensò che si trattasse della stessa festa che stavano celebrando; le candeline sulla torta gli suggerirono che si trattasse del compleanno della ragazza.
Dopo di quella foto Andy vide un'altra immagine della ragazza da sola, con i capelli ancora più corti di prima e con una piccolissima ciocca verde quasi invisibile in mezzo. La ragazza era nella sua camera, Andy poté capirlo dal cuscino che sporgeva da un angolo alle sue spalle, e l'obiettivo era molto ravvicinato al suo viso; la sua espressione non era per niente serena, anzi sembrava guardare con dispiacere un punto dietro la macchina fotografica, mentre sbuffava insoddisfatta per qualcosa. La ragazzina aveva una faccia completamente diversa da quella attuale, non soltanto per il taglio di capelli differente, ma anche a causa della sua differenza in età: allora Riley aveva dodici anni e probabilmente era molto diversa anche caratterialmente da come era adesso. Andy si stava chiedendo quando fosse avvenuto il cambio radicale della sua natura, perché da alcune di quelle foto sembrava essere molto diversa dalla ragazza scontrosa e ribelle che conosceva lui. Se avesse avuto un po' più di tempo si sarebbe voluto fermare ad esaminare meglio le fotografie…
Nella foto seguente c'erano Duncan e Riley assieme seduti su delle poltroncine che Andy aveva visto in casa; la ragazza aveva legata attorno alle tempie una bandana arancione e sembrava essere piuttosto fiera di quella mentre sbuffava con decisione tenendo gli occhi fissi sulla macchina fotografica. Questa volta i suoi capelli non si riuscivano a vedere a causa della bandana che riusciva a nasconderli tutti, ma per qualche motivo la scena era particolarmente divertente perché dietro di lei, su un divanetto più ampio, Duncan si stava scompisciando dalle risate mentre riusciva a malapena ad alzare lo sguardo verso di lei. Nonostante le risate di Duncan, a Riley non sembrava importare quanto potesse sembrare ridicola con quella cosa sulla testa, e nemmeno Andy sembrò cogliere la comicità della scena in un primo momento…
La foto seguente mostrava ancora una volta il viso di Riley illuminato dal flash della fotocamera, ma questa volta c'era qualcosa di diverso dalle altre foto: innanzitutto la ragazza portava in testa un capellino di lana nero che nascondeva completamente i suoi capelli, e poi il suo sguardo era diverso, con i suoi grandi occhioni azzurri che fissavano la macchina… Mentre prima l'espressione insoddisfatta di Riley sembrava derivare da qualcosa di temporaneo e quasi insignificante  – ma che sembrava turbare molto la ragazzina – adesso aveva dipinto in viso un debole sorriso incoraggiante, figlio di un ottimismo sopito che sembrava accompagnare quella ragazzina da un po' di tempo. Il motivo di tutto quell'ottimismo era difficile da scoprire, ma forse si sarebbe potuto scovare nelle altre fotografie rimaste…
E Andy aveva immaginato bene. Quando passò all'altra fotografia quasi gli scappò una grossa risata: si mise una mano alla bocca mentre tratteneva un colpo di tosse fuso con una risatina dovuto a quella foto. Il soggetto era Riley, ma si trattava di una Riley che non aveva mai visto prima: la ragazzina era accucciata a terra con aria afflitta, rossa in viso dalla vergogna, e rivolgeva uno sguardo truce all'obiettivo, dietro il quale stava probabilmente Duncan; ma a suscitare una tale reazione nel ragazzo fu la testa completamente rasata della ragazzina su cui si vedevano delle strane macchie di colore verde. Forse si trattava della prima volta che la ragazza avesse provato a tingersi i capelli, oppure uno scherzo di qualcuno ai suoi danni… Qualunque fosse l'origine di quella foto, Riley doveva ricordarsela bene perché quando vide ridere Andy diventò rossa dall'imbarazzo e cercò di non darlo a vedere liberando una piccola risatina.
Adesso Andy capiva perché i capelli di Riley si fossero accorciati così drasticamente nelle foto precedenti e del perché la ragazza sembrasse tanto triste di quello; capiva anche perché avesse cercato di nascondere la sua testa nelle foto precedenti, visto che ancora i suoi capelli dovevano essere troppo corti per piacerle… Continuando a sghignazzare, Andy andò avanti con le foto e vide una foto della solita Riley dai capelli lunghi e di un Duncan che rideva mentre faceva vedere una piccola collana dorata che pendeva dalle sue dita; anche Riley aveva qualcosa tra le mani, una spilla argentata che rifletteva la luce del flash della macchina fotografica. I due ragazzi erano stretti l'uno all'altra e attorno a loro si vedeva solo oscurità, tranne che in fondo dietro le loro spalle, dove sembrava esserci una grande vita per le strade illuminate dai lampioni della sera. Probabilmente, quelle cose che stavano mostrando con tanto orgoglio erano il frutto di una serata passata a borseggiare la gente nella confusione della sera, e i due ragazzi dovevano essersi rintanati in un vicolo buio per poter scattare la foto dei trofei della loro caccia senza preoccuparsi di essere scoperti. Quella foto fece storcere il naso a Andy, che non approvava che Riley rubasse e ancora di più che Duncan la incitasse a fare una cosa del genere, però non poté non pensare che fossero in qualche modo carini mentre mostravano tanta contentezza per della refurtiva.
In un'altra foto compariva la ragazzina con in volto un'espressione decisamente poco divertita, rinchiusa in una cella molto simile a quella da dove l'aveva tirata fuori Andy. La foto era stata fatta dall'esterno della cella e la ragazza guardava male l'obiettivo mentre stringeva con rabbia le sbarre che le impedivano di uscire. Aveva dei vestiti scuri addosso e un bel po' di trucco sul viso, come in molte altre foto, ma non sembrava preoccuparsi dello stile in quel momento… Tuttavia sembrava che quella situazione non fosse troppo seria; nell'angolo della foto compariva un agente tagliato dall'inquadratura che teneva in mano un mazzo di chiavi mentre si avvicinava alla serratura della cella della ragazzina. Doveva trattarsi di un evento speciale, dato che qualcuno aveva deciso di scattarne una foto, e così Andy pensò che quello fosse stato il primo arresto di Riley e che Duncan fosse andato a pagare la cauzione e avesse portato con sé la macchina fotografica; se l'idea che si era fatto del ragazzo dai capelli verdi era giusta, se lo sarebbe immaginato dietro la macchina fotografica che si sbellicava dalle risate mentre il poliziotto liberava quella Riley tanto adirata.
Nella foto che venne dopo di quella Andy riconobbe prima il luogo e poi le persone presenti assieme a Riley: si trattava della sua classe di scuola, un paio di anni prima che conoscesse Riley. Assieme alla ragazza stravaccata su una sedia e con i piedi su un banco di fronte a lei c'erano le tre inseparabili amiche, Lizzie, Abbie ed Alex. Loro comparivano sullo sfondo della foto, Lizzie era in piedi davanti a una delle finestre munite di sbarre mentre Abbie e Alex erano sedute assieme su due banchi uniti e poggiavano l'una la schiena a quella dell'altra; a parte Riley, che guardava con un ghigno superiore la fotocamera, le ragazze sembravano assenti e guardavano tutte in punti diversi della stanza, come assopite nei loro ragionamenti. E così Andy aveva scoperto anche che Riley aveva già visto la sua classe chissà quante volte…
Nella foto seguente il soggetto non fu più Riley, ma Duncan: il ragazzo era seduto a un tavolino nel soggiorno della casa e stava ricurvo su di un uccellino con un'ala fasciata che se ne stava appollaiato comodamente in una scatola per scarpe, imbottita con un po' di aghi di pino e rametti per rendere la permanenza più familiare al suo piccolo ospite. Sorrideva amabilmente mentre guardava l'uccellino e lo accarezzava dietro la testa con un dito. Riley, probabilmente, era dietro l'obiettivo della macchina fotografica che scattava la foto, e a Andy piacque immaginare che stesse sorridendo anche lei in modo simile a Duncan, che avesse dei gusti e una sentimentalità diversa da quella che mostrava attualmente.
Andando avanti comparve una foto di tutti e due i ragazzi, un'altra volta: Riley, molto più magra di come fosse abituato a vederla Andy e con i capelli più corti del solito, teneva la macchina fotografica con una mano e la rivolgeva verso di loro mentre con il braccio libero stringeva con forza Duncan e poggiava la fronte sul suo petto con amorevolezza. Sul suo viso era dipinta un'espressione di gratitudine e felicità che poche volte Andy aveva visto; Duncan a sua volta sorrideva con serenità mentre con una mano cingeva le spalle della ragazzina e la teneva stretta a sé. Sembrava quasi che fossero più che due amici, come se Riley dovesse la vita a quel ragazzo che l'aveva ospitata per tutto quel tempo. La data della foto corrispondeva a tre anni fa, Andy non riusciva a credere che fosse andato così indietro nel tempo e nella storia di Riley.
Un altro scatto, datato lo stesso giorno, mostrava ancora la piccola e sciupata Riley che se ne stava sdraiata sul suo letto. Sorreggeva la fotocamera con entrambe le mani e la teneva in alto molto lontano dalla sua faccia, così da prendere anche il letto e quello che le stava attorno; sul suo viso c'erano gli occhi speranzosi di chi sembrava aver finalmente raggiunto la pace dopo tanta fatica e il sorriso di chi stava bene dove si trovava. Era felice, anche se Andy non sapeva esattamente perché lo fosse…
Un'altra foto scattata sempre nello stesso giorno delle altre due mostrava una sorridente Riley mentre guardava incredula l'obiettivo della fotocamera, mentre alle sue spalle appariva il soggiorno della casa di Duncan; l'obiettivo di scattare quella foto sembrava essere quello di mostrare la stanza e la casa in generale, perché Riley era quasi fuori dall'inquadratura nella foto. La ragazzina era ancora più magra delle foto precedenti e i capelli lunghi e disordinati erano sporchi, ma sembrava non preoccuparsi di quel suo aspetto così sciupato.
L'ultima foto scattata nello stesso giorno delle altre tre era un'immagine della facciata del palazzo in cui si trovavano lui e Riley in quel momento. I colori del palazzo erano gli stessi che aveva visto quel giorno Andy e il cielo era invaso da nubi grigie e preoccupanti. Non aveva la più pallida idea di perché la ragazza avesse voluto scattare una foto così casuale e semplice, priva di alcun significato apparente, ma pensò che se glielo avesse chiesto avrebbe capito tutto; non aveva molto tempo per farlo però.
Andy pigiò di nuovo il pulsante con la freccia a sinistra sulla fotocamera e vide un'altra foto molto diversa da quelle che aveva visto poco prima: questa volta c'era di nuovo Riley di fronte alla fotocamera, ma era come non l'aveva mai vista prima. La ragazzina aveva un'espressione così sconsolata da mettere chiunque a disagio in quella situazione, mentre fissava con occhi gonfi la macchina fotografica e stringeva in una mano un accendino con una piccola fiammella accesa di sopra. La ragazzina era molto più magra delle altre foto e se ne stava accovacciata sotto un riparo di fortuna al lato di un marciapiedi mentre attorno a lei sembrava esserci un forte diluvio. Era bagnata fradicia e le labbra semischiuse sembravano suggerire che stesse sussurrando qualcosa con flebile voce. Guardando la data, Andy si rese conto che quella foto era stata scattata nello stesso giorno delle altre due foto che Riley aveva scattato nel giorno del suo compleanno, quindi quello era stato il primo compleanno passato da sola, sotto una pioggia torrenziale e in mezzo a una strada. Trasmetteva una forte tristezza guardare quella foto, Andy non riusciva a immaginare come avesse potuto vivere da sola a quel modo, e il fatto che fosse ancora più giovane di quanto fosse adesso lo faceva stare ancora peggio.
Il ragazzo avrebbe voluto saltare nella macchina fotografica per entrare nella foto e abbracciare quella piccola Riley sconsolata e triste, per farla stare un po' meglio, ma sapeva che Riley adesso era molto diversa da allora e che quindi non sarebbe servito a niente anche se fosse stato possibile. Passò avanti non potendo più guardare quella foto tanto opprimente e sullo schermo comparve una foto della strada. Era proprio una strada vista da un lato, chi l'aveva scattata doveva essere seduto per terra con la schiena poggiata a un palazzo mentre tutti i passanti lo evitavano o gli passavano davanti senza neanche degnarlo di uno sguardo, e le automobili sfrecciavano di fronte ai suoi occhi facendogli sognare di poterne possedere una in modo da andare via da lì. Andy sapeva che era stata Riley a scattare quella foto, quando ancora viveva per strada e non aveva nessuno su cui contare, ma sperava che le apparenze non fossero reali e che in realtà Riley non avesse mai dovuto dormire per strada, mendicando per avere qualcosa da mangiare. In questo senso, Andy pensò che fosse stata davvero una fortuna che Riley incontrasse Duncan…
C'erano ancora tre foto che Andy doveva vedere. Premette il pulsante con la freccia per andare indietro e vide la prossima: era la foto di una casa molto carina, ben curata e dall'aria accogliente, con un giardino ampio e grazioso. Sembrava essere stata scattata da dietro il finestrino di un'automobile o un autobus mentre partiva, come se Riley volesse avere un'immagine di quella casa in particolare prima di andarsene per sempre. Ma dove si trovava? Andy non credeva di aver mai visto una casa simile in città, e non credeva che si trattasse della vecchia casa di Riley a San Francisco. Forse Riley aveva trovato la sua prima casa nel Minnesota e aveva voluto scattarle una foto? Ma se era tornata lì, perché non vi era rimasta?
La penultima foto era meno criptica di quella appena vista, ma sempre sprovvista di molti indizi: era la foto del corridoio di un autobus scattata da dietro uno dei sedili più interni. Non c'era nessuno e dalla poca luce proveniente dalle lampade sopra i posti a sedere Andy immagino che fosse notte; quella doveva essere la vista che si era mostrata a Riley per parecchio tempo durante il suo viaggio, un autobus vuoto e per niente rassicurante che avanzava inesorabile lungo una strada buia e sconosciuta mentre una ragazzina come Riley, piena di speranze e incertezze, non vedeva l'ora di scendere da lì per accogliere la sua nuova vita, ma che sperava anche di non doversene pentire.
Quella foto non era particolarmente triste o importante, Riley doveva averla scattata per ricordare il viaggio che aveva fatto da San Francisco fino a lì, ma chissà se fosse stato veramente come aveva immaginato Andy… L'ultima foto, infine, fece venire i brividi a Andy per la sua tristezza e solitudine.
Eccola lì, l'allora undicenne Riley che teneva con entrambe le mani la macchina fotografica e fissava intensamente il suo obiettivo. Uno sguardo fisso, imperturbabile, che sembrava testimoniare una decisione irremovibile della ragazzina, ma in quegli occhi così duri compariva anche un'altra emozione che non era la rabbia di essere stata costretta a lasciare casa, né la delusione per aver lasciato tutto: c'era un vuoto difficile da intravedere nei suoi occhi che faceva capire quanto fosse confusa e indecisa la ragazzina quando aveva fatto quella scelta; c'era la tristezza di non essere mai riuscita ad andare bene in ciò che avrebbe dovuto fare e il rifiuto di accettare tutto quello. Riley stava compiendo un grosso passo nel buio quel giorno e sperava che fosse nella direzione giusta, ma allo stesso tempo non voleva guardarsi indietro; seduta in modo piuttosto scomodo sul sedile di un autobus, con la schiena incurvata in avanti, accanto al finestrino e senza nessuno accanto sull'altro sedile, Riley continuava a fissare la macchina fotografica forse per poter mentire a sé stessa per far vedere la sua determinazione, e un giorno lontano riguardare quella foto e pensare di aver avuto ragione…
Andy abbassò la macchina fotografica e alzò gradualmente lo sguardo fino a incontrare quello di Riley. Erano rimasti fermi e in silenzio per parecchio tempo, la ragazza pensava che si fosse incantato davanti a quelle foto. Lei se ne stava con la testa piegata lateralmente e gli rivolgeva un mezzo sorriso di complicità, mentre Andy teneva la bocca semichiusa e la fissava con occhi esterrefatti.
<< Com'è stato? >> Disgusto azionò la voce di Riley per evitare che la ragazza rimanesse in silenzio e rovinasse quel momento. Poteva essere davvero l'occasione giusta per ottenere la liberà.
Andy la fissò cercando inutilmente le parole per rispondere. Dopo alcuni tentativi, disse:<< Come vivere un'altra vita… >>
Riley abbassò lo sguardo annuendo e per un attimo il suo mezzo sorriso sparì. Sentì una sorta di nostalgia per quei giorni semplici passati con gli amici, pieni di incertezze ma anche carichi di vita. Lei non aveva guardato le foto assieme a Andy, ma le conosceva perfettamente una ad una perché ognuna di quelle foto ricordava un evento molto importante per la ragazza.
Andy si sentì in imbarazzo quando vide che la conversazione si era arrestata. Per poter dire qualcosa, porse la macchina verso la sua proprietaria:<< Tieni. >> Disse con un sorriso incoraggiante. << Ricordi così vanno conservati gelosamente. >>
Riley alzò lo sguardo confusa e accettò il dono del ragazzo mentre questo cominciava ad avviarsi verso l'uscita.
<< Siamo stati fortunati a non trovare nessuno, ma ora andiamocene! Potrebbe arrivare qualcuno da un momento a… >> Il ragazzo fu interrotto da Riley prima ancora che potesse completare la frase. << Aspetta! >> La ragazza si girò rapidamente verso di lui e gli cinse il collo con il braccio ammanettato mentre con la mano libera teneva in alto la fotocamera puntata su di loro; sorrise nel modo più spontaneo che le venne e attese che Andy comprendesse le sue intenzioni in modo da potersi mettere in posa a sua volta prima di scattare la foto. Quello era un ricordo che mancava ancora nella collezione di Riley.
La foto venne bene illuminata, con entrambi i visi dei ragazzi riconoscibili e sorridenti; erano sereni, felici, mentre dal basso si intravedevano le manette che tenevano legati i polsi di Riley e Andy; le punte blu dei capelli del ragazzo scintillavano di riflesso alla luce. In quella foto la ragazza era diversa dalle altre foto scattate in passato, era più felice nonostante tutte le sue disavventure e tutti i pericoli; nonostante la situazione attuale fosse ancora critica, si era sforzata di sorridere perché voleva farlo! Voleva essere felice, e pensava che con l'aiuto di Andy potesse esserlo di nuovo.
Riley sorrise prima di alzare lo sguardo verso il ragazzo, ma nel farlo notò che da una delle sue mani colava del sangue. Colta da un improvviso brivido, la ragazza chiese:<< Oh mio Dio! Andy, cos'hai? >>
Il ragazzo sembrò non accorgersene finché non ebbe alzato la mano ferita: aveva un lungo e profondo taglio sul palmo della mano destra, doveva esserselo procurato durante la loro fuga dal fast food, quando aveva rotto il vetro della porta. << Oh… >> Mormorò quasi assente.
Riley lo prese dalla mano sana e lo tirò subito in cucina, dove lo fece sedere prima di andare a prendere del disinfettante, cotone e un po' di bende. << Non puoi restare in questo stato! >> Lo rimproverò mentre versava del disinfettante su una balla di cotone. Sperava che Andy non odiasse il disinfettante come lei e cominciò a premere il cotone sulla sua ferita.
Il ragazzo fece un verso di dolore quando sentì la carne viva bruciare a contatto con il liquido disinfettante. Fece una smorfia che suscitò un sorrisetto in Riley, e lei gli disse con tono di scherno:<< Non fare la femminuccia ora. >>
Dopo di quello, Riley si assicurò che il cotone rimanesse ben adiacente al palmo del ragazzo mentre afferrava il rotolo di garze e cominciava a tirarlo. Arrotolò le bende attorno al cotone per fare in modo che rimanesse legato alla mano di Andy e quando ebbe finito strappò le garze con un rapido strattone.
<< Ecco qua, dovrebbe andare meglio… >> Sussurrò sorridendo alla mano fasciata del ragazzo. Andy fissò confuso la sua mano prima di alzare lo sguardo e sorridere a Riley.
<< Grazie, Riley. >>
La ragazza alzò lo sguardo a sua volta, ma non si aspettò una cosa simile. Sospirò cercando di nascondere il proprio imbarazzo e rispose con dolcezza:<< Grazie a te, Andy. >> Si alzò dalla sedia su cui si era seduta per medicare la ferita di Andy e fece un passo indietro prima di concludere con un bacio sulla guancia del ragazzo. Dopo di quello gli rivolse un sorrisetto vispo e cominciò a camminare lentamente verso l'uscita. Andy la seguì subito, pur essendo ancora confuso da quello che era successo.
Chiusero a chiave la porta e scesero in fretta le scale, Riley noncurante della caviglia che ormai si stava abituando al movimento. Uscirono in strada e si affrettarono ad allontanarsi dal portone di entrata del palazzo; andarono dritti dentro a un vicolo e si fermarono un momento a pensare.
<< Ormai l'unica cosa che resta da fare è andare via di qui… >> Mormorò Riley appoggiando la schiena a una parete del vicolo mentre Andy se ne stava dritto in piedi di fronte a lei.
<< Come te ne andrai? >> Chiese il ragazzo guardandosi intorno, tenendo le mani ai fianchi.
Riley alzò lo sguardo al cielo e ci pensò un attimo. << L'unico modo è la corriera. Non so ancora come farò, ma sono fiduciosa del fatto che riuscirò a lasciare questo posto! >>
Andy sorrise abbassando lo sguardo. Sembrò triste quando fece quel movimento, prima di allungare una mano verso una tasca ed estrarvi una vecchia chiave opaca. << Immagino che sia arrivato il momento di usarla… >> Sospirò guardando un'ultima volta negli occhi di Riley.
Rabbia non credeva ai suoi occhi, e nemmeno Disgusto che aveva lavorato tanto per arrivare fino a quel punto. Nessuno nel Quartier Generale si aspettava di vedere Andy che liberava Riley di sua spontanea volontà. Gioia, da parte sua, fu dispiaciuta di vedere quella scena, perché significava che la loro avventura con Andy era finita.
<< Prendila! >> Sussurrò incredulo Rabbia, impaziente di riavere la liberta.
Disgusto scosse la testa. << Aspetta che lo faccia lui. >> Pur non condividendo la sua idea, il piccoletto rosso dovette accettare.
<< E' un addio, dunque…? >> Sussurrò Riley mostrando un leggero sorriso amichevole.
Andy rise piano. << Spererei di no. >>
La ragazza sospirò profondamente mentre Andy si avvicinava con la chiave in mano. Stava morendo dalla voglia di potersi muovere di nuovo liberamente, ma doveva avere pazienza. << E come farai con tuo zio? Se ti chiederà che fine ho fatto… >>
Alla domanda di Riley, Andy rise ancora, questa volta mostrando anche un ampio sorriso. << Vorrà dire che forse dovrò scappare anche io, prima o poi! >> La risposta suscitò una risata in Riley, che non riuscì a trattenersi. E come poteva farlo? Era euforica! Finalmente stava per essere liberata, se ne sarebbe andata di lì e non avrebbe dovuto più preoccuparsi di niente.
<< Ci siamo…! >> Rabbia era sul punto di scoppiare dalla felicità, mentre Disgusto e Paura erano tesi come corde di violino davanti a quello schermo.
Proprio quando Andy stava per infilare la chiave nel meccanismo delle manette, però, delle luci blu attirarono la sua attenzione in strada. C'erano un paio di volanti della polizia che stavano parcheggiando proprio di fronte al palazzo dove abitava Duncan. Dalla prima automobile scesero suo zio, il ragazzo dai capelli verdi, che aveva un'aria davvero esausta, e due adulti che non aveva mai visto prima, un uomo e una donna.
<< E' qui dove ha vissuto nostra figlia per tutto questo tempo? >> Chiese un uomo magro e alto, dall'aria davvero provata. Al sentire quella voce, Riley ebbe un tuffo al cuore.
Rispose lo zio di Andy alla domanda dell'uomo. << Sì, signor Andersen. Il signor Claw ha ospitato Riley per tre anni fino ad ora… >>
Si intromise nella discussione Duncan, che saliva lentamente gli scalini di fronte al portone di ingresso:<< Avrei voluto fare molto di più. >> Si voltò per guardare negli occhi l'uomo che aveva parlato prima. << Mi dispiace molto, signori Andersen… Se avessi conosciuto la vera storia di Riley, di certo non l'avrei nascosta con me. >>
La donna, che portava un paio di occhiali rossi e aveva i capelli raccolti in una coda di cavallo, sembrò voler rassicurare Duncan:<< No, Duncan… Lei ha fatto davvero tanto per la nostra bambina, è stata fortunata a incontrarla. >> Anche quella voce fece venire i brividi a Riley, e la ragazza capì che non poteva più restare lì.
Duncan abbassò lo sguardo sussurrando qualcosa che Andy non riuscì a capire, anche perché in quel momento Riley cominciò a parlare in preda al panico. << Ehi! Forza, dobbiamo andarcene! Non vedi che sono arrivati gli sbirri? >>
Ma Andy non sembrò carpire il suo messaggio. La fissò con fronte aggrottata e sussurrò il nome:<< Andersen… >>
<< Dai! >> Lo supplicò a denti stretti lei, sperando di attivare qualcosa nella sua testa. Ma era tardi, i meccanismi dei suoi ragionamenti si erano già attivati e in quel momento Riley stava davvero rischiando grosso.
Se ne rese conto quando il ragazzo esclamò pieno di stupore:<< Quelli sono i tuoi genitori! >>
Rabbia, così come Disgusto e Paura accanto a lui, ebbe un sussulto. Diversamente dagli altri due, però, lui sembrò prendere la cosa molto peggio. << Dammi i comandi! >> Ordinò voltandosi verso Disgusto.
L'esserino verde rispose sconcertata:<< No! >>
<< Sono veramente i tuoi genitori, Riley…? Ma non sembrano cattive persone… E anche Duncan che li sta accompagnando, sembra più gentile di come tu lo avessi descritto. >> Andy non ci stava capendo più niente, la sua voce sembrava quella di un bambino spaventato. << E poi quella cosa che ha detto… >>
<< Ti ho detto di darmi i comandi! >> Urlò Rabbia mentre Paura cercava di trattenerlo dal lanciarsi addosso a Disgusto.
<< Non puoi! Avevi detto che mi avresti lasciato la possibilità di convincere Andy fino a questa sera…! >> Ribatté Disgusto sul punto di crollare: allo stesso tempo doveva rispondere a Rabbia e tenere d'occhio lo schermo per non perdere quello che stava succedendo a Riley. Doveva essere pronta a reagire in modo da saper rispondere a Andy, o fare qualunque altra cosa, anche se in realtà non credeva di essere più tanto sicura.
Gioia assisteva impaurita alla scena con occhi spalancati, incredula che Rabbia potesse perdere di nuovo il controllo, speranzosa che Andy facesse la cosa giusta, preoccupata per quello che sarebbe potuto accadere dopo.
Andy continuava a parlare da solo, mentre Riley sperava di convincerlo a sbrigarsi. Ma lui aveva quasi messo insieme tutti i pezzi. << Ha detto di non conoscere la tua… "Vera storia"? >>
Alzato lo sguardo, vide una Riley pallida e sudata, ricurva verso di lui che sembrava sul punto di dire qualcosa. Non sapeva che nella sua testa, in quel momento, Rabbia stava dando un pugno in faccia a Paura per liberarsi di lui e si stava avventando su Disgusto per farla mettere da parte; non sapeva che con uno spintone, l'ometto rosso aveva cacciato Disgusto dai comandi e aveva preso il controllo della situazione, facendo venire un colpo a Gioia che aveva assistito a tutto quello.
<< Sì. >> Rispose Riley mostrando un leggero sorriso, mentre Andy la fissava confuso e combattuto. Quel sorriso però era diverso da quelli che aveva mostrato prima al ragazzo, quando erano ancora in casa; quel sorriso non era per niente un sorriso, ma un ghigno appena nato e che stava già per morire. Riley ripeté la sua risposta:<< Sì, ha detto proprio così. E sai una cosa, ha perfettamente ragione: qui nessuno ha mai conosciuto la mia vera storia. Né Duncan, né Lizzie… E neppure tu. >>
La ragazza piegò la testa di lato mentre un altro ghigno compariva sul suo viso; di riflesso, Andy fece un passo indietro intimidito da quel volto così agghiacciante e cercò di ribattere balbettando qualcosa. << Ma… Ma allora che… >>
<< Non capisci? Perché non mi sorprende? Tu non capisci NIENTE! >> Urlò Riley fuori di sé per un attimo, prima di tornare a parlare sottovoce. << Infatti tu sei solo un idiota! Un piccolo e innocente bambino che crede a tutto quello che gli si dice. >> Imitò una voce acuta e stupida quando disse quello e finse di star parlando con un bambino. Cominciò a gesticolare come una matta e a fare facce inquietanti mentre parlava da sola, fingendo di imitare Andy:<< Sono così bravo a cambiare la gente, sono così intelligente da ammanettarti a me… >> Si fermò un attimo guardandolo con occhi infuriati e facendo un verso di disappunto. << L'unica cosa in cui sei bravo è farti raggirare. Ti sono stata dietro per tutto questo tempo, ti ho detto tante cose carine per farti credere in te, e ora rischio anche di essere scoperta da quella gente… Dammi quello che mi avevi promesso e finiamola qui! >>
Riley alzò il polso ammanettato per indicare a Andy di farsi liberare e rimase in attesa della risposta del ragazzo. Andy non riusciva a credere alle sue orecchie. Aveva creduto veramente che Riley fosse cambiata, che fosse stata onesta con lui? Ovviamente era così, perché era troppo ingenuo per non credere a tutte le idiozie che gli aveva rifilato lei, eppure anche adesso non sembrava in grado di risponderle. Riley si stava aspettando una sfuriata, qualcosa di incontrollabile, perché aveva capito come fosse fatto il ragazzo; sotto quello spessissimo strato di ingenuità dormiva una bestia incontenibile che aveva cercato di risvegliare per tutto quel tempo. In un certo senso, Riley sperava che Andy facesse qualche pazzia…
Il ragazzo però non si mise a urlare, non cominciò a inveire contro di lei. L'unica cosa che fece fu cominciare a tremare mentre la sua voce veniva meno. << E così… Tutto quello che hai fatto è stato mentire? >> Chiese senza aspettarsi una risposta; Riley stessa non gliela diede e si limitò a guardarlo con superiorità. Il ragazzo strinse i denti abbassando lo sguardo, e in quel momento la ragazza vide i suoi occhi inumidirsi. << Allora è stato tutto inutile? Non hai imparato niente? >>
Questa volta Riley si limitò a muovere la testa da destra a sinistra per dare un messaggio chiaro a quel ragazzo che, per lei, era solo uno strumento.
Andy sospirò profondamente, lentamente. Aspettò forse che gli arrivasse la forza di ribattere, ma non fece niente. Fu Riley che decise di dargli una spinta.
<< Lo sapevo che non avevi le palle. >> Il ghigno compiaciuto della ragazza si parò di fronte al viso in lacrime di Andy. Quella era la stessa cosa che gli aveva detto quando si erano incontrati in prigione, e lui aveva reagito liberandola e ammanettandola a sé. Stava cercando di fargli fare qualcosa di simile, di nuovo?
Questa volta, però, Andy non ci cascò. << Sai una cosa? Vaffanculo! >> Sbottò a un certo punto cercando di sembrare adirato. Non fu molto minaccioso, Riley si mise addirittura a ridere di fronte alla sua faccia, ma non gli importò. << Io ho creduto in te, ho sperato che potessi essere più di quello che sei realmente… Mi sono sbagliato, ma questo non ti rende migliore di me! Io almeno ho provato a fare qualcosa di buono. >> Si picchiò il petto con le punte delle dita mentre Riley lo ascoltava compiaciuta. << Io sono stato l'unico che è riuscito a tenerti legata a sé per così tanto tempo, e anzi adesso potrei ancora continuare a farlo buttando via questa stupida chiave! >>
<< Non lo farà. >> Si limitò a borbottare tra sé e sé Rabbia, mentre Andy alzava il tono di voce gradualmente.
<< Ho sbagliato in tutto, è vero… Tuttavia sono fiero di aver fatto tutto questo! Ho comunque dimostrato di essere una persona migliore di te! Anche se avrei dovuto lasciarti a marcire in quella cella fino all'arrivo dei tuoi genitori… >> Rise. << Quello sì che sarebbe stato divertente da vedere! >>
<< Datti una mossa, bambolo! >> Ringhiò Paura nella testa di Riley. Avrebbe tanto voluto far dire quelle parole alla ragazza, ma non era una buona idea…
<< E ora che farai? >> Chiese Riley spostando il peso sulla gamba più forte e poggiandosi una mano sul fianco opposto. Sorrideva vittoriosa, come se sapesse già che Andy non avrebbe fatto nulla per fermarla. E infatti era così.
Ma Andy non le avrebbe dato l'ultima parola. << Io non farò proprio niente. >> Rispose scuotendo la testa. Infilò la chiave nelle manette e liberò i polsi di entrambi con un rapido scatto. Un gesto tanto semplice era stato così difficile da ottenere… << Non posso cambiare la natura di un delinquente, ormai l'ho capito… >> Disse indietreggiando. << Posso solo smettere di aiutarti e sperare che un giorno ti prendano. >>
Riley si massaggiò il polso mentre Andy diceva queste cose. Non sembrò nemmeno ascoltarlo per un momento, quando concentrò lo sguardo sulle proprie mani.
Andy rise quando si rese conto di essere già sparito dalla mente di Riley. << Sì… Davvero complimenti Riley, e grazie. >> Questa voltala ragazza alzò lo sguardo per ascoltare ciò che aveva da dirle il ragazzo. << Grazie perché mi hai insegnato a non fidarmi più di nessuno! Addio. >>
E con quell'ultima parola, il ragazzo si allontanò da lei rimettendosi gli occhiali da sole sul viso; indietreggiò prima con un po' di incertezza verso il marciapiedi, poi si mise a correre nell'altra direzione per allontanarsi il più possibile da quel posto. Non voleva vedere i genitori di Riley, non voleva vedere la casa di Riley, non voleva vedere Riley… Voleva solo andarsene a casa.
La ragazza, invece, rimase immobile a fissare quel marciapiedi su cui era sparito Andy. Era libera. Poteva andare doveva voleva, finalmente. Una forte sensazione di euforia avrebbe invaso il suo corpo, se non si fosse trattenuta: non era ancora al sicuro. Doveva andarsene da lì in fretta, e senza Andy a portarla in giro adesso sarebbe stata più lenta; però, allo stesso tempo l'avrebbero notata di meno e avrebbe potuto nascondersi più facilmente.
<< Perché lo hai fatto?! >> Esclamò infuriata Disgusto mentre si rialzava da terra. Rabbia non rispose e continuò a fissare lo schermo.
Riley si toccò i capelli sopra la spalla destra e tirò una ciocca in alto fino a farla ricadere. Stanno crescendo troppo… Dovrei tagliarli.
Gioia, nell'oscurità della sua capanna, si affacciò dalla finestra ondulata e guardò con stupore le tre emozioni attorno alla console dei comandi: Paura era ancora a terra che si massaggiava la faccia, dopo aver ricevuto il colpo da Rabbia, Disgusto invece si stava avvicinando di corsa alla console per cacciare Rabbia e prendere di nuovo il controllo di Riley. Quando arrivò Disgusto, Rabbia si strinse ancora di più ai comandi e cominciò a dare spallate per non farsi scavalcare un'altra volta.
<< Dammi i comandi! >> Gridava l'esserino verde, mentre invece da Rabbia provenivano grugniti e altri suoni incomprensibili.
Quando Paura vide che si stava creando il caos nel Quartier Generale si rialzò subito e cercò di andare a calmare i due litiganti. << Andiamo ragazzi, così non fa bene a Riley… >>
A un certo punto dei rumori di meccanismi zittirono la discussione e fecero alzare gli sguardi di tutti i presenti: dalla mente di Riley stava venendo fuori un nuovo ricordo. Gli ingranaggi si muovevano e lavoravano lentamente, una forte luce rossa uscì dai tubi prima che da questi venisse fuori una piccola sfera rossa e continuasse a viaggiare sui canali della memoria di Riley, fino a fermarsi dove andavano tutti i ricordi della ragazza. I tre esserini variopinti erano stupefatti e anche Gioia non credeva ai suoi occhi; solo Tristezza sembrava imperturbabile di fronte a quella scena.
Rabbia lasciò lentamente la console dei comandi per raggiungere la stiva dei ricordi. Mentre avanzava, Paura in preda a una crisi di nervi cercò di attirare la sua attenzione e fermarlo, ma fu tutto inutile; l’ometto rosso raggiunse in breve tempo il nuovo ricordo di Riley e lo estrasse dal suo corso naturale.
La sfera brillava con forza di una luce rossa e calda mentre pulsava delicatamente e dentro di essa si riproduceva la scena appena vissuta dalla ragazza: Riley urlava a Andy tutte quelle cose cattive che aveva pensato su di lui in quel momento e poi lo guardava allontanarsi deluso, forse anche arrabbiato.
<< Questa è… >> Rabbia non riuscì a controllare la sua voce, e interruppe la frase prima di poterla concludere. Deglutì incredulo nel tentativo di riacquistare la voce e si voltò verso gli altri tenendo il ricordo in una mano. << Sapete niente di tutto ciò? >>
Disgusto scosse la testa senza aggiungere altro; non pensava che la mente di Riley potesse più partorire ricordi colorati come una volta. Paura, invece, sembrò tentennare, prendere tempo.
Rabbia si fece più cupo e cominciò ad avanzare. << Tu non ne sai niente, Paura? >> Chiese con più forza nella voce.
Questa volta Paura non tardò a rispondere, anche se cercò comunque di deviare la domanda. << Cioè… Forse sapevo qualcosina al riguardo, ma… >> Si fece piccolissimo mentre Rabbia si avvicinava sempre più velocemente, squadrandolo con sguardo truce. << Insomma, non l’ho fatto apposta! E poi… >>
Rabbia si avvicinò a Paura e incurvò la schiena in avanti, vedendo che lo spilungone si era ritirato come un riccio dalla paura. << E poi…? >> Sussurrò adirato lanciandogli un’occhiata assassina.
Paura prese un grande respiro prima di ritrovarsi faccia a faccia con il piccolo ometto focoso. Che cosa doveva fare? Cosa doveva dire? Avrebbe dovuto raccontare tutto e menzionare anche gli altri Ricordi Base, oppure fingere di non saperne niente e lasciare così che Rabbia perdesse completamente il controllo di sé? << Ehm… >> L’unico suono che uscì dalla sua gola fece capire in un attimo a tutti i presenti quanto si sentisse sotto pressione in quel momento, quanto fosse nervoso.
Rabbia capì che Paura non avrebbe mai trovato il coraggio di parlare liberamente, quindi cercò un altro modo per tirargli fuori le informazioni che voleva. << Mettiamo che sia successo qualcosa mentre io non guardavo… >> Cominciò mostrando un ghigno per niente rassicurante. << Che tu abbia messo mano alla console durante i tuoi frequenti turni notturni, e che questo abbia fatto qualcosa alla mia Riley… >> Lanciò alle proprie spalle il Ricordo Base che aveva tenuto in mano fino a quel momento. La piccola sfera rimbalzò pesantemente sul pavimento e poi si mise a rotolare in silenzio, allontanandosi da loro.
<< Attento! >> Esclamò Disgusto correndo dietro alla sfera per raccoglierla. << Bisogna averne cura… E’ importante. >> Mormorò raccogliendo il ricordo da terra e stringendoselo al petto.
Rabbia la ignorò totalmente e cominciò a gridare contro il muso di Paura:<< PERCHE’ DIAVOLO E’ VENUTO FUORI UN RICORDO BASE DA QUELLA MACCHINA?! >>
Dopo la domanda di Rabbia, il povero Paura non seppe cosa fare e scoppiò in lacrime; cominciò a mugolare e a lamentarsi chiedendo scusa a Rabbia per avergli nascosto quella cosa. Non disse nulla riguardo agli altri ricordi e non menzionò mai Gioia e la sua sacca.
<< Ora smettila, Rabbia! >> Sbottò Disgusto infastidita tornando davanti alla console dei comandi. << Paura non ha nessuna colpa, e poi non è successo niente… >>
Rabbia alzò lentamente lo sguardo fino a fermarlo sulla finestra della capanna di Gioia, mentre la stellina affacciatasi da lì si nascondeva per non incrociare il suo sguardo. << “Non è successo niente”, dici… >> Lasciò andare Paura, che cadde a terra con un tonfo, e tornò alla console dei comandi.
Rabbia strinse le mani attorno alle cloche della console e fece un cenno a Disgusto. << Sbarazzati di quella roba, non voglio avere altri problemi come tre anni fa! >>
Ma Disgusto non la pensava allo stesso modo. << Cos…?! No! >> Esclamò proteggendo tra le braccia il Ricordo Base. << Questo è un evento importantissimo! Dobbiamo scoprire perché è accaduto proprio ora… >>
<< NON DOBBIAMO SCOPRIRE UN BEL NIENTE! E’ finita, Disgusto! Non c’è altro da fare se non cambiare aria! >> Rabbia si voltò rapidamente verso di lei urlando come un ossesso, agitando le braccia come per indicare che non ci fosse altro da fare.
<< Tu non hai idea di quello che stai dicendo… >> Mormorò incredula Disgusto scuotendo piano la testa. Con uno scatto inaspettato, cercò di raggiungere la console dei comandi. << Lasciami il posto! >>
<< NO! >>
<< Aspettate, fermatevi… >> Anche Paura si unì alla lotta e, rialzatosi, raggiunse rapidamente la console per cercare di dividere i due litiganti.
Tutti e tre erano attaccati alla console dei comandi e cercavano di prendere il sopravvento sugli altri, mentre Gioia assisteva a quella scena così triste dall'esterno, nel suo guscio sicuro. Tanto a lei andava bene qualunque cosa, no? Non doveva scegliere, lasciava che fossero gli altri a decidere… Oppure no? Si sentiva triste per quello che era appena successo e non le piaceva vedere i suoi amici litigare. Cercò di fare qualcosa, di dire la sua e alzare la voce per fermarli. << Ragazzi… >> Ma loro non ascoltavano. << Ragazzi, vi prego… >>
Riley era immobile durante tutto questo. Non aveva idea di quello che stesse accadendo dentro la sua testa, e probabilmente non avrebbe nemmeno voluto saperlo. Era così assorta nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno di quell'ombra che comparve alle sue spalle; Gioia però sì, lei se ne accorse. Fu solo troppo tardi quando urlò per avvertire gli altri:<< RAGAZZI!!! >>
Una potente scossa elettrica colpì Riley alla nuca e si riversò in tutto il suo corpo. Le luci del Quartier Generale saltarono e l'intera sala tremò come se ci fosse un terremoto. I tre che erano attaccati alla console dei comandi furono colpiti a loro volta da quella scarica elettrica e caddero a terra inerti; allo stesso modo cadde anche Gioia, colpita da un'altra scarica che si diffuse su tutto il pavimento. E allo stesso modo cadde anche Riley, che perse i sensi in mezzo a quella strada vuota, alla mercé di chiunque l'avesse colpita.
E' solo un brutto sogno… Quelle parole echeggiarono nella mente di Gioia, mentre lentamente le forze la abbandonavano e l'oscurità la inghiottiva. Deve esserlo…
   
 
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