Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: SarcasticColdDade    27/01/2017    2 recensioni
Yuki Yoshimura è un medico, dedita alle sue routine e ad una vita tranquilla. Il suo unico scopo nella vita è sempre stato quello di aiutare gli altri, per non sentirsi mai un peso. Dentro di sé però sa di essere diversa dagli altri: non sa perché, come non sa se lo scoprirà mai. Almeno fino all'incontro con uno strano uomo.
O meglio, un demone.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Dopo la serata trascorsa con Sebastian ero riuscita finalmente a chiudere occhio per la prima volta dopo giorni; a forza di non dormire avevo quasi dimenticato cosa si provasse, e svegliarmi per una volta completamente riposata era una novità più che apprezzabile.
Nonostante questo, apro gli occhi con calma, prendendomi il tempo di abituarmi alla luce mattutina: le tende sono tirate, ovviamente, quindi tutto quello che mi resta da fare è stiracchiarmi per bene sotto il piumone pesante, che è riuscito a tenermi calda fino a quel momento.
Mi metto così a sedere sul letto, portando con me la coperta -dal momento che sono ancora nuda-, pronta per vestirmi e iniziare un’altra giornata. Il mio stomaco brontola in quello stesso momento, ricordandomi in modo poco delicato della cena che avevo saltato la sera prima.
Non sento nessun tipo di rumore nella Residenza, come se ci fossi solamente io, e la cosa decisamente mi puzza; se c’è una cosa che odo sempre di prima mattina è Mey-Rin, che sia perché sta combinando qualche casino o che sia perché è passata a svegliarmi.
Ora invece c’è il silenzio assoluto.
Ed è un particolare decisamente inquietante.
Metto i piedi fuori dal letto, incontrando il freddo classico di Gennaio, e subito mi allungo verso la mia camicia da notte, che infilo con un gesto veloce. Sto per infilarmi anche la mia vestaglia, ma solo allora noto la tazza di thé sul comodino accanto al letto.
E’ ancora fumante, quindi non deve essere lì da molto: che il mio udito stia peggiorando?
“Più che probabile”, penso tra me e me, mentre mi accingo a bere il mio thé caldo, che a poco a poco mi rende consapevole di essere sveglia.
Mangio i due biscotti posti accanto alla tazzina e poi inizio meccanicamente a vestirmi, indossando un paio di pantaloni neri e una semplice camicia beige, il tutto con l’aggiunta di una lunga giacca dello stesso colore dei pantaloni. Ripenso improvvisamente a tutte le volte che Eliza mi ha rimproverato -come tutti- per il mio abbigliamento, e solo in quel momento mi rendo conto di quanto mi manchi.
Sono settimane ormai che non la vedo, e sono successe talmente tante cose che dentro di me non ho avuto neanche il tempo di scriverle una lettera decente, se non quella che le avevo spedito nei miei primi giorni alla Residenza. Nemmeno quando avevo acquistato i libri per le mie ricerche clandestine avevo pensato di raggiungerla a casa, forse perché avevo ancora un po’ paura di me stessa.
Ma in fondo il mio ciondolo funzionava benissimo, e ormai non perdevo il controllo da un po’, anche se le situazioni erano capitate. Certo, avevo sempre quella strana sensazione di vuoto al centro del petto, ma per lo meno adesso sapevo a cosa era dovuta.
Sapere mi aveva resa un’altra persona, una persona che poteva finalmente affrontare le cose.
L’unica situazione di cui continuavo ad essere all’oscuro era quella che riguardava la famiglia Norton, della quale non avevo più fatto domande. Ma sapevo che non avrei continuato su quella strada, perché in fondo il mio bisogno di sapere era sempre stato più grande di qualsiasi altra cosa.
Cerco di scacciare quel pensiero quando mi ricordo della promessa che ho fatto a Sebastian, e di come, conoscendomi, potrei infrangerla. Non avevo mai avuto qualcuno che mi impedisse di fare qualcosa, anche se andava contro il mio bene, se non Eliza.
Ma caratterialmente non era mai stata forte abbastanza da fermarmi del tutto, con Sebastian invece era decisamente un’altra storia.
Dovevo forse rassegnarmi davvero?
Continuo a pensarci sopra addirittura mentre scendo le scale, diretta al piano di sotto per cercare una qualsiasi anima viva in quel luogo enorme, portando nel frattempo con le la tazza ormai sporca.
Arrivo nell’ampio ingresso della Residenza, ma nonostante tutto non odo ancora nessuno tipo di rumore: sembra davvero che la casa sia deserta.
Per un momento mi guardo intorno, spaesata, ma alla fine decido di recarmi fino alla cucina, dove alla fine deposito il vassoio sul quale si trovava la mia colazione.
Per un momento penso che potrei andare a fare una passeggiata, o magari tornare nella biblioteca per leggere un po’...in fondo non so per quanto tempo Sebastian, Ciel e gli altri resteranno via, non sono mai stata da sola in questo posto.
E la cosa da una parte mi fa anche paura.
Se c’è qualcosa che ho sempre odiato del troppo silenzio è quello che cela: quei rumori improvvisi che potresti sentire, e che ti fanno accapponare la pelle.
Scuoto energicamente il capo: non sono un tipo che si fa spaventare per così poco! E poi è pur sempre una residenza, di certo non un ospedale psichiatrico abbandonato.
Fare una passeggiata è la cosa migliore che possa fare in questo momento, e quando gli altri torneranno lo saprò, e me ne tornerò da dove sono venuta. Un piano semplice, no?
Mi reco così a grandi passi verso la porta d’ingresso, pronta a spalancarla per andare fuori, magari al giardino delle rose.
La grande maniglia della porta è quasi completamente abbassata, quando un leggero spostamento di vento mi mette subito in allerta: mi blocco così sul posto, perché solitamente quando ho questa sensazione è proprio Sebastian ad essere vicino.
Mi volto così piena di speranze, sperando di non essere più sola in quell’enorme posto, ma quello che vedo seduto sul corrimano della scale non è di certo Sebastian.
- E tu chi diavolo sei? - mi domanda, con una voce decisamente stridula.
Mi prendo qualche secondo per osservarlo prima di rispondere: indossa un paio di pantaloni neri, una camicia bianca e un panciotto nero, il tutto completato da una lunga giacca rossa decisamente non della sua taglia.
Per non parlare delle scarpe rosse con tanto di tacco.
- Stavo per domandarti la stessa cosa – ammetto allora, dopo aver ormai lasciato andare la maniglia.
Con quello che è un balzo degno di un qualsiasi atleta professionista, atterra improvvisamente sul pavimento, come se non avesse peso. Quella vista mi lascia senza parole, dal momento che una qualsiasi persona normale si sarebbe quanto meno rotta entrambe le caviglie.
Ma evidentemente lui non è una persona normale.
Indietreggio involontariamente, anche se lo spazio a mia disposizione ormai è praticamente inesistente.
- Non ti ho mai vista qui alla residenza Phantomhive – mormora allora, mantenendo quel suo strano tono di voce – Non ti sarai mica imbucata di straforo? - mi domanda poi, senza lasciarmi però il tempo di replicare – No, è impossibile, Sebastian non si sarebbe fatto fregare facilmente – aggiunge infatti, assumendo improvvisamente l’aria di chi è immerso nei pensieri.
Sebastian, quindi lo conosce.
- Non mi sono imbucata – ammetto allora, scuotendo impercettibilmente il capo, mentre cerco di allontanarmi leggermente dalla porta – Sono stati Ciel e Sebastian a farmi trasferire qui, lavoro come medico per la Residenza – aggiungo, anche se una parte di me non capisce perché mi sto giustificando con uno sconosciuto.
Per qualche ragione so di dover stare attenta a questo tizio, anche perché non sembra che abbia esattamente tutte le rotelle apposto.
- Medico? - ripete, come se quella parola gli suonasse strana. Solo un secondo più tardi scoppia in una fragorosa risata, asciugandosi una lacrima appena affiorata dal suo occhio destro. - Come se Ciel e Sebastian avessero bisogno di cure mediche – aggiunge, continuando poi a ridere.
Dopo quell’improvvisa reazione, non posso che guardarlo senza parole: decisamente non ha tutte le rotelle apposto.
- Sebastian in particolare – continua poi, assumendo un’aria sognante tutto insieme, stringendo una mano nell’altra al lato del viso in modo teatrale – Così forte e virile – aggiunge, in quello che è quasi un grido. Immagino sia una persona che ama stare al centro dell’attenzione.
Per qualche motivo quello che ha appena detto su Sebastian mi da però fastidio: sembra quasi un moto di gelosia, che non so come placare. Non ero mai stata gelosa in tutta la mia vita.
Stringo così solamente i pugni lungo i fianchi. - Vedo che anche lei conosce Sebastian, allora – dico, rivolgendogli poi un piccolo sorriso cortese.
- Certo che lo conosco! - risponde allora, come se fosse offeso da quella mia affermazione – Siamo grandi amici – aggiunge poi, ma per qualche ragione non ci credo appieno.
- Quindi..posso sapere chi è lei? - gli chiedo, stanca di parlare con qualcuno senza nome. Avere un’identità sarebbe quantomeno un primo passo.
A quella mia domanda sbuffa, sempre in modo decisamente teatrale, come se dovessi sapere a prescindere chi è, quando invece non l’ho mai visto in vita mia. Per fortuna.
- Certo, ti farò il dono del mio nome – mormora così qualche secondo più tardi, tornando a drizzare la schiena – Io sono Grell lo Shinigami, DEATH! - afferma così a pieni polmoni, aggiungendo a quell’ultima parola un gesto con la mano, chiudendo pollice, medio e anulare.
Quella visione, se possibile, mi lascia ancora di più senza parole.
- Yuki Yoshimura – rispondo allora, ricambiando quel dono – Comunque nessuno è in casa, se non l’ha già notato – aggiungo – Penso torneranno a breve – continuo, anche perché da una parte ci spero. Se stare da sola nella Residenza poteva mettere ansia, stare ancora a contatto con una persona del genere lo faceva ancora di più.
Non era paura quella che stavo provando, semplicemente sentivo di dover stare all’erta.
- Ho notato – ammette allora, con aria triste e leggermente melodrammatica.
“Si comporterà sempre in questo modo con tutti?”, mi domando tra me e me “Gli Shinigami sono tutti così?”, mi domando ancora, improvvisamente chiusa nei miei pensieri.
Quando torno alla realtà lui sta praticamente parlando da solo, continuando a lamentarsi del fatto che Sebastian non è in casa: ormai è ovvio che cerca lui in particolare, ma mi domando per qualche motivo.
Dopo quello che sembra un eterno sproloquio su quanto il suo tempo sia prezioso, finalmente smette di parlare, prendendo piuttosto un lungo respiro.
Quando riapre gli occhi, solo un secondo più tardi, la sua espressione è tuttavia cambiata: di scatto, torna a guardarmi, indicandomi poi col lungo indice inguantato di nero. - Sbaglio.. - mormora, zittendosi di colpo per prendere un altro lungo respiro.
Che diavolo sta facendo ora?
Non faccio in tempo ad indietreggiare di nuovo che, con un balzo in alto, mi si para improvvisamente davanti, esaminandomi centimetro per centimetro. D’istinto tiro indietro il viso, mentre lui prende l’ennesimo respiro a pieni polmoni.
I suoi occhi -incredibilmente verdi- si spalancano poi di nuovo, guardandomi in modo truce. - ..o hai addosso l’odore di Sebastian? - mi chiede alla fine.
Quella domanda, alla quale non mi ero preparata, mi fa subito arrossire. - Può darsi – rispondo – Adesso potrebbe allontanarsi? - gli domando poi cortesemente, anche se alla fine sono io stessa a sottrarmi alla sua invisibile stretta: con un passo di lato, infatti, mi allontano leggermente da lui, anche se i suoi occhi continuano a seguirmi.
A guardarlo bene mi ricorda un gatto, anche se non so bene perché.
Per un momento gli do le spalle, sistemandomi una ciocca ribelle di capelli dietro l’orecchio.
- Risponda – ruggisce poi, accompagnando quelle parole ad uno strano rumore metallico – Perché hai addosso l’odore di Sebastian? - mi domanda ancora.
- Senta – comincio, tornando a guardarlo solo per scoprire che mi sta puntando contro un enorme motosega: e quella da dove diavolo l’ha tirata fuori?
- Quella la teneva in tasca? - gli domando allora, incapace di trattenermi nonostante quella strana situazione.
- Che sciocchezze – mi riprende allora – Risponda – mi ordina subito dopo. Oh, allora in qualcosa somiglia davvero a Sebastian.
- Non sono affari che la riguardano – è la mia unica risposta, mentre scuoto energicamente il capo. Sicuramente ho ancora le gote rosse, ma in quel momento non mi interessa più di tanto.
- Il mio Sebastian mi ha quindi tradito? - sbotta allora.
- Suo? - sbotto allora a mia volta, inarcando il sopracciglio quasi automaticamente. Questo tizio comincia a darmi veramente sui nervi.
- Beh, in questo caso...c’è solo un modo per risolvere questa faccenda – aggiunge poi, ignorando completamente le mie parole per assumere piuttosto di nuovo l’aria di chi è immerso nei suoi pensieri, abbandonando lungo il fianco persino la sua enorme motosega.
Lo fisso allora confusa, cercando di immaginare cosa abbia in mente, dal momento che rimane in quella posizione per quella che sembra un’infinità di tempo.
Quando alla fine si decide, afferra di nuovo saldamente la sua arma, facendola arrivare all’altezza del viso. A quella vista torno di nuovo all’erta, pronta a difendermi se serve.
- Prenderò la sua vita! - grida, scoppiando poi di nuovo in una fragorosa risata, piegandomi quasi in due. “E’ decisamente da ricoverare”, non posso fare a meno di pensare tra e me.
- Buona fortuna – mormoro, guardandolo poi cominciare a correre nella mia direzione, dal momento che nel frattempo ho messo una certa distanza tra di noi.
Spero che i miei riflessi non mi tradiscano proprio ora che ho bisogno di loro.
La motosega nel frattempo è entrata in funzione, e il primo affondo per poco non mi colpisce la spalla. Cavolo, è più veloce di quello che pensavo!
Lui, nel frattempo, continua a ridere di tanto in tanto. - Non potrai sfuggirmi a lungo – mi avverte, indicandomi per poi tornare all’attacco – Io prenderò la sua vita! - aggiunge poi, gridando quelle parole e sottolineandole una per una.
Riesco senza problemi ad evitare tutti i successivi attacchi, anche se sempre di poco: ormai ho capito come attacca, ma sembra comunque che se ne inventi sempre una nuova per tentare di prendermi. Dove diavolo è Sebastian quando serve?
Dove diavolo sono tutti mentre questo fenomeno da baraccone tenta di farmi a fette?
- Per quale motivo vuole farmi fuori? - grido allora, eseguendo un perfetto balzo all’indietro per evitare l’enorme lama, che va a colpire il pavimento, facendovi un grosso buco. La motosega sembra ora incastrata, ma purtroppo ci mette poco a tornarne in possesso, portandosi tuttavia con sé parte del pavimento.
Immagino solo quale sarà la reazione di Ciel a quel disastro.
- Perché ha addosso l’odore di Sebastian, LADRA! – risponde, come se fosse la cosa più normale del mondo. Mi immagino cosa potrebbe fare se sapesse tutta la verità sulla sera precedente.
- Lei è pazzo! - urlo poi, correndo nella sua direzione per assestare un perfetto gancio destro sulla sua guancia, che lo fa immediatamente cadere all’indietro, solo a qualche metro di distanza. Non sapevo neanche di avere tutta questa forza in corpo.
Quando riesce a rialzarsi, anche sul suo viso si è dipinta una maschera di puro stupore. - Un’umana con tutta questa forza? - mormora allora – FANTASTICO! - esclama subito dopo, tornando all’attacco con più foga di prima.
Mi paralizzo per un momento a quella vista, ma per fortuna riesco a scampare dall’ennesimo attacco, anche se a rimetterci questa volta è il corrimano delle scale, ormai in pezzi. Approfittando di quel momento di confusione, attendo che si volti di nuovo nella mia direzione, appioppandogli poi un violento calcio al centro del petto.
Questa volta però lui è più furbo, e con la mano ancora libera mi afferra la caviglia, piantando i piedi a terra per non volare prima come era successo qualche secondo prima.
Provo in tutti i modi a divincolarmi, ma la sua stressa è troppo forte: mi rivolge allora un sorriso, mettendo in risalto una fila di denti appuntiti, quasi come quelli di uno squalo.
Esercitando poi quella che sembra essere solo una misera parte della sua forza, usa quella presa per scaraventarmi contro la parete alla mia destra: il dolore improvviso alla schiena mi mozza il fiato, mentre cado a terra di fianco, inclinandomi un paio di costole a giudicare dall’altezza dalla quale sono appena caduta.
Tento di rialzarmi, ma ho male ovunque, oltre al fatto che non riesco a respirare bene.
Sento allora lo Shinigami ridere di gusto, mentre viene nella mia direzione.
- Ora prenderò la sua vita – ripete un’ultima volta, puntandomi di nuovo contro la motosega.
- Vada al diavolo – mormoro di tutta risposta, mentre una parte di me non vuole arrendersi. Solo in quel momento sento il ciondolo vibrare, improvvisamente caldo sulla mia pelle.
Se adesso l’altra uscisse non sarebbe una cattiva cosa...ma tutto il lavoro per tenerla a bada svanirebbe e tornerei semplicemente al punto di partenza. Ora però ne va della mia vita, non ho tempo di pensarci su.
Sto quasi per strapparmi il ciondolo dal collo, quando una strana sensazione prende il sopravvento su di me: solo un secondo più tardi, quando ormai Grell è in procinto di colpire, la porta della Residenza si spalanca con un tonfo.
Con le poche forze che mi sono rimaste -tutte ormai prosciugate dal forte dolore che sento in tutto il corpo- sollevo il capo, fino ad intravedere Sebastian.
- Yuki! - grida allora, ma sembra quasi che Grell non lo senta, continuando piuttosto con l’attuazione del suo piano.
Vorrei fare qualcosa, ma il mio corpo non risponde più a nessuno stimolo, e tutto quello che riesco a vedere è la lama avvicinarsi con prepotenza; in quello che è solamente un leggero spostamento d’aria, Sebastian compare improvvisamente davanti a me, frapponendosi tra me e la morte.
Con il solo aiuto della mano, infatti, ferma la lama, ancora in funzione. Immagino il suo sguardo guardando quello di Grell, decisamente spaventato.
- Sebastian! - esclama allora quest’ultimo, come se niente fosse, e anzi sollevando entrambe le braccia, come in segno di vittoria.
“Da ricovero”, ripeto tra me e me, anche perché sono sicura che le parole non mi uscirebbero ora come ora.
- Grell – ringhia allora Sebastian, mentre tento ancora di mettermi a sedere. La faccia dello Shinigami è allora sorpresa, come se quello che ha appena tentato di fare fosse normale, del resto.
- Uh? - mugugna, poco prima che il pugno di Sebastian si pianti sul suo viso, sbalzandolo dall’altro lato della stanza con una forza tale da metterlo K.O. Nonostante la sua natura di dio della morte, infatti, non lo vedo rialzarsi.
- Yuki – mi sento chiamare allora, dal momento che ho momentaneamente chiuso gli occhi – Mi senti, Yuki? - mi domanda poi, mentre finalmente torno a guardarlo.
Il suo viso è una maschera di preoccupazione. - Forte e chiaro – rispondo, con un sospiro che mi fa sentire di nuovo il dolore alle costole – Me la sono cavata meglio di quanto sembra contro quel fenomeno da baraccone – aggiungo poi, rivolgendogli un sorriso, mentre mi aiuta a rialzarmi.
Quel tentativo, purtroppo, si rivela vano nel momento che quasi cado nuovamente a terra. Per fortuna c’è lui ad afferrarmi al volo.
- Che cosa è successo? - mi chiede poi, scostando una ciocca di capelli che è improvvisamente caduta davanti ai miei occhi, impedendomi di vederci bene.
- A quanto pare non ha apprezzato il fatto che avessi il tuo odore addosso – rispondo – Parole sue – aggiungo poi, cercando di capire dalle varie parti doloranti quanto male sono messa. Alla fine arrivo alla conclusione che, in fin dei conti, poteva andarmi molto peggio.
Dopo quella spiegazione, vedo i suoi occhi attraversati da qualcosa di simile ad un lampo: ora sembra davvero arrabbiato, quasi mi dispiace per Grell. - Io lo faccio a pezzi – ammette infatti solo un momento più tardi, puntando lo sguardo nella direzione dello Shinigami, ancora riverso a terra.
Di tutta risposta, poso una mano sul suo braccio, richiamando in questo modo la sua attenzione. - Prima potresti darmi una mano? Penso sia meglio se mi stendo – ammetto, anche perché non voglio immaginarmi che razza di livido comparirà sulla mia schiena.
Senza neanche rispondere, mi aiuta ancora una volta a mettermi in piedi, questa volta prendendo in braccio di peso, attento a non farmi male: nonostante la sua premura, sento ugualmente la schiena a pezzi e non riesco a trattenermi dal fare una smorfia.
In questo momento voglio solamente raggiungere il mio letto il più in fretta possibile, anche se prima avrò decisamente bisogno di una fasciatura. Dentro di me, spero di avere da parte abbastanza garze.

***

Dopo avermi portato di nuovo nella mia stanza, Sebastian era uscito praticamente subito per “andare a sistemare la faccenda”, anche se non volevo sapere assolutamente a cosa alludesse. Purtroppo però, il trambusto al piano di sotto non lasciava molto spazio alla fantasia.
A farmi compagnia nel frattempo era invece arrivata al signorina Mey-Rin, che aveva provveduto a visitarmi velocemente.
- Non c’è niente di rotto – mi comunica, chiarendo quel mio dubbio – Ma ha ragione lei, una fasciatura è la cosa migliore per ora – aggiunge, dando retta al mio pensiero.
- Non sapevo di questo suo lato medico – ammetto allora – Ha studiato, forse? - le domando, dal momento che non so praticamente niente della vita della servitù della Residenza Phantomhive.
- Per un breve periodo – ammette – Poi ho capito che non faceva per me, e ho lasciato stare per dedicarmi ad altro – aggiunge, restando sempre piuttosto sul vago.
- Ma lei non è davvero una cameriera, vero? - le domando allora, approfittando di quel momento per porgerle quella domanda che per parecchio tempo mi aveva tormentata. In realtà, mi domandavo la stessa cosa di Bard e Finny, semplicemente non avevo mai avuto occasione di aprire un discorso del genere.
- Si e no – è la sua risposta, mentre rovista nella mia borsa degli attrezzi per prendere le garze, come le avevo chiesto – Diciamo che non è il primo compito – aggiunge.
- Può essere un pochino più specifica? - le chiedo ugualmente – Ormai può fidarsi di me – aggiungo, accettando di buon grado le garze, pronta a medicarmi come meglio posso.
Prima che mi allontani verso il bagno, allora, si guarda velocemente intorno, come per assicurarsi che non ci sia nessuno ad ascoltare: Sebastian in particolare, immagino.
Per la prima volta da quando la conosco, la vedo fare per togliersi gli occhiali, mettendo in risalto due grandi occhi marroni. Senza quegli enormi fondi di bottiglia ha persino uno sguardo minaccioso, sembra letteralmente un’altra persona.
- Diciamo che ognuno di noi è stato assunto perché ha delle doti particolari – ammette, approfittando di quel momento per pulire le lenti, già abbastanza limpide a mio parere – La mia specialità sono le armi, per esempio – ammette poco dopo, inforcando di nuovo gli occhiali come se niente fosse. Con quel gesto, torna poi improvvisamente ad essere la Mey-Rin di sempre. - Ma la prego! Non dica a Sebastian che le ho detto questa cosa, o se la prenderà con me! - esclama, estremamente preoccupata.
Le rivolgo allora un sorriso, grata per quel piccolo mistero appena svelato. - Non si preoccupi, questa conversazione non è mai avvenuta – prometto – Ora vado a fasciarmi – aggiungo.
- E’ sicura che non le serva una mano? - mi chiede comunque, per la seconda volta per giunta.
- Certo, non si preoccupi – rispondo, chiudendomi poi la porta del bagno alle spalle.
Meccanicamente, anche se decisamente a rilento, comincio allora a spogliarmi, sfilando prima di tutto la giacca: proseguo poi sbottonandomi la camicia, lasciandola poi cadere sul pavimento. I lividi sulle costole sono più piccoli di quello che pensavo, magari me la caverò solamente con un fastidioso dolore per qualche giorno.
Srotolando allora le garze, inizio ad applicarle tutto intorno al punto dove ho sbattuto con più forza: tre o quattro giri e posso dire di essere soddisfatta, tanto da fermare l’estremità con un nodo, cominciando così a rivestirmi. Con a giacca indosso non si nota praticamente niente, un lato positivo almeno c’è.
Quando finalmente esco dal bagno, al posto di Mey-Rin in camera trovo Sebastian: è affacciato alla finestra, con la giacca stranamente fuori posto e sgualcita.
Sto per parlare, ma lui mi precede. - Mi dispiace – mormora, continuando a fissare un punto fuori dalla finestra. - Non avevo idea che Grell si presentasse così all’improvviso, era da molto che non lo vedevo in giro – aggiunge, cercando di giustificarsi, anche se per come la vedo non ce n’è bisogno.
- Tu non c’entri con quello che è successo – gli assicuro, scuotendo appena il capo.
- Grell è pericoloso – mormora allora, con tono fermo, tornando a guardarmi – Se non fossi arrivato… - aggiunge, ma lo interrompo prima che posso completare quella frase.
- Se non fossi arrivato ero già pronta a strapparmi il ciondolo con le mie mani – ammetto, visto che ero stata in procinto di farlo, ad un certo punto – L’avrei lasciata uscire, ma di certo non mi sarei lasciata uccidere – aggiungo, mettendo in chiaro quel particolare. Se c’è una cosa che voglio continuare a fare a lungo è vivere, soprattutto ora che c’è lui nella mia vita. Anche con tutte le disgrazie al seguito.
A quelle parole sembra calmarsi, finalmente, anche se la sua espressione continua ad essere preoccupata: immagino si stia ancora concentrando sugli scenari peggiori che potevano accadere.
Sto per parlare di nuovo, ma lui mi sorprende avvicinandosi improvvisamente a me, e prendendomi alla fine tra le braccia, stringendomi a sé. Quel contatto mi fa subito sentire meglio, ma il dolore alla schiena arriva con altrettanta velocità per rovinare quel momento.
- Piano – annaspo, abbandonandomi comunque a quel momento, restando immobile finché la sua presa non si allenta delicatamente, così che non senta più dolore – Sono solo lividi, se ne andranno in poco tempo – aggiungo, cercando di tranquillizzarlo.
- Se solo il tuo corpo fosse meno fragile – mormora in quel momento.
A quelle parole faccio una smorfia, pensando che forse non sarebbe male essere un po’ più resistente. - Purtroppo sono nata così – gli ricordo, costringendolo poi a sollevare il viso – E poi sono già abbastanza strana, ti immagini se fossi anche super resistente? - gli domando, cercando di buttarla sul ridere.
A quanto pare, la mia missione ha successo, e riesco a quantomeno a strappargli un sorriso. - Non hai tutti i torti – ammette allora, posando un piccolo bacio sulla mia fronte – Ce la fai a seguirmi? - mi chiede subito dopo.
- Si – rispondo – Dove dobbiamo andare? - chiedo poi ugualmente.
- Di sotto, ti ho portato una persona – ammette, trascinandomi poi con sé fuori dalla stanza.

***

Non mi da nessun dettaglio in più nemmeno quando ormai siamo al piano di sotto, che in realtà è ridotto peggio di quando lo avevo lasciato. Non voglio neanche pensare a quante ne abbia prese Grell, anche se posso farmi un’idea abbastanza chiara semplicemente guardando la stanza.
Quando usciamo dalla Residenza, mi fa imboccare praticamente subito un vialetto che non avevo mai notato e che in breve tempo ci porta nei pressi di un piccolo cottage immerso nella natura: e quello da quanto è lì?
Sono talmente presa a setacciare l’ambiente che quasi non noto la donna seduta dentro di esso, davanti a quella che sembra una tazzina di the fumante.
- Eliza – mormoro tra me e me, quasi incredula davanti a quella vista. Mi sembra passato un secolo dall’ultima volta che l’ho vista.
- Ho pensato che fosse il momento di rivedere tua sorella – mormora Sebastian – Siete state lontane troppo tempo – aggiunge poco dopo.
Sono così felice che potrei saltargli in braccio in questo momento: ma non è solo il dolore che proverei a fermarmi dal farlo. - E se perdessi il controllo? Se il ciondolo non funzionasse? - comincio a sbraitare, presa da un improvviso moto di angoscia.
Voglio riabbracciarla con tutta me stessa, ma il solo pensiero di farle male di nuovo mi blocca.
- Non perderai il controllo, non ne hai motivo – prova a tranquillizzarmi lui – So che puoi farcela – aggiunge poi, posando entrambe le mani sulle mie spalle.
- E invece non lo sai – gli ricordo, anche perché non lo so nemmeno io. Con la fortuna che ho ultimamente non mi stupirei se il ciondolo facesse cilecca per la più piccola stupidaggine.
- Sarò nei paraggi qualunque cosa succeda – mette poi in chiaro – Ma sono sicuro che non ci sarà bisogno del mio intervento – aggiunge, con tono estremamente calmo, rivolgendomi alla fine un sorriso. Prima che possa ribattere deposita un piccolo bacio sulle mie labbra, mentre arrossisco al solo pensiero che Eliza possa averci visto.
Dopo una veloce sbirciata, scopro che per mia fortuna non è così.
- Promettimi che sarai qui nei paraggi – ripeto comunque, tanto per esserne certa.
- Te lo prometto – risponde subito – Ora va, Eliza ti sta aspettando – aggiunge, facendo poi per allontanarsi.
Guardo di nuovo in direzione del cottage, cercando di farmi coraggio; automaticamente mi trovo a stringere per qualche secondo il ciondolo al mio collo, respirando a pieni polmoni nonostante il dolore alle costole.
“Ha ragione Sebastian, andrà tutto bene”, mi ripeto mentalmente, mentre a piccoli passi mi avvicino a lei.
L’ultimo ricordo che ha di me è di quanto per poco non le rompevo il polso, questa volta non posso di nuovo rovinare tutto. Non voglio che mia sorella abbia paura di me.
Anzi...voglio che sappia tutta la verità, o almeno quella parte di verità che non la metterà in pericolo.
Non ho idea di come aprirò l’argomento, ma è una cosa che devo fare, per rispetto nei suoi confronti.
Quando sono ormai a ridosso dell’entrata, noto che ha indosso il vestito blu che avevo ricevuto da Sebastian durante la mia prima permanenza alla Residenza, quello che le avevo regalato e che altrimenti avrei volentieri bruciato.
Seduta davanti a quella tazza di the ha un’aria così serena: la mia sorellina.
- Eliza – mormoro allora, rompendo in un attimo quel silenzio assordante.

  
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