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Autore: Camipp    27/01/2017    2 recensioni
BELLARKE - POST 3x16
"Non era mai stata una persona che si faceva prendere dall’ansia, anzi, sapeva che molto spesso era stata accusata per la freddezza con cui prendeva le sue decisioni eppure, questa volta, era qualcosa di diverso.
«Ce la faremo anche questa volta.» disse con un bisbiglio Bellamy avvicinando la sua testa a Clarke.
Per l’ennesima volta si chiese come riuscisse Bellamy a leggerle dentro così bene. «Come fai sempre a capire quello che penso?» si lasciò sfuggire Clarke.
Sentì una lieve risatina provenire dal ragazzo. «Forse perché ti ho affidato la mia vita tante volte o forse perché solo con te riesco a venire a patti con i miei errori» rispose in un sussurro tornando serio.
Clarke si commosse a quelle parole perché le comprendeva e capiva, uno era lo specchio dell’altro eppure, lui, era riuscito ad andare oltre, a vederla veramente più di chiunque altro conoscesse o avesse conosciuto. Sentì fra le mani gli angoli smussati della scatola in alluminio che conteneva lo spirito di Lexa, nemmeno con lei era stato così."
Storia scritta da Avenal Alec e pubblicata con il permesso dell'autrice da Camipp.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Raven Reyes, Roan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 29

 

Clarke arrivò nella sala dei refettorio dove ormai la festa era già in corso, non riuscì a superare la soglia che già si ritrovò un boccale fra le mani, rise a quel gesto. Era una cosa a cui si sarebbe potuta abituare. Lasciò che il suo sguardo si perdesse fra la folla senza fermarsi su nessuno in particolare, respirando a pieni polmoni l’aria di gioia e di divertimento che si sentiva poi, sentì un nodo allo stomaco quando si chiese chi sarebbe sopravvissuto ai giorni che sarebbe arrivati. Tentò di scacciarlo eppure non voleva schiodarsi da lì. Si chiese se sarebbe sempre stato così, un momento di felicità in mezzo ad un oceano di dolore. Ripenso alle parole che Bellamy le aveva detto dopo che aveva permesso la tortura di Lincoln per salvare Finn

“Ciò che siamo e ciò che siamo costretti a fare per sopravvivere sono due cose differenti

il suo cammino era stato segnato per tutti i successivi mesi da quelle parole, credendo fermamente che quello fosse un passaggio obbligato prima di vivere eppure, lentamente, la sopravvivenza era diventata vita, aveva intaccato ciò che pensava di essere, cambiandola e facendola crescere. 

Si rese conto che, stare su quella Terra, in quel mondo, avrebbe sempre significato sopravvivere, fare delle scelte difficili, vedere le persone care morire per una sciocchezza, un errore o un sacrificio, eppure era conscia che c’era qualcosa di più. 

Era cresciuta in un mondo, quella dell’Arca, che da sempre aveva insegnato loro che anche una piccola effrazione poteva essere pagata con la morte, anche in quel mondo non avevano fatto altro che sopravvivere in attesa di altro ma loro la chiamavano vita. 

Ora sulla Terra avrebbero dovuto continuare a sopravvivere ma questa volta sapeva che quella sopravvivenza non mascherava altro che l’essenza stessa della vita: andare avanti, lottare ogni giorno per ciò che era realmente importante, godendosi attimo per attimo ogni gioia che si sarebbe presentata loro. Ed era ciò che avrebbe fatto da quel momento, non si trattava più di sopravvivere in attesa di momenti migliori ma di vivere. 

Con decisione fece una passo avanti all’interno della sala facendosi subito travolgere dall’atmosfera, sorseggiò la bevanda che le avevano dato, mentre con lo sguardo cercava di individuare gli altri ragazzi, uno in particolare in realtà. Finalmente lo individuò, lo stesso tavolo del giorno prima, sempre la stessa postura ma ora un sorriso fra le sue labbra mentre ascoltava qualche battuta divertente che Nathan o uno degli altri ragazzi attorno al tavolo aveva fatto. 

Si diresse verso di loro cercando di evitare i ballerini e chi la volevabloccare per un ballo e con una certa fatica riuscì a raggiungerli. Un coro di saluti l’accolse, Bellamy solo un sorriso. 

“Ehi siediti, dobbiamo brindare!” disse John seduto sul tavolo, le gambe distese di fronte a se, le spalle appoggiate contro il muro, un braccio sulle spalle di Emori accanto a lui,  forse aveva già bevuto troppo perché non si accorse che non c’erano più sedie attorno al tavolo e  già Harper si era trovata incastrata in braccio a Monty che sembrava non dispiacersi della cosa. 

“Se qualcuno si alza e va a ballare forse potrei anche sedermi” rispose Clarke guardandosi in giro certa di non trovare una sedia. 

“Ah, non guardare me” disse in quel momento Nathan seduto poco distante da lei “Sono rimasto in piedi a fare la guardia tutto il giorno e lei” indicando Raven seduta dall’altro parte del tavolo “mi ha fatto sgobbare tutto il pomeriggio nella sala del trono. Nessuno mi schioderà da qua!” rispose assestandosi meglio sulla sedia, Brian in piedi vicino a lui scuoteva mesto la testa. “Chiedi a Blake di alzarsi” continuò poi Nathan facendo cenno a Bellamy dietro di lui.

Clarke fissò Bellamy, riconosceva quel sorriso “Non serve che io mi alzi perché lei si sieda!” disse infatti. Quella frase produsse qualche risatina fra i ragazzi. Blake non era nuovo a quel tipo di battuta ma forse Clarke non l’avrebbe apprezzata, pensarono i ragazzi, non era abituata ai loro modi schietti e al cameratismo che c’era fra loro dopo che se ne era andata. “Anche se una sedia sarebbe più comoda potrei accontentarmi di te” disse superando Nathan e accomodandosi in braccio a Bellamy, le gambe su un lato, mostrava un fianco al ragazzo.  

Approfittò della situazione spostandosi diverse volte per sedersi con maggior comodità, sentì il respiro del ragazzo mozzarsi poi prima che qualcuno dicesse qualcosa alzò il bicchiere “A noi!” e bevve subito un sorso, seguita dagli altri poi cominciarono a chiacchierare, nessuno più stranito nel vedere Clarke Griffin in braccio a Bellamy Blake. 

“Sai che sei una strega, Principessa” mormorò il ragazzo al suo orecchio e lei, per risposta si mosse nuovamente sul bacino del ragazzo che, per l’ennesima volta, si ritrovò ad annaspare a causa di quel movimento.

Bellamy stava facendo fatica a trattenersi, Clarke sembrava perfettamente tranquilla e a suo agio seduta su di lui, i gomiti appoggiati al tavolo chiacchierava allegramente con Raven e le altre ragazze. Si era bloccataun istante solo quando Emori le aveva chiesto come mai era vestiti con i suoi soliti pantaloni e una maglia piuttosto che l’abito grounder della seria prima. In quell’occasione era stato lui a sorridere sotto i baffi mentre Clarke spiegava di quanto in realtà fosse scomodo. 

Aveva tentato di seguire le varie conversazioni, i ballerini, fare qualche battuta per distrarsi ma nulla funzionava, alle fine fece ciò che si era ripromesso di non fare, allungò il boccale che aveva fra le mani e che gli era durato per l’intera serata, gelosamente vuoto e se l’era fatto riempire. Aveva notato di sfuggita lo sguardo corrucciato di Clarke ma, doveva capire che era colpa sua se doveva buttarsi sull’alcool, anzi, forse era il caso di farglielo capire. 

Bevve una lunga sorsata poi appoggiò sul tavolo il boccale. Liberata la mano che si trovava più vicina al fianco di Clarke cominciò a giocherellare con il passante della cintura dei pantaloni della ragazza, lievi strattoni, lei si mosse leggermente ma Bellamy non era certo se quella reazione fosse dovuta a lui o ad altro. Passò a quel punto il dito sull’ orlo, la maglia di Clarke lo copriva a malapena e questo gli permise di andare oltre e sfiorare la pelle nuda poco sopra l’anca e, questa volta, la reazione fu più evidente: per un istante perse il filo del discorso e si raddrizzò lievemente come se qualcosa l’avesse punta. 

Il ragazzo sorrise divertito da quel nuovo gioco, all’apparenza intento a seguire le conversazioni del tavolo, tutta la sua concentrazione era su quel piccolo lembo di pelle accessibile alle sue dita. Una carezza, uno sfioramento, man mano che il tempo passava sentiva Clarke agitarsi, seppur lievemente sempre di più, certo, questo non faceva bene nemmeno a lui ma era troppo divertente. 

Quando infilò la mano sotto la maglia la sentì trattenere il respiro un istante. A quel punto Bellamy si sporse lievemente di lato, quanto gli bastava per poter vedere il suo profilo. Sembrava impassibile, concentrata ad ascoltare le chiacchiere attorno al tavolo eppure, quando il suo indice sfiorò per un istante l’arco del suo seno la vide deglutire a fatica e umettarsi le labbra. Bellamy si bloccò a quella visione, consapevole che se non si fosse fermato all’istante non avrebbe potuto più trattenersi poi, si rese conto che contenersi forse non aveva più molto senso, avevano più che abbondantemente festeggiato con gli altri e loro due avevano ancora un conto in sospeso. 

Tolse la mano dalla maglia e accostò le labbra all’orecchio di Clarke “Sei pronta per il secondo round Principessa?” le sussurrò. La ragazza sussultò a quelle parole e si volto verso di lui, i loro visi vicinissimi, un lieve cenno d’assenso, il desiderio di baciarsi lì dimenticandosi di chi li circondava.

“Ehi potreste prendervi una stanza!” si inserì John. Alcune risatine nel gruppo. “Potremmo anche farlo!” ribattè subito Bellamy ridendo.

“Che ne dici Principessa, seguiamo il consiglio di Murphy e ci cerchiamo una stanza” chiese alzandosi in piedi e facendo scendere Clarke dalle sue gambe. 

“Potremmo anche farlo” rispose r la ragazza mantenendo un tono divertito come gli altri. “Ma domani ci dobbiamo svegliare presto e la giornata è stata lunga!” continuò seria “Quindi io credo vi saluterò qui” disse Clarke facendo un cenno di saluto “Bellamy mi accompagni?” chiese, il ragazzo annuì, il viso serio in quel momento, fece un saluto agli altri raccomandandosi di non esagerare troppo e seguì Clarke verso l’uscita. 

Una accanto all’altro distanti, concentrati entrambi ad uscire da quella sala il prima possibile. Rimasero in silenzio per tutto il tragitto, neicorridoio, in ascensore fino a quando si ritrovarono di fronte alla camera di Clarke, la più vicina a loro. 

Si fermarono un istante davanti alla porta, entrambi perfettamente consci di ciò che sarebbe potuto accadere dall’altra parte, ci avevano pensato tutto il giorno eppure, ora, mentre erano lì di fronte a quella porta chiusa per un istante ebbero paura.

Clarke appoggiò la mano sulla maniglia, la osservava, sentiva dietro di se la presenza di Bellamy, ebbe un esitazione, chiedendosi se ciò che stavano facendo era giusto, confusa da ciò che provava, ciò che stava succedendo fra loro poi lo sentì avvicinarsi di più a lei, il suo torace che sfiorava appena la sua schiena. Appoggiò la mano sopra la sua ancora ferma sulla maniglia poi insieme l’aprirono.

Clarke fece qualche passo dentro la stanza, non riusciva a voltarsi, sentì Bellamy chiudere la porta dietro di se. 

Prese un profondo respiro poi si giro, lui era là di fronte a lei, lo stava scrutando, cercando forse una risposta nei suoi occhi.

“Eccoci qua!” disse Clarke per spezzare la tensione

“Eccoci qua” rispose Bellamy facendo alcuni passi verso di lei.

Si guardarono negli occhi, come si erano guardati quando avevano fatto l’amore, come si erano sempre guardati quando uno cercava la forza di andare avanti nello sguardo dell’altro.

Bellamy riusciva a leggere la tensione, il disagio di Clarke in quel momento, ormai la conosceva da troppo tempo, sapeva quanto quello che era avvenuto fra di loro le facesse paura e quanto di loro fosse in gioco in quel momento. Quello che poteva avvenire fra loro durante quella nottata l’ avrebbe cambiata definitivamente, non c’era più alcool in mezzo, non più la rincorsa delle emozioni per sentirsi viva e scappare da ciò che stava accadendo o il barricarsi dietro un amore impossibile per non soffrire. Ciò che stava succedendo fra di loro sarebbe stato qualcosa di nuovo che l’ avrebbe coinvolta per il resto della sua vita.

Quella mattina si era ripromesso che avrebbe scoperto la verità su di loro, lo dovevano a loro stessi.

Cosa vuoi Clarke?” le chiese, non si avvicinò di un passo, non voleva baciarla e perdersi in lei, non prima di sapere, non prima di capire. 

La ragazza sfuggì per un istante lo suo sguardo, poi lo rialzò subito dopo.

“Non lo so” ammise guardandolo. Nei suoi occhi la fragilità di chi sta aprendo il proprio cuore mostrando le proprie paure e tormenti. “Ma so che è qui dove voglio essere” continuò. 

“So che ho amato ogni singolo istante che abbiamo passato insieme mentre facevamo l’amore.” Cominciò Clarke prendendo sicurezza dalle sue parole, una luce decisa nei suoi occhi “So che mi piace scherzare con te come facciamo, sapere che tu sei accanto a me mi fa sentire protetta, amo quando discutiamo e quando troviamo insieme le soluzioni. So che quando sono con te non devo essere per forza forte ma posso essere me stessa assieme alle mie paure. So che non mi abbandonerai mai e sarei sempre al mio fianco, anche quando sbaglio. Disse con un mezzo sorriso “ma..” tornando seria “Non so se sono in grado di darti quello che tu desideri, sono spaventata all’idea di farti ancora soffrire per i miei errori, per le mie scelte, per la mia testardaggine. Non so se ancora in grado di amare..” ma non riuscì a finire le ultime parole, Bellamy la trasse a se e la baciò. 

Mmhh” si lasciò sfuggire Clarke quando si staccarono, aprì gli occhi e incontrò quelli scuri di Bellamy “Non avevo finito di dirti perché io…” ma lui non la lasciò continuare baciandola di nuovo “Si, ma se non finisco di dirti quello che dovevo..” tento di nuovo Clarke ma le labbra di Bellamy furono di nuovo sulle sue. “Così non è giusto…” mormorò la ragazza che ormai aveva perso il filo del discorso, persa fra quelle braccia e quelle labbra. 

“Mi volevi dire che come staremo insieme qua dentro, staremo insieme anche la fuori” chiese quindi serio Bellamy guardandola. Clarke sorrise, come avrebbe potuto nascondere ciò che c’era fra di loro si chiese  ma rispose semplicemente “Si”

Lui le sorrise mormorò un “bene” prima di appoggiare di nuovo le sue labbra su quelle di lei. 

“Ti fiderai sempre di me e mi dirai tutto quello che passa per la tua testolina bionda

“Solo se lo farai anche tu” mormorò Clarke, “si può fare” sussurrò lui prima di baciarla un’altra volta.

“Guarderai solo me e farai sesso solo come” chiese quindi Bellamy sorridendole malizioso mentre le sue mani cominciavano ad infilarsi sotto la sua maglietta. “Solo se lo farai anche tu” rispose Clarke lasciando che anche le sue mani sfiorassero la pelle del ragazzo sotto la maglia. 

“Non mi abbandonerai mai più” chiese a quel punto Bellamy. “Non potrei mai farlo” rispose Clarke guardandolo negli occhi, una promessa che valeva più di mille parole.

“Anch’io ti amo Clarke Griffin” disse a quel punto Bellamy prima di baciarla. 

Un bacio a cui entrambi si abbandonarono consci del significato di ciò che si erano detti, liberi di amarsi come entrambi meritavano. 

Fecero l’amore con lentezza, esplorandosi, guardandosi, baciandosi, persi l’uno nell’altro, uno lo specchio dell’altro come se nient’altro esistesse oltre a loro. 

Anime e corpi messi a nudo.

Fecero l’amore fino a quando, sfiniti, non si addormentarono l’uno nelle braccia dell’altro, con l’abbandono di chi ha finalmente trovato la propria casa. 

 

   
 
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