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Autore: Psyche07    28/01/2017    0 recensioni
[STORIA IN REVISIONE CAP 2/11. Per chi si apprestasse a leggerla, consiglio di fermarsi al Cap 2]
Correvo veloce attraverso il vicolo buio, perché, al di là di esso, sapevo che sarei stato al sicuro; sentivo i battiti del cuore rimbombare nelle orecchie e le gambe stanche, sul punto di cedere.
Ma non potevo.
‘Non ancora - mi ripetevo, cercando di farmi forza – Ci sei quasi.’
Eppure la luce alla fine della stradina sembrava sempre più distante, mentre i passi del mio inseguitore si facevano vicini, sempre più vicini.
Con la coda dell’occhio cercavo di scorgerne la posizione, di rassicurarmi che Lui non fosse ancora riuscito a raggiungermi, ma non vedevo altro che rifiuti e buio.
Gridai a qualcuno, chiunque, di salvarmi.
Gridai la mia disperazione, ma nessuna mano si sporse per soccorrermi; avvertì Lui, invece, avvertì la sua mano afferrarmi da dietro ed arrestare la mia fuga.
“Ti ho preso.”
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Neji Hyuuga, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke, Neji/Hinata
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest | Contesto: Nessun contesto
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Salve cari,
finalmente posso riprendere a dedicare un po’ di tempo a questa storia e a ‘deliziare’ voi con le mie idee bislacche. Siete contenti?
Ora, siccome è passato davvero molto tempo, ho deciso di rivedere i capitoli postati e, già che c’ero, di modificarli leggermente per correggere quei dettagli della storia che non mi convincevano.
Quindi ai nuovi lettori che iniziano questa storia (e spero che sarete in molti) devo chiedere di non proseguire oltre questo prologo, perché gli altri capitoli non sono ancora stati rivisti.
Ai miei adorati lettori (chissà se starete ancora aspettando un aggiornamento di questa storia) dico di non preoccuparsi: le linee generali della storia non saranno mutate.
Avevo solo bisogno di delineare meglio qualche personaggio, tra cui e soprattutto il nostro amato Sasuke; ci saranno aggiustamenti e, in certi casi, verranno aggiunte parti nuove o eliminate alcune di quelle vecchie.
Non siete, pertanto, obbligati a rileggere la storia: abbiate solo un altro po’ di pazienza nell’attendere il nuovo capitolo (che ho già iniziato a scrivere, comunque).
Bando alle ciance XD In questo prologo i pensieri di Sasuke la fanno da padroni: volevo dare uno scorcio della sua quotidianità e del suo carattere senza, però, addentrarmi in una descrizione dettagliata.
Spero di avercela fatta, ma fatemi sapere la vostra opinione con tante belle recensioni (dai, fate i buoni che ne ho tanto bisogno XD)
Ora vi lascio alla lettura del prologo.
Il prossimo capitolo verrà postato tra oggi e domani ;)
Bacetti da Psyche
 
 
 
 
PROLOGO

 
 
 
I am just a man
Not superhuman
(I’m not superhuman)
Someone save me from the hate.
[Skillet – Hero]
 
 

Sono seduto sulla vecchia cassapanca sotto alla finestra, le spalle appoggiate alla rientranza della parete, gli occhi fissi verso est: sta sorgendo il sole di un nuovo giorno.

Mi chiedo quando ho smesso di meravigliarmi di fronte ad uno spettacolo così meraviglioso, eppure ricordo che da bambino rimanere sveglio per osservare l’alba era una delle attività che preferivo.

Forse è iniziato al compimento dei miei otto anni, il lento declino che mi ha portato ad essere come sono.

Ma ha importanza, infondo, stabilire il quando?

Ciò che importa è quel che sono diventato.

Vorrei cambiare? No, perché farlo vorrebbe dire espormi di nuovo e ho imparato la lezione, grazie tante.

Osservo il rapido avanzare del sole, i suoi raggi che illuminano i tetti delle case, il graduale diradarsi delle ombre e mi dico che è ora: devo prepararmi per il primo giorno di scuola del mio quarto anno.

Così abbandono l’angolo che mi ha accolto in questa notte insonne e mi dirigo verso il bagno per  fare una rilassante doccia calda; mi spoglio ed entro dentro la cabina, impostando la temperatura al massimo.

Il pensiero di dover  tornare in classe non mi abbandona neanche quando l’acqua inizia a scorrermi sul corpo, il che mi irrita particolarmente, dopo la notte di veglia passata a rimuginarci su.

Perché? Perché diamine non riesco a smettere di pensarci?

E’ vero, non ho mai voluto frequentare una scuola pubblica, tuttavia, da quando Itachi ha convinto i nostri genitori che avevo bisogno di interagire con ragazzi della mia età e ha proposto la mia iscrizione all’Accademia, non ho mai mancato un giorno di quel dannato supplizio e l’ho fatto senza pormi troppi problemi.

Quindi non capisco: cosa c’è che non va in me?

Forse è solo il pensiero di dover riprendere la solita routine, con ragazzine starnazzanti, professori un po’ tocchi e compagni irritanti o, magari, il mio corpo e la mia mente non si sono ancora ripresi del tutto dal trimestre appena trascorso.

E come dar loro torto?

Tra il lavoro per il consiglio studentesco, le sessioni di studio spappola cervello per ottenere i risultati che mio padre si aspettava e la miriade di persone opportuniste che mi rompevano le palle su base regolare, non avevo avuto un solo attimo di respiro.

L’unico sfogo che mi ero concesso era il sesso, non importava dove o con chi: l’unica cosa che mi interessava era liberarmi della tensione che sembrava addensarmisi sulle spalle come un macigno.

‘Del resto, ho smesso di credere che possano esistere legami duraturi’ penso, mentre, uscito dalla cabina, mi avvolgo nell’accappatoio.

Già, non sono affatto interessato a trovarmi una ragazza o degli amici, malgrado mio fratello continui ad insistere su questo punto, prospettandomi visoni della mia vita passata in un solitario eremitaggio.

Per quanto mi riguarda, resto sulla mia posizione: il sesso senza legami è la cosa migliore che esista al mondo e un’ottima valvola di sfogo.

E a me non serve altro.

Apro il cassetto della biancheria e poi l’armadio, quindi appoggio gli abiti sul letto e inizio a vestirmi con calma; mi sto annodando la cravatta, quando sento la porta della stanza aprirsi e

“Buon giorno, fratellino.” il saluto allegro di mio fratello.

“Buon giorno a te, aniki.”, replico con fare disinteressato.

“Pensavo che sarei stato costretto a buttarti giù dal letto, invece sei già pronto – mi sorride, andandosi a sedere sul letto sfatto – Ti sei svegliato presto?”

“Mm..” mugugno, senza disturbarmi a fornire maggiori spiegazioni.

“Qualcosa ti preoccupa?”, chiede, perspicace come sempre.

“Nulla, davvero.”

“Non sei mai stato molto bravo a mentirmi – ghigna – E pensare che, un tempo, mi raccontavi tutto.”, afferma, il tono di voce esageratamente lagnoso.

Sta cercando di scherzarci su, ma capisco che le sue parole nascondono della vera amarezza; vorrei ridergli in faccia e rispondergli ‘Anche tu, ma adesso è diverso.’, ma mi mordo la lingua e rimango in silenzio, soffocando il risentimento e rinchiudendolo nella parte più remota di me.

“Va bene, ho capito – sospira – ti aspetto di sotto per fare colazione insieme: mamma e papà sono già andati a lavoro.”
Annuisco, rimanendo ostinatamente girato verso lo specchio, anche se è da più di cinque minuti che ho finito di annodare e sistemare la cravatta.

Sbuffo al mio riflesso e lo guardo con fare minaccioso, prima di voltarmi e dirigermi nuovamente in bagno per dare una sistemata ai capelli.

Li pettino con fare meticoloso, se per cercare di dimenticare il breve scambio di parole con mio fratello o per appiattire i ciuffi irti dietro la nuca non saprei proprio dirlo; forse entrambi questi motivi ebbero pari importanza nei minuti che seguirono, chiuso in bagno con la spazzola in mano e i gel per capelli sparsi sul ripiano del lavandino.

Quando scesi in cucina, una decina di tentativi dopo, Itachi mi accolse così:

“Alla buon ora!”

Sembra che abbia dimenticato quanto successo in camera mia e, nonostante avverta ancora una certa tensione tra noi, fingo di non accorgermene e replico con la sua stessa finta indifferenza:

“Non è colpa mia, ma di questa stupida massa incolta che ho sulla testa.”

“Hai provato di nuovo a lisciarli, vero?”, mi chiede, un mezzo ghigno a stirargli le labbra.

“Mm.”, mugugno.

Vado verso la macchinetta e mi verso una tazza di caffè, poi mi dirigo al tavolo e mi accomodo di fronte a lui; per un attimo i nostri sguardi si incrociarono e ‘Siamo davvero bravi a fingere, non è vero aniki?’ non posso trattenermi dal pensare, mentre la bocca mi si storce in un ghigno ironico.

Abbasso lo sguardo e prendo un sorso di caffè, nascondendo quel sorriso amaro dietro al bordo della tazza.

“E com’ è andata?”

“Itachi per caso hai problemi di vista di cui io non sono a conoscenza?”, domando, assottigliando lo sguardo e poggiando molto lentamente la tazza sul tavolo.

‘Davvero, aniki: tu fingi di non vedere.’ rifletto, la mente dirottata su un altro binario, mentre il nostro discorso ‘scherzoso’ continua tranquillamente.

“No, perché?”

‘Va bene, continuiamo a fingere. In fondo, fare come se il nostro rapporto non si stia lentamente sfaldando,  fa star meglio anche me.’

Chiudo gli occhi per un breve attimo, metto  da parte i cattivi pensieri e mi concentro sul momento presente, perché questa  è l’unica cosa che mi resta e una parte di me, quella più debole,  vuole rimanerci aggrappata fino alla fine.

“Perché anche un cieco si accorgerebbe che non ci sono riuscito, come sempre del resto.”, dico stizzito, mostrandogli il retro della nuca.

Emette un lungo fischio sorpreso, poi trattenendosi dal ridacchiare:

“E’ incredibile: sono ancora più ritti del solito. Considerato il tuo umore, poi, è proprio il caso di dire che oggi hai un diavolo per capello, fratellino.”

“Molto divertente, aniki, davvero. Mi chiedo sempre più spesso se il tuo desiderio di provocarmi sia superiore a quello di rimanere in vita.”, dico, fulminandolo con lo sguardo.

“Beh per dissipare ogni tuo dubbio, ti dirò che ho intenzione di vivere ancora per molto, moltissimo tempo ed ecco perché ti provoco solo al momento giusto.”

“Questo lo sarebbe?”, chiedo, già percependo che presto avrò da pentirmene.

“Ovviamente.”, replica convinto.

“E perché mai?”

“Semplicemente perché, se vuoi arrivare a scuola puntuale, ti servo in vita: chi guiderebbe la macchina, altrimenti, visto che non hai ancora la patente?”, domanda retoricamente, ghignando  in modo insopportabile.

“Potrei sempre assumere un’autista…”

“E’ vero, ma lui si farebbe pagare. Non pensi alle tue finanze?”

“Come diamine ci riesci?”, chiedo esasperato.

Per un attimo la mia mente mi ripropone la stessa domanda, ma posta in un altro contesto… in quella conversazione che tante volte ho immaginato di affrontare con mio fratello; mi affretto ad eliminare quel pensiero molesto.

“A fare che?”

“Ad avere sempre l’ultima parola!”, sbotto più irritato che mai, con lui e con me stesso.

Mi guarda dritto negli occhi ed ha l’ardire di scoppiarmi a ridere in faccia, poi, parecchie risate dopo, si decide a rispondermi:

“E’ tutta questione di pratica, fratellino.”

“Mi stai prendendo in giro?”, domando freddamente, assottigliando lo sguardo.

“Certo che no, Sasuke, ma ora basta parlare o non riusciremo ad arrivare a scuola puntuali.”

“Va bene, diciamo che per questa volta farò finta di crederci.”, dico, alzandomi per riporre la tazza dentro al lavello.

Mentre lui si allontana in direzione dell’ingresso, sento la sua risata diminuire man mano di intensità; stringo il manico della tazza con forza, fino a sbiancarmi le nocche.

Mi prendo un paio di minuti, poi lo seguo e insieme ci avviamo al garage.

**

Arriviamo a scuola addirittura con qualche minuto d’anticipo ed abbiamo solo dovuto ignorare qualche piccolo semaforo rosso.

“Hai molte ore di lezione oggi?”, chiedo, giusto per fare conversazione, mentre entrambi sediamo sul cofano dell’auto in attesa del suono della campanella.
 
“Non più del solito, perché?”

“Mi chiedevo solo quando saresti rincasato e se avremmo pranzato insieme.”

“Purtroppo, credo di non riuscire a finire prima della quattro del pomeriggio: non posso permettermi di saltare altre ore di Asuma-sensei.”

“Capisco, non importa. Mi preparerò qualcosa di veloce a base di pomodori da gustare davanti alla tv.”, scrollo leggermente le spalle, indifferente e penso:

‘Nulla di che, davvero. In fondo me l’aspettavo: ultimamente le ore che passi in casa sono ridotte all’osso, aniki.’

“Perché, invece, non esci con i tuoi amici?”

“Ci penserò.”, rispondo semplicemente: non voglio intavolare un’altra discussione.

“Oppure potresti portare fuori una delle tue ammiratrici: sono sicuro che se glielo chiedessi, non rifiuterebbe neanche con così poco preavviso.”

Mi acciglio: perché Itachi non può semplicemente far cadere l’argomento?

“Non ho intenzione di rovinarmi il pasto solo per soddisfare il tuo desiderio di vedermi socializzare.”, dico seccamente.

“Sasuke ne abbiamo già parlato…”

“Lo so, Itachi, e tu sei perfettamente a conoscenza delle mie idee.”, lo interrompo.

“Certamente, ma vorrei che non ti limitassi solo a scopare con gli altri e che ci parlassi anche o uscissi come fanno tutti i ragazzi della tua età.”

“Perché perdere tempo in preliminari, se l’unica cosa che vogliamo entrambi è solo passare ai fatti?”

“Semplicemente perché questo è solo quello che vuoi tu.”

“Oh aniki, non sai quanto ti sbagli.”

“Sasu…”, dice prima di interrompersi e guardare fissamente un punto al di là della mia spalla.

Curioso di scoprire chi o cosa è stato capace di fermare la filippica di Itachi, mi volto e, seguendo il suo sguardo, vedo un centauro smontare elegantemente dalla sua moto.

“E’ magnifica.”, gli sento sussurrare e, in contemporanea,  i miei occhi si alzano al cielo: se per zittirlo basta un trabiccolo a due ruote, farò pressione ai nostri genitori perché gliene regalino uno al più presto.

Nel frattempo il giovane si è tolto il casco, rivelando una miriade di ciuffi dorati che sembrarono risplendere sotto i caldi raggi del sole.

Si guarda intorno, un po’ spaesato.

‘Forse è un nuovo studente.’ rifletto, neanche particolarmente interessato e già pronto a riportare la mia attenzione su Itachi.

Ma, prima che potessi distogliere i miei occhi, mi ritrovai immerso in uno sguardo che aveva  il colore del cielo estivo…

 
 
E lo sentii dentro, il cambiamento, un brivido leggero che viaggia sotto la pelle.
  
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