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Autore: strayheart00    26/01/2017    1 recensioni
Andrea è da sempre conosciuta con l'epiteto di "regina dei ghiacci". Ha una vita che molti definirebbero perfetta, eccetto lei e chi la conosce davvero.
Giulio è invece "il re degli stronzi" soprannome affibbiatogli da Andrea l' istante dopo essersi conosciuti.
Sin dal loro primo incontro sono in lotta per il potere e la fama e ogni volta che uno dei due fa un passo verso la vittoria, l'altro gli mette i bastoni tra le ruote. Dopo ben quattro anni di continue battaglie arriva finalmente l'occasione che potrà decretare il vincitore: la possibilità di candidarsi alla carica di rappresentante d'istituto. A questo punto la guerra tra i due diventa più spietata che mai, con colpi bassi e terribili piani che porteranno a conseguenze inaspettate.
Si trovano infatti costretti a firmare un armistizio quando un bacio gli fa provare sensazioni che non dovrebbero. Così quella che è la loro eterna guerra si trasforma in un gioco, fatto di odio e attrazione. Le scommesse sono aperte: chi tra i due si farà male per primo?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Watch you take the fall
Laughing all the way to the hospital
[Break your little heart - All time low]


Il sole è alto nel cielo, gli uccelli volano felici e spensierati mentre io, come una fottuta sfigata, sono in classe e ho davanti a me una stupida versione di greco. Invece di concentrarmi sul compito la mia menta non fa altro che mostrarmi, in una continua sequenza snervante, il quinto momento più brutto della mia vita, vissuto appena due ore fa.
I primi quattro riguardano mia madre e la cosa non dovrebbe sorprendere. Quando cresci con una donna molto particolare come lei ti ritrovi nel tuo bagaglio personale molti ricordi orribili non richiesti. Allontano il pensiero di mia madre dalla mia mente e cerco di concentrarmi su quelle stramaledette righe di Isocrate, sperando, quasi per magia, che si traducano da sole.
Nel frattempo il tempo passa e io non ho assolutamente voglia di concentrarmi sul serio, non la terza settimana di scuola almeno. Per poter fare una versione che abbia un po' di senso, anche solo vagamente, devo essere nel pieno delle mie facoltà mentali e in questo momento non credo di saper distinguere la epsilon dall'eta, giusto per farmi capire come i miei neuroni siano ancora in vancaza. Riporto l'attenzione sul foglio cercando di concentrarmi davvero ma un rumore alle mie spalle mi distrae per l'ennesima volta.
«Rea... Reaaaa» la sua voce, bassa e insopportabile, mi arriva dritta nei timpani facendomi perdere quella poca pazienza che ho ancor prima di rispondergli.
«Che cazzo vuoi stronzo?» potevo anche essere un po' più gentile, ma perché doversi sforzare come una persona insopportabile come Giulio? Tutta fatica sprecata il provare ad essere civile con una bestia.
«Mi potresti passare i primi quattro righi?» sta davvero provando ad usare la voce da cucciolo con me? Dev'essere messo proprio male, che cosa stupenda!
«Col cazzo Mastrolia» piuttosto che passare anche una sola parola a lui mi butto dalla finestra.
«Quello ti piacerebbe averlo da me stai sicura» ed ecco lì l'ennesima insinuazione della giornata sulla sua attività sessuale.
«Nei tuoi sogni forse coglione» ma perché non sta zitto? Figuriamoci se penso ad andare a letto con lui!
«Sono dei porno quelli che mi faccio su di te non dei sogni» e inizia a ridere da solo come un cretino, QI -1. «Mastrolia! Smettila di infastidire Andrea!» Per fortuna l'urlo isterico della D'Ascoli pone fine alla nostra conversazione o giuro che mi sarei pugnalata al cuore con la matita. Ritorno allora alla versione, più sconfitta che mai, cercando di dare un senso a quelle parole.

****
Due ore prima.
Quella giornata era iniziata nel peggiore dei modi. La sveglia non era suonata e quindi avevo dovuto trasformarmi in flash per diminuire il più possibile il mio ritardo. Mi ero alzata dal letto con uno scatto che non mi aveva risparmiato un bel po' di fitte alla testa, per poi fiondarmi in bagno alla velocità della luce, rispetto al passo da bradipo che avevo tutte le mattine. Dopo la doccia più veloce di tutta la mia vita, durata ben tre minuti, avevo afferrato le prime- di tante- cose decenti trovate nella mia amata cabina armadio. Vestita, pettinata e truccata, avevo corso fino alla fermata dell'autobus per poi rendermi conto che quel maledetto era già passato! Iniziarono allora le bestemmie rivolte tutte a quel coglione di autista che, proprio quella mattina, aveva avuto il coraggio di arrivare con cinque minuti di anticipo nei suoi soliti venti minuti di ritardo. Mi ero trovata costretta a chiamare mio zio che, stranamente, ancora non era uscito per andare a lavoro e così ero riuscita a trovare un passaggio. Appena entrata in macchina lui non aveva perso tempo a prendermi per il culo, visto che quella era già la quarta mattina che perdevo l'autobus. Presi ad ignorarlo mentre rideva da solo al posto di giuda. Guardai l'orologio al mio polso e notai allarmata che mancavano solo cinque minuti prima che chiudessero i cancelli. Presa dall'ansia mandai un messaggio a Marti : "Dolcezza stamattina farò un po' tardi, tu di al prof di non segnarmi assente." La mia cara amica mi rispose con una di quelle stupide faccine che mi fece storcere il naso. Odiavo le faccine perché non mi faceva mai capire le parole che si nascondevano dietro. Chiuso Whatsapp aprì Twitter e mentre scrivevo, mi resi conto che ci eravamo fermati. Guardai fuori dal finestrino e per poco non mi scappò di bocca una parola davvero poco signorile, non potevo credere che fossi così sfortunata. C'era talmente tanto traffico da muoversi di un mm una volta ogni dieci minuti! Sospirai sconsolata prima di prendere le cuffie dallo zaino per ascoltare un po' di musica. Avevo bisogno di rilassarmi perché ero sicura che quella giornata sarebbe stata di merda, davvero molto di merda. Le note di Rape Me dei Nirvana mi tirarono un po' su di morale e cercai di dimenticare il casino che era da sempre la mia vita.

****

Alla fine non riuscì ad arrivare prima delle 8:40 così dovetti fare una stupida second'ora. Ingannai il tempo andando nel bar sotto scuola a fare colazione, stavo morendo di fame. Presi un cornetto alla crema e un cappuccino e mi sedetti ad uno dei tanti tavoli che si affacciavano sulla strada. Decisa a non sprecare il tempo a fissare il vuoto, presi il libro di filosofia e iniziai a ripetere. Odiavo quella stupida materia con tutta me stessa, certo la studiavo e andavo anche bene, ma non sopportavo tutte le stronzate che dicevano quegli uomini che nella loro vita non avevano avuto niente di meglio da fare che scrivere stronzate su stronzate. Ripassai per l'interrogazione che dovevo sostenere quel giorno e poi, soddisfatta di me stessa, mi alzai dal tavolo per andare in segreteria, avevo un permesso da fare e un'ammonizione da prendere.

****

Entrai in classe durante il cambio dell'ora e per fortuna la Morgese non era ancora arrivata. Mi accomodai al mio posto, il penultimo accanto alla finestra, e salutai Marti.
«Hey baby» lei alzò la testa dal banco, era chiaro come il sole che si fosse appena svegliata.
«Alla fine sei riuscita ad arrivare sana e salva. Avevo paura che ti avessero rapita» ridacchiai per la sua preoccupazione.
«Non essere ridicola! Ti avrei già fatto chiamare per il riscatto» scoppiammo a ridere entrambe per quello stupido discorso da lunedì mattina.
Marti era da sempre la mia migliore amica, avevamo condiviso tutto dall'inizio della nostra vita, tranne l'ovulo. Non potevo immaginare la mia vita senza lei ed ero certa che anche lei non poteva immaginarsi senza me. La nostra quiete venne interrotta dall'arrivo di Giuda o meglio della Morgese. La nostra professoressa di latino e italiano era la persona più falsa del mondo, con una mano ti accarezzava la guancia e con l'altra ti pugnalava alle spalle. Io la adoravo alla follia. Riusciva a prendere per il culo tutti in modo gran lunga superiore rispetto a come facevo io. «Buongiorno ragazzi! Bella giornata non vi pare? Mi sento in vena di azioni buone oggi».
Marti accanto a me borbottò scocciata, come tutta la classe si stava aspettando il peggio.
«Grimaldi second'ora oggi eh? Spero ne sia almeno valsa la pena» le sorrisi da brava finta lecchina, un'altra cosa di cui tutti erano a conoscenza, era l'odio della Morgese nei miei confronti. «Assolutamente prof» lei fece un ghigno cattivo.
«Stai attenta mi raccomando» se fossi rimasta incinta lei avrebbe festeggiato. «Come sempre».
Non mi rispose ma riprese a scrivere al computer, l'unica nota positiva del registro elettronico era il tempo che i professori ci perdevano vicino. Terminato il classico appello la Morgese si alzò e prese a girovagare per la classe.
«stamattina quando mi sono svegliata con un dubbio e Vorrei che voi ragazzi mi aiutaste ad eliminarlo- Si fermò un paio di secondi e in quell'attesa venti persone stavano rischiando di avere un' infarto- Non preoccupatevi, non è nulla di che! Vorrei sapere chi ha intenzione di candidarsi, in questa classe, alla carica di rappresentante d'istituto». Avevo un brutto presentimento, molto molto brutto.
«I primini mi hanno dato due nomi, al quanto curiosi vi dirò, Abate e Mastrolia».
Mentre lanciava quella bomba mi guardava negli occhi con un sorriso che le andava da un orecchio all'altro
Non potevo crederci, doveva per forza essere un sogno quello! La mia mascella era crollata fino al pavimento e non riuscivo a rimetterla al suo posto. Contai fino a dieci per assicurarmi di non aver capito male, ma non poteva essere. Da quando la Morgese aveva smesso di parlare tutti, e intendo proprio tutti, i miei compagni avevano iniziato a fissare me e Giulio, aspettando sicuramente la mia reazione alla notizia. A quel punto se avessi ucciso quella grandissima zoccola e il re degli stronzi chi mi avrebbe mai condannata? Se davvero io e lui ci saremmo dovuti scontrare sarebbe stata la fine.
Eravamo come cane e gatto, forse anche peggio. Non potevo farcela senza finire in carcere per omicidio, era matematicamente impossibile sopravvivere a una cosa del genere. Sospirai affranta sbattendo la testa contro il banco, cosa poteva succedere di peggio? Solo l'annuncio della chiusura di Luis Vuitton mi avrebbe portato una maggiore angoscia.
La Morgese nel frattempo si avvicinò al mio banco.
«qualche problema?».
rialzai la testa dal mio nascondiglio e, guardandola dritto negli occhi, le dissi «Posso andare in bagno?».
lei per poco non mi scoppiò a ridere in faccia, ma mi diede il permesso anche se non erano ancora le nove e mezza. Mi alzai facendo sbattere la mia sedia contro il banco dell'imbecille e uscì dalla classe nervosa come poche volte mi era capitato. In corridoio allungai il collo in cerca del bidello. Quando non lo vidi da nessuno parte fui costretta a scendere le scale fino ad arrivare al ripostiglio delle scope. lì, sdraiato su una poltrona verde, il più simpatico e scansa fatiche di tutti i bidelli, dormiva come un ghiro. Mi avvicinai di soppiatto e quando fui abbastanza vicina urlai «Bu!».
Il pover'uomo saltò e per poco non mi morì davanti «Ma che cazz vai facenn? Tè m'bacciut?».
Risi della sua espressione, un misto tra l'incazzato e l'addormentato.
«Devi farmi un favore» gli dissi.
Paolo mi guardò scettico «Che tipo di favore?».
Alzai gli occhi al cielo prima di iniziare a raccontargli tutta la storia altrimenti non mi avrebbe mai aiutata. Infatti il mio caro amico, alla fine del mio monologo, balzò dalla poltrona e quasi mi trascinò via dallo stanzino. Fece le scale due a due mentre io annaspavo ad ogni gradino, avevo per colpa sua perso un polmone al piano terra. Quando finalmente arrivammo davanti la porta della mia classe, Paolo non stava più nella pelle e bussò senza chiedermi nemmeno chi avessi in classe.
«Buongiorno professore, mi scusi per il disturbo ma Mastrolia è ricercato in segreteria».
Essendo lontana dalla porta non potevo vedere la faccia dell'imbecille ma il permesso che gli concedeva la Morgese arrivò perfettamente alle mie orecchie. Quando Giulio fu fuori dalla classe non gli diedi nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo che subito gli urlai contro.
«Idiota che non sei altro! Dimmi come ti può essere venuto anche solo in mente di candidarti a rappresentante. lo sai bene che quella carica è mia». Giulio mi guardò con sufficenza prima di scoppiare a ridere. La sua risata mi fece incazzare ancora di più.
«Ma tu sei completamente pazzo!». Lui finalmente si calmò e si avvicinò fino ad arrivare a pochi centimetri dal mio volto.
«Non ho la minima idea di chi abbia messo in giro questa voce, ma io non voglio candidarmi- il sorriso che gli spuntò a quel punto sul volto era davvero inquietante- o forse devo dire che non avevo intenzione. Tutto questo tuo teatrino mi ha fatto cambiare idea, sai?».
Ero stata io? Io avevo fatto cambiare idea a Giulio? Non aveva senso! «Giulio non scherzare, per me le elezioni sono una cosa importante». Per un secondo vidi passare un po' di dispiacere in quegli occhi verdi ma fu subito offuscato dalla cattiveria.
«Mi dispiace Rea, ma mi candiderò che tu lo voglia o meno».
Si allontanò da me per entrare in classe, ma proprio mentre stava per aprire la porta si girò di nuovo.
«Su non fare quella faccia, sono sicuro che sarà divertente! E che vinca il migliore».
Detto ciò aprì la porta e se la richiuse. Mi aveva appena lanciato un guanto di sfida e io non potevo non accettarlo. Se voleva la guerra l'avrebbe avuta, ma a soccombere sarebbe stato lui.

****
Marti, con una gomitata nel fianco, mi fa ritornare con la mente alla realtà. Guardo l'ora sul mio casio nuovo di zecca e per poco non mi viene un infarto: manca mezz'ora e io ho tradotto solo quattro righi! Come se avessi il diavolo in corpo afferro il vocabolario e concreto tutte le mie energie sulla versione. Traduco una frase dopo l'altra senza nemmeno cercare alcune parole e controllare se la struttura della frase sia esatta o no. Non ho abbastanza tempo per ricordare tutte le regole, insieme alle loro centinaia e migliaia di eccezioni. Quando suona la campanella riesco a stento a ricopiare l'ultimo rigo in bella che, la D'Ascoli, passando davanti al mio banco, mi strappa di mano il compito con un sorrisino sadico sul volto. Lei è fatta così, non appena terminano le due ore, senza farsi tanti scrupoli, ritira tutte le versioni. Mi prendo la testa tra le mani e cerco di dare un ordine ai miei pensieri. Mi scoppia il cervello e così inizio a massaggiarmi le tempie. La sedia alla mia destra, dove fino a pochi istanti fa c'era Martina, viene occupata dall'ultima persona che volevo vedere.
«Sembri uno straccio» sta cercando di essere divertente, lo si capisce dal tono di voce fin troppo tranquillo. «Grazie, sempre gentilissimo nei miei confronti» io non ho la minima intenzione di mostrarmi non irritata dal suo comportamento di poco prima, quindi non intendo fingere. «Calmati Rea, ti farai scoppiare un embolo di sto passo» nel parlarmi allunga le braccia verso l'alto e fa scrocchiare il collo. Mi giro verso di lui proprio nel momento in cui la sua stupida maglietta si alza e, ovviamente, i miei occhi non possono non essere attratti dalla vista di tutti quei muscoli. Ora mi tocca essere onesta e quindi ammettere che Giulio Mastrolia è davvero un figo della madonna. Con quei due smeraldi al posto degli occhi, i capelli neri e perennemente scompigliati, il fisico da chi il giorno non sta di certo a casa ad ingozzarsi di merendine e la sottile striscia di barba ispida sul volto, ha fatto capitolare ai suoi piedi l'intera popolazione femminile di quel liceo per poi portarsene a letto la metà. Per sua sfortuna, però, Dio non gli aveva dato la cosa più importante: un cervello.
«Ti piace quello che vedi eh?»
Le sue labbra si aprirono in un sorrisetto, quello che gli avevo visto fare tante volte con le sue "bamboline".
«Ho visto di meglio, ma molto di meglio» nel dire ciò gli lancio l'ennesima occhiata, sperando che muoia fulminato.
«Io dirti che sei una bomba sexy, però prima dovrei dare un occhiata sai...»
Lentamente si avvicina, fino a quando il suo braccio sfiora le mie spalle.
«Ma certo Giulio- mi avvicino a lui  più tanto da notare le diverse sfumature dei suo occhi, che vanno dal verde al blu - l'anno di mai e il mese di poi» e detto questo mi alzo lasciandolo solo. Lo sento mandarmi a quel paese quando sono già nel corridoio: che soddisfazione fargli perdere quello stato di calma apparente. Sul mio volto un sorriso preme per uscire e mi ritrovo a ridere da sola nel bel mezzo delle scale. Ho quasi la tentazione di tornare indietro e chiedere grazie a Giulio perché arrabbiandosi mi ha fatto trovare il buon umore. Ma il giorno in cui io sarò gentile nei confronti di quel ragazzo ci sarà la fine della mondo e, a discapito di quello che si legge su tutti i siti internet e che si vede nella maggior parte dei film, quel momento è ancora molto lontano.

 

   
 
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