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Autore: Luxanne A Blackheart    28/01/2017    1 recensioni
Costantinopoli, 1518, Sublime Stato Ottomano.
Ibrahim Pargali Pascià, il Gran Visir, giunge a Palazzo Topkapi con un regalo speciale per il suo sultano. Si tratta di Roxelana, una schiava dai lunghi capelli rossi e la pelle bianca come il latte. Roxelana è stata venduta ad Ibrahim in cambio di soldi. Verrà condotta nell'harem di concubine di Süleyman il Magnifico. Nonostante l'amore incondizionato e puro che il suo padrone le dimostra, la rossa non si sente a casa, poiché non vuole essere una semplice schiava del piacere. Ella non vuole essere la favorita del sultano, vuole la libertà. Il suo animo ribelle e combattivo non si fermerà davanti a nulla pur di raggiungere il suo scopo: il potere. Non si fermerà neanche davanti all'omicidio e alla morte. A tutto ciò si aggiunge l'odio viscerale e l'amore proibito che le accecano la vista, emozioni che non sono destinate a Süleyman . Sentimenti contrastanti che la faranno impazzire.
Cosa rimarrà della schiava dai capelli rossi quando il destino chiederà il conto?
STORIA IN REVISIONE.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Trascorse una settimana dopo che Freya e gli altri si erano recati a Manisa. Non erano ancora ritornati, probabilmente avevano voluto rimanere per qualche giorni al castello e riposarvi, controllare che la sistemazione fosse adatta ad un principe, ad uno dei più potenti del mondo oltretutto. Il sultano era stato abbastanza severo al riguardo; non voleva che a suo figlio mancasse niente.
In quella settimana era trascorso tutto abbastanza tranquillamente. Hurrem era stata coccolata da tutti, soprattutto da Selim, viziata oltremodo e così aveva avuto modo di guarire. I segni violacei stavano sbiadendo poco alla volta.
Non poteva essere più felice e serena di così.
Si trovavano nei giardini; tutto era molto calmo e quieto senza Mustafà che scorrazzava alle dieci del mattino per i prati, rincorso dalle tate. Selim, Hatice e la Valide Sultana erano tristi, sentivano la sua mancanza e le donne non facevano altro che piangere. Alla rossa la cosa le era abbastanza indifferente. L'odio che provava per Gulbahar si era trasferito anche su Mustafà, nonostante fosse un bambino abbastanza carino per la sua età.
Oltre alla tristezza generale, Hatice e Ibrahim si erano avvicinati di nuovo, con disappunto della futura sultana, e con piacere di Selim, che non li vedeva parlare in pubblico da molto tempo.
-Cosa ne pensi di questo avvicinamento fra Ibrahim e Hatice Sultan, Selim? - Domandò la rossa, guardando nella direzione dei due, i quali passeggiavano sotto braccio lungo il giardino. Hatice era stupenda nel suo abito bianco e i capelli legati in una acconciatura complessa, ma che pareva semplice. Bellissima e regale, questi erano due aggettivi per descriverla. E come non pensarlo, guardandola? Persino il sole sembrava inchinarsi davanti a lei; le illuminava gli occhi scuri e i capelli, facendola apparire un angelo.
-Ne sono felice, ovviamente. Penso che faccia bene ad entrambi ritornare ad avere il rapporto che avevano in precedenza. Sono fratelli, dopotutto. - Selim sorrise, ma non c'era niente di allegro nei suoi occhi, solo tristezza. Roxelana gli afferrò la mano, baciandogli il palmo.
-So che soffri, ma andrai a trovare tuo figlio presto. Prima di quanto tu te ne possa accorgere, mio amore. - Quando Selim si avvicinò per baciarla, la rossa incontrò lo sguardo duro del Gran Visir; si scostò dal sultano, poggiando la testa sulla sua spalla. - C'è tua sorella e Ibrahim, non mi sembra il caso... -
-E da quando sei diventata così timida? - Il sultano ridacchiò, incrociando le dita alle sue. - Tu mi stupisci ogni giorno di più, Hurrem. -
-E' la mia missione dopotutto. - La rossa si strinse di più al sovrano, che l'abbracciò. - Non vedo l'ora di celebrare il nostro fidanzamento, Selim. Finalmente potrò riavere la mia libertà! -
Il sultano non rispose, aveva lo sguardo perso nel vuoto, come accadeva spesso ultimamente. Pensava a qualcosa, ma i suoi pensieri e i suoi sentimenti erano riservati e non li condivideva più con lei come faceva precedentemente.
Roxelana guardò Ibrahim con la coda dell'occhio, notandolo ridere con Hatice; le si torsero le budella, guardandolo così felice. In tutta quella settimana non si erano minimamente parlati, nonostante i suoi continui tentativi. Era come se fosse arrabbiato con lei per qualche motivo che lei ignorava. La guardava di nuovo con freddezza, con odio, era quasi come non fossero passati tutti quei mesi dalla prima volta che si erano incontrati.
E faceva male, molto male, perché lei ci teneva. Aveva imparato ad amarlo e pensava fosse lo stesso per lui... Evidentemente non era così, forse adesso che lui ed Hatice si erano riavvicinati aveva smesso di giocare con lei ed era ritornato dalla persona che veramente amava.
-Adesso preferisco ritirarmi nelle mie stanze, Selim. Ho una terribile nausea durante il corso della giornata che mi provoca un terribile mal di testa. Credo che mi farò visitare dal Guaritore. - Hurrem sorrise a Selim che la guardò spaesato, come se non la stesse realmente ascoltando.
-Va bene, ci vediamo dopo. -
La rossa annuì, inchinandosi; fece un segno di saluto al Gran visir e alla principessa e se ne andò.


*** ***


-Dov'è? - Hatice Sultan, entrò in camera di Selim, sbattendo violentemente le porte. Era rossa in volto e tremava, sembrava stravolta dal dolore. Hurrem sussultò, osservandola. Della principessa perfetta di quella mattina non era rimasto granché, poiché in quel momento aveva i capelli sfatti, come se ci avesse messo in continuazione le dita dentro e il vestito sgualcito.
Selim, che in quel momento stava pranzando, posò il tovagliolo sul tavolino, alzandosi con tutta la calma e l'autocontrollo di cui era capace. Si avvicinò alla sorella, abbracciandola, nonostante le sue continue proteste, urla e pianti. - Selim, dimmi dov'è Iksander! -
-Ssh, sorella mia, calmati, mia principessa. E' qui a palazzo, al sicuro, ma non puoi vederlo in questo stato. Devi calmarti... - Selim la stringeva fra le sue braccia, sussurrandole parole di conforto, mentre Hatice si abbandonava alle lacrime, scossa da violenti singhiozzi. Il sultano soffriva con lei, lo si poteva notare dal suo sguardo sofferente.
-Non a lui, a tutti, ma non a lui. Ti prego, Selim, lascia che lo saluti per l'ultima volta... Non voglio perderlo. - Hatice afferrò le guance del fratello fra le sue mani, guardandolo negli occhi supplicante e seria, fra muco e lacrime.
-Certo, certo che puoi vederlo, Hatice. Ma non in questo stato, non farebbe bene a nessuno. Devi calmarti e non appena avrai smesso di piangere, ti porterò io stesso da Iksander Pascià, d'accordo? -
-Va bene, sì. - Hatice si ricompose, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano e ignorando i singhiozzi che ogni tanto le scuotevano le spalle. Nonostante cercasse di non darlo a vedere, le tremava la voce. - Adesso vado in camera mia. Fra dieci minuti vieni e portami da lui, altrimenti mi vedrai compiere pazzie per la prima volta. -
-Hai la mia parola d'onore. - Selim si portò la mano al cuore, mentre con l'altra le accarezzava la pelle delicata del viso. - Adesso va'. -
Hatice annuì, inchinandosi per poi uscire di fretta. Le serve che la seguivano correndo.
Selim ordinò ad uno dei servi lì presenti di chiudere la porta, che la sorella aveva lasciato aperta, e si sedette accanto a Hurrem, che aveva osservato tutta la scena, esterrefatta. Che cosa stava accadendo? Era successo qualcosa ad Iksander?
Selim sospirò, portandosi le mani al viso.
-Che cosa succede, mio amato? Iksander ha forse fatto qualcosa per... -
-Poche persone sono al corrente di questo avvenimento, mia bella Hurrem. Io e Ibrahim e alcuni dei visir. Non volevamo generare inutile caos, ma in qualche modo Hatice è venuta a scoprirlo. Non siamo stati abbastanza cauti, temo. - Hurrem gli prese la mano, spronandolo a continuare. Quando parlava così la preoccupava. - L'impero ottomano ha tanti nemici, ma non credevo che si sarebbero spinti così dentro al regno. Non pensavo che li avremmo trovati nel nostro stesso sacro suolo, a mangiare il nostro stesso cibo e bere la nostra stessa acqua... -
-E cos'è questo qualcosa, Selim? - Negli occhi verdi della donna brillò una certa luce di curiosità.
-Al ritorno da Manisa, la carrozza che trasportava mia cugina Freya e Iksander Pascià è stata attaccata da persiani che hanno sterminato e catturato la piccola guardia che avevo mandato con loro. Iksander e pochi altri hanno potuto fare ritorno a palazzo... Purtroppo non ne sono usciti completamente intatti. Il povero Iksander soprattutto è ridotto molto male. -
-Oh Cielo, ma è orribile! Bisogna prendere dei provvedimenti, mandare dei Guaritori... E Freya? Come possiamo fare adesso? Se si sono spinti così infondo saranno capaci di qualsiasi cosa, persino intrufolarsi fra le mura del castello e attentare alla nostra vita! -
-Purtroppo di mia cugina non sappiamo niente. Iksander è giunto a palazzo su un cavallo un paio di ore fa, insanguinato e praticamente irriconoscibile. Non appena Ibrahim lo ha soccorso, è svenuto. I Guaritori stanno cercando di fare quel che possono, ma temo che non avrà ancora molto da vivere. Ripeteva in continuazione solo il nome di mia sorella. - Selim si alzò, baciando la sua futura moglie sulla fronte e sorridendole in modo triste – Adesso vado da lei, ha bisogno di me e vorrà senz'altro vedere Iksander. -
-Certo, sì. Fammi sapere delle sue condizioni e se c'è qualcosa che posso fare non esitare a chiedere. - Roxelana lo guardò seriamente, decisa. Le dispiaceva sia per Hatice che per Iskander, erano tra le persone più affidabili e gentili di tutto il castello, o almeno di quelle con cui aveva parlato. Le sarebbe dispiaciuto molto se Iksander li avesse lasciati, anche perché Hatice ne sarebbe uscita distrutta. Era così fragile, quella ragazza...
Selim sussurrò qualcosa che Hurrem non capì e dopo aver svuotato un bicchiere di vino, uscì dalla stanza per recarsi dalla sorella minore.


*** ***
Quando Selim bussò alla sua porta, Hatice sobbalzò. Aveva ordinato alle serve, dopo essersi sistemata, di lasciarla da sola. Era rimasta seduta in un angolo del letto, a cercare di trattenere le lacrime e mandare giù il groppo che aveva in gola.
Quando una delle serve le aveva detto di aver visto Iksander quasi irriconoscibile venire portato via da Ibrahim, lo aveva cercato dappertutto, non trovandolo. Allora si era recata di gran carriera da suo fratello per chiedere spiegazioni.
Dopotutto la sensazione che aveva avuto per tutta quella settimana si era rilevata vera. Al suo amante era capitato qualcosa di brutto e lei non era lì da lui ad aiutarlo, a curare le sue ferite, a sostenerlo, ma se ne stava lì seduta nel letto a cercare di non piangere, fallendo anche.
Per quanto le facesse male, doveva mostrarsi forte e coraggiosa. Non era una debole, era una principessa, la sorella di Selim, uno dei sultani più potenti al mondo.
-Andiamo, Selim. Non intendo sentire nessuna giustificazione da parte tua. Sono la sua futura moglie e non intendo stare qui seduta a piangere, ma essere lì con lui. - Hatice si alzò di scatto, avvicinandosi al fratello, che sembrava molto stanco. Sotto agli occhi scuri aveva delle brutte occhiaie nere.
-Ne sono consapevole, Hatice, sei sempre stata molto testarda e hai sempre fatto come volevi tu, nonostante il tuo faccino da angioletto, ti sei sempre comportata peggio di me e Ibrahim. Però l'hai sempre scampata... Ti conosco e so che non sarebbe da buon fratello e sultano tenerti lontana dall'uomo che ami. Io vi ho fatti incontrare e innamorare. - Selim sospirò, prendendo la mano delicata e liscia della sorella, baciandola delicatamente. - Vorrei che tu non soffrissi come stai soffrendo adesso. Volevo una vita felice per te, solo per te. -
-Non esiste felicità in questa vita, caro fratello, solo dolore e miseria. E adesso andiamo. - Hatice gli diede le spalle, uscendo dalla stanza per esortarlo a seguirla.
Per tutto il tragitto stettero in silenzio. Si sentivano solamente i loro passi calpestare il pavimento freddo e in pietra e i loro respiri affannati. Stavano camminando velocemente, erano sul punto di correre.
Si trovavano nei sotterranei, freddi e illuminati solamente da fuochi fatui che tremolavano ogni volta che le loro figure vi passavano.
-Non capisco perché lo abbiate portato qui. Non è mica un fuggiasco o un animale, Selim. - Lo rimproverò Hatice, con voce tremante. Non voleva darlo a vedere, ma aveva paura ed era agitata, lo era talmente tanto che le lacrime si erano come congelate, per il momento.
I sotterranei erano enormi, ma molto bui e tetri. Hatice aveva sempre avuto paura di quei posti, poiché potevano udirsi i lamenti e le urla dei carcerati. E poi suo padre le aveva sempre detto che in quelle mura c'erano tanti fantasmi che avrebbero cercato di ucciderla, se solo si fosse avvicinata.
Svoltarono a sinistra e in quel momento si udì un urlo di puro dolore e la voce, quella voce sofferente, era proprio di Iksander. Hatice non lo vedeva, poiché in una delle celle era stato posizionato un velo bianco, per dare una sorta di intimità. L'unica cosa che riusciva a vedere erano delle figure curve e una molto alta, che parlottavano fra di loro sul da farsi.
-Sei pronta? Se non te la senti, possiamo anche andarcene. Non devi per forza stargli accanto, non siete sposati e... -
-Non mi importa. E' una delle persone a cui tengo di più al mondo, non abbandonerò lui, così come tu non abbandoneresti Hurrem. -
-Lo sapevo. Sei mia sorella dopotutto. - Selim le sorrise, prendendola per mano. Scostò il telo con l'altra ed entrarono nella cella. Era un posto piccolo e freddo, riscaldato solamente da alcune candele posizionate su piccoli tavolini, al cui disopra c'erano affari medici, bende ed erbe; al centro c'era Iksander, steso su un letto molto improvvisato. Era ridotto veramente male, quasi irriconoscibile e soffriva molto. La sua pelle era tutta bruciata, rossa e ricoperta da brutte bolle. Aveva perso completamente i capelli, se non qualche ciuffo ormai grigiastro.
Ibrahim si avvicinò ai due reali, inchinandosi in segno di rispetto. Selim gli poggiò una mano sulla spalla, ignorando come la sorella gli aveva stretto l'altra fino a fargli male.
-Come... Ibrahim, come sta? - Domandò la ragazza, ingoiando il groppo che aveva in gola. Vederlo in quelle condizioni le aveva spezzato il cuore, un pugnale ficcatole direttamente in petto, senza pietà. Povero Iksander...
-Male, Hatice Sultan, molto male. Ha riportato bruciature molto gravi su tutto il corpo e ha un polmone forato e una costola rotta. - Una lacrima scese lentamente lungo la guancia della ragazza, silenziosa e inoffensiva, ma portatrice di grande dolore. Selim non esitò ad abbracciarla per confortarla, ma Hatice lo allontanò.
-Ma si rimetterà? Ha possibilità di... -
-No, sta morendo lentamente. I Guaritori pensano che non passerà la notte. Nonostante ciò, quando non è troppo dolorante per il bruciore, è in grado di parlare e non ha perso il suo senso dell'umorismo... - Ibrahim si girò per guardarlo, passandosi una mano fra i capelli neri, per sistemarseli. Sembrava non dormisse da giorni per le brutte occhiaie nere che aveva sotto gli occhi. Ma c'era altro, non era solo l'aver soccorso un condannato a morte per così tanto tempo, c'era una sorta di dolore muto dietro i suoi occhi chiari. Stava soffrendo, Hatice lo conosceva abbastanza per comprenderlo e sapeva che non era per Iksander, ma per qualcun altro, qualcuno a lui molto vicino, come Freya.
-Ibrahim... - Hatice esitò, avvicinandosi all'uomo che la guardava interrogativo. - Freya... Hai saputo qualcosa di lei? -
-E' morta. L'hanno uccisa prima che Iksander riuscisse a scappare. Forse in un certo senso è meglio così, ma in ogni caso, vi faccio le mie condoglianze. Adesso con il vostro permesso, mi ritiro. - E senza aggiungere altro li lasciò da soli, persino i Guaritori erano usciti con lui. Iksander sembrava essere svenuto, ma respirava ancora.
-Ha veramente detto ciò che penso? Freya, nostra cugina, è davvero morta? -
-Sì. - Hatice versò un'altra lacrima, per quanto cercasse di trattenerle non ci riusciva. Era una debole per questo? Forse. - Adesso... Tu va' da lui, ha bisogno di te più di quanto ne possa avere io, Selim. E' tuo fratello e come me, devi stargli accanto. Io sono dove devo essere. -
-Ma... - Selim sembrava invecchiato all'improvviso di due anni ed era anche molto pallido. Non se la sarebbe mai aspettata una notizia del genere. Hatice, invece, per quanto le dispiacesse, non riusciva a smettere di guardare Iksander, dormiente su quel giaciglio improvvisato.
-Niente ma, Selim. Va' da Ibrahim. Fatevi una bevuta o combattete o qualsiasi cosa voi uomini facciate quando siete addolorati e lasciami passare queste ultime ore con lui, te lo chiedo per favore. - Hatice lo supplicò con lo sguardo e Selim, dopo essersi guardato intorno, annuì.
-Verrò tra qualche ora, ma nel frattempo manderò delle guardie qui fuori. Non sai mai cosa ci si può incontrare in questi sotterranei. - Il sultano le baciò la fronte e dopo averla guardata un'ultima volta, si allontanò con passo molto lento ed incerto.
Hatice sospirò, afferrando una sedia e sedendosi accanto all'uomo, o almeno a quello che era un uomo, prima di essere ridotto in quello stato. Lo guardava e non lo riconosceva, lo guardava e aveva il desiderio di toccarlo, per fargli sentire la sua presenza. Lei c'era e lo avrebbe amato nonostante tutto e tutti. Non importava se la sua pelle era tutta bruciata e se non aveva più capelli, lei amava il suo essere, il suo cuore grande e le sue battute squallide, amava la sua anima e il modo in cui i suoi occhi luccicavano quando sorrideva, amava il fatto che sapeva come prenderla e che non la desiderasse solo per il suoi soldi o per la posizione che era in grado di offrire. Lo amava perché era Iksander e solo lui avrebbe potuto veramente farla sentire Hatice. Persino Ibrahim non ci era mai riuscito come aveva fatto lui e se lei lo avesse perso quella sera, in quell'istante o anche molti più anni dopo, sarebbe morta dentro. Allah le avrebbe tolto un pezzo di cuore, un pezzo di anima, lasciandola incompleta, da sola e non capita.
Si erano trovati e stavano per separarsi.
Perché la vita era così orribile? Perché il destino si divertiva nell'umiliare, nel far soffrire e nel separare due persone solo per la sua stupida fede di divertimento? Dov'era la fortuna, quando ce n'era bisogno? La giustizia perché premiava solamente le persone cattive e le buone le prendeva a pesci in faccia?
Si vive solamente per morire, non c'è gioia, né felicità, né amore, solo dolore.
-Hatice... - La donna sussultò quando la voce arrochita dalle urla di Iksander la chiamò. - Sei arrivata finalmente... - Aveva spalancato gli occhi, i suoi bei occhi gentili e pieni di amore e la guardava. Non c'era niente che gli ricordasse l'uomo che era stato, oltre al suo sguardo e alla sua voce.
-Iksander, non ti affaticare, sai che verrò sempre da te, quando avrai bisogno. - Hatice ormai piangeva, singhiozzando, soprattutto quando lui le accarezzò la guancia, fregandosene del dolore che ogni singolo movimento le provocava. Lentamente le pulì il viso dalle lacrime e sorrise gentilmente e nel suo sguardo c'era tanto amore, ma così tanto dolore che tutto ciò la uccise, la fece a pezzi.
-Grazie... - Ma non ebbe modo di terminare la frase, poiché la morte se lo portò via improvvisamente. La sua mano scivolò dal viso della ragazza, segnando definitivamente fine alla sua vita.
Iksander se n'era andato via e un pezzo di Hatice con lui. Quel pezzo che le faceva provare dei sentimenti era morto con lui.


SPAZIO AUTRICE!!
Salve a tutti!
Come va? Mi scuso per l'enorme ritardo, ma queste sono state delle settimane di fuoco. Il primo quadrimestre è appena terminato e mi sono data da fare con lo studio, poiché eravamo pieni di verifiche ed interrogazioni!
Ad ogni modo questo è il nostro capitolo e spero che vi sia piaciuto. Da ciò che avete visto di Hurrem non si è parlato molto, poiché la vicenda di è principalmente concentrata su Iksander. Che dire? Mi è dispiaciuto dire addio a Iksander più che a Freya, poiché mi ci ero molto affezionata, ma era necessario, poi capirete il perché!
Spero comunque che vi sia piaciuto e lasciatemi un voto e un parere!
Al prossimo capitolo e scusatemi ancora per l'attesa.
   
 
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